LA NASCITA DEL PSI

La nascita del PSI: ragioni e significato La data di nascita del PSI è ben impressa nella memoria di molti socialisti e non socialisti: il 15 agosto 1892. Il luogo di nascita dovrebbe essere altrettanto conosciuto, ma a volte si fa confusione su di esso. Molti ritengono che sia a Genova, nella sala Sivori. Sbagliandosi, perché alla sala Sivori fu consumata la separazione tra anarchici e socialisti. Il nuovo partito, che non aveva ancora la denominazione di Partito socialista italiano, fu fondato invece il giorno successivo nella sala dei “Carabinieri genovesi”, il corpo dei fucilieri garibaldini. Si è voluto ravvisare, da più parti, quasi un significato simbolico in questa coincidenza, un trait d’union tra la tradizione risorgimentale impersonata dall’esponente di essa più sensibile alle istanze del socialismo nascente e le idealità del sorgente partito dei lavoratori Italiani. Senza dubbio qualche tratto di continuità c’è stato, specie se si fa riferimento ai numerosi garibaldini, e allo stesso Garibaldi, che si erano proclamati socialisti ben prima della nascita del partito. O anche ad alcuni “protosocialisti” di fede mazziniana, quali Carlo Bianco di Saint-Jorioz, oppure a un Carlo De Cristoforis, o allo stesso Pisacane.(1) Fisicamente, uomini di tradizione risorgimentale, tra i fondatori del partito, era possibile rintracciarne ben pochi. Erano, per la maggior parte, umili operai ed anche intellettuali di idee socialiste, troppo giovani per aver preso parte al moto risorgimentale. Tra essi, il gruppo di “Critica Sociale” che aveva da qualche tempo iniziato a far circolare in Italia le idee marxiste che rapidamente si stavano diffondendo, contrassegnando incontrovertibilmente l’identità ideologica del movimento. Un compito analogo si era assunto da parte sua Antonio Labriola, tuttavia assente a Genova perché critico verso l’impostazione che veniva data al nuovo partito. Esisteva un rapporto ideale tra il moto risorgimentale e quello di emancipazione dei lavoratori. C’erano però ben due ragioni storiche a distaccare da quel moto quest’esperienza dell’organizzazione che muoveva i suoi primi passi, per divenire ben presto adulta e protagonista della vita sociale e politica del paese. La prima risiedeva nel fatto che mentre il Risorgimento era stato, per sua natura e ragione storica, dominato dalla “questione nazionale”, la nascita del partito dei lavoratori era il risultato di un’altrettanto legittima ragione storica di segno diverso, quella che faceva assumere priorità assoluta alla “questione sociale”, rispetto anche alla stessa “questione nazionale”. Non per un caso il partito si qualificò immediatamente come internazionalista e pacifista. La tesi del “Risorgimento incompiuto”, cara a Gramsci e ai gramsciani di vecchio e nuovo conio, ha espresso il concetto – letterariamente seducente e non privo di efficacia propagandistica – dell’eredità, affidata al movimento dei lavoratori, di portare a compimento la rivoluzione risorgimentale non realizzata dalle classi dirigenti Italiane dell’800. Proprio il sorgere del partito dei lavoratori, e i modi in cui esso è nato e si è affermato, testimoniano la genericità di questa tesi e ne rappresentano una confutazione. In realtà, il Risorgimento e la conseguita unità nazionale si presentavano già sulla fine del secolo scorso come un processo storico-politico ben definito, che aveva trovato il suo compimento con la costruzione dello Stato monarchico-costituzionale sui fondamenti di un sistema politico liberale. Ancora fragile ma con connotazioni inconfondibili. La seconda, effettiva ragione storica che conduce alla costituzione del Partito socialista sta nel fatto che le classi subalterne, e tra di esse la classe operaia che s’era andata estendendo e irrobustendo negli ultimi decenni, erano e si sentivano del tutto escluse dalla vita e dalla gestione delle istituzioni liberali, rappresentative e di governo, da quelle centrali come da quelle locali. La stessa introduzione dei sistemi di rappresentanza elettiva, fondata su una ristrettissima base elettorale, rendeva palese la realtà di questa netta esclusione, che conduceva a una separazione conflittuale tra lo Stato e le grandi masse lavoratrici. Una esclusione sempre di più inaccettabile, a mano a mano che in Italia si sviluppano le basi di un’economia moderna in seguito all’estensione del sistema di produzione industriale. Avviene, in Italia, quel che era avvenuto e avveniva in Inghilterra, in Germania, in Francia e in molti altri Stati europei, con la Rivoluzione industriale e la susseguente nascita ed espansione della classe operaia: il mondo dei lavoratori, escluso dalla partecipazione alla gestione delle istituzioni e assoggettato alle strutture del potere economico, si autorganizzava come partito rappresentativo delle esigenze sociali emergenti e si configurava quale soggetto politico nuovo, che in breve volgere di tempo si ergeva a protagonista, in forme organizzative, propagandistiche, di lotta politica del tutto innovative rispetto alle tradizioni e ai comportamenti politici vigenti. Un soggetto sociale e politico di questa natura e di questa forza tendeva a contrapporsi non soltanto al potere delle controparti sociali, ma anche al potere delle istituzioni statuali, almeno fin quando non si trovasse ad essere in esse rappresentato. Tendeva a contrapporsi allo Stato, non soltanto alle classi dominanti, finendo per identificare queste con quello. In tale processo risiede, infatti, la ragione della fortuna che immediatamente ebbe, nei movimenti dei lavoratori della seconda meta dell’800, la formula marxista dello Stato come “comitato politico della borghesia”. Nelle diverse esperienze di formazione dei partiti dei lavoratori di ciascuna delle società europee industrializzate si rivela un tratto comune: la forma che tali partiti assumono (la “forma-partito”) si differenzia nettamente dalle forme tradizionali di altri soggetti politici collettivi ad essi preesistenti o anche coesistenti. Occorre qui fare una considerazione di natura più generale. Osserva opportunamente uno studioso italiano di storia dei partiti, il Brigaglia, che il termine “partito” ha una “valenza variabile sia da un punto di vista descrittivo che da un punto di vista valutativo”(2) aggiungendo che dal punto di vista descrittivo esso accomuna fenomeni diversi: “dai gruppi religiosi contrapposti alle fazioni parlamentari, alle organizzazioni sociali volte alla realizzazione di scopi politici”. Tra queste ultime, la forma-partito moderna, detta anche partito di massa, si contraddistingue, nelle sue varie fattispecie storiche, dalle forme-partito di epoche storiche diverse per una serie di caratteristiche relative all’organizzazione su base territoriale, ai rapporti con le strutture collettive sociali come il sindacato, le cooperative ecc. per la continuità del lavoro …

