2 GIUGNO

di Franco Astengo |  La ricorrenza del 2 giugno, fondazione della Repubblica attraverso l’esito del referendum istituzionale merita una particolare attenzione da parte di chi pensa ancora di sollevare il proprio pensiero nel solco di quello dei Padri Costituenti esercitato nel momento in cui si delinearono i principi fondativi della nostra Democrazia Repubblicana. Democrazia Repubblicana sottoposta nel corso degli anni a diversi attacchi, modificata in alcuni suoi aspetti sostanziali in maniera negativa, ma tutto sommato difesa e ancora viva nella prassi politica e nella coscienza di un gran numero di cittadine/i. In questa fase abbiamo però di fronte una grande problema politico: l’attacco che sta arrivando è portato avanti in un quadro di governo i cui esponenti non soltanto risultano estranei a quello che fu il processo costituente negli anni della Liberazione ma si collocano in una – non smentita – continuità ideale con quella parte che all’epoca compì scelte opposte fiancheggiando coloro che avevano invaso il nostro Paese nel mentre. in un delirio di potere e di sangue, stavano perpetrando la più grande tragedia della Storia. Sono passati 77 anni purtuttavia questa “frattura” istituzionale, politica, morale, storica non può essere messa da parte quasi che la scrittura della Costituzione fosse avvenuta come se si fosse trattato di un normale superabile “incidente della storia”. Il giudizio di nettezza che emerge leggendo la nostra Carta fondamentale individuando la separazione tra democrazia e sopraffazione deve essere ricordato con forza, senza tentennamenti o gratuite concessioni in questo prossimo 2 giugno 2023. SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

LICIO NENCETTI: CAPO PARTIGIANO MARTIRE SOCIALISTA

Il padre Silvio fu vicesindaco Socialista dal 1919 al 1921 del paese natale di Licio, Lucignano nell’articolo. A seguito delle percosse di un feroce pestaggio fascista Silvio mori’ e l’impegno nella guerra partigiana a 17 anni di eta’ del figlio Licio si deve al desiderio di mantenere e riproporre le idee socialiste del padre, come egli scrive in una lettera alla madre che ci e’ pervenuta e con cui giustifica la decisione di prendere le armi contro i repubblichini. Lo ricorda cosi Raspanti, animatore della locale etiope Anpi a suo nome intitolata. E’ un intervento commosso, quello di Raspanti. Che infervora e appassiona la piazza di Talla, rievocando il passato con uno sguardo rivolto al presente. “I giovani di oggi devono conoscere appieno le gesta di Licio e dei partigiani della “Teppa”, comprendere i valori e gli ideali dei resistenti che non erano solo comunisti ma anche socialisti, azionisti, repubblicani, democristiani, liberali, persino monarchici. Tra questi ricordo con affetto un sacerdote, Don Piero Magi, che avevo conosciuto a Foiano della Chiana e che divenne un nostro collaboratore. Ricordo che ci dividevano molte cose, lui cattolico, noi partigiani comunisti, lui leggeva l’Avvenire, noi l’Unità. Don Piero era ‘l’acqua santa’ e noi ‘il demonio’, ma sapevamo comprenderci, collaborare rispettandoci reciprocamente. Licio Nencetti è stato un grande partigiano nonostante la sua giovane età. Ha compiuto azioni memorabili che Radio Londra esaltò. Operò attaccando i fascisti e i tedeschi, uccidendo anche alcuni alti ufficiali germanici come a Ponte a Caiano e a Foiano senza che vi siano state rappresaglie verso la popolazione. Oggi, io ho 85 anni, e non avrei mai pensato che l’Italia sarebbe caduta sotto un nuovo tipo di fascismo, più subdolo ma non meno pericoloso. A pochi giorni dal 2 giugno, Festa della Repubblica, assisto con dispiacere e sofferenza all’avanzare del revisionismo e alla cancellazione dei partiti che dettero vita alla Resistenza con l’oblio delle idealità”. Licio Nencetti Viene ucciso a Talla (AR) 26 maggio 1944 Medaglia d’Oro al Valor Militare Due giorni innanzi, il 24 maggio 1944, il diciottenne Licio Nencetti, proveniente dal Pratomagno dove si era incontrato con Aligi Barducci “Potente” (Comandante la Divisione “Arno”), a seguito di delazione, è catturato da un nutrito reparto della guardia nazionale repubblichina. Tradotto al comando del “distretto militare di Poppi” viene sottoposto a stringenti interrogatori, intervallati da inenarrabili torture, ma egli si rifiuta di fornire ai fascisti di Salò le notizie che essi pretendono. Due giorni durano le torture da parte dei fascisti per avere informazioni. Nencetti, ridotto a rottame umano dalle criminali sevizie, condannato a morte senza processo, il 26 maggio 1944 viene trasportato a Talla e posto di fronte al plotone d’esecuzione. Al momento dell’ordine dell’ufficiale di aprire il fuoco, il picchetto non esegue l’ordine, mentre Nencetti, che non ha voluto essere bendato, grida “Viva l’Italia libera!”. L’ufficiale innervosito per il rifiuto dei militari di sparare scarica la sua pistola sul volto del condannato. Nell’episodio muore anche un ragazzo di nome Marcello Baldi che da dietro la porta della chiesa di Talla seguiva la scena. Viene ucciso da una raffica di mitra sparata dai militi fascisti. Licio Nencetti era nato a Lucignano il 31 marzo del 1926. La figura e le idee del padre contribuiscono alla sua formazione politica, mentre dalla madre, Rita, apprese l’amore e l’altruismo. Quando il padre, Silvio, muore a causa delle percosse dei fascisti, Licio aveva 12 anni. Nonostante ciò continua gli studi a Foiano, dove ha i suoi primi contatti con gli antifascisti del luogo, contribuendo nel contempo al mantenimento della famiglia. E’ ancora studente quando, nel 1940, scoppiò la seconda guerra mondiale. Il trascorso del padre e gli ideali antifascisti lo portano dopo l’8 settembre 1943 ad andare tra i primi nelle montagne del Casentino. In quell’occasione scrive alla madre “io non potevo più stare quassù in mezzo ad una masnada di vigliacchi. Io vado con i ribelli per difendere l’idea di mio padre, che è sempre viva in me e per ridare ancora una volta l’onore alla mia bella Patria”. Presto emergono le sue qualità di combattente e diventa comandante della squadra volante “La Teppa”; compiendo numerose azioni di guerra. A Licio Nencetti partigiano gli è stata dedicata una canzone: “Compagni se vi assiste la memoria ricorderete i tempi d’oppressione quella punta funesta della storia che mise tutto il mondo in perdizione. I popoli fra lor fecero guerra ognuno perse il senno e la ragione la morte dilagò sopra la terra ovunque fu rovina e distruzione. Nel cielo tonò il rombo del cannone l’Italia si dovette inginocchiare i tedeschi vi fecero invasione si videro i fratelli deportare. Per noi non ci fu pace e compassione abbandonati fummo a trista sorte il re tradì per primo la nazione ed al nemico spalancò le porte. Molti fatti di sangue e disumani si videro dovunque consumare famiglie trucidate come cani in ogni strada e in ogni casolare. A quei tempi a Arezzo fu Licio Nencetti che alla ventura gli toccò scappare la sua memoria meriti rispetti e la sua storia ognun deve ascoltare. (…) Etc…. (da STORIE DIMENTICATE-Ti racconto per non dimenticare Comandante Lupo-immagini -Lucignano primi anni 40 Licio Lencetti con la madre Rita Aguzzi-Talla (AR dove perse la vita-targa in memoria in piazza Tribunale 22 (Municipio) – Lucignano, AR. SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

