1956: LA RIVOLUZIONE UNGHERESE

di Aron Coceancig Il 23 ottobre 1956 il popolo ungherese insorge. Una rivolta per conquistare libertà e indipendenza. I fedelissimi del regime stalinista vengono sbaragliati facilmente dagli ungheresi in armi che però non avevano fatto i conti con gli equilibri internazionali. L’Ungheria, piccolo paese uscito con le ossa rotte dal secondo conflitto mondiale, si ritrova a combattere contro una superpotenza militare, l’Unione Sovietica. Davide contro Golia, ma in questo caso la storia è stata drammaticamente sfavorevole a Davide. L’invasione sovietica stronca l’animo rivoluzionario dei giovani ungheresi che muoiono sotto i colpi dei carri armati. L’Ungheria viene “normalizzata” e dei giovani del 1956 non se ne parlerà più, se non clandestinamente, fino al 1989. Una rivoluzione epocale, che ha un posto importante nella storia europea e che è ancora oggi fonte di dibattito tra storici e politici sul ruolo che ha avuto e sugli obiettivi che i rivoluzionari si proponevano. Il 1956 ungherese è stato senza ombra di dubbio un avvenimento europeo che ha racchiuso al suo interno le contraddizioni di un continente uscito da due guerre mondiali ed appena immerso in una lotta ideologica che non lasciava scampo. Anche per questo la Rivoluzione è stata interpretata come movimento nazionale per l’indipendenza, come rivolta operaia e operaista, come insurrezione anti-comunista o come movimento per un socialismo democratico. Tante diverse interpretazioni che partono dal presupposto di una violenta ribellione del popolo ungherese contro il totalitarismo degli anni ’50. L’Ungheria stalinista Dopo la seconda guerra mondiale l’Ungheria vive una breve parentesi democratica dal 1945 al 1948. Nel dopoguerra la costruzione del socialismo ungherese procede difficilmente tanto è vero che alle elezioni del 1945 il Partito Comunista è appena terzo, uno dei partiti più deboli dell’Europa orientale. Il leader stalinista Rákosi inizia così un tenace lavoro di conquista del potere ed in meno di 3 anni, grazie alla tattica del salame da lui inventata, riesce a neutralizzare le opposizioni e a creare un regime totalitario. Gli anni del regime Rákosi sono contrassegnati dal culto della personalità, dal regime poliziesco, dalle requisizioni nelle campagne e da una profonda crisi economica. Rákosi si vanta di essere più stalinista di Stalin, un biglietto da visita non molto digeribile per il popolo ungherese. E proprio la morte di Stalin apre nuovi scenari a livello internazionale ma anche in Ungheria dove l’ala riformista del partito comunista trova nuove energie grazie alla nuova leadership di Mosca. Imre Nagy, capo di quest’area diventa primo ministro (1953) e apre una fase nuova contrassegnata da: rallentamento delle misure contro i contadini, rilascio dei prigionieri politici, stabilizzazione della situazione economica. Questo nuovo corso dura però poco, perchè nel 1955 gli stalinisti in Ungheria riprendono forza e potere marginalizzando Nagy. Il ritorno al potere della cricca di Rákosi (in primis Ernő Gerő) è mal digerito dalla popolazione ungherese. L’ottobre ungherese Le rivoluzioni si sa iniziano da intellettuali e studenti, ma possono trionfare solo con gli operai. E nella rivoluzione ungherese ci sono tutti e tre questi protagonisti. Sono gli intellettuali del Circolo Petőfi che nei mesi precedenti l’ottobre si riuniscono per criticare il potere. Sono gli studenti, prima a Szeged e poi a Budapest, che si riuniscono in associazioni e indicono la manifestazione del 23 ottobre. Corteo al quale si uniscono nel pomeriggio gli operai che terminavano il loro turno di lavoro. Il 23 ottobre così il popolo ungherese si trova di fronte al parlamento e scandisce con forza il nome di Imre Nagy. Giovani Rivoluzionari Ungheresi La stessa sera iniziano anche i primi scontri armati nelle vicinanze della Radio. Da lì si susseguono giorni frenetici. Imre Nagy diventa primo ministro; un po’ ovunque sorgono Consigli Operai e Gruppi rivoluzionari; l’esercito ungherese appoggia la rivoluzione. E tra giorni di festa per la riconquistata libertà e di lutto per le stragi compiute dalla polizia stalinista (“giovedì di sangue”, il 25 ottobre, muoiono centinaia di persone), la rivoluzione trionfa. L’AVH (polizia politica) viene sciolta, le truppe sovietiche si ritirano e nasce un governo di coalizione guidato da “zio Imre“. La storia ungherese però non lascia spazio a rivoluzioni vittoriose, le tragedie sono sempre dietro l’angolo. E questa volta dall’angolo spunta l’esercito di una superpotenza contro la quale si può fare ben poco. La rivoluzione viene abbattuta con l’invasione del 4 novembre. 3.000 carri armati, 100.000 fanti contro una città difesa soprattutto da giovani e operai mal armati. Grande è ancora il dibattito storico sul secondo intervento sovietico, sulla situazione internazionale (la crisi di Suez), sul ruolo di Kádár (il grande traditore) e sugli obiettivi socio-politici che avevano i rivoluzionari. Il fatto indiscutibile è però che l’Ungheria viene schiacciata. La repressione Gli scontri terminano poco prima di Natale e lasciano sulle strade di una Budapest distrutta 3.000 morti. Mentre a comandare la città tornano i tanto odiati sovietici. Negli anni successivi la mano del governo Kádár non sarà affatto morbida. Migliaia gli ungheresi incarcerati, centinaia quelli che vengono giustiziati tra cui l’appena diciottenne Péter Mansfeld. Duecentomila lasciano il paese. La nuova Ungheria kadariana fonderà il suo potere su una grande bugia: “il 1956 è stata una contro-rivoluzione“. Fonte: ungherianews.com     SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