GUIDO ALBERTELLI

Guido Albertelli nasce a Parma il 24 gennaio 1867. Di modeste origini (era figlio di un fabbro) seguì studi tecnici e si laureò in ingegneria all’università di Bologna. Si occupò principalmente di ingegneria idraulica e urbanistica, progettando acquedotti, bonifiche e piani regolatori edilizi. Pubblicò studi sulle acque salienti e sulla formazione idrogeologica della valle del Po e della Sicilia. Si devono a lui il progetto del nuovo acquedotto di Parma, della fabbrica del ghiaccio di Parma e di vari acquedotti in Sicilia. Il paese di Carlentini gli concesse nel 1912 la cittadinanza onoraria e gli intitolò una piazza per aver costruito, in quattro anni di lavoro, l’acquedotto che portava l’acqua al paese. Fu tra i fondatori del Partito socialista, al congresso di Genova del 1892, e partecipò a tutti gli altri successivi congressi fino al fascismo; fu pure tra i fondatori della Camera del lavoro di Parma (1893) e svolse un’intensa attività di propaganda e di organizzazione, specie tra i contadini della Bassa parmense. Orientato verso posizioni riformiste, assunse un atteggiamento moderato in occasione dell’agitazione agricola del 1901, iniziatasi con lo sciopero di Montechiarugolo, così come, alcuni anni più tardi, in occasione delle agitazioni promosse dal movimento di Alceste. De Ambris in provincia di Parma. Fu eletto al Parlamento del Regno d’Italia per il collegio di Parma nord nella XXI Legislatura (1900-1902) e nella XXIV e XXV Legislatura (1913-1921). Durante la prima guerra mondiale assunse posizioni neutraliste e tale atteggiamento gli costò qualche pubblica manifestazione ostile da parte anche di alcuni suoi elettori. In parlamento fu però molto ben considerato, contando tra i suoi estimatori Agostino Berenini, Filippo Turati, Claudio Treves e Camillo Prampolini. Fu eletto più volte consigliere comunale e provinciale di Parma. Nelle elezioni del 1921 fu sconfitto dal nuovo capo carismatico delle masse popolari parmigiane, Guido Picelli. Nel 1925 sfuggì a stento ad un attentato tesogli dai fascisti, durante il quale la sua casa e lo studio di Borgo Tommasini furono distrutti, e fu costretto a trasferirsi con la famiglia a Roma, a suo dire “in esilio”, dove morì nel 1938. Si sposò con Angela Gabrielli, laureata in lettere a Bologna con Giosuè Carducci e insegnante di italiano alle Scuole Magistrali di Parma. Ebbero tre figli, ai quali venne dato il nome di eroi garibaldini: Nullo, Ippolito Nievo e Pilo. Nullo (1900-1968) fu un valente ingegnere e collaborò con il padre a diversi progetti; Ippolito Nievo (1901-1938) fu un celebre violoncellista; Pilo (1907-1944), filosofo e attivista antifascista, fu ucciso dai nazisti nell’eccidio delle Fosse Ardeatine. A Parma gli è intitolata, assieme al figlio Pilo, strada Guido e Pilo Albertelli, una via che collega via Garibaldi a via Verdi. Progettò il ponte del Littorio, sul fiume Parma tra Colorno e Mezzano Superiore. Inaugurato nel 1932, nel dopoguerra venne rinominato Ponte Albertelli. FonteWeb   SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

