III Congresso Psi 1895

III Congresso – Parma 13 gennaio 1895 Al 3° Congresso del Psi (Tenuto in clandestinità a causa dello scioglimento per decreto voluto da Crispi, il partito assume la denominazione di Partito Socialista Italiano). Viene sancito il nuovo principio delle adesioni individuali. Nelle elezioni politiche, di maggio, i socialisti ottengono un buon successo e vengono eletti 15 deputati, tra cui i maggiori dirigenti dei “Fasci” siciliani imprigionati. L’anno dopo in una elezione suppletiva, a Milano, veniva eletto per la prima volta Filippo Turati. SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

Considerazioni provvisorie sui numeri delle elezioni tedesche

ELEZIONI FEDERALI TEDESCHE 2017 ELEZIONI FEDERALI TEDESCHE 2017 Ergebnisse PARTITI % GrKoa 2013 ALT RV 2013 CDU 26,8 53,5% 59,8% – 6,3% SPD 20,5 38,8% 42,7% -3,9% DIE LINKE 9,2 GRÜNE 8,9 CSU 6,2 FDP 10,7 AfD 12,6 Sonstige ALTRI 5,0 PARTITI % GrKoa 2013 ALT RV 2013 CDU 26,8 53,5% 59,8% – 6,3% SPD 20,5 38,8% 42,7% -3,9% DIE LINKE 9,2 GRÜNE 8,9 CSU 6,2 FDP 10,7 AfD 12,6 Sonstige ALTRI 5,0 PARTITI % GrKoa 2013 ALT RV 2013 PARTITI % GrKoa 2013 ALT RV 2013 R V CDU 26,8 53,5% 59,8% – 6,3% CDU 26,8 53,5% 59,8% – 6,3% SPD 20,5 38,8% 42,7% -3,9% SPD 20,5 38,8% 38,8% 42,7% -3,9% have a peek here 42,7% -3,9% DIE LINKE 9,2 DIE LINKE 9,2 GRÜNE 8,9 GRÜNE 8,9 CSU 6,2 CSU 6,2 FDP 10,7 FDP 10,7 AfD 12,6 AfD 12,6 Sonstige ALTRI 5,0 Sonstige ALTRI 5,0 Legenda: GrKoa Große Koalition ALT RV Alternative Rot Grün Rot Grün Nel 2013 l’Alt rosso verde 329 seggi su 631 maggioranza assoluta 316 Nel 2017 l’Alt rosso verde 289 seggi su 709 maggioranza assoluta 455 709 Sitze 329 316 289 455 CDU: 200 SPD: 153 DIE LINKE: 69 GRÜNE: 67 CSU: 46 FDP: 80 AfD: 94 © Der Bundeswahlleiter, Wiesbaden 2017 Partei Sitze Diff zu 2013 SEGGI 2013 GK ALT RV CDU 200 -55 255 SPD 153 -40 193 DIE LINKE 69 5 64 Partei Sitze Diff zu 2013 SEGGI 2013 GK ALT RV CDU 200 -55 255 SPD 153 -40 193 DIE LINKE 69 5 64 Partei Sitze Diff zu 2013 SEGGI 2013 GK ALT RV Partei Sitze Diff zu 2013 SEGGI 2013 GK ALT RV R V CDU 200 -55 255 CDU 200 -55 255 SPD 153 -40 193 SPD 153 -40 193 DIE LINKE 69 5 64 DIE LINKE 69 5 64 GRÜNE 67 4 63 CSU 46 -10 56 FDP 80 80 AfD 94 94 GRÜNE 67 4 63 CSU 46 -10 56 FDP 80 80 AfD 94 94 GRÜNE 67 4 63 GRÜNE 67 4 63 CSU 46 -10 56 CSU 46 -10 56 FDP 80 80 FDP 80 80 AfD 94 94 AfD 94 94 Totali 709 631 (-78) Totali 709 631 (-78) Totali 709 631 (-78) Totali 709 631 (-78) © Der Bundeswahlleiter, Wiesbaden 2017 Zweitstimmen Bundestagswahl 2017, Deutschland Vorläufiges Ergebnis Stimmenanteil aktuell Stimmenanteil Vorperiode Download der Grafik als SVG 709 Sitze © Der Bundeswahlleiter, Wiesbaden 2017 Sitzverteilung Bundestagswahl 2017, Deutschland Vorläufiges Ergebnis a cura di Felice Besostri a cura di Felice Besostri Felice Besostri — CONSIDERAZIONI PROVVISORIE SUI NUMERI DELLE ELEZIONI TEDESCHE CONSIDERAZIONI PROVVISORIE SUI NUMERI DELLE ELEZIONI TEDESCHE CONSIDERAZIONI PROVVISORIE SUI NUMERI DELLE ELEZIONI TEDESCHE di Franco Astengo di Franco Astengo Di seguito si trasmettono alcune valutazioni sul risultato delle elezioni tedesche svoltesi il 24 Settembre, nel tentativo di verificare gli scostamenti sulla base delle cifre in numeri assoluti e non soltanto sulle percentuali. 