Legge elettorale, Besostri: Ricorso contro Italicum, monito per Rosatellum 2

COMUNICATO STAMPA La Presse, lunedì 23 ottobre 2017 L.elettorale, Besostri: Ricorso contro Italicum, monito per Rosatellum-2- L.elettorale, Besostri: Ricorso contro Italicum, monito per Rosatellum-2- Venezia, 23 ott. (LaPresse) – L’art.116 del regolamento Camera si trova, infatti, nella Parte Terza e non nella Parte Seconda, che appunto si intitola ‘Procedimento legislativo’ (articoli da 68 a 109) e quindi non rientra nel procedimento legislativo normale. “Si tratta di un conflitto di attribuzione di nuova generazione – ha spiegato Besostri – teorizzato anche dal grandissimo giuspubblicista tedesco Georg Jellinek all’inizio del secolo scorso e più recentemente dal Professor Nicolò Zanon, nel suo scritto ‘Il libero mandato parlamentare’ pubblicato nel 1991”. “Nel presentare questo ricorso siamo anche confortati dall’autorevolezza del Professor Umberto Cerri e da quanto scrive nel suo manuale ‘Corso di giustizia costituzionale plurale’ del 2012 – ha aggiunto l’avvocato Felice Besostri -bisogna sperimentare tutte le strade, quando si tratta di difendere la Costituzione dalle leggi elettorali incostituzionali, già due, come accertato con la sentenza n. 1/2014 contro il cosiddetto Porcellum e con la sentenza n. 35/2017 contro l’Italicum”.  Ha poi concluso il coordinatore degli Avvocati Antitalicum a nome dei ricorrenti e del collegio difensivo. “La presentazione del ricorso che riguarda secondo la nostra opinione una fiducia illegittimamente accordata nel 2015 dalla Presidente Boldrini, vuole essere un monito anche per l’imminente discussione in Aula del Rosatellum 2.0 al Senato e con inizio domani”. SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

I massimalisti russi

I massimalisti russi è il titolo di un articolo che inizia a centro pagina sull’ADL dell’11 agosto 1917 e va a concludersi nelle tre colonne di spalla. La sigla “a.g.” e l’indicazione di provenienza da “Il Grido del popolo di Torino” segnalano che l’autore qui è un ventiseienne di nome Antonio Gramsci. Non sappiamo se il giovane dirigente socialista sia a co­no­scenza o me­no dell’evoluzione politica in Russia in tutte le sue deter­minanti. Non pare, per esempio, che Gramsci sappia già della fuga di Lenin in Fin­lan­dia o delle determinazioni di Kerenskij circa la con­ti­nuazione della guerra. Certo è che Lenin e Kerenskij, anche per il fu­tu­ro fondatore del PCdI, sono i gran duellanti di Russia, l’uno campione massimalista, l’altro dei socialisti moderati. Quel che emerge dallo scrit­to non è “l’ana­lisi concreta di una si­tua­zione concreta”, ma piut­to­sto un ragio­na­mento speculativo, con retro­gusto di sapore neo-idealista. Aleksandr Kerenskij e i socialisti moderati «sono l’oggi della Rivoluzione, sono i realizzatori di un primo equilibrio sociale», questa la premessa gramsciana. Grazie ai moderati dell’oggi: «la Russia ha avuto però questa fortuna: che ha ignorato il giacobinismo». Nella nuova Russia nata dalla Rivoluzione di Febbraio vige il pluralismo. Perciò si sono formati numerosi gruppi politici «ognuno dei quali è più audace, e non vuole fermarsi, ognuno dei quali crede che il momento definitivo che bisogna raggiungere sia più in là, sia ancora lontano». La lotta va avanti: «tutti vanno avanti perché c’è almeno un gruppo che vuole sempre andare avanti, e lavora nella massa, e suscita sempre nuove energie proletarie, e organizza nuove forze sociali che minac­ciano gli stanchi, che li controllano e si addimostrano capaci di sosti­tuirli, di eliminarli se non si rinnovano… Così la rivoluzione non si ferma, non chiude il suo ciclo» (ADL 11.8.1917). La constatazione dell’instabilità politica russa assume in Gramsci i contorni di un’ontologia del movimento storico. In esso la Rivoluzione per propria natura intrinseca: «Divora i suoi uomini, sostituisce un gruppo con un altro più audace e per questa instabilità, per questa sua mai raggiunta perfezione è veramente e solamente rivoluzione». In Gramsci la storia stessa sembra procedere in analogia con il lavoro umano e – così come c’è un lavoro “morto” che vediamo imprigionato nel capitale e nei mezzi di produzione e c’è un lavoro “vivo” che ve­diamo sprigionarsi dall’attività operaia – così c’è una storia “morta” dentro la stabilità delle istituzioni, in contrasto con l’azione rivo­lu­zio­naria che è storia viva. Di più, la rivoluzione e “vita” tout court, e anzi: «Tutta la vita è diventata veramente rivoluzionaria: è un’attività sempre attuale, è un continuo scambio, una continua escavazione nel blocco amorfo del popolo» (ADL 11.8.1917). Con chiaroveggenza divinatoria è evocata l’immagine dell’incendio cosmico, che «si propaga, brucia cuori e cervelli nuovi, ne fa fiaccole ardenti di luce nuova, di nuove fiamme… La rivoluzione procede fino alla completa sua realizzazione». In questo stato nascente vengono suscitate nuove energie e propagate nuo­ve “idee-forze”, sicché gli stadi graduali dell’evoluzionismo sociale possono essere bypassati dal pen­siero vitalistico-rivoluzionario. Esso in via di fatto «nega il tempo come fattore di progresso. Nega che tutte le esperienze intermedie fra la concezione del socialismo e la sua realizzazione debbano avere nel tempo e nello spazio una riprova assoluta e integrale. Queste espe­rien­ze basta che si attuino nel pensiero perché siano superate e si possa procedere oltre» (ADL 11.8.1917). Ma i massimalisti devono ora entrare in scena come “ultimo anello logico di questo divenire rivoluzionario”. Il punto d’arrivo dell’intero movimento non può abitare nella casa dei riformisti che rappre­sentano solo uno stadio dialettico transitorio. Ma tutto deve approdare infine ai massimalisti che incarnano l’essenza dell’evento e «sono la continuità della rivoluzione, sono il ritorno della rivoluzione: perciò sono la rivoluzione stessa» (ADL 11.8.1917). Se Kerenskij è la stazione di partenza, quella d’arrivo si chiama dunque Lenin. E il futuro fondatore dell’URSS ha ormai «suscitato energie che più non morranno. Egli e i suoi compagni bolscevichi sono persuasi che sia possibile in ogni momento realizzare il socialismo. Sono nutriti di pensiero marxista. Sono rivoluzionari, non evoluzionisti» (ADL 11.8.1917). La tempesta vitalistica scompone e ricompone gli «aggregati sociali senza posa e impedisce… il formarsi delle paludi stagnanti, delle mor­te gore». Dopodiché, seconda divinazione di Gramsci, financo «Lenin e i suoi compagni più in vista possono essere travolti nello scatenarsi delle bufere che essi stessi hanno suscitato». Ed è proprio questo il travolgimento che, in effetti, accadrà già a partire dalle prime dure repliche della storia. E a quel punto Antonio Gramsci, non più ventiseienne in Torino, inizierà a lavorare al nucleo della sua riflessione filosofica più propria, l’idea-forza di una “egemonia culturale” intesa come conditio “so­vra­strut­tu­rale” della rivoluzione proletaria. L’egemonia deve avere luogo anzitutto nella coscienza delle masse. Senza il loro consenso s’in­stau­rerebbe, infatti, soltanto un “dominio” fattizio: un’oppressione vio­lenta, “giacobina”, sostanzialmente instabile. In questo modo, però, l’idea-forza gramsciana approderà a un luogo molto distante rispetto a quello dell’assalto alle casematte del potere che il “massimalismo” leniniano si appresta a celebrare con la presa del Pa­lazzo d’Inverno. La sua “egemonia culturale” si collocherà semmai nei pressi della teoria della “rivoluzione sociale” che il riformista Tu­rati tratteggerà a Livorno nel gennaio del 1921. Fonte: L’Avvenire del Lavoratore SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