GIACINTO MENOTTI SERRATI

Nato nel 1872 a Spotorno da Giacinto – piccolo armatore decaduto, costruttore edile e commerciante, seguace di Mazzini e Garibaldi, sindaco di Oneglia nel 1865-1866 e nel 1867-1870 –, e da Caterina Brunengo. Primogenito di sei fra fratelli e sorelle, trascorre l’infanzia ad Oneglia e nel 1889-1891 segue gli studi liceali a Mondovì, che però interrompe per dedicarsi alla politica. Nel 1892, collaboratore del settimanale sanremese Il Pensiero, è tra i promotori della prima Lega socialista di Oneglia e, l’anno dopo, è tra i fondatori del suo organo, La Lima. Trasferitosi nel 1893 a Milano, dove collabora alla Lotta di classe, partecipa in agosto al Congresso internazionale socialista di Zurigo, il mese seguente al II Congresso del Psi e subito dopo subisce il primo arresto, a causa delle manifestazioni seguite all’eccidio di Aigues Mortes. In questi anni che volgono alla fine del secolo, colpito più volte dalla repressione, come anche i fratelli Ricciotti e Manlio, è costretto a riparare a Marsiglia: una prima volta nel 1894 e una seconda volta tre anni dopo. Dopo aver fatto in precedenza il guardiano dei docks, il garzone di farmacia e lo scaricatore di carbone dai piroscafi, è in questa circostanza, agli inizi del 1898, che si imbarca per l’Oceano indiano dal quale torna soltanto nell’autunno dell’anno seguente. Stabilitosi in Svizzera, riprende subito la militanza nelle fila dell’Unione socialista di lingua italiana (Usli) che, divenutone il segretario nel 1900, contribuirà in seguito alla sua trasformazione in Partito socialista italiano in Svizzera (Psis), collaborando all’Avvenire del lavoratore. Nel 1902 si lega sentimentalmente ed ha un figlio, Libero, con Cesarina (Rina) Marsanasco che, già sposata e madre di cinque figli, potrà riunirsi a Serrati solo nel 1905 anche perché, nello stesso 1902 Serrati parte alla volta di New York, dove assume la direzione de Il Proletario. Due anni dopo ritorna in Svizzera e nel 1905 diviene segretario del Psis. Avverso sia al sindacalismo rivoluzionario che al riformismo, ed ormai anche all’“integralismo” sempre più trasformistico di Enrico Ferri, al ix (1906), al X (1908) e all’XI (1910) Congresso del Psi si schiera a favore delle posizioni “intransigenti” (nel 1909 era nel frattempo rientrato in Italia). Alla fine del 1911 ottiene la segreteria della Cdl di Oneglia e la direzione della Lima. Dopo un’attiva partecipazione alle vicende del movimento operaio imperiese e savonese, dove collabora al periodico socialista locale Il Diritto, nell’ottobre del 1912 si trasferisce a Venezia come segretario della Cdl e direttore de Il Secolo nuovo di Elia Musatti. Sempre nello stesso anno avversa l’avventura coloniale tripolina, coniando la parola d’ordine “Vinca il Turco!”, e accentua la sua battaglia contro la corrente riformista del partito. Candidato non eletto alle elezioni politiche del 1913, nell’aprile dell’anno seguente, al XIV Congresso del Psi, è eletto nella Direzione del partito e in novembre viene chiamato alla direzione dell’Avanti!, che orienta fortemente in senso internazionalista e contro la guerra. Membro della delegazione italiana alla conferenza di Zimmerwald nel 1915, nel 1917 si schiera con la rivoluzione russa. Nel “processone” del giugno 1918, a seguito dei moti scatenatisi nel capoluogo piemontese nell’agosto dell’anno precedente, è condannato a tre anni e mezzo di carcere. Riacquistata la libertà nel febbraio del 1919, grazie all’amnistia per la vittoria, riprende il suo posto di direttore dell’Avanti! e con oltre il 72% dei voti alla sua mozione “massimalista elezionista” domina il XVI Congresso del Psi in ottobre. Subito dopo promuove la nuova rivista Comunismo e nell’estate del 1920 partecipa al ii Congresso dell’Internazionale comunista. Pensando di portare tutto il Psi sulle posizioni della nuova Internazionale, non accetta i “21 punti” stabiliti a Mosca e non segue quindi la frazione comunista nella scissione operatasi nel corso del XVII Congresso del Psi (Livorno, gennaio 1921), che riserva alla sua mozione dei “comunisti unitari” quasi il 57% dei voti. Una scelta “centrista” che non paga, dal momento che sono proprio i riformisti di Turati e Treves a lasciare il partito nel successivo congresso dell’ottobre e a dare vita al Psu. Mentre in Italia il fascismo sta conquistando il potere, nel novembre 1922 si apre a Mosca il IV Congresso dell’Ic. In rappresentanza del Psi Serrati raccoglie ora l’invito del gruppo dirigente dell’Internazionale all’unificazione con il Pcd’i, nonostante i dissapori mostrati dai comunisti italiani verso tale decisione. Ma a questo punto, subito dopo il rientro in Italia, è proprio il suo partito a tradirlo. Complice un nuovo arresto nel marzo 1923, al XX Congresso del Psi, svoltosi a Milano il mese dopo in sua assenza, Nenni, capo del “Comitato di difesa socialista”, fa passare una mozione contraria all’unificazione con i comunisti. Estromesso dall’Avanti! e dalla Direzione del partito, nel giugno 1923 dà vita al quindicinale Pagine rosse, nel giugno-luglio 1924 partecipa ancora a Mosca al V Congresso dell’Ic e in agosto entra definitivamente con la frazione dei “terzini” di Fabrizio Maffi nel Pcd’i. Cooptato da subito nel suo Comitato centrale e direttore de Il Sindacato rosso, partecipa ancora al III Congresso del partito (Lione, gennaio 1926), ma pochi mesi dopo muore per un attacco cardiaco. Fonte: Archivio biografico del Movimento Operaio SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

Di là i morti, si va verso la vita (Iconoclastic Fury)

L’iconografia socialista è molto ricca di immagini e di simboli, garofano e falce e martello con libro e sole sono simboli antichissimi. Qualcuno associa il garofano solamente all’ultimo Psi quello dell’epoca craxiana. Fu solo reintrodotto in occasione del congresso di Torino nel 1978, poi successivamente spogliato dalla falce e martello con il libro e il sole dell’avvenire nel 1985. Recentemente ci fu una polemica con il direttore dell’Avanti-on line, quando in occasione di una assemblea nazionale di socialisti scatenò una vera e propria FURIA iconoclasta alla vista di una bandiera rossa con falce e martello, il quale non disdegnò anche di offrire spazio sul giornale on-line a squallidi speculatori. Vorrei solo ricordare a TUTTI: direttore dell’Avanti! Mauro Del Bue, agli “speculatori” e a tutti le compagne e i compagni dentro e fuori il Psi, ed anche a coloro che non sono mai stati nel Psi, che con quel simbolo i SOCIALISTI contribuirono a dare all’Italia: LIBERTA’, REPUBBLICA, DEMOCRAZIA, COSTITUZIONE,  DIRITTI POLITICI ALLE DONNE, LOTTA ALL’ANALFABETISMO, RIFORMA FONDIARIA, REGIONI, NAZIONALIZZAZIONE DELL’ENERGIA ELETTRICA. Furono le UNICHE e VERE RIFORME di struttura e civili come quelle: sul LAVORO (STATUTO DEI LAVORATORI), sulla SCUOLA, sulla SANITA’. Le Conquiste CIVILI: LEGGE MERLIN, DIVORZIO e ABORTO, INTERNAZIONALISMO: AIUTI VERSO LE OPPOSIZIONI CONTRO I REGIMI FASCISTI Europei e dell’America Latina, RICERCA SCIENTIFICA, ECOLOGISMO. E sempre con lo stesso simbolo i socialisti furono fermi oppositori contro i carrarmati sovietici nel 1956 prima in Ungheria e dopo nel 1968 in Cecoslovacchia. Sono solo alcune “cose” che è “capitato” di fare ai socialisti dal loro primo ingresso organico nel governo (fine 1963) in avanti! Va ricordato, inoltre, che TUTTE queste CONQUISTE non furono regalate da NESSUNO! Ma raggiunte attraverso un’opera paziente e tenace. In molte occasioni è stato versato persino del sangue. Basti ricordare il contributo alla RESISTENZA dei SOCIALISTI e le battaglie sindacali in Sicilia dove la mafia assassinò decine di Compagni Socialisti, così come nel resto del meridione, dove gli agrari non si sottrassero a commettere delitti ed eccidi. TUTTO questo in nome del SOCIALISMO, con la bandiera rossa, la falce, il martello, il libro ed il sole nascente. Domanda. Di cosa ci si deve vergognare? Tuttavia, va ricordato che nel psi dalla seconda metà degli anni ’80 ci fu una degenerazione, ma sappiamo anche che non ci sono stati solo i “nani e le ballerine” in quel Psi degli anni  ’80. Sul ps nenciniano possiamo stendere solo un velo pietoso! In tanti, ancora oggi, NON destano rispetto verso la nostra storia; e non perdono occasione per dileggiare chi invece, in ogni momento, cerca non solo di ricordarla quella storia, ma di onorarla sempre! Per questo, con tanti compagni e tante compagne ci incamminiamo verso la vita, che non potrà mai essere “la vita” ciò che oggi è quella cosa che chiamano impropriamente psi, il vero ed UNICO PSI è stato quello descritto in precedenza. Oggi abbiamo solo dei controriformisti, DEFORMISTI collaborazionisti che fungono da mosche cocchiere del sistema finanz-capitalista, in Italia ben rappresentato dal Pd, sistema che sta affossando l’Italia e l’Europa! W il Socialismo! Vincenzo Lorè SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