SOCIALISMO QUANTISTICO

Mi sto documentando sulla possibilità che la rivoluzione quantistica e quindi le nuove tecnologie possano interferire nel processo di programmazione economica di un paese. Il mio discorso verte su un punto di premessa che esamina in via molto semplice l’alternativa libero mercato – programmazione, esamina quindi i metodi programmatori e da ultimo le possibilità offerte dalle nuove tecnologie. Alternativa libero mercato – programmazione Il punto filosofico di base riguarda la seguente domanda: per lo sviluppo di un paese è sufficiente lasciare che le libere forze del mercato agiscano indisturbate lasciando allo stato il compito di tutelare la libertà del mercato e intervenire a ripristinare la libera concorrenza o serve invece che la razionalità umana si faccia carico di individuare attraverso la programmazione gli obiettivi e i mezzi per realizzarli? In verità l’alternativa non è tra libero mercato e programmazione, infatti le imprese capitalistiche sono campioni di programmazione (non certo le piccole e medie imprese italiane che affollano il nostro assetto produttivo), esse usano tranquillamente budget pluriennali e formano le loro decisioni in base a prospettive di medio – lungo termine. L’alternativa è allora tra programmazione capitalistica e programmazione sociale: la differenza tra le due programmazioni consiste nell’agente selettivo che, esaminati i dati, considerate le opportunità, le possibili varianti endogene ed esogene determina gli obiettivi e propone le scelte economiche di investimento e di allocazione delle risorse. Ebbene, nella programmazione capitalistica l’agente selettivo è il profitto, nella programmazione sociale l’agente selettivo è la razionalità scientifica. Nella programmazione capitalistica sono assenti quegli obiettivi di portata sociale che sono alla base della coerenza economica di un paese; nella programmazione sociale sono presenti oltre a tutte le componenti economiche in senso stretto, elementi come la demografia, le disuguaglianze sociali, i servizi sanitari, pensionistici, infrastrutturali. Tanto per semplificare la programmazione guidata dal profitto non avrebbe dubbi nella scelta tra la produzione di armi o la costruzione di un ospedale; diversamente risponderebbe, credo e spero, la programmazione sociale. I metodi programmatori I metodi programmatori pongono diverse alternative tra le quali la più importante, a mio parere, è quella tra programmazione indicativa e programmazione normativa. Scrive Vittorio Marrama su “Problemi e tecniche di programmazione economica” (Cappelli editore) a proposito di questa alternativa “Soltanto in questo caso (ovvero della programmazione normativa) potremo parlare di un vero piano economico.” Con programmazione normativa “intendo definire qualunque atto di programmazione che, pur prendendo nota delle sollecitazioni spontanee del mercato, cerca in una forma o nell’altra di imprimere alle cose economiche un andamento conforme a certi obiettivi proposti dall’autorità pubblica, che possono essere talvolta molto diversi dal risultato di quelle sollecitazioni” (…). “Escludo gli aggettivi obbligatorio o imperativo perché non hanno senso in una economia di mercato. Peraltro, essi non hanno, a mio avviso, neanche senso in una comunità socialista nella quale la caratteristica principale dell’economia non sta nella obbligatorietà del piano ma nella proprietà pubblica dei mezzi di produzione”. Un’altra alternativa consiste nell’utilizzo di tecniche di programmazione utilizzanti un complesso di equazioni lineari ovvero tecniche di simulazione. Traduco da “Application of Artificial Intelligence techniques to economic planning” di Paul Cockshott, il seguente pezzo che spiega come funziona la programmazione lineare: Kantorovic ha dimostrato che il piano formalizzato da lui era logicamente solubile utilizzando la programmazione lineare (…) ma la questione più rilevante rimane quella della complessità computazionale. Il prof. Nove enfatizza la dimensione del problema affermando che con 12 milioni di prodotti occorrerebbe l’intera popolazione del mondo per milioni di anni solo per risolvere le equazioni richieste nel piano per l’Ucraina. Altro sistema è quello di rappresentare la struttura economica del paese come una matrice Input/Output che metta in connessione i fattori produttivi onde determinarne la coerenza nel perseguimento degli obiettivi prefissati. Credo che anche il metodo della simulazione sia applicabile in particolare per poter proiettare le diverse soluzioni da adottare in funzione di differenti elementi esogeni che possano causare distorsioni allo sviluppo degli interventi adottati. La bibliografia non manca: dal classico di Maurice Dobb “Some problems in the theory of growth and planning policy” e di Kalecki “Dinamica degli investimenti e dei redditi nell’economia socialista” e di Oscar Lange “Il ruolo della pianificazione nella economia socialista” a Tinbergen “The Domar-Harrod  model and the dynamic Leontief model” e ancora di Tinbergen & Bos “Mathematical models of economic growth” passando per Graves “Recent advances in mathematical programming” fino ai recenti “Quantum technology for economists” di Hull, Sattath, Diamanti, e Wending, oppure “What happens when “IF” turns to “WHEN” in quantum computing” di Bobier, Langione, Tao, Gourevitch, al già citato “Application of artificial intelligence techniques to economic planning” di Paul Cockshott. Le possibilità offerte dalle nuove tecnologie Rifacendosi a quanto tempo fosse richiesto, secondo Nove, per lo sviluppo della programmazione lineare del piano per l’Ucraina (stiamo parlando del secolo scorso) oggi le nuove tecnologie rendono possibili calcoli impossibili solo poche decine di anni fa. L’intelligenza artificiale se accoppiata con l’uso dei computer quantistici costituisce il futuro in atto per affrontare problemi complessi in particolare nella simulazione e nella decriptazione. Il grande passo in avanti è costituito dal passaggio dal bit dei calcolatori classici al qubit dei calcolatori quantistici. In parole semplici il bit è uno strumento logico basato sul sì/no, on/off, acceso/spento, uno/zero;  come il bit classico ammette due stati, cioè lo stato (0)( 0 )   e     e lo stato (1)( 1 ), altrettanto accade al qubit. Per analogia con il caso classico chiameremo questi due stati (0) | 0 ⟩ e (1)| 1 ⟩. Ma grazie al principio di sovrapposizione, che emerge dal primo postulato, è anche possibile combinare linearmente i due stati (0) | 0 ⟩ e (1) | 1 ⟩ (1)(per ottenere lo stato di sovrapposizione: (f)= a(0) + b(1) | ψ ⟩ = a | 0 ⟩ + b | 1 ⟩ in cui a e b sono due numeri complessi tali per cui (a)^2 +(b)^2 = 1 Detto in altri termini, lo stato di un qubit è un vettore unitario dello spazio degli stati hilbertiano di dimensione 2 in cui gli stati speciali (0)| 0 ⟩  e (1) …