Jeremy Corbyn ai partiti socialisti europei: «Abbandonate il neoliberismo per tornare a vincere»

Jeremy Corbyn ha avvertito i partiti socialisti europei che, se vogliono tornare a vincere, devono seguire il suo esempio e abbandonare le politiche neoliberiste del «centro» immaginario. Il leader laburista – come riporta Jon Stone oggi sull’Independent – è stato accolto come un eroe alla conferenza “Europe Together”, a Bruxelles, dove è stato presentato come «il nuovo primo ministro della Gran Bretagna» e ha ricevuto due standing ovation da parte di un auditorium pieno zeppo. I leader socialisti guardano al Labour di Corbyn come a un modello per ridare vigore ai loro partiti. In tutta Europa – dalla Francia alla Germania, dall’Austria ai Paesi Bassi, dalla Spagna alla Grecia – i partiti socialdemocratici, un tempo potenti, sono ridotti a un’ombra di ciò che erano in passato. Il Labour rappresenta un’eccezione degna di nota. Corbyn ha detto che tasse basse, deregulation e privatizzazioni non hanno portato prosperità per i popoli d’Europa e che, se i partiti socialdemocratici continueranno ad appoggiare queste politiche, allora continueranno a perdere le elezioni. Ha poi rimproverato la leadership del centro-sinistra, dicendo che «per troppo tempo le voci più eminenti del nostro movimento sono apparse come fuori dal mondo, troppo inclini a difendere lo status quo e l’ordine precostituito, in un tentativo disperato di proteggere ciò che è visto come il centro politico. Per poi scoprire che il centro si è spostato o non è mai stato dove le élite pensavano che fosse». Citando l’ascesa dell’estrema destra in paesi come Austria e Francia, Corbyn ha poi affermato che l’abdicazione delle politiche più radicali da parte della sinistra ha creato lo spazio per partiti reazionari. «Il nostro sistema malato ha fornito terreno fertile per la crescita delle politiche di stampo nazionalista e xenofobo. […] Sappiamo tutti che la politica dell’odio, della colpa e delle divisioni non è la risposta, ma se non offriremo un’alternativa netta e radicale, soluzioni credibili per i problemi che abbiamo davanti, la possibilità di cambiare questo sistema malato e una speranza per un futuro più prospero, spianeremo la strada all’estrema destra che penetrerà ancora più a fondo all’interno delle nostre comunità. Il loro messaggio di paura e divisione diventerà il mainstream politico». «Ma noi possiamo offrire un’alternativa radicale, abbiamo le idee per rendere le politiche progressiste la forza dominante di questo secolo. Però se non facciamo chiarezza sul nostro messaggio, se non difendiamo i nostri valori fondanti, se non stiamo dalla parte del cambiamento, allora affonderemo e stagneremo». […] «Il modello economico neoliberista è fallato. Non funziona per la maggior parte delle persone. Le disuguaglianze e le tasse basse per i più ricchi stanno facendo del male ai nostri cittadini e colpendo l’economia, come riconosce anche il Fondo Monetario Internazionale. […] Se il nostro messaggio sarà coraggioso e radicale, se ascolteremo ciò che davvero vuole la maggioranza, smentiremo le élite e gli esperti». Corbyn è a Bruxelles negli stessi giorni in cui Theresa May partecipa al vertice del Consiglio Europeo. Ha sfruttato questa occasione per mettere in guardia contro una Brexit senza accordo, accusando il primo ministro e il suo partito di avere creato il «caos». «Non raggiungere un accordo sarebbe […] catastrofico per i lavoratori nell’industria manifatturiera. E avremmo grossi problemi in tutti i settori dell’economia. Non voglio assistere a una cosa del genere […]. Ecco perché stiamo facendo del nostro meglio affinché un accordo venga raggiunto». […] Fonte: largine.it (Foto: Ansa) SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