1) Il primo dato che emerge riguarda la tenuta del sistema nel suo complesso, almeno del punto di vista della partecipazione elettorale. La Germania è attraversata da alcune contraddizioni di grandissimo rilievo, da quella riguardante il flusso dei migranti, all’emergere di un livello di disuguaglianza sociale molto forte al punto di verificare il fenomeno di un vero e proprio “abbandono” da parte dello stato sociale di interi strati di popolazione, al consolidarsi di forti differenze tra una parte e l’altra del Paese a distanza di oltre venticinque anni dalla riunificazione tra BDR e DDR. Ciò nonostante i tedeschi hanno partecipato al voto in misura massiccia, anche se il sistema elettorale tedesco non è costruito sull’idea (tanto agognata dalle nostre parti) che alla domenica sera si debba già sapere chi ha vinto, chi sarà il primo ministro che governerà per 5 anni. Si è verificato, infatti, un incremento in valori assoluti e in percentuale del totale dei voti validi (riferimento di tutti i dati la parte proporzionale delle espressioni di voto). Data la partecipazione complessiva (inclusi coloro che hanno espresso voto bianco o nullo per un totale di 851.992 suffragi mancati) al 76,16%, i voti validi si sono incrementati tra il 2013 e il 2017 di 2.016.842 unità passando da 44.309.925 a 46.326.767; 1) 2.016.842 2) Il secondo dato da rilevare è quello che riguarda la maggior concentrazione del voto sui 6 partiti maggiori. Nel 2013, infatti, i voti dell’Unione tra CDU – CSU, SPD, Linke, Verdi, FDP e AfD assommarono a 41.009.065 (92,55% sul totale dei voti validi) e FDP e AfD restarono esclusi dal Bundestag. Nel 2017 la somma di voti raccolti dai sei partiti in questione è stata di 44.002.541 pari al 94,98% del totale dei voti validi. Riscontriamo quindi una maggiore concentrazione nel voto in presenza di un allargamento nella presenza in Parlamento da 4 a 6 partiti. Altro dato che non pare spaventare i tedeschi almeno dal punto di vista del numero dei partiti partecipanti all’arco parlamentare. Altro paio di maniche ovviamente la valutazione politica relativa all’ingresso dell’AfD nella sfera parlamentare che suscita sicuramente inquietudine per la dimensione inusitatamente massiccia del voto; 2) 3) Acclarata quindi la tenuta del sistema almeno dal punto di vista della partecipazione elettorale appare evidente, come notato dai tutti i commentatori davanti alla realtà delle cifre, il secco spostamento a destra, che meglio è evidenziato dalle cifre assolute. L’Unione tra Cristiano Democratici e Cristiano Sociali scende, infatti, da 18.165.446 voti a 15.315.576 segnando un meno 2.849.870 pari al 15,39% del proprio elettorato. Tra l’altro appare netto il calo della CSU in Baviera: il partito “storico”, che fu di Strauss, nel suo Land d’elezione nel 2013 aveva ancora sfiorato la maggioranza assoluta con il 49% e adesso, invece, si restringe al di sotto del 40% con il 38,8%. Sul piano nazionale la SPD scenda da 11.252.215 suffragi a 9.358.367 con un meno 1.893.848 pari al 16,84% del proprio elettorato. Si può affermare, in sostanza che il calo delle due forze impegnate nel governo di “Grosse Koalition” è stato tutto sommato omogeneo tra di esse e non si rileva un particolare “crollo” dell’SPD …