DUE CONTI SUL SUPERBONUS 110%

In questo pezzo mi propongo di esaminare gli effetti del superbonus 110% sulla base di tre criteri: quello della riqualificazione energetica degli edifici; quello dei riflessi sul PIL ed infine quello delle conseguenze sui conti dello Stato.  L’approccio più corretto è quello relativo alla riqualificazione energetica degli edifici, gli altri due approcci servono per esaminare se provvedimenti simili a quello in esame costituiscono o meno un modello di modus operandi che lo Stato può mettere in atto per ottenere benefici effetti sull’economia e sui conti pubblici. La riqualificazione energetica degli edifici Come noto, gli edifici in cui viviamo o operiamo sono responsabili del 40% del consumo energetico e del 36% dell’emissione di gas serra, correttamente quindi il governo, nell’emanare questo decreto (il 34/2020), si è posto come obiettivo la riduzione di quei parametri ed ha previsto di dare un contributo pari al 110% del costo degli interventi messi in atto per raggiungere l’obiettivo che si è posto. Gli interventi, come noto, sono divisi in “trainanti” quali il cappotto termico e gli interventi antisismici, e interventi “trainati” tra i quali spiccano i pannelli fotovoltaici. Gli interventi devono essere tali da far migliorare di almeno due punti la classificazione energetica degli edifici. Sullo stesso obiettivo sta lavorando l’Europa; in particolare la direttiva su cui sta lavorando prevede che gli edifici e le unità immobiliari residenziali dovranno conseguire almeno la classe E (ovvero con un consumo energetico compreso tra 91 e 120 kWh/mq all’anno) entro il 2030 e almeno la classe D (caratterizzata da un consumo compreso tra 71 a 91 kWh/mq) all’anno entro il 2033. Sarà quindi molto importante mettere in connessione i due provvedimenti alfine di verificarne la compatibilità, e sarebbe anche importante conoscere che tipo di agevolazioni (almeno sui tassi di interesse) sono previsti dall’emananda norma europea. Ciò premesso, vale la pena esaminare i conti elaborati da ENEA, e metterli in connessione con il totale del lavoro che si dovrà effettuare a livello nazionale. Enea dice che al 28 febbraio 2023 erano effettuati o in corso 384.958 interventi edilizi incentivati pari a circa 68.5 miliardi di investimenti ammessi a beneficio che costeranno circa (68.5*110%) 75,3 miliardi di €. I lavori sono così ripartiti: 1 – 54.860 lavori condominiali pari al 47,9% del totale degli investimenti 2 – 221.138 lavori in edifici unifamiliari pari al 36,8% del totale degli investimenti 3 – 108.954 lavori in unità immobiliari funzionalmente indipendenti pari al 15,4% del totale degli investimenti. L’ISTAT calcola che gli edifici residenziali in Italia è di 12.187.698 di cui 1,2 milioni sono condomini. Il superbonus ha quindi interessato circa il 4,5% del totale dei condomini e poco più del 3% del totale degli altri edifici residenziali censiti. Il costo totale dell’operazione va quindi, grosso modo, conteggiato come segue: Tipologia             Totale edifici       Già sanati       Da sanare    Costo unitario    Costo totale                                                                                                         Mln €                   Miliardi € Condomini         12.187.698             54.860         12.132.838       0.597                     7.243 Altri edifici          11.003.000          330.092         10.672.908       0.100                     1.067 L’effetto sul PIL Per calcolare l’effetto sul PIL ci gioviamo delle stime fatte dal Censis e da Nomisma che differiscono, fondamentalmente, sugli effetti del moltiplicatore keynesiano. Si definisce come moltiplicatore keynesiano l’effetto di trascinamento sul resto dell’economia generato da un atto economico, si considera cioè che un intervento diretto nell’economia produce, oltre agli effetti immediati, effetti derivati e indotti conseguenti all’azione primaria. Secondo il Rapporto Censis il superbonus ha contribuito alla crescita del PIL per circa 73 miliardi di €, mentre secondo Nomisma l’effetto sarebbe di 195,2 miliardi di € considerando un maggior effetto dovuto al moltiplicatore keynesiano. Va tuttavia considerato il fatto che molti interventi di efficientamento energetico sarebbero stati comunque effettuati anche senza superbonus. La Banca d’Italia stima, ma il lavoro non è facile, che quasi la metà degli interventi chehanno utilizzato il superbonus  sarebbero comunque stati eseguiti anche senza di quello. Questo effetto riduce di molto gli effetti attribuiti al decreto. Quello che tuttavia va sottolineato è che l’investimento fatto è effettuato su un bene finale, come quello edilizio, che non è un bene produttivo nel senso che tale investimento, nel futuro, non produrrà ulteriori redditi come invece farebbe l’investimento produttivo. Purtroppo, terminato l’intervento finanziato dal superbonus, non si produrranno ulteriori redditi così come caleranno quelle assunzioni, quasi totalmente precarie, effettuate per lo svolgimento dell’opera. Posto che l’obiettivo del decreto non era quello di far ripartire l’economia, ma di agire sull’efficienza energetica, ne discende tuttavia che investimenti fatti su beni finali possono sì aumentare il PIL ma ciò a spese del bilancio pubblico e non possono quindi essere presi in considerazione per una sana politica economica. I CONTI DELLO STATO Affrontiamo ora gli effetti economici che il decreto superbonus potrà produrre sui conti pubblici. Abbiamo già visto che in base ai conti dell’ENEA gli investimenti già contabilizzati ammontano a 68.5 miliardi di € che al 110% salgono a 75.3 miliardi. Secondo le previsioni tendenziali di finanza pubblica incluse nel NADEF la stima per superbonus e gli altri bonus edilizi si aggira sui 110 miliardi di euro. Tali importi si tradurranno in misura marginale in minor gettito IRPEF per quei contribuenti cha hanno spazio fiscale con cui compensare i crediti di imposta, ma si tradurranno nella stragrande quantità in minor gettito IRES per tutti quei crediti fiscali che sono stati ceduti alle banche o alle imprese. Ci si può attendere che nei prossimi anni il gettito IRES che si aggira sui trenta miliardi annui, sarà decurtato per la quota dei 110 miliardi che vanno a scadenza. In una parola, le banche per cinque anni non pagheranno un euro di imposta IRES. Ma i lavori prodotti con il superbonus avranno generato un gettito iva per il 10% e un gettito IRES per i profitti realizzati dalle imprese attuatrici e un gettito IRPEF e contributi per i maggiori salari pagati. Il tutto sempre avendo presente che secondo Banca d’Italia circa la metà dei lavori effettuati lo sarebbero stati comunque anche in assenza di superbonus. Ma vediamo le stime più realiste. Se assumiamo l’incremento del PIL secondo Censis in 73 miliardi, calcolando il 10% di iva ovvero 7,3 miliardi e l’effetto …