Risposta a Boldrini. Fiducia, i precedenti sono altri

Non voglio nemmeno adombrare che la Presidente della Camera Boldrini non abbia agito in buona fede: sarebbe inquietante pensare il contrario. Resta il fatto che, venuta meno la prassi di nominare alla presidenza di una camera parlamentari di lungo corso, con pratica di vicepresidenti, ovvero di esponenti dell’opposizione, chi presiede rischia di prendere per oro colato i suggerimenti degli uffici, per i  quali la prassi è Vangelo; fosse Talmud sarebbe invece dialettica. Tuttavia ci sono momenti in cui, in relazione alla sensibilità politica, istituzionale e soprattutto costituzionale della materia, occorre verificare fino in fondo la prassi. Si racconta che quando dissero a Fanfani che nella prassi regolamentare non c’erano precedenti, nel senso da lui auspicato, rispose :«Se non c’è un precedente lo si crea!». In effetti l’unico precedente che giustifica la Presidente Boldrini sulla fiducia al Rosatellum è quello da Lei stessa creato ammettendo tre voti di fiducia sull’Italicum nel 2015. Tutti gli altri precedenti alla Camera non riguardano leggi elettorali nel loro complesso. Trattandosi di un articolo della Costituzione, non modificato, come l’articolo 72 della Costituzione, poiché siamo ancora un sistema bicamerale paritario, si poteva richiamare il precedente del Senato nella domenica delle Palme, 8 marzo 1953. Gli uffici della presidente Boldrini non l’hanno fatto, credo, per tre ragioni. La prima che è ogni camera è gelosa della propria prassi. La seconda per non evocare l’unico precedente a Costituzione invariata, collegato a una legge conosciuta come «legge truffa». La terza e più importante, perché il Presidente, della seduta, Giuseppe Paratore, fece mettere a verbale, fatto inusitato, «Quindi questo non rappresenta un precedente». Quel precedente non andava evocato soprattut-to perché Paratore, non avendo gradito l’imposizione del Presidente del Consiglio De Gasperi (non Gentiloni) si dimise il 24 marzo, 16 giorni dopo. Ma era un uomo di 77 anni e non agli esordi di una carriera politica. L’argomento che l’articolo 116 comma 4 del regolamento della Camera non esclude le leggi elettorali prova troppo, cioè nulla perché non esclude nemmeno le leggi in materia costituzionale. Cosa dovremmo aspettarci, grazie a questa prassi regolamentare? Una Costituzione approvata a colpi di voti di fiducia? In-fine invece che la Presidente lotti del 1990, gli uffici avrei bero dovuto dare alla Presidente Boldrini copia del Lodo lotti del 1980. Dal quale risulta chiaro che quando si chiede la fiducia la procedura da normale diventa speciale. Fonte: Il Manifesto SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

Mi infastidisce l’imbarazzo verso il Socialismo Italiano. Rappresenta un secolo di storia