“SOLO IERI”

Cosa ti ha insegnato la vita? A essere onesto, prima di tutto. Hai mai pensato di avere più soldi? Non avrei saputo che farne. Non ho neppure una casa. Mi basta poter comprare dei libri. E qual´è l´agognata società socialista? E´ quella società che riesce a dare a ciascun individuo la massima libertà di decidere la propria esistenza e di costruire la propria vita. Per il futuro come andrà a finire? Non finirà mai. Io sono molto incuriosito da tutto quel che stiamo vivendo: è un´epoca di grandi cambiamenti in cui tutto è in gioco. Ci sono troppe cose da vedere e da capire. E poi, non penso mai alla morte… Era il 18 settembre 1984 e in una la clinica romana, la Mater Dei, l´acomunista – nè filo nè anticomunista – Riccardo Lombardi, smetteva di analizzare, testare, la società, fatta di uomini e donne, che aveva davanti: quando un problema si pone la soluzione si cerca e si trova […] se il problema è posto con l´insistenza necessaria e non viene negato […] quando si rappresentano dobbiamo affrontarli, i problemi, perchè non se li mangia il lupo, e subito poi per dire la sua secondo il metodo sempre seguito: la ricerca, l´ininterrotta ricerca di provare e riprovare. Quale migliore occasione allora – in un contesto culturale e politico, l´attuale, infettato dai rigurgiti di virus letali per l´umanità, che si credevano, erroneamente, sconfitti e debellati: razzismo e xenofobia, ereditati dal fascismo e dal nazismo, e, loro diretta emanazione, populismi e apatia per la convivenza sociale – che riproporre, a 33 anni esatti dalla cremazione senza riti religiosi disposta già anni prima, la figura e il pensiero del partigiano Rio, giellista e azionista prima, poi sempre socialista. Certo, di anni ne sono passati diversi e di cambiamenti ce ne sono stati tanti, anche epocali: non ci sono più nè il Psi in cui Lombardi militò, ininterrottamente, dal 1947 al 1984, non prima di aver stilato la sua severa e profetica sentenza al Cc del 30 giugno: un Psi così non ha ragione di esistere; nè il Pci travolto nel 1989 dal crollo – annunciato dalla destalinizzazione di Kruscev – del Muro di Berlino sotto le cui macerie rimase sepolto il comunismo sovietico che Lombardi ritenne sempre irriformabile, nè la Dc – la considerava per gli interessi difesi un avversario e non un alleato – sopravvisuta, sotto altre vesti, allo tsumani di Tangentopoli del ´92-´93. Eppure, nonostante l´enorme sconquasso culturale, politico e sociale, da cui si è salvato il capitalismo per aver cambiato pelle, ci sono valori umani validi, magari da rimpolpare e da precisare ulteriormente, per rinverdire l´idea lombardiana di una società più ricca, non più povera e triste, perchè diversamente ricca: è il tipo di benessere, di consumi che noi vogliamo cambiare, come uguaglianza e divesità, libertà e giustizia sociale, laicità e mutualità, onestà e rigorosità, competenza e coerenza, che hanno contrassegnato la vita di un presbite assai scomodo alla politica dei suoi tempi, figurariamoci dei nostri! course detail Suo malgrado si ritrovò inserito dall´intellettuale francese Gilles Martinet in La conquista dei poteri tra gli ideatori del riformismo rivoluzionario, un ossimoro: o si era riformisti o si era rivoluzionari, quale strategia per realizzare il socialismo – e non la socialdemocrazia di cui ne anticipò, nel 1981, la crisi incipiente – perchè, ammoniva, o si trova una soluzione socialista o siamo alla barbarie, insieme a Vittorio Foa, Bruno Trentin, Lelio Basso e Pietro Ingrao. Non pensava mai alla morte del capitalismo, nè era convinto che alla morte del capitalismo sarebbe successo il socialismo, semmai progettava una profonda ristrutturazione, attraverso non le blande riforme di piccoli aggiustamenti, ma con le riforme di struttura tali da incidere dal di dentro il sistema messo in piedi perchè il capitalismo è diventato troppo costoso per noi e per l´umanità intera. In primo piano alla sua analisi c´erano da una parte l´uso indiscriminato e distruttivo, e non sobrio e egualitario, delle risorse naturali, e dall´altra lo sfruttamento disumano del Terzo Mondo: una situazione, questa, che alla lunga il Pianeta, lo si vede oggi, non può sostenere. Di certo non fu il solo a vivere la politica come un fare, non per se stessi, la propria carriera e le prebende incluse, ma per gli altri, per milioni e milioni di persone, specie per i più deboli e meno abbienti: un modo questo, anomalo, di stare e operare nel mondo politico dedito a calcoli e compromessi finalizzati a vantaggi per il partito, se non personali, che discendeva dall´onestà, dal rigore e dalla coerenza. Ci si può allora, per l´oggi, riferire a l´altra sinistra, quella che non ha vinto elettoralmente ma culturalmente, a un drappello di antifascisti eterogeno, transitati per Giustizia e Libertà dei fratelli Rosselli e poi per il Partito d´Azione, come Vittorio Foa; di comunisti anomali, come Bruno Trentin e Giuseppe Di Vittorio, come Pietro Ingrao e Antonio Giolitti; di liberali formatisi alla scuola di Piero Gobetti, come Ernesto Rossi, e, per finire, a Antonio Gramsci. Forse, di questi mala tempora currunt, è un´utopia dire che il socialismo non è morto: se anche fosse, serve quest´utopia per continuare a leggere la società che abbiamo davanti dove immettere certi valori umani di 30, 40, 50 anni fa: uguaglianza e diversità, libertà e giustizia sociale, laicità e mutualità, onestà e rigorosità, competenza e onestà per affermare che non ci sono razze umane ma ci sono esseri umani accumunati dall´uguaglianza per la nascita e non per altro. Carlo Patrignani Carlo Patrignani   SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

II Congresso Psi 1893

II Congresso – Reggio Emilia 8-10 settembre 1893 In settembre, il Partito dei Lavoratori Italiani si riunisce a congresso, nella città di Reggio Emilia, dove assume il nome di Partito Socialista dei Lavoratori Italiani (PSLI). Nel maggio dello stesso anno, in Sicilia, si contano 162 “Fasci” riuniti in una Federazione socialista siciliana. I fasci siciliani si collocano all’interno del socialismo italiano, tra il congresso di Genova 1892 (nascita PSI) e quello di Reggio Emilia 1983. I contadini in quel periodo lottavano per la questione agraria come “la rivendicazione del suolo come proprietà dei lavoratori della terra”. Precedentemente il 28 agosto si tiene a Imola il congresso del PSRR (Partito Socialista Romagnolo) presieduto da Andrea Costa. Sono presenti delegati di 53 centri. All’ordine del giorno c’è l’adesione al Partito dei Lavoratori Italiani. Costa si oppone a un puro e semplice assorbimento e orienta l’ingresso del PSRR nella grande compagine socialista – il congresso è previsto per l’8 settembre a Reggio Emilia – con un proprio programma e statuto. Un documento proposto da Gaetano Zirardini è approvato, dopo lunga discussione, praticamente all’unanimità. Terminano così le annose divisioni tra i socialisti emiliani. SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