Lettera aperta alle compagne e ai compagni

Cari Compagni, Care Compagne, Il tempo che scorre velocemente avvicina sempre di più il Psi nenciniano all’ultimo respiro. Non avendo mai preso parte al suo disfacimento, in quanto mai inseriti nel partito nenciniano; senza altri indugi abbiamo deciso di metterci tutti in “prima persona” per cercare di ricostruire non dalle macerie esistenti, ma da ZERO il NUOVO SOCIALISMO ITALIANO impresa che non consideriamo certo facile se pensiamo che in un passato abbastanza recente molto tentativi sono andati a vuoto. Rivolgiamo il nostro invito a tutte le Associazione e ai movimenti che si richiamano espressamente all’ideale Socialista – Gruppi e Singoli – e al ruolo aggregante a cui essi aspirano. I Socialisti in questo paese, da tempo non sono rappresentati da nessuna forza politica pertanto è giunto il momento di compiere uno sforzo congiunto affinché si possano riprendere le nostre battaglie di libertà, civiltà e di dignità sociale, adoperandoci tutti nello stesso identico modo. “METTENDOCI TUTTI A DISPOSIZIONE”. Non abbiamo bisogni di nomi famosi né di leader, si comincia tutti insieme lavorando duramente, per ora nessuna avrà una posizione superiore ad altri compagni – non vogliamo nel modo più assoluto ripetere ciò che da tutti è sempre stato considerato uno sbaglio: la posizione del capo decisionista che non ha bisogno di nessuno ovvero nessun culto della personalità, ma solo lavoro collegiale ascoltando le esperienze di ognuno per un confronto costruttivo e plurale. Tutte le intelligenze e le risorse umane devono servire a trovare un comune denominatore sul quale far convergere forze anche se provenienti da altre esperienze, ma che si riconoscono negli ideali e nei valori del Socialismo. Lo scopo non deve assolutamente essere quello di mettere immediatamente in campo forme di frenesie elettorali. Crediamo invece, molto più importante cercare di creare un socialismo vero, vicino alle esigenze della gente intervenendo direttamente sul territorio dove lo stato sociale latita. Questa operazione politica deve avvenire attraverso una nuova “Genova1892” ovviamente sposando tesi e soluzioni politiche più aderenti al mondo di oggi: “Il Socialismo del III MILLENIO”; partendo dallo strutturare una base solida, sulla quale ricreare la “Casa comune” dove possano convivere idee e tendenze plurali, escludendo ogni ruolo ancillare dei socialisti. Cerchiamo anche di fare chiarezza su alcune aspetti circa le posizioni “bivalenti” proprie di alcuni compagni. Pertanto, se c’è volontà di lavorare ad una ricostruzione, diventa incompatibile l’appartenenza al PSI nenciniano. Inoltre, le candidature in appoggio a Sindaci di area Pd sono incompatibili con tale progetto. Anche perché il PD in questi ultimi anni ha completamente snaturato la vocazione di partito progressista e di Sinistra, diventando espressione di politiche sfrenatamente neoliberiste; andando a promulgare leggi anticostituzionali, e dispositivi che ledono a pieno i diritti dei lavoratori e del ceto medio. Sfasciando letteralmente quello che era lo stato sociale e la Costituzione italiana. E’ essenziale che i giovani prendano coscienza affinché stiano al nostro fianco e sappiano che senza di loro e senza una nuova classe dirigente, non sarà possibile programmare il futuro di questa nazione. Confidiamo nell’apporto determinante delle compagne, delle donne, che sin dalle sue origini sono sempre state protagoniste nella storia del movimento socialista, in tutte le battaglie di emancipazione. Il partito Socialista storico è stato oggetto nel recente passato, di fatti che ne hanno compromesso l’integrità morale – la creazione di un vero e proprio “braccio finanziario del Psi, gestito in prima fase dagli stessi politici e, successivamente dagli uomini di fiducia, che hanno sfruttato fino in fondo la possibilità offerta dalla gestione della cosa pubblica. E’ UTILE specificare che personaggi simili non troveranno mai posto nel nuovo socialismo italiano che ci apprestiamo a rifondare. Il vecchio Partito Socialista Italiano, ha subito inoltre una vera e propria “DAMNATIO MEMORIAE”, come se qualcuno avesse dato l’ordine non scritto di cancellare tutto ciò che riguarda la storia dei Socialisti Italiani. Le compagne e i compagni, in nome della propria tradizione democratica, pluralista e repubblicana, DEVONO rifiutare lo stravolgimento dell’assetto istituzionale proposto dalla “DEFORMA” costituzionale votata da una maggioranza, tra l’altro non qualificata, di un Parlamento di NOMINATI, in autunno al referendum confermativo invitano a votare NO! Parafrasando il Presidente Socialista Sandro Pertini diciamo: Vi sbagliate! Dimenticate che la tra tradizione del socialismo, in Italia, ha profonde radici. Risorgeremo dalla tradizione, malgrado gli errori commessi. 12 maggio 2016 Le Compagne e i Compagni di Socialismo Italiano 1892 official statement SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. 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La stampa deve svolgere la sua funzione democratica dando voce ai comitati per i referendum