Avrei diritto al copyright. Scherza l’on. Giorgio Ruffolo, economista, esponente dell’area socialista. E stato lui un anno fa a parlare di «Stati generali» della sinistra. Ora che l’appuntamento è fissato per metà febbraio a Firenze può esserne soddisfatto. Quella sarà la pista di decollo del nuovo partito della sinistra a cui da tempo stanno lavorando D’Alema e altri protagonisti della sinistra fra cui Ruffolo. Onorevole dopo tanti rinvii questa sembra la volta buona. La «Cosa 2» dopo tante oscillazioni e frenate ora dovrà uscire dal generico e assumere i contorni precisi di nuovo partito della sinistra che ha l’ambizione di diventare più grande e più forte di quanto oggi la sinistra non sia. Ne è contento? «Certo. Sarei più contento se poi ne nascesse effettivamente la Costituente. Senza passare per il terrore perché abbiamo già dato». Battute a parte però le polemiche è i mal di pancia non mancano. «E come l’ingresso dell’Italia nella moneta unica. Quando non ci credeva nessuno sembrava che tutto fosse pacifico. Mari che invece la prospettiva diventa concreta e imminente allora vengono i mal di pancia soprattutto di quelli che ne avevano creduto, né avevano voluto. E così anche nei riguardi di questa impresa storica. All’inizio c’è stata indifferenza e incredulità. E adesso che l’appuntamento è fissato vengono fuori conflitti, tensioni, reticenze, rigetti e paure che non si erano manifestati nella fase di incredulità. E una cosa abbastanza naturale e va fronteggiata senza sfuggire ai contrasti». Appunto le tensioni, le incomprensioni. Giuliano Amato andrà a Firenze, ma ha anche detto che non se la sente di stare con chi, il riferimento è soprattutto per i pidiessini, pensa che il passato dei socialisti sia vergognoso. E un tasto spinoso che evoca tanti rancori. «Penso che Amato abbia molte, valide ragioni. Per quanto riguarda il tema della rimozione del socialismo italiano credo che abbia ragioni da vendere. Nessuno vorrebbe partecipare ad un partito> ad un’impresa politica nella quale ha l’impressione di essere tollerato, perdonato o assolto da qualche cosa che non ha commesso e della quale non si sente in alcun modo responsabile. E soprattutto nessuno vi vorrebbe entrare se non fosse riconosciuto, con chiarezza e senza masticare le parole, la tradizione della quale è portatore». Si riferisce a episodi in particolari? «Qualche volta quando si parla di socialisti c’è la traccia di un imbarazzo che un socialista non può tollerare. Non può si parlare di socialista senza aggiungere azionista, laico, cattolico, cristiano, progressista, liberale. E ridicolo che questo aggettivo che rappresenta cento anni di storia debba essere sempre velato da cortine eufemistiche. Non possiamo essere presentati in pubblico se non abbiamo un corteo di accompagnatori. Siamo un po’ infastiditi di questo C’è una cosa che si chiama socialismo, di cui i comunisti sono stati partecipi per un terzo del percorso e che e parte integrante della storia della sinistra e dell’Italia, che non può essere messa in un’insalata nizzarda con tante altre cose per poter essere commestibile». Amato riconosce che il vertice del Pds ha fatto grandi passi in avanti e che le ostilità seminai vengono dalla base. C’è una strada per colmare questo divario? «Nei percorsi innovativi c’è sempre distanza tra chi sta all’avanguardia, e sono soprattutto le vette più illuminate della classe dirigente e chi ancora e legato non soltanto ai miti, ma anche ai rancori. Questo non sorprende. Però è tanto più necessario che chi ha la responsabilità di guidare illumini gli strati più sordi e non li lasci alloro rancori. E quindi importanti che un’azione di chiarimento ci sia. Il fatto che sul socialismo italiano ci sia silenzio non aiuta quelli che hanno maggiori riserve ad uscire dal loro stato di diffidenza e ostilità. Non aggiunge nulla e toglie molto a questa nuova esperienza politica nella quale si entra se ci si è liberati dalle scorie di un passato che è passato, ma che non deve essere dimenticato. Per potere mettere in archivio la storia bisogna poterla chiarire, spiegare». Questo e un percorso che non si può fare dall’oggi al domani «Indubbiamente. Infatti io sono molto critico nei riguardi di quelli che dicono che bisogna ancora aspettare. Ma aspettare che cosa? Un chiarimento si fa insieme. E dei tutto illusorio pensare che rinviando questa scadenza di Firenze si possa agevolarne ti percorso e il compimento. Al contrario. Più si rinvia e più i muri diventano alti e le barriere si fanno invalicabili. Non so se questo nuovo partito si farà e si farà come lo vorrei. Ma sono convinto che se non si farà o si farà male non saranno i socialisti o gli ex socialisti ad esserne colpiti. Sarà la sinistra intera che perderà l’occasione di costituire una forza pari> per robustezza ed ampiezza, a quella degli altri grandi partiti della sinistra europea. Torniamo alle critiche di quei socialisti che guardano ancora con diffidenza all’idea di fondare, insieme al Pds e ad altre forze della sinistra, un partito più grande e più forte della sinistra. Quanto di queste critiche condivide e non condivide? «Mi trovo d’accordo con quanti fanno questo ragionamento. Ma come? C’è un Pds che è l’erede del Pci, che abbiamo avuto sempre dall’altra parte quando il riformismo e la socialdemocrazia erano da loro considerate delle brutte parole, e che adesso si definisce riformista e socialdemocratico, ma vorrebbe entrare in Europa e nel socialismo europeo come se il socialismo italiano non esistesse. Questo non è possibile, non è ammissibile ed è anche un po’ ridicolo. Non si può avere un cappello a Bruxelles e un altro a Roma sussurrando a chi vuole sentire che il socialismo italiano è un> altra cosa. No. IL socialismo italiano ha cento anni di storia. La storia bisogna ripercorrerla equamente onestamente non come fosse un’area di buoni e di cattivi. E le cose che non condivide? «Le posizioni opportunistiche. Mi si rimprovera di essere stato eletto con i voti dei comunisti. Ma da chi si sono fatti eleggere molti dirigenti di quel partito, il Si che si proclama erede del Psi e non …