I Congresso Psi 1892

I Congresso – Genova 14 -15 agosto 1892 Atto Fondativo PARTITO DEI LAVORATORI ITALIANI Al Congresso di Genova, riunito nella Sala Sivori fu consumata la separazione tra anarchici e socialisti. Questo avvenne tra il 14 e il 15 agosto 1892. Nella sala dei “Carabinieri genovesi”, il corpo dei fucilieri garibaldini ci fu la fondazione del Partito dei lavoratori italiani. Al congresso parteciparono circa trecento società operaie di molte regioni d’Italia. Successivamente a Reggio Emilia il nome venne cambiato in Partito Socialista dei Lavoratori Italiani. Al congresso di Parma del 1895 assunse il nome Partito Socialista Italiano. E’ questo, senza dubbio, un fatto nuovo per la storia del nostro Paese: con la sua fondazione, e in più con l’enunciazione di un programma politico, nasce così un Partito autonomo della classe operaia, dopo anni di lotte e di discussioni. Nel Partito trovano posto le molte e disparate organizzazioni del movimento operaio e contadino, che erano state segnate fino ad allora da una grande varietà di tradizioni politiche e sindacali. Programma Considerando che nel presente ordinamento della società umana gli uomini sono costretti a vivere in due classi: da un lato i lavoratori sfruttati, dall’altro i capitalisti detentori e monopolizzatori delle ricchezze sociali; che i salariati d’ambo i sessi, d’ogni arte e condizione, formano per la loro dipendenza economica il proletariato, costretto ad uno stato di miseria, d’inferiorità e di oppressione; che tutti gli uomini, purché concorrano secondo le loro forze a creare e a mantenere i benefici della vita sociale, hanno lo stesso diritto a fruire di cotesti benefici, primo dei quali la sicurezza sociale dell’esistenza; riconoscendo che gli attuali organismi economico-sociali, difesi dall’odierno sistema politico, rappresentano il predominio dei monopolizzatori delle ricchezze sociali e naturali sulla classe lavoratrice; che i lavoratori non potranno conseguire la loro emancipazione se non mercé la socializzazione dei mezzi di lavoro (terre, miniere, fabbriche, mezzi di trasporto, ecc.) e la gestione sociale della produzione; ritenuto che tale scopo finale non può raggiungersi che mediante l’azione del proletariato organizzato in partito di classe, indipendente da tutti gli altri partiti, esplicantesi sotto il doppio aspetto: 1° della lotta di mestieri per i miglioramenti immediati della vita operaia (orari, salari, regolamenti di fabbrica, ecc.) lotta devoluta alle Camere del Lavoro ed alle altre Associazioni di arti e mestieri; 2° di una lotta più ampia e intesa a conquistare i poteri pubblici (Stato, Comuni, Amministrazioni pubbliche, ecc.) per trasformarli, da strumento che oggi sono di oppressione e di sfruttamento, in uno strumento per l’espropriazione economica e politica della classe dominante; i lavoratori italiani, che si propongono la emancipazione della propria classe, deliberano: di costituirsi in Partito, informato ai principi suesposti e retto dal seguente Statuto Costituzione del Partito Art. 1 – Tutte le Federazioni, Consociazioni, Consolati di Società e Società indipendenti, che fanno adesione al sopraesposto programma, sono costituite in Partito dei lavoratori italiani allo scopo, di difendere i salariati nella lotta per la loro emancipazione, sviluppando in essi la coscienza dei loro diritti, e organizzandoli preferibilmente arte per arte nei centri ove le condizioni del lavoro lo consentono. Art. 2 – Tutte le Associazioni operaie di città o di campagna tendenti al miglioramento economico-sociale ed organizzate: col mutuo soccorso per malattia, disoccupazione, vecchiaia, inabilità al lavoro; colla cooperazione senza intenti di speculazione capitalista; colla difesa del lavoro mediante la resistenza, ecc. ecc., che vogliono far parte del Partito, devono essere composte di puri e semplici lavoratori d’ambo i sessi, di città o di campagna salariati, e alla dipendenza di padroni, intraprenditori, commercianti od amministrazioni qualsiasi. Sarà cura del Comitato di curare l’aggregazione dei lavoratori indipendenti, a seconda della loro arte o mestiere, a quella fra le Società che ne rappresenta e difende gli interessi speciali. Sono pure ammesse le Associazioni operaie ed agricole amministrate o dirette da non lavoratori, purché per speciali condizioni locali, secondo il parere del Comitato centrale del Partito (riservata l’approvazione definitiva al successivo Congresso) conservino sempre il carattere di Associazione nell’interesse dei lavoratori. Art. 3 – L’adesione delle Società al Partito implica l’impegno di procedere di comune accordo in tutto quanto riguarda l’applicazione del programma comune, i cui metodi saranno determinati nei Congressi. Sarà salva l’autonomia delle singole Società o Federazioni in tutto ciò che non sia contrario all’interesse dell’organizzazione generale. Art. 4 – In quelle regioni ove non esistono raggruppamenti di Società in Federazioni o Consolati sarà cura del Comitato centrale di organizzare le Società sparse in Federazioni locali del Partito dei lavoratori, senza intaccarne l’autonomia amministrativa. Inoltre si adotterà ogni mezzo per far sì che le Società composte di diverse arti o mestieri, senza offenderne la compagine complessiva, adottino la ripartizione in diverse Sezioni professionali. Art. 5 – L’adesione al Partito dei lavoratori italiani, come rispetta l’autonomia amministrativa delle Società aderenti, così non implica nessun cambiamento delle loro singole denominazioni. Ciò non ostante il Comitato centrale curerà la propaganda affinché le nascenti Società s’ispirino nella loro costituzione ai principi e alle forme del programma del Partito, e che le Società già esistenti abbandonino le viete consuetudini di nomine onorarie e di amministratori a vita. (Genova, agosto 1892) SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. 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Il Quarto Stato