Comunicato stampa Riforma costituzionale e Italicum, i Comitati referendari: «Forte iniziativa per una corretta informazione e “prestito popolare”». Comunicato stampa more hints La campagna referendaria entra nel vivo e i due comitati promotori – per il No nel referendum costituzionale e per il doppio sì in quello contro la legge elettorale – si organizzano. Sarà infatti costituita una “cabina di regia” unica con il compito di coordinare l’attività nel corso di tutta la campagna, che ora vede al centro la raccolta delle firme e proseguirà con la campagna elettorale vera e propria e le altre iniziative, come i ricorsi sulla incostituzionalità dell’Italicum promossi da un team di avvocati guidati dall’avvocato Besostri. Campagna referendaria che si annuncia difficile anche per la sproporzione delle forze in campo. Per questo due sono le iniziative che i consigli direttivi dei due comitati hanno deciso di mettere subito in campo. La prima è la proposta di lanciare un “prestito popolare” sul modello dell’esperienza del referendum per l’acqua pubblica. Si tratta in sostanza di una sottoscrizione volontaria, che sarà restituita ai cittadini se sarà raggiunto l’obiettivo delle 500mila firme e il Comitato per il No nel referendum costituzionale avrà quindi diritto al rimborso elettorale. Ma la partita si gioca anche e soprattutto sul terreno della comunicazione e della informazione. Per questo i consigli direttivi dei due comitati referendari hanno deciso di intraprendere una forte iniziativa verso le Autorità di garanzia, le reti televisive pubbliche e private, i direttori di rete e dei quotidiani per richiedere una adeguata informazione sul merito delle questioni al centro dei referendum e sulla esistenza di una campagna di raccolta delle firme e per rivendicare piena parità di trattamento per le posizioni che si confronteranno sui referendum istituzionali, anche facendo seguito a precedenti esperienze. I Comitati chiedono quindi a tutti gli organi di informazione di svolgere la loro funzione democratica, di essere aperti alle ragioni dei Comitati referendari al fine consentire in ogni modo la corretta diffusione delle notizie e delle attività dei comitati referendari, a partire dai banchetti per la raccolta delle firme. DOCUMENTO: Documento conclusivo dei Consigli direttivi dei due Comitati 21.4.2016 Fonte: Coordinamento Democrazia Costituzionale SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

Felice Carlo Besostri: PERCHE’ L’ITALIKUM E’ INCOSTITUZIONALE

«1) E’ una legge per un solo ramo del parlamento, non ha senso sacrificare la rappresentanza per la governabilità in un solo ramo del parlamento quando la fiducia deve essere votata dai due rami; 2) Premio di maggioranza abnorme e per di più indirettamente proporzionale al consenso sia al primo turno ma specialmente al ballottaggio; 3) Ballottaggio non prevede soglia minima di accesso al premio di maggioranza delle liste ammesse; 4) Per primo e secondo turno assenza di ogni parametro di partecipazione al voto rispetto agli aventi diritto; 5) Riserva di legge di 12 parlamentari a Val d’Aosta e Trentino Alto Adige con legge ordinaria: lo stesso numero di Italiani all’Estero, ma in questo caso con norma costituzionale. Sia italiani all’estero che valdostani e trentin-altoatesini sudtirolesi eleggono al primo turno la loro rappresentanza, ma se c’è ballottaggio i valdostani trentin altoatesini sudtirolesi partecipano al secondo turno, italiani all’estero no. Voto italiani all’estero non si conta per premio di maggioranza, quindi liste collegate possono superare i 340 seggi. 6) Sempre premio di maggioranza viola voto diretto e personale perché elezione non dipende da scelta di elettori della circoscrizione dove sei candidato. 7) Privilegio capilista, voto non diretto e personale, violazione art. 51 Cost. in violazione di art.3 Cost. ed in assenza di una legge sui partiti politici ex art. 49 Costituzione. SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