RAGGIUNTO IL NUMERO DI FIRME PER IL DISEGNO DI LEGGE DI MODIFICA DELLL’AUTONOMIA REGIONALE DIFFERENZIATA

La faticosa prima azione concreta è riuscita bene. Il testo di disegno di legge popolare per modificare alcune parti della legge sull’autonomia regionale differenziata ha raggiunto e superato il numero di firme necessarie per farlo discutere in Parlamento. 105.937 firme raccolte in tutto sul testo predisposto da Democrazia Costituzionale (ben 40.928 italiani hanno posto la firma on line). Ne sarebbero bastate 50.000. L’Associazione Socialismo XXI si è impegnata ed ha contribuito alle sottoscrizioni con i Sindacati confederali del settore scolastico in particolare, ma non solo, con Sindaci e Amministratori locali che hanno condiviso la necessità di una modifica al pericoloso disegno del Governo di alterare nella sostanza le parità di diritti e doveri che dovrebbero essere uguali per tutti gli italiani. L’Ufficio studi del Senato, intanto, ha predisposto un’analisi che critica duramente il testo di legge governativo. L’analisi mette in evidenza – così come aveva fatto la nostra Associazione – che col trasferimento alle Regioni di molte competenze e funzioni svolte dallo Stato, con le annesse risorse finanziarie, ci sarebbe un ridimensionamento del bilancio centrale che non sarebbe più in grado di garantire i livelli essenziali di prestazione dei servizi pubblici anche alle Regioni che non avessero scelto la differenziazione. Poiché il Ministro leghista Calderoli non ha gradito la verità, il documento dell’Ufficio studi è stato derubricato a bozza incompleta pubblicata per errore. Come si è visto piace l’informazione uniforme, solo in appoggio alle proposte del Governo, anche quando le leggi sono palesemente sbagliate. Non dimentichiamo che Calderoli, Salvini e tutta la comitiva leghista è la stessa che voleva la secessione delle Regioni settentrionali dall’Italia. Non dimentichiamolo! SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

ALCUNE NOTE SULL’INFLAZIONE

Il fenomeno inflattivo, che per anni non conoscevamo, si è riaffacciato con violenza nel nostro paese, in Europa, negli USA. Abbiamo imparato che mentre l’inflazione negli USA è un effetto da domanda, da surriscaldamento monetario e consumistico, l’inflazione in Europa e Italia nasce decisamente da un aumento del costo dell’energia, nasce cioè da una componente esogena difficilmente addebitabile a cause interne. Ne consegue che le azioni di governo tese a frenare il fenomeno, essendo le cause scatenanti diverse, dovrebbero essere diverse, mentre, al contrario, si riducono sostanzialmente ad un aumento del tasso primario deciso dalla banca centrale, atto a raffreddare l’economia, gli investimenti, la domanda. Ma la preoccupazione più rilevante, quella che immediatamente viene espressa in maniera forte e netta è quella che il governatore della Banca d’Italia ha autorevolmente espresso: “L’aumento dei prezzi energetici è una tassa sulla nostra economia che non è possibile rinviare al mittente e che non può essere eliminata attraverso vane rincorse tra prezzi e salari“, e in questo “resta cruciale la responsabilità delle parti sociali“.  In effetti è vero che se all’aumento del costo della vita corrispondesse un corrispondente aumento dei salari, come una volta succedeva con la “contingenza” si potrebbe scatenare una spirale non virtuosa nella rincorsa tra prezzi e salari. Ma pur fatta questa considerazione non deve conseguirne che non si debba far nulla, lasciando che il costo dell’inflazione ricada in toto solo sui salari. La nuova politica nata dopo l’eliminazione della contingenza si è concretizzata nei due protocolli derivanti dal Trattato di Maastricht (7 febbraio 1992), entrambi finalizzati a contenere la crisi economico-occupazionale attraverso la fissazione di parametri che i singoli paesi avrebbero dovuto poi rispettare. Il primo protocollo, siglato il 31 luglio 1992, abrogò la scala mobile; il secondo, firmato il 23 luglio 1993, fissò gli obiettivi di politica dei redditi. Questi obiettivi legavano la crescita dei salari all’aumento della produzione e degli utili delle imprese, portavano a programmare un tasso d’inflazione per contenere la spesa pubblica e, per questa via, puntavano a una maggiore competitività, una miglior crescita economica, un rafforzamento della base occupazionale. Questi protocolli legavano i minimi contrattuali agli effetti dell’inflazione prevista con il DPEF (escludendo tuttavia successivamente l’inflazione da costi energetici) e per le contrattazioni di secondo livello legavano l’aumento dei salari all’aumento della produttività. Ora legare all’inflazione i soli minimi contrattuali, in presenza poi di accordi contrattuali pirata largamente diffusi, tende, in sostanza, a scaricare sui salari, sul lavoro dipendente l’effetto inflattivo, esaltando così lo scontro sociale tra chi può scaricare sui prezzi delle proprie prestazioni il costo dell’inflazione e chi invece non ha questa possibilità. Questa incapacità di distribuire il costo dell’inflazione in modo da non gravare solo sul lavoro dipendente, si è vista nel tentativo di tassare i superprofitti; tentativo fatto dal governo Draghi miseramente fallito e quindi fatto dal governo Meloni e ridotto ad un nulla di fatto. Ricordo che invece le pensioni sono legate all’inflazione infatti la rivalutazione, pari al 100% dell’aumento dell’indice dei prezzi al consumo, è stata applicata dall’INPS a partire dal 1° gennaio 2023, determinando un incremento delle pensioni pari al 7,3%. Ciò, tuttavia, vale solo per i trattamenti pari o inferiori a quattro volte il minimo (2.101,52 € al mese ai valori lordi del dicembre 2022). La vera lotta con l’inflazione andava fatta, come successe dopo la crisi energetica degli anni 70, programmando una indipendenza energetica che non ci esponesse senza difese ai capricci del mercato energetico internazionale. In quegli anni, dico gli anni 70, si programmarono ben 60 centrali nucleari che ci rendessero più autonomi in fatto di energia; 5 centrali furono realizzate e poi il referendum dopo Chernobyl fece cadere il programma, smantellammo tutto ma, pur considerando legittima, anche se imprudente, la volontà popolare referendaria, nulla fu fatto per riprogrammare in modo strategico il nostro fabbisogno energetico. A conclusione di queste riflessioni mi rimane la profonda sensazione che la strada delle riforme che non intacchino la struttura del modello economico siano ormai uno strumento incapace di opporsi alla prepotenza del cosiddetto libero mercato che, mano invisibile per il benessere della società, ci ha portato, in pochi anni, dai 3 milioni di poveri assoluti a 5,6 milioni attuali. Ricordo ancora le parole di Marx nella Critica al programma di Gotha: Il socialismo volgare ha preso dagli economisti borghesi (e a sua volta da lui una parte della democrazia), l’abitudine di considerare e trattare la distribuzione come indipendente dal modo di produzione, e perciò di rappresentare il socialismo come qualcosa che si aggiri principalmente attorno alla distribuzione. SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