Quarto stato, fu la rivista di politica fondata e diretta da Pietro Nenni e Carlo Rosselli; edita a Milano tra gravi difficoltà a causa delle misure repressive del governo fascista, uscì dal 27 marzo al 30 ottobre 1926. La rivista si proponeva di fornire un apporto nuovo alla lotta al fascismo e alla soluzione della crisi del socialismo italiano. Tra i collaboratori, Lelio Basso, Rodolfo Moranti, Giuseppe Saragat. La rivista sopravvive sino all’approvazione delle leggi “per la difesa dello Stato” che portano alla soppressione della stampa antifascista (l’ultimo numero è del 30 ottobre 1926). Alla rivista collabora anche Nello Rosselli che si firma “Uno del terzo Stato”. . [cycloneslider id=”il-quarto-stato”] SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

Mondoperaio

Presenza costante fra le riviste politico-culturali del secondo dopoguerra, nata come “rassegna politica settimanale”, Mondo Operaio si propone di intervenire prevalentemente sui problemi di politica estera che Nenni considerava “la politica per eccellenza”. Diventato organo del Partito Socialista Italiano e quindicinale nel 1953, per adottare nello stesso anno una periodicità mensile, Mondo Operaio si arricchisce di nuovi temi che troveranno una loro prima collocazione nel Congresso di Torino del 1955 dove viene elaborata la politica del dialogo con i cattolici. Francesco De Martino Nel primo numero del 1956 Francesco De Martino assume la condirezione (rimanendo Pietro Nenni direttore fino al 1958) e, con l’editoriale Prospettive della politica socialista, fissa i nuovi compiti della rivista. Raniero Panzieri Fino al 1959 il periodico affronta in modo organico i temi dello stalinismo, dei rapporti tra socialismo e democrazia, del controllo operaio con l’aiuto dell’allora nuovo giovane condirettore Raniero Panzieri. Si arricchiscono anche i temi di interesse culturale e vengono pubblicati a puntate testi di Balzac, di Brecht, di Blasco Ibáñez per poi approdare, tra il marzo e il dicembre 1958, ad un supplemento scientifico-letterario redatto da Carlo Muscetta e Carlo Castagnoli. Nelle pagine letterarie escono così articoli di scrittori critici emergenti come Giorgio Bassani, Franco Fortini, Giuseppe Petronio, Pier Paolo Pasolini, Alberto Asor Rosa e altri. https://disabledaccess.co.uk/ Quando nel 1959 Panzieri abbandona Mondo Operaio e il Partito Socialista, la rivista assume sempre di più la fisionomia di testata partitica, fino alla rifondazione, nel 1973, da parte del nuovo direttore Federico Coen. La rivista ospita dibattiti che innovano radicalmente la cultura politica italiana: nel 1975 Norberto Bobbio critica la dottrina marxista dello Stato; nel 1976 Massimo Luigi Salvadori critica la dottrina gramsciana dell’egemonia; nel 1977 Giuliano Amato apre la discussione sulla necessità di riforme istituzionali. A Mondoperaio collaborano assiduamente anche Francesco Forte, Giorgio Ruffolo, Gino Giugni, Luciano Cafagna, Stefano Rodotà, Giuseppe Bedeschi, Luciano Pellicani, Ruggero Guarini, Ernesto Galli della Loggia e Giampiero Mughini; la redazione vede, accanto a Coen, Mario Baccianini, Luciano Vasconi, Francesco Gozzano. Nel 1985 a Coen subentra Luciano Pellicani. Nel 1994 la rivista sospende le sue pubblicazioni, a causa dello scioglimento del PSI. Claudio Martelli Dal 1998, diretta dall’ex ministro Claudio Martelli, viene pubblicata dallo SDI fino al 2000, con una nuova veste editoriale, formato libro e un’identità politicamente schierata, ma laica e liberale, con sguardi all’Europa. Tra le firme: Emanuele Macaluso, Predrag Matvejević, Francis Fukuyama, Arnaldo Colasanti, Attilio Scarpellini, Giuliano Cazzola, Adriano Sofri, Stefano Folli, Paolo Franchi, Ferdinando Imposimato, Anna Germoni, Federico Bugno, Piero Melograni, Luigi Fenizi. Luigi Covatta Dopo Martelli, subentra alla direzione nuovamente Pellicani fino al 2008; nel 2009 è la volta di Luigi Covatta, con una nuova serie rinnovata nei contenuti e nella grafica, con un comitato di redazione nel quale fanno parte molti di coloro che negli anni Settanta crearono un grande dibattito intorno a Mondoperaio: tra questi si ricordano Gennaro Acquaviva, Salvo Andò, Alberto Benzoni, Daniela Brancati, Simona Colarizi, Biagio De Giovanni, Antonio Ghirelli, Walter Pedullà, Giuseppe Tamburrano; la segretaria di redazione è Giulia Giuliani, mentre il direttore editoriale è Roberto Biscardini. Attualmente Mondoperaio è la rivista ufficiale del Partito Socialista Italiano, ricostituito nel 2007 dall’unione tra lo SDI e altri movimenti politici d’ispirazione laica e liberalsocialista. Fonte: Wikipedia   [cycloneslider id=”mondoperaio”] SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