FILIPPO TURATI

Filippo Turati nasce a Canzo (Como) il 26 novembre 1857. Frequenta il liceo classico Ugo Foscolo di Pavia e sin da giovanissimo collabora con varie riviste d’orientamento democratico e radicale. E’ ricordato per la sua linea politica marxista, influenzata fortemente dalle idee della compagna russa Anna Kuliscioff, nonchè dallo stretto rapporto con gli ambienti operai milanesi. Nel 1886 Turati sostiene apertamente il Partito Operaio Italiano, fondato a Milano nel 1882 dagli artigiani Giuseppe Croce e Costantino Lazzari, per poi fondare nel 1889 la Lega Socialista Milanese, ispirata a un marxismo non dogmatico (l’emancipazione del proletariato costituisce l’obiettivo, ma si deve mirare ad ottenerla attraverso le riforme), che rifiutava apertamente l’anarchia. er 35 anni, dal 1891 al 1926, dirige la rivista “Critica sociale”. Al congresso operaio italiano (Milano, 2 e 3 agosto 1892) si decide di fondare il periodico “Lotta di classe”. Il “Giornale dei lavoratori italiani” nasce poi il 30 luglio 1892: sarà diretto formalmente da Camillo Prampolini, ma di fatto dalla coppia Turati e Kuliscioff. Filippo Turati avrebbe voluto un organo in cui far confluire tutte le organizzazioni popolari, operaie e contadine: queste idee vengono accolte al congresso di Genova del 1892, occasione in cui nasce il Partito dei Lavoratori Italiani, divenuto poi Partito Socialista Italiano nel 1895; la formazione del partito ha un’impronta riformista e utilizzerà la lotta parlamentare per soddisfare le aspirazioni sindacali. Turati si candida al Parlamento e viene eletto deputato nel giugno del 1896. Nonostante il Presidente del Consiglio Francesco Crispi tentasse di bandire tutte le organizzazioni di sinistra, Turati si fa fautore di un’apertura all’area repubblicana mazziniana e a quella radicale, nel tentativo di dare una svolta democratica al governo: il giorno 1 marzo 1899 viene dichiarato decaduto dal mandato parlamentare e messo agli arresti con l’accusa d’aver guidato la cosiddetta “protesta dello stomaco” di Milano; Turati viene tuttavia liberato il successivo 26 marzo in quanto rieletto alle elezioni suppletive: farà ostruzionismo contro il governo reazionario di Luigi Pelloux. Nel 1901, in sintonia con le sue istanze “minimaliste” (il cosiddetto programma minimo, che si poneva come obiettivi parziali riforme, che i socialisti riformisti intendevano concordare con le forze politiche moderate oppure realizzare direttamente qualora al governo), Turati appoggia prima il governo liberale moderato presieduto da Giuseppe Zanardelli, e successivamente (nel 1903) quello di Giovanni Giolitti, che nel 1904 approva importanti provvedimenti di legislazione sociale (leggi sulla tutela del lavoro delle donne e dei bambini, infortuni, invalidità e vecchiaia; comitati consultivi per il lavoro). A causa della politica messa in atto da Giolitti, la quale favoriva solo gli operai meglio organizzati, la corrente di sinistra del PSI, capeggiata dal rivoluzionario Arturo Labriola e dall’intransigente Enrico Ferri, mette in minoranza la corrente di Turati nel congresso che si svolge a Bologna nel 1904. La corrente riformista torna a prevalere nel congresso del 1908 in alleanza agli integralisti di Oddino Morgari; negli anni seguenti Turati rappresenta la personalità principale del gruppo parlamentare del PSI, generalmente più riformista del partito stesso. In questa veste si ritrova come l’interlocutore privilegiato di Giolitti, che stava allora perseguendo una politica di attenzione alle emergenti forze di sinistra. La crisi della guerra di Libia del 1911 provoca una frattura irrimediabile tra il governo giolittiano e il PSI, in cui peraltro stavano di nuovo prevalendo le correnti massimaliste. Turati sarà favorevole all’interventismo dopo la disfatta di Caporetto del 1917, convinto che in quel momento la difesa della patria in pericolo fosse più importante della lotta di classe. Turati è un pensatore pacifista: la guerra per lui non può risolvere alcun problema. È avversario del fascismo ma anche della rivoluzione sovietica, che è un fenomeno geograficamente limitato e non esportabile e che non fa uso di intelligenza, libertà, e civiltà. Nel dopoguerra e dopo la Rivoluzione d’Ottobre, il PSI si sposta sempre più su posizioni rivoluzionarie, emarginando i riformisti; nell’ottobre 1922 Filippo Turati viene espulso dal partito. Dà vita al Partito Socialista Unitario assieme a Giuseppe Modigliani e Claudio Treves. Per Turati il fascismo non è solo mancanza di libertà ma minaccia per l?ordine mondiale: Turati individua elementi comuni tra fascismo e comunismo sovietico perché entrambi ripudiano i valori del parlamentarismo. Le sue tesi erano in collisione con la dottrina del socialfascismo adottata fino al 1935 dal Comintern e quindi dal partito comunista italiano. A seguito del delitto Matteotti partecipa alla secessione dell’Aventino, e nel 1926 a causa delle persecuzioni del regime fascista, è costretto a fuggire prima in Corsica e poi in Francia (con l’aiuto di Italo Oxilia, Ferruccio Parri, Sandro Pertini e Carlo Rosselli); dalla Francia svolge un’intensa attività antifascista, collaborando tra l’altro al quindicinale “Rinascita socialista”. Nel 1930 collabora con Pietro Nenni per la riunificazione del PSI: morirà a Parigi due anni dopo, il 29 marzo 1932, all’età di 75 anni. Fonte: Biografia SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