STORIA DI UN GRANDE SOCIALISTA: VANNUCCIO FARALLI

In un momento storico in cui tutto viene rimesso in discussione, confondendo i vinti con i vincitori, il torto con la ragione, la barbarie con la civiltà, la biografia di Vannuccio Faralli costituisce un momento di riflessione sereno, obbiettivo, onesto e disinteressato come il suo protagonista. Le sue vicende personali mettono spietatamente in mostra le tragedie del nostro popolo e allo stesso tempo la grandezza di uomini, donne e bambini che hanno lottato contro il nazifascismo per lasciarci immeritatamente in eredità una nazione libera, democratica e repubblicana. Storia di un’Italia dimenticata vuol significare proprio questo, perché ormai ci siamo abituati a dimenticare anche le cose importanti. Il progressivo disperdersi delle tradizioni, che antropologicamente fa parte del continuo progresso dei popoli, rischia di rendere inutile e marginale la nostra cultura. È dunque necessario coltivare la passione per il ricordo, rivolto non ad un trapassato remoto come facciamo noi italiani da ormai troppo tempo, ma ad un passato prossimo che ci possa legare con vincoli di comune appartenenza. L’intera vita di Faralli è avvincente come un romanzo, tante sono le cose che ha fatto e che gli sono capitate: emigrante, commesso viaggiatore, sindacalista, politico, soldato, industriale, giornalista, antifascista, confinato, partigiano, torturato nelle carceri nazifasciste, sindaco di Genova, membro dell’Assemblea Costituente, sottosegretario, deputato, ecc. Con questo libro Cortona, la sua città natale, salda definitivamente, se pur in maniera tardiva, il suo debito morale nei confronti di Vannuccio Faralli e “a Mario Parigi, documentato e scrupoloso autore di questa biografia, va il merito indiscusso di aver articolato una rievocazione che non solo segue la traccia umana del sindaco della liberazione di Genova, ma, volta a volta, salda il suo percorso con la storia d’Italia, nello stesso periodo di vita del protagonista. Anche per tale ragione quest’opera è utile e necessaria per conoscere la nostra stessa identità” (dalla Prefazione di Raimondo Ricci). Mario Parigi, laureatosi in Lettere presso l’Università degli Studi di Siena, è membro della Società Storica Aretina e dell’Accademia Petrarca di Lettere, Arti e Scienze di Arezzo. Alterna l’attività di giornalista su riviste e periodici locali con la ricerca storica, dedicando particolare attenzione alla storia contemporanea. Ha pubblicato anche Le origini del fascismo a Cortona. 1919-1925 , FrancoAngeli, Milano, 2002. TESTIMONIANZE AVANTI! del 2 gennaio 1969 UN GRAVE LUTTO PER IL SOCIALISMO È morto il compagno Vannuccio Faralli Fu il primo sindaco di Genova dopo la Liberazione e deputato per tre legislature. Una vita dedicata alla causa dei lavoratori e della democrazia – Il cordoglio di Nenni e Ferri- GENOVA, Vannuccio Faralli, il primo sindaco di Genova della Liberazione già deputato socialista al Parlamento e membro di uno dei primi governi dopo la Liberazione, è morto la notte scorsa per collasso cardio-circolatorio in una clinica dove era stato ricoverato la sera precedente. Il compagno Faralli ere attualmente presidente dell’Ente provinciale per il turismo. Il presidente del Partito, Nenni e il suo segretario generale, Ferri, hanno immediatamente inviato alla Federazione del PSI di Genova telegrammi, di cordoglio. Ecco il testo del telegramma del compagno Pietro Nenni alla Federazione socialista genovese: Apprendo con angoscia morte del nostro Vannaccio stop. Una amicizia di mezzo secolo mi legava a lui in una comunità fraterna di ideali e di aspirazioni stop. Come sindaco di Genova, come deputato, come membro del governo all’indomani della Liberazione, soprattutto come integerrima antifascista e partigiano, Vannuccio Faralii lascia di sc un ricordo incancellabile stop. Verrò appena possibile ad inchinarmi sulla sua tomba stop. Accolga la Federazione le mie condoglianze e quelle di tutto il partito. PIETRO NENNI Questo il telegramma del segretario del Partito: Federazione PSI Genova. Scomparsa compagno Faralli costituisce grave perdita socialisti e movimento lavoratori. Pregavi esprimere familiari caro compagno Faralli espressione cordoglio Partito e mio Personale. MAURO FERRI. Nato a Cortona (Arezzo) il 15 gennaio del 1891, Vannuccio Faralli era ormai genovese d’adozione: risiedeva infatti nel capoluogo ligure da 62 anni, essendovi venuto nel 1906. Figura caratteristica e molto popolare — da tempo immemorabile Faralli portava ed ha portato sino all’ultimo, la cravatta «alla Lavallière» — il nostro caro Vannuccio aveva fatto studi di lettere, si occupava di commercio di vini e fin dal 1907 era stato fra i protagonisti del socialismo genovese. Si era iscritto al PSI nel 1907 e con Adelchi Baratono era stato direttore dell’edizione ligure l’Avanti! per quasi vent’anni fino al 1926. Nella prima guerra mondiale, nonostante fosse stato decorato con una medaglia d’argento, Faralli ero stato destituito del grado di tenente di artiglieria per la sua attività politica. Nel ’26 fu condannato al confino per due anni. Dopo il 25 luglio 1943, a Roma, Vannuccio Faralli fu fra i primi riorganizzatori del Partito socialista accanto a Nenni, Buozzi, Romita e Vernocchi. Dopo l’8 settembre passò le linee e si recò al Nord per occuparsi della lotta clandestina. Fu arrestato nel dicembre 1944 e liberato il 24 aprile del ’45. Dopo la liberazione di Genova Faralli fu Sindaco della città dal 25 aprile 1945 fino alle prime elezioni amministrative. E’ stato poi consigliere comunale fino ai 23 dicembre scorso (1968 ndr.), quando ha presentato le dimissioni, e per tre volte deputato: allo Costituente nel ’46, nel ’48 e nelle elezioni del 1958. Dal febbraio al 31 maggio 1947 Faralli fu sottosegretario nel ministero dell’Industria, nel terzo gabinetto De Gasperi e per due volte fu vicepresidente della Commissione Industria della Camera, Dal 1964 Vannuccio Faralli era presidente dell’EPT di Genova. Il lutto dell’Avanti! di Milano è stato espresso alla Federazione socialista di Genova col seguente telegramma del suo vice direttore compagno Fidia Sassano: L’intera famiglia dell’Avanti! di Milano si unisce al profondo cordoglio del partito per la morte del pioniere del socialismo genovese, compagno Vannuccio Faralli. Il compagno Sassano rappresenterà i direttori dell’Avanti! ai funerali. dai Diari di Nenni 1° Gennaio 1969 E’ morto a Genova Vannuccio Faralli. Aveva la mia età. Ci univa una amicizia di cinquant’anni. Mai un dissenso, mai uno screzio. Come era stato un militante integerrimo, così era stato un antifascista e un partigiano valorosissimo. Primo sindaco di Genova dopo la Liberazione, …