Il rapporto di Lenin col socialismo italiano

La rottura definitiva tra socialisti e comunisti italiani avviene al XVII congresso di Livorno (gennaio 1921), allorché i centristi, che avevano la maggioranza, si rifiutarono di rompere coi riformisti. I delegati di sinistra abbandonarono il congresso e fondarono il Pci. Nel marzo 1921 Lenin plaude alla scissione di Livorno, ma si rammarica che ciò non sia avvenuto prima dello scoppio della guerra. I bolscevichi avevano rotto coi menscevichi sin dal 1903 e il dirigente socialista Lazzari – osserva Lenin – non fa che arrampicarsi sugli specchi quando invoca il fatto che l’Italia è diversa dalla Russia e che i socialisti italiani conoscono la “psicologia” dei loro concittadini. In aprile Lenin dichiara che l’Italia ha firmato un accordo con la Georgia per sfruttare le miniere di carbone del Caucaso, non avendo proprie fonti energetiche. E, considerando un altro accordo con la Germania, Lenin comincia a pensare che l’embargo contro la Russia, imposto da Usa, R.U. e Francia, stia per finire. A maggio sostiene che chi in Italia vuole opporsi al “terrore proletario”, deve subire quello “fascista”: non c’è “terza via”. A giugno dichiara d’essere pronto a chiedere l’espulsione dei socialisti italiani dall’Internazionale, visto e considerato che non si sono epurati dagli elementi riformisti che boicottano la presa del potere. Mette anche in guardia i comunisti dal non “giocare” a fare i “sinistri”, finché non sono riusciti ad avere dalla loro parte la maggioranza degli operai serratiani. La questione italiana viene discussa al III congresso dell’Internazionale (22/06-12/07/1921), in seguito alla protesta del Psi di essere stato espulso e di considerare solo il Pci una sezione dell’Internazionale in Italia. Lenin esordisce ricordando a Lazzari che Turati è un “traditore” della II Internazionale non meno di Bernstein: hanno praticamente iniziato insieme, e Turati ha potuto “disorganizzare” il Psi e il movimento operaio per vent’anni, senza che nessuno abbia mai avuto il coraggio d’impedirglielo. Eppure dopo il II congresso dell’Internazionale s’era detto a Serrati che il Psi non poteva dirsi “comunista” se accettava gente come Turati tra le proprie file. Lenin dice anche esplicitamente che all’Internazionale non è piaciuto né il convegno dei socialisti riformisti di Reggio Emilia, né quello della frazione centrista di Serrati, Baratono e altri, tenuto a Firenze nel novembre 1920, con cui si era negata l’esigenza di rompere coi riformisti e che aveva subordinato l’adesione ai 21 punti al fatto appunto che coi riformisti non si voleva rompere. Tutti coloro che avevano preso parte al convegno di Reggio Emilia andavano espulsi, secondo Lenin. Lenin d’altra parte rifiuta l’accusa di voler esportare la propria rivoluzione, sia perché i delegati russi nel comitato esecutivo dell’Internazionale sono solo cinque su venti, sia perché il problema è proprio quello di non rimasticare parole d’ordine rivoluzionarie, ma di adattare i principi rivoluzionari alle particolarità dei diversi paesi. Cosa che non è stata fatta, p.es., durante l’occupazione operaia delle fabbriche italiane. In quel periodo più che di comunismo marxista si poteva parlare al massimo di anarchia. L’occupazione delle fabbriche era partita nel settembre 1920 su iniziativa del sindacato, a Torino e a Milano, poi si era estesa a tutto il Piemonte e nel nord Italia, coinvolgendo infine quasi tutto il paese (al sud infatti i contadini avevano cominciato ad occupare le terre). Ma i capi riformisti del Psi e dei sindacati ebbero paura del carattere politico assunto dal movimento e preferirono trattare con gli industriali. Questa volta Lenin cita anche Modigliani tra i riformisti da espellere. E continua a chiedersi il motivo della titubanza dei socialisti marxisti, visto che hanno già la maggioranza, a differenza dei bolscevichi, che sino al febbraio 1917 erano ancora minoritari rispetto ai menscevichi. A Livorno i centristi ebbero 98.000 voti e, nonostante fossero maggioritari, preferirono restare coi riformisti dichiarati, che ne avevano 14.000, piuttosto che espellerli creando un nuovo partito con i comunisti, che ne avevano 58.000. Tale errata decisione fu il frutto della politica di Serrati. A Lazzari, che chiedeva a Lenin di non espellere i socialisti dalla III Internazionale, altrimenti gli operai si sarebbero disorientati, Lenin rispose che gli operai, grazie all’operato di Serrati, erano già disorientati. All’inizio di luglio Lenin tiene un discorso in Difesa della tattica dell’Internazionale Comunista, il cui oggetto sono gli emendamenti che tre delegazioni comuniste (tedesca, austriaca e italiana) hanno posto alle tesi sulla tattica dell’Internazionale, proposte dalla delegazione russa. Secondo Terracini era necessario cancellare la parola “maggioranza” dalla seguente espressione: “la situazione, in parecchi paesi, si è inasprita in senso rivoluzionario e si sono organizzati parecchi partiti comunisti di massa, nessuno dei quali però ha preso nelle sue mani l’effettiva direzione della maggioranza della classe operaia nella sua lotta veramente rivoluzionaria”. L’altro emendamento è correlato a questo: mettere la parola “fini” al posto di “principi”. Lenin su questo è contrario perché con la parola “fini” si può procrastinare ad libitum l’avvento della rivoluzione, mentre i “principi” vanno rispettati subito. Lenin risponde che neppure il Pc tedesco è seguito dalla “maggioranza” della classe operaia. Terracini, secondo lui, voleva togliere quella parola, facendo vedere che la direzione della classe operaia già esiste in Italia da parte del Pc. In realtà, secondo Lenin, Terracini sopravvaluta l’importanza del Pci e lo fa perché è viziato da un certo estremismo (tant’è che Terracini avrebbe criticato l’Internazionale di non essere abbastanza “dura” coi centristi del Psi). Infatti un altro suo emendamento vuole la rimozione dei riferimenti alla “Lettera aperta” con cui il Pc tedesco aveva chiesto ai partiti socialista e socialdemocratico e ai sindacati, nel gennaio 1921, di creare un fronte unico contro la crescente reazione antioperaia (proposta che poi venne respinta dai partiti non comunisti). Terracini era convinto che quella “Lettera” fosse un vergognoso compromesso, un atto di opportunismo. Lenin invece sostiene che proprio in virtù di quella “Lettera” si poteva raggiungere il controllo della maggioranza degli operai, già tutti organizzati in vari partiti e sindacati. Lenin spiega a Terracini che i bolscevichi, pur essendo, come militanti, un piccolo partito, avevano la maggioranza dei soviet di tutto il paese russo e quasi la metà dell’esercito, che allora contava …

REFERENDUM LOMBARDIA: NOI VOTIAMO NO

di Daniele Farina e Mario Agostinelli In Catalogna succedono cose serie e drammaticamente allusive delle implicazioni dei percorsi identitari nella involuta fase europea e mondiale. In Lombardia e Veneto assai meno. Se si volesse seriamente discutere di poteri, di autonomie locali, bisognerebbe piuttosto farlo partendo da quegli enti chiamati comuni. Per ragioni storiche e fatti. Con un esame piuttosto impietoso anche dell’ultima geniale abolizione delle province, con trasferimento presunto di parte delle competenze alle regioni e la creazione di evanescenti città metropolitane. Non guasterebbe anche, per una valutazione della bontà dell’idea, un esame del come le creature regionali hanno gestito nientemeno che la materia sanitaria e le relative risorse. Là dove il diritto alla salute collassa e dove lo si autoproclama eccellente. Regnante Formigoni la “Lombardia dell’eccellenza” (e dei cadaveri del Santa Rita) aveva cominciato a proporre più di dieci anni fa, attraverso la formulazione del proprio statuto e la modifica degli articoli 115, 116, 117, il modello di una piccola Baviera all’italiana, ove ristorare un “popolo” descritto come vessato dal peso dell’Italia sotto il Po. Poi la pausa di Milano sottratto alla Moratti, l’eccessivo entusiasmo per EXPO, la città verticale, ci hanno fatto dimenticare che il problema principale della nostra regione, in crisi strutturale, è di rientrare nel circolo dell’innovazione. di produrre e redistribuire ricchezza, non di stringersi al petto quella residua, sempre più spesso inquinata da corruzione e intrusioni mafiose.In estrema sintesi, reputiamo prevalenti le pessime intenzioni politico generali di chi propone i referendum enon ci solleva affatto conoscerne l’efficacia concreta sostanzialmente nulla. Ci indignamo, anche senza strapparci le vesti soltanto per i soldi buttati, ma noi il 22 ottobre, qui in Lombardia, rispettando chi si astiene, votiamo NO. Mario Agostinelli, Daniele Farina *** Il 22 ottobre non marciare su Roma marcia é la Lega ladrona.   SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