GIACOMO MATTEOTTI

Giacomo Matteotti nacque il 22 maggio 1885 a Fratta Polesine, un piccolo paese non distante da Rovigo. Era una famiglia di modesta estrazione la sua e Giacomo era ancora uno studente del liceo Celio di Rovigo quando la politica entrò nella sua vita. Fu il primogenito della famiglia Matteotti, Matteo, a far incontrare all’allora tredicenne Giacomo il socialismo. Dopo le prime esperienze di militanza attiva nella sezione giovanile del partito prese la tessera nel 1904. Il Psi era nato da poco e la sua struttura doveva ancora formarsi. I partiti di massa erano un’assoluta novità del nuovo secolo. Fino a qualche decina di anni prima in Italia, attraverso sbarramenti di censo e di istruzione, gli ammessi al voto erano poche migliaia. Esisteva un rapporto pressoché personale tra gli eletti e gli elettori. Il neonato Partito Socialista, riuscì ad affermarsi perché già radicato sul territorio. Esisteva infatti una fitta rete di leghe, cooperative agricole, associazioni, che oltre ad occuparsi di istruzione e formazione, aiutavano i militanti nei momenti di difficoltà e li federavano. A questa parte di mutuo soccorso si aggiunse negli anni quella più strettamente politica. Il giovane Giacomo operò attivamente e a lungo nelle cooperative. La grande guerra Si laureò in legge a Bologna nel 1907, ma quando venne candidato alle elezioni per il Consiglio provinciale di Rovigo e venne poi eletto lascio la giurisprudenza per occuparsi a tempo pieno di politica. Tra massimalisti e riformisti, Giacomo scelse i secondi e come rappresentante di questa corrente divenne consigliere in una decina di comuni, Sindaco di Villamarzana del 1912 e di Boara Polesine dal 1914, guidò poi l’opposizione socialista nel Consiglio provinciale di Rovigo. I vertici del partito si accorsero di lui in occasione del congresso dei comuni socialisti tenutosi a Bologna nel 1916 e, nello stesso anno, Matteotti fu eletto segretario. Era intanto scoppiata la Prima Guerra Mondiale, destinata a cambiare per sempre gli equilibri tra le nazioni europee, ma anche la gestione interna del potere all’interno dei singoli Stati. L’Italia all’inizio si tenne fuori dal conflitto. Giolitti sperava di mercanteggiare la neutralità del nostro paese per ottenere, senza spargimento di sangue, i territori che le guerre di indipendenza non avevano ancora annesso all’Italia, ma nel 1915, spinto dalla piazza e dalla corona, il Parlamento dichiarò guerra all’Austria. Matteotti, dalle colonne del periodico polesano Lotta proletaria, di cui era redattore dal 1912, fu in prima linea nella lotta del Partito Socialista per tentare di impedire la carneficina. Anche tra le forze di sinistra c’era chi aveva spinto per la guerra, vedendo in essa l’opportunità di lottare contro i governi reazionari. Matteotti non cadde in questo equivoco e pagò in prima persona il suo strenuo impegno antibellicista, scontando una condanna a trenta giorni di reclusione. Chiamato alle armi nel luglio 1916 venne congedato nel marzo 1919. Immediatamente tornò alla polita a tempo pieno e riprese l’opera di amministratore ed organizzatore. Le difficili lotte dei bracciantili del Polesine lo videro ancora in prima linea. Quest’impegno fu ciò che lo traghettò alla Camera. Fu eletto deputato nella circoscrizione di Ferrara-Rovigo, carica confermata nel 1921 e 1924 per la circoscrizione di Padova-Rovigo. La lunga attività nelle cooperative, l’esperienza nelle leghe l’aveva reso particolarmente competente in materia finanziaria e amministrativa. Il fascismo Così entrò nella giunta del bilancio e della commissione finanza e tesoro della Camera. Comprese il fascismo fin da subito. Per molti il Partito dei Fasci da combattimento era uno dei tanti movimenti post bellici, che crescevano nel malcontento e nella frustrazione degli ex combattenti. Una piccola formazione destinata a scomparire, ad essere riassorbita, non appena la vita della nazione fosse tornata alla normalità. Così il vecchio partito liberare lasciava correre le violenze, evitava che l’esercito o la polizia intervenissero durante le spedizioni punitive che i fascisti compivano contro i giornali, contro le cooperative di mutuo soccorso, contro chi manifesta e scioperava. Gli industriali che si erano arricchiti con la guerra, gli agrari del nord, trovarono così in esso quella mano forte che poteva fermare i movimenti popolari. Ma Matteotti, fin dal suo nascere, fu un critico intransigente del fascismo, comprendendone il pericolo e la carica eversiva. Per questo fu duramente perseguitato e costretto a lasciare la sua regione già dal 1921. La crisi in cui l’Italia versava si rifletteva anche nei partiti di sinistra. Nell’ottobre 1922, dopo la scissione tra massimalisti e riformisti, Matteotti divenne segretario del nuovo Psu, impostandone la linea politica come lotta ad oltranza contro il fascismo. Pur privato del passaporto espatriò clandestinamente per assistere al congresso del Partito operaio belga, per incontrarsi con alcuni dirigenti del Labour party e delle Trade unions e per ridimensionare, attraverso tali colloqui, il mito mussoliniano, sottolineando la pericolosità potenziale del regime fascista anche per le altre potenze europee. Nel 1924 in Parlamento denunciò i brogli ed il clima di violenza nel quale si era espressa l’ultima consultazione elettorale. Il 10 giugno dello stesso anno venne rapito e ucciso da sicari fascisti. Il suo corpo venne ritrovato il 16 agosto successivo nei dintorni di Roma. Fonteweb Il delitto Matteotti La commemorazione di Turati Il 27 giugno del 1924 Filippo Turati pronunciò un commosso discorso in ricordo dell’amico assassinato durante la riunione delle opposizioni parlamentari. Queste le parole dell’anziano leader socialista: “Vorrei che a questa riunione non si desse il nome logoro, consunto – specialmente qui dentro – di “commemorazione”. Noi non “commemoriamo”. Noi siamo qui convenuti ad un rito, ad un rito religioso, che è il rito stesso della Patria. Il fratello, quegli che io non ho bisogno di nominare, perché il Suo nome è evocato in questo stesso momento da tutti gli uomini di cuore, al di qua e al di là dell’Alpe e dei mari, non è un morto, non è un vinto, non è neppure un assassinato. Egli vive, Egli è qui presente, e pugnante. Egli è un accusatore; Egli è un giudicatore; Egli è un vindice. Non il nostro vindice, o colleghi. Sarebbe troppo misera e futile cosa. Egli è qui il vindice della terra nativa; il …