ASSOCIAZIONE FALCHI ROSSI ITALIANI

L’Associazione Falchi Rossi Italiani (nota anche con l’acronimo AFRI) fu fondata per sviluppare un progetto culturale e aggregativo di tipo scoutistico rivolto ai giovani socialisti di età compresa tra gli 8 e i 14 anni. Nel 1949 il Movimento Giovanile di Socialista costituì l’Associazione Falchi Rossi Italiani che organizzava i ragazzi socialisti tra gli 8 e i 14 anni. L’inizio delle attività vere e proprie si collocano nell’estate del 1949 quando Luciano Borciani fu nominato responsabile nazionale per i Falchi Rossi e fu chiamato a Roma a dirigere il movimento. II 15 Agosto 1949 esce “Il Falco Rosso” bollettino interno dell’Associazione Falchi Rossi Italiani; un ciclostilato che mira a stringere sempre più i legami fra la base e il centro, a cui sono invitati a collaborare tutti i dirigenti provinciali con scambi d’idee, di esperienze di lavoro, d’indirizzi pedagogici ed educativi che diano la possibilità di fare del bollettino una vera e propria scuola di lavoro e di formazione. L’associazione raggiunse i 20.000 iscritti nell’aprile 1950. Il 1° giugno 1950, in occasione della Giornata Internazionale dell’Infanzia,si svolsero in molte città italiane delle manifestazioni organizzate unitariamente dai Falchi Rossi (socialisti) e dai Pionieri (comunisti). Giorgio Boccolari scrive di un’organizzazione scautistica che si rivolgeva ai ragazzi, ispirata oltre che agli ideali di Baden-Powell, ai principi della pace, della libertà e della giustizia sociale propri del PSI adulto. L’Associazione dei Falchi Rossi ebbe a Reggio, pur tra enormi difficoltà organizzative, un successo che proiettò l’AFRI locale al centro dell’interesse della direzione del PSI, a Roma. L’attività dei “falchetti” si snodava tra visite a monumenti, aziende agricole, officine, luoghi paesaggisticamente storicamente rilevanti (a piedi, in bicicletta o sul cassone degli sgangherati camioncini del tempo), doposcuola, attività ludiche ecc. Importantissimi erano i campeggi (il primo si svolse a Castelnuovo Monti (RE) nel 1949) con le passeggiate, i canti, i racconti partigiani la sera attorno ai falò. Ma al di là delle escursioni i falchetti si riunivano spesso all’interno delle sezioni socialiste. E i ragazzini vocianti non entusiasmavano gli anziani, con i loro cappelli a larga falda, gli abiti scuri e, almeno i più anziani, una morale ferrea. Per loro i bambini dovevano stare lontani dalla politica. Furono i giovani socialisti reggiani ad interessarsi invece con passione dei “giovanissimi”. Degni di ricordo sono le iniziative per la “Befana“, il “Carnevale del ragazzo”, il “trenino della pace” ai giardini pubblici, o la partecipazione al campeggio di Felina della “Repubblica dei ragazzi” organizzato dai Pionieri nell’estate del 1950. Memorabili gli incontri d calcio: quell’anno i falchetti batterono i ragazzini dell’Azione cattolica e dei Pionieri. Dal manuale “La Guida del Capo Stormo”: – Il movimento dei Falchi Rossi è un’organizzazione diretta dal Movimento Giovanile Socialista e che fa parte dell’organizzazione di tutti i Ragazzi Italiani che è l’Associazione Pionieri d’Italia (A.P.I.); – Il movimento dei Falchi Rossi si propone di organizzare i ragazzi e le bambine per dare loro una educazione nuova; nello stesso tempo si propone di contribuire all’unità di tutti i ragazzi e del nostro Paese; – Di organizzare attività sportive e giochi per tutti i ragazzi; – Di amare i lavoratori e di essere sempre d’aiuto agli oppressi e a coloro che più soffrono; – Di salvare la pace e amare la Patria che voglio libera e felice. Per saperne di più: «L’Associazione Falchi Rossi Italiani – Staccoli Castracane Costanza» SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