Enrico Cuccodoro. Lettera e Spirito dei Poteri Idee di organizzazione costituzionale

Tomo III LE DISCONTINUITÀ DI CRISI Questioni costituzionali aperte Alla luce delle principali forme politiche di governo, nel prestare attenzione alla natura e all’evoluzione dell’Esecutivo in Italia, si è intrapresa la presente indagine, con l’intenzione di approfondire o meglio riprendere caratteri e valenze nei loro rilevanti fondamenti costituzionali e, successivamente, dare consistenza all’assestamento e alle più appariscenti tendenze attuali del nostro impianto istituzionale per la rappresentanza politica e la governabilità. Affiorano qui le “discontinuità di una crisi” indagate, appunto, attraverso questioni costituzionali aperte (sovranità popolare, partiti e movimenti politici, leggi elettorali quali “norme di sistema”, meccanismi fiduciari -fiducia, sfiducia, questione di fiducia, mozioni parlamentari rivolte a ministri… o come adesso, addirittura, inedita critica al governatore della Banca d’Italia…-, premiership o collegialità di governo, struttura ed evoluzione del governo di coalizione, vertici e verifiche in ambito politico). L’ambivalenza, infatti, include almeno due significati: il primo è che il potere e il suo esercizio di trovano, nuovamente, a fare i conti con alterni momenti di ricorrente crisi; il secondo, riguarda i modi di legittima conquista del potere e la sua complessa gestione e tenuta, che continuano ad avere un rilevante peso specifico nel profilo della organizzazione costituzionale dello Stato e del processo politico complessivo. Una ricerca di “equilibrio” a cui tendere tra i due poteri in bilico, quali l’Esecutivo e il Legislativo nel loro confronto, spesso smarrito, e nella “leadership” politico-costituzionale in ragione degli esiti della c.d. “democrazia della decisione”. Siamo di fronte a “problemi” e “temi” costituzionali di riflessione aggiornata, nell’intenzione di rendere una ulteriore “narrazione” non astratta, bensì concreta ed effettiva verso le appariscenti trasformazioni nel sistema delle istituzioni e della complessiva dinamica dei poteri nei loro punti di chiarezza e nei molto risvolti, tutt’ora oscuri, per talune incoerenze segnalate nel quadro costituzionale e delle istituzioni principali di governo del Paese. ENRICO CUCCODORO è professore di diritto costituzionale nell’Università del Salento e Coordinatore nazionale dell’Osservatorio Istituzionale per la libertà e la giustizia sociale “Sandro e Carla Pertini”. Con il presente volume dedicato alle discontinuità di crisi si completa un percorso di approfondimento sulla lettera e lo spirito dei poteri, con varie idee di organizzazione costituzionale nella Trilogia dei tomi pubblicati per i tipi di Editoriale Scientifica in Napoli, che vede luce in occasione del Settantesimo Anniversario della Costituzione.   Enrico Cuccodoro Lettera e Spirito dei Poteri Idee di organizzazione costituzionale Tomo III LE DISCONTINUITÀ DI CRISI Questioni costituzionali aperte Editoriale Scientifica, Napoli 2016-2017, pp. 213. 13 euro. Isbn: 978 88 9391 038 5 SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

OPPORTUNITA’ DI LAVORO Concorsi pubblici negli Enti Locali, pubblicata la rassegna settimanale