Viva la lotta degli operai ebrei per la Dignità’ e la Libertà’: IL CASO DEL BUND

Autore: Mario Fuà, Gherush92 Committee for Human Rights Un libro sulle vicende del Bund, il potente partito operaio ebraico e del suo ruolo nella rivoluzione, potrebbe sembrare appannaggio di pochi appassionati. La sua lettura rivela, invece, una storia ricca di spunti di sorprendente attualità, un testo intenso che offre una nuova linfa vitale a una sinistra ormai da troppi anni in crisi. Nello sposare le tesi del Bund, l’interessante saggio di Massimo Pieri con la prefazione di Valentina Sereni, Gherush92, si pone quasi come un manifesto politico. Nello scritto si evidenzia ciò che i rivoluzionari del Bund furono in grado di capire dal contatto con il proletariato ebraico, allora recluso nella Zona di residenza, soggetto a leggi speciali antisemite, sfiancato da usuranti orari di lavoro e salari irrisori, e senza dignità: la lotta di classe non può e non deve prescindere dalla specificità cultural nazionale ebraica e non può ignorare la particolarità di ciascuna componente nazionale di quel crogiolo di lingue e culture che formano l’Impero Russo. Intuendo che la lotta di liberazione passa inevitabilmente per la libera espressione della lingua e delle tradizioni di un popolo, i bundisti fanno della questione nazional culturale un punto cardine della loro lotta, rivendicando in quanto nazione una certa autonomia di governo. La richiesta di autogoverno in seno al Partito Operaio Socialdemocratico Russo è percepita come una minaccia all’unità e alla forza rivoluzionaria della classe operaia. Le rivendicazioni di tipo federalista dei bundisti portano allo scontro frontale, con il Bund suo malgrado costretto a lasciare il Partito che pochi anni prima ha contribuito a fondare. Lenin sceglie un modello di controllo centralizzato in cui le diversità culturali e nazionali devono annullarsi in nome della lotta della classe operaia oppressa dai padroni e dal capitalismo. Il centralismo bolscevico propone, di fatto, l’annullamento o l’assimilazione delle specificità nazionali, e di quella ebraica in particolare, non considerata una vera nazione perché priva di territorio. Il Bund si contrappone anche alla stessa borghesia ebraica che nulla fa per riscattare la collettività ebraica, praticando invece una politica della mediazione che non la pone apertamente in conflitto con la temuta autorità. Il Bund è invece determinato a rovesciare quel mondo e così riconquistare la dignità degli ebrei: quanto più questi terranno la bocca chiusa, quanto più chineranno la testa, tanto maggiore sarà l’oppressione che graverà su di loro. Solo dalle classi oppresse di un popolo oppresso, ritiene il Bund, può nascere la forza del riscatto. I rivoluzionari perseguono con tenacia i loro obiettivi, anche con la lotta armata contro l’autarchia e i pogrom che colpiscono le comunità ebraiche, e portano avanti con coraggio, nell’incomprensione delle grandi correnti di pensiero del tempo, la loro battaglia esistenziale. Se in Russia il Bund è assorbito dalla corrente dei bolscevichi che rimangono, nonostante le posizioni divergenti, unici difensori degli ebrei nei pogrom e contro l’antisemitismo, in Polonia il Bund, divenuto assai radicato e importante, è annientato nella Shoah. Oggi che il mondo multiculturale ci pone di fronte a sfide simili, dove nazioni diverse si trovano a stretto contatto e si fanno portatrici, ciascuna a suo modo, di istanze sindacali, di classe e di caratteri culturali e nazionali, le risposte del Bund meritano di essere studiate e comprese e il libro di Massimo Pieri è un valido strumento per farlo. Le identità che, oggi come ieri, si confrontano, infatti, sono intrinsecamente non assimilabili, per ciascuna vale il grido rivoluzionario di battaglia del Bund: Doikeyt, noi siamo qui ora, non fuggiremo, non ci assimilerete, non ci annienterete, dovrete fare i conti con noi e con quello che siamo, qui e adesso. Fonte: Gherush92 – Comitato per i Diritti Umani SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