CONVEGNO REGIONALE SULL’AUTONOMIA REGIONALE DIFFERENZIATA

UMBERTIDE (PG) 11 FEBBRAIO 2023 Coordina i lavori l’Avv. Cesare Carini. Buongiorno e grazie a tutti per la partecipazione al convegno dedicato al disegno di legge, denominato disposizioni per l’attuazione dell’autonomia differenziata delle Regioni a Statuto Ordinario.    In primis, consentitemi di ringraziare le associazioni promotrici dell’evento, che vado sinteticamente a presentare.   Socialismo XXI: associazione che si propone di divulgare la storia del socialismo italiano e che, oggi, è impegnata, unitamente ad altri soggetti ed organizzazioni, alla costituzione di un nuovo soggetto d’ispirazione socialista–ecologista a livello nazionale.    Umbertide Partecipa: associazione che nasce come realtà civica nel 2017, partecipando alle elezioni comunali nel 2018, che ha continuato la sua iniziativa per una democrazia partecipata nell’interesse dell’intera comunità di Umbertide ed è attualmente impegnata, insieme ad altre forze del centro-sinistra, per la condivisione di un progetto, in vista delle prossime elezioni comunali. Movimento delle Idee e del fare: associazione che unisce varie esperienze civiche e politiche, collocate nell’area riformista-progressista-ecologista, che ha promosso varie iniziative, con particolare riferimento ai temi della sostenibilità socio ambientale ed energetica.   Circolo culturale Giorgio Casoli: associazione neocostituita intitolata a Giorgio Casoli, che si propone di ricordare la figura e del politico e giurista, già Sindaco di Perugia dal 1980 al 1987 e, al tempo stesso, di creare uno spazio aperto per la riflessione su temi e proposte d’interesse per i cittadini di Perugia e non solo.  Passo ora a presentare i relatori: Mauro Scarpellini, docente di materie giuridico-economiche e commercialista. Ha svolto numerosi incarichi nel corso della sua attività professionale, anche quale Sindaco e revisore di varie Società. È componente dell’Ufficio di Presidenza Nazionale di Socialismo XXI).   Margherita Raveraira, Professoressa Ordinaria di Istituzioni di Diritto Pubblico presso la Facoltà di Scienze Politiche dell’Università Perugia. Oltre ad essere stata Preside della Facoltà di Scienze politiche ha svolto numerosi incarichi nazionali, quale ad esempio, responsabile Nazionale del progetto PRIN 2003. Mauro Volpi, Professore Ordinario di Diritto Costituzionale presso la Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Perugia, è stato Direttore del Dipartimento di Diritto Pubblico della Facoltà di Giurisprudenza di Perugia, nonché membro laico del CSM. È anche componente del Direttivo Nazionale del Coordinamento per la democrazia costituzionale. Lucia Marinelli, insegnante, Segretaria Generale della Federazione UIL scuola Umbria. A seguire, avremo alcuni interventi programmati. Le conclusioni del convegno spetteranno ad Aldo Potenza. Relazione del Prof. Mauro Scarpellini PEGGIO DI COSI’ SAREBBE STATO DIFFICILE Noi siamo contro lo sgretolamento dell’unità nazionale. L’articolo 5 della Costituzione dice che “La Repubblica, una e indivisibile, riconosce e promuove le autonomie locali; attua nei servizi che dipendono dallo Stato il più ampio decentramento amministrativo; adegua i principî ed i metodi della sua legislazione alle esigenze dell’autonomia e del decentramento.”  Leggiamo le parole “decentramento amministrativo”, non leggiamo “decentramento per realizzare uno Stato quasi federale”. Non vado oltre sugli aspetti costituzionali perché lo faranno molto bene fra poco i miei Colleghi relatori subito dopo di me. Io vi trasferisco una ricostruzione storica,  osservazioni e considerazioni e non farò sconti ad alcuno. I Presidenti delle Giunte regionali dell’Umbria e delle Marche, Catiuscia Marini e Luca Ceriscioli il 12 luglio 2018 scrissero insieme una lettera al Presidente del Consiglio dei Ministri Giuseppe Conte iniziando il percorso istituzionale per una maggiore autonomia dal Governo centrale e dal Parlamento, seguendo l’articolo 116 della Costituzione, come modificato nel 2001 all’interno del Titolo V della stessa. I due Presidenti si adagiarono su una possibilità astratta di sviluppo autonomo dovuto a nuove autonomie conseguibili. Un po’ di storia occorre. La modifica del Titolo V della Costituzione fu votata da una maggioranza parlamentare nel 2001 composta da una coalizione di Ulivo, di Comunisti italiani, di Udeur. I partiti di centro-destra votarono contro perché erano all’opposizione ma, in effetti, vedevano legiferare un complesso di loro obiettivi che ora intendono realizzare avendo la maggioranza parlamentare. Il Governo in carica era guidato da Giuliano Amato, allora indipendente scelto dai DS. Quella maggioranza parlamentare modificò la Legge Costituzionale n. 3/2001 [riforma Titolo V della Costituzione (artt. 114–132 Cost.)] perché voleva seguire e inseguire la Lega Nord sul federalismo e sull’autonomia, sperando in un recupero elettorale a danno della Lega. Le materie erano quelle che allora la Lega sosteneva invocando anche e soprattutto la secessione dall’Italia. Insomma la Costituzione usata non affermare principi e valori ma per conquistare subito voti. Era il periodo anche di spinte di poteri forti che sostenevano che in Europa gli Stati erano superati come dimensione adatta allo sviluppo e occorreva passare alle economie regionali sviluppate, quindi la Catalogna fuori dalla Spagna, la Lombardia fuori dall’Italia e così proseguendo, che sarebbero state felici isole di sviluppo integrate tra loro. La maggioranza di allora fu rapita da questo contesto : inseguimento della Lega Nord e nuovo sviluppo neoliberista per aree e non per Stati. L’aver fatto quelle modifiche con la maggiore autonomia possibile ad alcune Regioni a statuto ordinario può influenzare e modificare tanto i principi di parità dei diritti di cittadinanza degli italiani quanto il godimento di alcuni fondamentali servizi pubblici nazionali, come, ad esempio, la scuola pubblica e la sanità in modo più evidente e grave. Ci sono utilità e disutilità nel maggiore decentramento di funzioni verso le Regioni. Il decentramento può avvicinare il governo locale ai cittadini, favorendo il controllo della spesa da parte dei cittadini stessi, per cui gli amministratori eletti si dovrebbero sentire più attenti e responsabili nelle scelte e nelle decisioni; questo in teoria. Al contrario la distribuzione di competenze può creare diseconomie di scala; può determinare forme di iniquità fra cittadini nel godimento di servizi sociali essenziali e incentivare un fenomeno conosciutissimo, quello della mobilità dei cittadini per ricevere le prestazioni sanitarie. Conosciamo bene il fenomeno dei pazienti che da determinate Regioni vanno a farsi curare in altre. Le Province di Bolzano e Trento e le Regioni Valle d’Aosta e Friuli Venezia Giulia hanno una media dei livelli pro-capite di spesa pubblica corrente ed in conto capitale che sono nettamente superiori alla media nazionale per il finanziamento di favore che hanno queste Regioni. E’ ciò ha fatto nascere un altro fenomeno …