Come di consueto la rassegna settimanale dei concorsi pubblici selezionati dalla Gazzetta Ufficiale.   – Gazzetta Ufficiale 4° Serie Speciale – Concorsi ed Esami n. 78 del 13.10.2017:   COMUNE DI ACERRA CONCORSO (scad. 13 novembre 2017) Selezione pubblica per il conferimento dell’incarico di dirigente amministrativo a tempo pieno e determinato, ai sensi dell’articolo 110, comma 1, del decreto legislativo n. 267/2000 e s.m.i. (17E07486). COMUNE DI ACERRA CONCORSO (scad. 13 novembre 2017) Selezione pubblica per il conferimento dell’incarico di dirigente settore informatico a tempo pieno e determinato, ai sensi dell’articolo 110, comma 2, del decreto legislativo n. 267/2000 e s.m.i. (17E07487). COMUNE DI ACERRA CONCORSO (scad. 13 novembre 2017) Selezione pubblica per il conferimento dell’incarico di dirigente tecnico a tempo pieno e determinato, ai sensi dell’articolo 110, comma 1, del decreto legislativo n. 267/2000 e s.m.i. (17E07488). COMUNE DI BASCHI CONCORSO (scad. 3 novembre 2017) Selezione pubblica, per titoli ed esami, per l’assunzione a tempo pieno ed indeterminato di un istruttore di vigilanza – categoria C – posizione economica C1. (17E07523). COMUNE DI BOLOGNA CONCORSO (scad. 2 novembre 2017) Avviso per l’assunzione di tre dirigenti con contratto di lavoro a tempo determinato (17E07462). COMUNE DI BUTTIGLIERA ALTA CONCORSO (scad. 13 novembre 2017) Concorso pubblico, per titoli ed esami, per la copertura a tempo parziale 69%, indeterminato, di un posto nel profilo professionale di istruttore direttivo contabile – categoria D, posizione economica D1, presso l’area finanziaria. (17E07489). COMUNE DI CASTIGLIONE TORINESE CONCORSO (scad. 13 novembre 2017) Concorso pubblico, per esami, per la copertura di un posto a tempo pieno ed indeterminato nel profilo professionale di istruttore tecnico geometra, categoria C. (17E07456). COMUNE DI COLLEDARA CONCORSO (scad. 13 novembre 2017) Concorso pubblico, per titoli ed esami, per la copertura di un posto a tempo pieno ed indeterminato di istruttore direttivo amministrativo-contabile – area amministrativa – categoria giuridica D1, posizione economica D1. (17E07464). COMUNE DI GALLICANO NEL LAZIO CONCORSO (scad. 13 novembre 2017) Concorso pubblico, per titoli ed esami, per l’assunzione a tempo indeterminato part-time ventiquattro ore di un istruttore amministrativo categoria C, posizione economica C1 – riservato ai soggetti disabili di cui all’articolo 1 della legge 12 marzo 1999, n. 68 – da assegnare all’area A – Direzione servizi al cittadino e alle imprese. (17E07463). COMUNE DI LIVIGNO CONCORSO (scad. 13 novembre 2017) Riapertura dei termini con modifica ed integrazione del bando di concorso pubblico, per soli esami, per l’assunzione a tempo pieno ed indeterminato di una unita’ di personale con profilo professionale di esperto tecnico – categoria contrattuale D, posizione economica iniziale D3 – servizio edilizia privata. (17E07467). COMUNE DI LOIRI PORTO SAN PAOLO CONCORSO (scad. 13 novembre 2017) Concorso pubblico per la copertura a tempo indeterminato e a tempo pieno di un posto di istruttore amministrativo-contabile, categoria C1, da assegnare all’area economico-finanziaria. (17E07522). COMUNE DI LUSERNA SAN GIOVANNI CONCORSO (scad. 13 novembre 2017) Concorso pubblico, per titoli ed esami, per l’assunzione a tempo pieno e indeterminato di un collaboratore tecnico – categoria B3, da assegnare all’area LL.PP. e urbanistica. (17E07455). COMUNE DI PESCHIERA BORROMEO CONCORSO (scad. 13 novembre 2017) Concorso pubblico, per esami, per la copertura di un posto di istruttore direttivo di polizia locale – categoria D – posizione economica D1 – a tempo pieno ed indeterminato. (17E07490). COMUNE DI PINETO CONCORSO (scad. 13 novembre 2017) Concorso pubblico, per titoli ed esami, per l’assunzione a tempo indeterminato e part-time al 66,67% di una unita’ di personale di categoria B1, profilo professionale di esecutore tecnico, qualifica di muratore. (17E07459). COMUNE DI PINETO CONCORSO (scad. 13 novembre 2017) Concorso pubblico, per titoli ed esami, per l’assunzione a tempo indeterminato e part-time al 66,67% di una unita’ di personale di categoria B1, profilo professionale di esecutore tecnico, qualifica di idraulico manutentore. (17E07460). COMUNE DI SAMARATE CONCORSO (scad. 13 novembre 2017) Concorso pubblico, per esami, per l’assunzione a tempo indeterminato di un agente di polizia locale a tempo pieno – trentasei ore/settimanali. (17E07465). COMUNE DI SAN PIETRO IN CARIANO CONCORSO Concorso pubblico, per titoli ed esami, per un posto a tempo indeterminato di istruttore tecnico presso l’area tecnica, categoria C1. (17E07430). COMUNE DI SAN PIETRO IN CARIANO CONCORSO Concorso pubblico, per titoli ed esami, per un posto a tempo indeterminato di vigile presso il Corpo di Polizia Municipale, categoria C1. (17E07431). COMUNE DI SESTO SAN GIOVANNI CONCORSO (scad. 25 ottobre 2017) Selezione pubblica per la copertura a tempo determinato del posto di dirigente del settore complesso territorio, attivita’ produttive, lavori pubblici – qualifica dirigenziale. (17E07461). COMUNE DI VIDDALBA CONCORSO (scad. 26 ottobre 2017) Concorso pubblico, per titoli ed esami, per la formazione di una graduatoria, per l’assunzione a tempo indeterminato part-time (50%) di un istruttore direttivo tecnico – categoria D3. (17E07457). COMUNE DI VINOVO CONCORSO (scad. 13 novembre 2017) Concorso pubblico, per esami, per la copertura di un posto di istruttore tecnico – categoria C (17E07433). UNIONE DEI COMUNI DELL’APPENNINO BOLOGNESE CONCORSO (scad. 13 novembre 2017) Selezione pubblica, per esami, per l’assunzione a tempo pieno e indeterminato di due posti di istruttore amministrativo contabile – categoria C, presso i Comuni di Castel d’Aiano e Camugnano. (17E07511). UNIONE DEI COMUNI VALDICHIANA SENESE CONCORSO (scad. 30 ottobre 2017) Concorso pubblico, per esami, per l’assunzione a tempo determinato e pieno di due vincitori con il profilo di agente di polizia municipale – categoria C, per il periodo di anni tre – corpo associato di polizia municipale, presso il Comune di Sarteano. (17E07466). UNIONE DEI COMUNI VALLI E DELIZIE CONCORSO (scad. 13 novembre 2017) Selezione pubblica per l’assunzione a tempo determinato di un dirigente, presso il Comune di Portomaggiore. (17E07513). UNIONE RUBICONE E MARE CONCORSO (scad. 28 ottobre 2017) Selezione pubblica, per esami, di candidati per la stipulazione di un contratto di formazione e lavoro con una unita’ di personale da inquadrare nel profilo professionale di istruttore direttivo amministrativo contabile – categoria D1 del contratto collettivo nazionale di lavoro comparto regioni ed autonomie locali a tempo pieno presso il settore affari generali ed istituzionali del Comune di Gatteo per la durata di ventiquattro mesi. (17E07492). UNIONE TERRE D’ACQUA CONCORSO (scad. 13 novembre 2017) Selezione pubblica comparativa per la presentazione di curricula per l’assunzione con contratto di lavoro …