Lotta di Classe

Numero unico delle associazioni operaie democratiche socialiste di Milano per le elezioni amministrative. Numero unico delle associazioni operaie democratiche socialiste di Milano per le elezioni amministrative. N. unico (18 giu. 1892). Milano, [s.n.], 1892 (Milano, tip. Bortolotti dei fratelli Rivara), 46 cm. Gerente resp.: Angelo Bottagisi. N. unico (18 giu. 1892). Milano, [s.n.], 1892 (Milano, tip. Bortolotti dei fratelli Rivara), 46 cm. Gerente resp.: Angelo Bottagisi. “[…] Critica sociale, nel suo numero del 16 giugno 1892 ne annunciò l’uscita per il giorno 18 dello stesso mese, e della cui avvenuta pubblicazione diede poi notizia nel numero del 1° luglio […] all’infuori del duplice annuncio della Critica sociale, nessun’altra testimonianza poté rinvenire dell’effettiva esistenza di questo numero unico. Di esso non trovasi traccia neppure nelle bibliografie della stampa operaia. […] esso presenta i candidati socialisti e annuncia per le ore 20,30 del 18 giugno una riunione elettorale alla sede del Consolato Operaio in via Crocifisso 15, ove i tredici candidati presenti avrebbero potuto rispondere a qualunque domanda di schiarimenti e di informazioni come pure a qualunque critica fosse stata loro mossa. Tuttavia l’importanza del foglio va al di là della semplice contingenza amministrativa. Esso è infatti chiaramente il preannuncio di quello che sarà di lì a poche settimane il foglio di battaglia preparato dal gruppo socialista milanese nella lotta contro gli altri gruppi (operaistico, anarchico) per la leadership del movimento operaio, e che, dopo il successo riportato al Congresso, diventerà l’organo ufficiale del partito fondato a Genova. Questa continuità risulta non soltanto da dati estrinseci, e cioè il titolo (che il settimanale riprenderà sopprimendo peraltro l’articolo “La”) e la persona del gerente Angelo Bottagisi, ma altresì dal contenuto del numero unico […]. better Il foglio milanese invece imposta una battaglia dichiaratamente politica: nell’appello ai lavoratori e agli amici dei lavoratori, con cui si apre il giornale, dopo aver detto “è il programma che vi presentiamo, non i candidati”, e dopo aver invitato alla riunione elettorale del 18 giugno, si dà semplicemente la lista dei candidati e si aggiungono queste parole: “Votate compatti questa lista: non cancellatevi alcun nome: affermate solennemente il principio della LOTTA DI CLASSE”. E tutto il contenuto del foglio è poi dedicato agli aspetti ideologici e politici della lotta di classe e della partecipazione elettorale socialista, ben sapendo i redattori che il solo fatto di scendere in lotta per una battaglia elettorale, per la conquista legale di una parte di potere, sia pure semplicemente in sede amministrativa, implicava una scelta ideologico-politica che aveva in quel periodo un particolare significato: sarà intorno a questo problema che si qualificheranno a Genova i fondatori del partito in polemica con gli anarchici […]” (L. Basso, Alle origini del Partito socialista italiano. Il numero unico «La lotta di classe» (18 giugno 1892), «Rivista storica del socialismo», mag.-ago. 1960, n. 10, pp. 471-477). Fonte: Fondazione Lelio Basso Fonte:     SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