IL TEMPO DELLE CONTRORIFORME: UNO STIMOLANTE CONTRONTO SUL TEMA

Un faccia a faccia virtuale su Facebook | Renato Costanzo Gatti: Mi sto leggendo le 25 pagine del decreto 1° maggio e Silvano mi aiuta a districarmi in un lavoro interpretativo non semplice. Renato Costanzo Gatti: Però con Silvano mi urge affrontare due temi: il riformismo e la concertazione. Sul primo punto mi sembra venir meno la linea di Turati per cui le piccole e grandi riforme acquisite nel tempo si trasformano poi in valanghe che scendono a valle e riformare il sistema. Mi pare invece che dopo i trenta socialdemocratici alle riforme seguano le controriforme che sciolgono la valanga. Il secondo punto più lombardiano o se vogliamo risalire alla critica del programma di Gotha, su cui ho scritto recentemente, riguarda il come vivere questa fase della lotta di classe. Se cioè si può puntare tutto sulla redistribuzione senza rendersi conto che a monte c’è il modo di produzione. Finchè il modo di produzione sarà capitalistico, la lotta di classe è vinta dal capitale come giustamente fa notare Warren Buffet. Mi fermo e attendo una risposta di Silvano Veronese. Silvano Veronese: Caro Renato, Ti rispondo volentieri, mi devi spiegare frattanto 2/3 cose che non mi sono chiare : 1) il “venir meno alla linea di Turati”, penso di riferisca al mio scritto : dove, però? e per he cosa? 2) ” I trenta socialdemocratici” cosa sono ? 3) La concertazione da me proposta (non è una novità per il sindacato italiano), secondo Te non rappresenta elementi di progressismo per la classe lavoratrice, in particolare quando la rivendicazione antagonista non riesce a spostare di un grammo gli equilibri di reddito e di potere tra le classi o i ceti sociali? Grazie per un Tua chiarificazione, a risentirci (o rileggerci), Ciao Silvano. Renato Costanzo Gatti: 1) quando parli di contro-riforme indichi che il riformismo, quando non intacca la struttura può essere fermato se non cancellato; i meravigliosi trenta vanno dal dopoguerra agli anni 1970 quando è finita la fase “socialdemocratica” a causa del fallimento dell’esperimento comunista e della inconvertibilità del dollaro. La concertazione va bene, ma dobbiamo renderci conto che una cosa è concertare nell’esistente altro è concertare dopo che si sono fatte le riforme di struttura ovvero quando si parla di redistribuzione, ma con un diverso modo di produzione. Ho scritto pochi giorni fa, e lo trovi sul sito “A proposito di salario minimo” in cui mi soffermo a riconsiderare la Critica al programma di Gotha di K.Marx. Forse te lo sei perso, mi piacerebbe se lo leggessi. Silvano Veronese: Caro Renato, avevo letto il Tuo articolo sul “salario minimo” in cui Ti soffermi positivamente su quanto scriveva Marx di critica al programma Gotha in polemica con la posizione teorica del partito socialdemocratico tedesco verso la fine dell’800, in cui il grande filosofo di Treviri delinea la società socialista che Lui auspica (che evidentemente penso non intravveda nelle posizioni del partito socialdemocratico). Se non erro, Marx non esclude in via teorica la transizione verso il socialismo attraverso la democrazia e forme non rivoluzionarie. In realtà,  Marx ha fatto poi proprie certe posizioni di un giovane Engels che affermavano che la democrazia non è in grado di produrre soluzioni egualitarie e perciò socialiste perché “la lotta dei poveri contro i ricchi” non puo’ essere praticata attraverso la via democratica e politica. Sottolinei – o mi sbaglio ? – in rapporto a ciò che una soluzione salariale positiva o accettabile si puo’ solo realizzarsi con la “sparizione” del capitalismo e del suo modello produttivo? Lascerei Marx alla cultura e al suo tempo e verrei più concretamente e pragmaticamente all’oggi. Noi viviamo in una Repubblica che si è dotata di una Costituzione fra le migliori del mondo e che non prefigura affatto una società socialista nella concezione tradizionale marxista e nemmeno una soluzione da “socialismo reale” che abbiamo ben conosciuto e che – a partire dall’URSS – è crollato in quasi tutti i Paesi dove esisteva. Personalmente, ritengo che la Costituzione italiana prefigura uno Stato democratico che in termini di diritti, di tutela della condizione economica e della dignità di tutti i cittadini, in particolare dei lavoratori e dei piu’ umili, non ha niente da invidiare a soluzioni teoriche di società socialiste, cioè con la sparizione del capitalismo. Da anni in vari Paesi d’Europa, partiti socialisti o socialdemocratici hanno conquistato democraticamente  il Governo del loro Paese, hanno realizzato importanti riforme e avanzamenti sociali (da poter dire che hanno realizzato “pezzi” di socialismo), ma non hanno abolito il capitalismo.  Come tutte le Costituzioni, anche la nostra  deve essere attuata e rispettata attraverso soluzioni legislative ordinarie e attraverso la dialettica ed il rapporto negoziale tra le forze sociali della produzione e del lavoro, un rapporto tutelato dalla stessa Costituzione. La Suprema  Carta non abolisce affatto  la proprietà privata e la libera iniziativa privata e perciò affermare che per realizzare conquiste sociali strutturali bisogna abbattere il capitalismo non solo mi sembra irrealistico ma persino negato implicitamente dalla stessa Costituzione. Si possono realizzare riforme strutturali, anzi è auspicabile per non ricominciare sempre da capo il cammino del progresso sociale e civile e per rendere possibilmente definitive determinate conquiste in materia di riforme economiche, sociali e civili ma in una società democratica e libera, gli orientamenti elettorali della popolazione possono anche favorire le forze politiche conservatrici, reazionarie, illiberali ed antisociali le quali possono mettere in discussione riforme realizzate e consolidate. In parte è ciò che è avvenuto anche con Governi a guida non propriamente o dichiaratamente di destra conservatrice o reazionaria. Sta alla sinistra ed alle forze del movimento dei lavoratori – in queste situazioni – lottare democraticamente senza tregua per impedire regressi e cancellazioni di riforme socialmente avanzate. Non è vero – come Tu dici –  che dalla fine della seconda guerra mondiale abbiamo vissuto trenta “meravigliosi” anni di realizzazioni ed avanzamenti sociali rilevanti. Fino al 1960, fino alla famosa lotta degli elettromeccanici con il Natale in piazza del Duomo a Milano dove lavoratori e le loro famiglie furono salutati e benedetti dal card. Arcivescovo Montini, una lotta …