ANGELICA BALABANOFF

Angelica Balabanoff, Anželika Isaakovna Balabanova). – Nacque a Černigov, nei pressi di Kiev, il 4 agosto 1877 da famiglia ebraica benestante (il padre, Isaak, era proprietario terriero e uomo d’affari), ultima di sedici figli. Spirito indipendente e ribelle, donna di grande vivacità intellettuale, studiò in una scuola di Charkov dove imparò varie lingue europee e con la famiglia ebbe modo di fare frequenti viaggi attraverso l’Europa. Attorno al 1895 abbandonò la famiglia e la Russia per iscriversi all’Université nouvelle di Bruxelles dove studiò filosofia e seguì corsi di sociologia, economia, criminologia, ecc., e partecipò, anche in contatto con esuli politici russi, dell’ambiente radicale e socialista belga particolarmente vivace sul piano politico e culturale in quel periodo. Votata fin da giovanissima ad ideali umanitari ed egualitari, a Bruxelles abbracciò il socialismo, aderì al marxismo sulla scorta delle opere di Georgij Plechanov e si laureò in filosofia e letteratura. In Germania alla fine del secolo, a Lipsia e poi a Berlino, studiò economia politica e strinse rapporti di amicizia con Rosa Luxemburg, August Bebel e Clara Zetkin. Finalmente a Roma (1900) poté seguire uno degli ultimi corsi universitari di Antonio Labriola, che rese più profonda ed articolata la sua formazione marxista, ed entrò in contatto, per tramite di Leonida Bissolati, con il movimento socialista italiano al quale, con delle interruzioni, sarebbe restata legata per tutta la vita. La B. non aveva vissuto questi anni di “apprendistato” socialista come un’emigrata, ma si era profondamente radicata nello spirito del socialismo europeo maturando un internazionalismo che si sarebbe dimostrato incancellabile. Persona di vasta cultura, di grande vitalità e di profonda umanità, la sua formazione politica appare coerente con le idee e la tradizione secondinternazionalista, delle quali sarebbe stata a lungo un’interprete “di sinistra” ed alle quali sarebbe restata fedele anche quando, dalla guerra in poi, quella tradizione e quelle idee avrebbero subito un inarrestabile declino. Militante dei Partito socialista italiano dal 1900, su posizioni “intransigenti” e particolarmente vicina a Giacinto Menotti Serrati, fu impegnata nell’attività organizzativa e di propaganda nella Svizzera italiana dai primi del secolo fino al 1910, a San Gallo e poi a Lugano, dove fu per vari anni membro dell’esecutivo del Partito socialista italiano in Svizzera, imprese l’edizione dei giornale Su, compagne (che sarebbe poi confluito in La Difesadellelavoratrici diretto da Anna Kuliscioff) ed acquisì larga fama come conferenziera. Fu attorno al 1904, in Svizzera, che conobbe Benito Mussolini, allora su posizioni anarco-socialiste, al quale sarebbe restata legata da un’amicizia durata un decennio. Su Mussolini la B. torna ripetutamente nelle autobiografie ed in alcuni scritti sul “traditore”. La sottolineatura dei tratti nevrotici del futuro capo del fascismo, tratti che trovano del resto significativi riscontri, e la funzione di guida che ella ebbe sia nel cercare di “spingerlo sulla strada del marxismo e, in generale, di un maggior approfondimento culturale del socialismo” (De Felice, p. 40), sia nella leadership politica che a lungo esercitò su di lui, tutto ciò lascia pensare che, oltre al ruolo di maestra, vada tenuto presente, per la comprensione del rapporto, un suo coinvolgimento di tipo “materno”. Durante la rivoluzione russa del 1905, fu protagonista di un’accesa campagna di solidarietà e tenne conferenze e comizi in molte città italiane ed anche in seguito, in Svizzera come in Italia, mantenne stretti contatti con vari dirigenti socialdemocratici russi in esilio quali Plechanov, Lenin, Zinov´ev, Trockij ed altri. Contribuì all’organizzazione del V congresso del Partito operaio socialdemocratico russo (Londra, aprile 1907) e vi partecipò come delegata evitando di prendere posizione per una delle due frazioni (bolscevichi e menscevichi) che, seppur riunificate nel partito, si fronteggiarono duramente. Ormai italiana per adozione, pur conservando la cittadinanza russa, per molti anni funse da tramite – anche per la vasta conoscenza delle persone e delle situazioni, oltre che delle lingue – tra il Partito socialista italiano e il socialismo europeo, prima che questo venisse lacerato dalla guerra. Sul piano del socialismo internazionale era particolarmente vicina alle posizioni di Bebel e della Luxemburg e fu per varie sessioni membro del Bureau socialiste international, l’esecutivo della II Internazionale. Delegata italiana al congresso di Basilea, l’ultimo dell’Internazionale socialista (novembre 1912), nel luglio dello stesso anno aveva partecipato al congresso straordinario del partito socialista che si svolse a Reggio Emilia, ed aveva avuto in quell’occasione una funzione di rilievo nel preparare la mozione, presentata da Mussolini e votata a larga maggioranza, che chiedeva l’espulsione dei dirigenti dell’ala riformista (Bissolati, Cabrini, Bonomi e Podrecca). Durante i lavori dello stesso congresso la B. venne eletta per la prima volta nel comitato esecutivo del partito e, allorché Costantino Lazzari propose Mussolini quale direttore dell’Avanti!, questi si riservò di accettare a condizione che la B. figurasse quale segretaria di redazione (lo scopo della richiesta di Mussolini – ipotizza il De Felice, p. 139 – era di coinvolgere tutta la sinistra del partito nella gestione del quotidiano ed allontanare alcuni redattori riformisti). Pur con qualche riluttanza, la B. si trasferì a Milano; la sua collaborazione con Mussolini all’Avanti! durò comunque solo pochi mesi. Fu presente alla riunione dell’Internazionale a Bruxelles (28-29 luglio 1914) – vi erano anche Victor Adler, la Luxemburg, Hugo Haase, Jean Jaurès, Jules Guesde ed altri -, ma risultò minoritaria la sua proposta di indire uno sciopero generale contro la guerra, che col suo profilarsi stava già erodendo le fondamenta del socialismo europeo (Jaurès sarebbe stato assassinato di lì a qualche giorno). Tornata a Milano. la B. (che al congresso socialista di Ancona dell’aprile 1914 era stata confermata nella segreteria del partito) continuò a sostenere quella che del resto era la linea del Partito socialista italiano, cioè la politica della neutralità e dell’opposizione all’intervento (scontrandosi anche con Plechanov, a Ginevra, che parteggiava apertamente per gli alleati). Allorché avvenne il repentino passaggio di Mussolini su posizioni interventiste (ottobre 1914), la B. condivise senza riserve l’unanime decisione dell’esecutivo di espellerlo dall’organismo stesso e dalla direzione dell’Avanti! sostituendolo con Serrati. Nel 1915 si trasferì nuovamente in Svizzera, a Berna, per organizzare il movimento di opposizione alla guerra, con lo scopo altresì di arginare il …