Critica Sociale

Critica Sociale è un periodico politico italiano di ispirazione socialista. “Critica Sociale” venne ufficialmente fondata a Milano il 15 gennaio 1891 da Filippo Turati. Tra il 1891 ed il 1898, la rivista fu testimone della presenza politica e dell’autonomia del socialismo italiano e nelle sue pagine diventò l’interprete del periodo dell’intransigenza del partito che si stava fondando. Nacque in questo periodo la polemica contro gli anarchici e gli operaisti e nello stesso tempo iniziò l’opera di promozione dell’autonomia nei confronti della Sinistra borghese, repubblicana e radicale. Il 1º gennaio 1893 “Critica Sociale”, che aveva pienamente accettato il programma del Partito dei Lavoratori Italiani approvato nell’agosto del 1892 al Congresso di Genova, cambiò il sottotitolo della testata Rivista di studi sociali, politici e letterari in Rivista quindicinale del socialismo scientifico ed iniziò ad affrontare tutti i gravi problemi pubblici degli anni Novanta (scandali bancari, repressione dei fasci siciliani, guerra di Abissinia, moti popolari per il pane) con articoli di forte denuncia. In occasione dei Moti di Milano, il 1º maggio 1898 la rivista venne sequestrata e quindi interrotta a causa della condanna del suo direttore. Terminò così la prima fase della rivista, quella senza dubbio più animata e ricca di prospettive. Le uscite ripresero dopo più di un anno, il 1º luglio 1899. Dal 1901 al 1921 Dal 1901 al 1921 La nuova fase per la “Critica sociale” si aprì nel 1901, in corrispondenza del periodo giolittiano. In questa fase la rivista diventò l’espressione della tendenza riformista all’interno del partito socialista[1]. Vi trovarono ospitalità autori come Luigi Einaudi, Friedrich Engels, Gabriele Rosa, Corso Bovio, Giovanni Montemartini, Claudio Treves, Leonida Bissolati, Carlo Rosselli, Alessandro Levi, Giacomo Matteotti e molti altri artefici del pensiero socialista e dell’azione riformista[2] che diede unità sociale alla nuova unità politica della govane nazione italiana. Tra il 1902 ed il 1913 la rivista affrontò i problemi della scuola, discutendo il ruolo degli insegnanti, la loro organizzazione, l’edilizia scolastica, l’igiene e la refezione scolastica e non mancò di contestare il bilancio del ministero della guerra che – sottolineò – doveva essere ridotto a vantaggio dei bisogni della scuola. Critica Sociale adottò, nel discutere di letteratura, una metodologia critica positivista e marxista e, convinta dell’efficacia del libro, dell’istruzione e delle biblioteche, offrì ai lettori, indifferentemente, i versi sociologici di Pietro Gori accanto alle poesie di Ada Negri e alle pagine di narrativa di Italo Svevo. Anche se non sempre attenta a cogliere i fenomeni ideologici-letterari dell’epoca, “Critica Sociale” cercò di informare i suoi lettori sulle nuove tendenze, dando giudizi e valutazioni filtrate attraverso la mentalità socialista. Le tendenze superomistiche nietzschiane e dannunziane vennero poco o nulla accettate da “Critica Sociale”, convinta che gli intellettuali dovessero aprirsi e promuovere nuove forme di cultura moderna, ma intonate alla realtà e alle esigenze della vita sociale. Quando l’intervento dell’Italia nella Prima guerra mondiale venne deciso nel maggio 1915 “Critica sociale” non smise il suo neutralismo né le proprie ragioni riformiste e allo scoppio della rivoluzione bolscevica nell’ottobre del 1917, pur non negando la legittimità del metodo rivoluzionario dei bolscevichi, contestò la possibilità della sua applicazione in Italia. Il conflitto tra le due principali tendenze socialiste si accentuò e diventò insanabile. Al Congresso di Livorno nel gennaio del 1921, la corrente maggiormente filo-rivoluzionaria, di cui Amadeo Bordiga era il rappresentante più autorevole, uscì dal partito e fondò il Partito Comunista d’Italia del quale egli diventò il primo segretario. Dal 1922 alla soppressione click for more info Dal 1922 alla soppressione Dopo la marcia su Roma (28 ottobre 1922) e la presa del potere dei fascisti, “Critica Sociale” venne sottoposta a censure e sequestri e con lealtà, ma priva di strategie, difese con coraggio l’ordine democratico travolto dal regime. Gli ultimi articoli militanti uscirono all’indomani dell’assassinio di Giacomo Matteotti (10 giugno 1924). Al termine dell’anno 1925 “Critica Sociale” si rifugiò sul terreno culturale-ideologico, ma viene comunque soppressa con la legge fascista che vietava la stampa d’opposizione. L’ultimo fascicolo, il n. 18-19, riporta la data 16 settembre – 15 ottobre 1926. Un mese dopo i partiti d’opposizione furono sciolti. Il secondo dopoguerra Il secondo dopoguerra “Critica Sociale” riprese le pubblicazioni nel 1945 con l’autorizzazione del comando alleato in Italia firmato l’11 agosto. La dirigevano Antonio Greppi, il futuro primo sindaco di Milano dopo la Liberazione, e Ugo Guido Mondolfo, che la “ereditò” direttamente da Filippo Turati a Parigi (dove uscì un unico numero per impedire che alcuni esponenti vicini al PCI si impossessassero della testata). In questo periodo vi collaborava Giuseppe Pera, dietro lo pseudonimo di Arturo Andrei. Non era una rivista di partito, anche se al primo congresso del PSI dopo la Liberazione (aprile del 1946 a Firenze) “Critica Sociale” presentò una mozione contro la fusione tra comunisti e socialisti. Appoggiando Giuseppe Saragat con un apporto del 14 per cento circa di voti congressuali, diede un contributo che permise a Saragat di vincere il congresso e di proporre un più blando “patto di unità d’azione” tra PSI e PCI. Il patto durerà solo un anno: nel 1947 a Palazzo Barberini, Saragat romperà contestando il Fronte popolare che si stava organizzando per le elezioni politiche del 1948. Da allora la rivista fece sempre riferimento a Giuseppe Faravelli e, poi, a Beonio Brocchieri della sinistra del PSDI di Saragat, scontando un certo isolamento politico che porterà alla crisi della casa editrice durante gli anni ’70. Fu Bettino Craxi, appena eletto segretario del PSI nel 1976, a voler raccogliere le azioni della casa editrice di “Critica Sociale” per impedirne la scomparsa. Da allora la rivista sostenne sempre la linea cosiddetta “autonomista” del nuovo leader socialista, impegnandosi in modo particolare sul terreno della solidarietà ai gruppi del dissenso anti-sovietico nei paesi dell’Est europeo, pubblicando in cirillico e in inglese il periodico LISZY di Jiri Pelikan, attivo organizzatore di collegamenti tra dissidenti dopo la Primavera di Praga, periodico redatto e stampato a Milano presso la “Critica Sociale” negli anni ’70. La direzione di Ugoberto Alfassio Grimaldi (1974-81) dette alla rivista un notevole rilancio, caratterizzandola anche con una maggiore apertura …