VISCO: NAZIONALISMO ECONOMICO IN EUROPA FA MALE A TUTTI

Pubblicato su: NENS Nuova Economia Nuova Società Visco: nazionalismo economico in Europa fa male a tutti e rende impossibile competizione con Usa e Cina, nuovo patto di stabilità occasione mancata. Le sfide che dovranno affrontare l’economia europea nei prossimi anni sono molto impegnative, e da questo punto di vista l’accordo raggiunto sul patto di stabilità non può certo essere considerato un successo, né ci si può consolare dicendo che esso è (lievemente) migliore dell’accordo preesistente. La proposta iniziale della Commissione era invece molto impegnativa, innovativa ed interessante in quanto ipotizzava un accordo tra la Commissione stessa e ogni singolo Stato, su proposta di ciascuno di essi, e che tenesse conto della reale situazione economica e finanziaria di ognuno. In questo modo da un lato si “internalizzava” il vincolo esterno in quanto i singoli Paesi diventavano protagonisti diretti dei loro stessi programmi di politica fiscale, e quindi maggiormente coinvolti nella loro realizzazione concreta, e dall’altro, almeno in teoria, la Commissione poteva mettere in essere una politica di bilancio europeo coerente con le esigenze macroeconomiche della zona euro, senza costringerla in regole uguali per tutti, ed evitando interventi pro-ciclici e deflazionistici. Un surrogato – imperfetto, ma comunque utile e positivo – di una politica fiscale comune. Tale approccio avrebbe comportato obiettivi e comportamenti differenziati tra i diversi Paesi: alcuni – come l’Italia e gli altri Paesi più indebitati, si dovrebbero orientare a maggiore prudenza e alla graduale riduzione del debito, altri invece avrebbero dovuto realizzare politiche più espansive, in modo da portare benefici all’intera Unione sia in termini di stabilità che di crescita. Questa proposta non ha retto ai timori e ai pregiudizi dei cosiddetti “frugali”, ed è quindi stata sostanzialmente svuotata con la reintroduzione di parametri uguali per tutti secondo un approccio “one size fits all” non solo priva di logica, ma già sperimentata senza successo negli anni passati. In sostanza si riafferma una propensione ad una gestione deflazionistica dell’economia europea orientata all’austerità di principio a causa di pregiudizi e sospetti in buona misura non fondati su elementi di realtà, e di sfiducia nella capacità della Commissione di riuscire a far rispettare gli impegni assunti dai governi. Questo atteggiamento è per altro simmetrico a quello di segno opposto di altri Paesi impegnati esclusivamente nella ricerca di “margini di flessibilità” per i propri governi. In altre parole, sia i “frugali” che i “prodighi” hanno seguito logiche ristrette e nazionaliste e quindi autolesioniste, in un gioco a somma negativa sia per l’Europa sia per i singoli Stati. Si tratta di un atteggiamento difficilmente comprensibile, soprattutto da parte della Germania, che negli ultimi anni ha visto dissolversi l’intero modello di sviluppo (?) verso cui aveva indirizzato la propria economia dopo l’introduzione dell’euro, e basato su una sorta di marco svalutato, l’euro (moneta forte e stabile, ma che riflette il peso non solo dell’economia tedesca, ma anche quello delle altre economie – meno forti – dell’Unione), la deflazione interna grazie al piano Hartz sul mercato del lavoro voluto da Schroder, e all’austerità, con conseguente contenimento del costo del lavoro, imposta agli altri Paesi dell’Unione, la delocalizzazione della produzione delle componenti dell’industria tedesca nei Paesi dell’allargamento dove i costi erano più bassi, l’ energia a basso prezzo derivante dagli accordi con la Russia e dai relativi gasdotti (North Stream), gli accordi commerciali con la Cina.Tutto ciò che era consentito di non peggiorare la competitività di prezzo, e promuovere un’impressionante crescita delle esportazioni, e di realizzare surplus annui della bilancia dei pagamenti che, partendo da una situazione di pareggio nel 2000, ha superato negli anni recenti il 70% del Pil tedesco, privando l’economia tedesca ed europea di una maggiore domanda interna che avrebbe consentito politiche espansive e sarebbe risultata estremamente utile per tutti (a partire dalle fatiscenti infrastrutture tedesche). Nel complesso, una strategia perdente e autolesionista, ma per lo meno coerente e rispettosa delle indicazioni dell’ordoliberismo, e che tuttavia ora appare, e risulta, impraticabile. Come di conseguenza la zona euro ha avuto una crescita media nettamente inferiore a quella degli Stati Uniti (1,2%, rispetto all’1,9%, e all’1,4 della Comunità europea), e ora si trova in seria difficoltà; ma soprattutto problematiche si presentano la situazione economica della Germania, rimasta privata di una strategia, e le sue prospettive. Era quindi il momento di cambiare strategia, e riconoscere che il nazionalismo economico in Europa fa male a tutti i Paesi e rende impossibile competere alla pari con Usa, Cina, ecc.  Sarebbe stato necessario un nuovo patto di stabilità più flessibile (ipotesi appena tramontata), il completamento dell’unione bancaria con l’introduzione della assicurazione sui depositi, la creazione di un mercato unico dei capitali europei, in grado di contribuire al cofinanziamento da parte dei privati degli enormi investimenti necessari per la transizione digitale, energetica e la difesa comune dell’Europa, sostanziose emissioni di debito comune per realizzare questi progetti, una politica industriale europea con accordi e fusioni transfrontaliere per non perdere ulteriore terreno nella competizione internazionale. Queste erano, e sono, le sfide che l’Europa dovrà affrontare nei prossimi anni, e che con l’assetto istituzionale esistente non sarà in grado di promuovere. Ci aspettano quindi anni difficili, di crisi e stagnazione che la possibile affermazione delle forze politiche nazionaliste ed euroscettiche renderebbe ancora più problematici, con seri rischi di regressione economica, e di ulteriore perdita di rilevanza internazionale. Sono questi problemi che dovrebbero essere al centro della prossima campagna elettorale per il Parlamento europeo. SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

UN 2 GIUGNO DI LOTTA

di Franco Astengo | La celebrazione del 2 giugno 2024, festa della Repubblica, assumerà tratti inediti nella storia d’Italia: definitivamente dissolto l’antico “arco costituzionale” sotto il cui ombrello ci poteva comunque ritrovare mai è stato così violento l’assalto alle fondamenta del dettato della nostra Carta Fondamentale. Ormai è svelata la posta in gioco di questa fase (che potremmo considerare più storica che politica): riscrivere la Costituzione e mandare in archivio il suo punto di vera scaturigine, la Resistenza. E’ stato giustamente scritto che il progetto del centro-destra di oggi è molto più invasivo di quello elaborato nel 2016 dal PD(R) e che fu respinto dalla maggioranza dell’elettorato, e da altri tentativi precedenti (riforma del centro destra anch’essa respinta dal voto popolare nel 2006; progetto della commissione bicamerale del 1997), senza contare le riforme già attuate in maniera negativa (titolo V, pareggio di bilancio, riduzione del numero dei parlamentari). Adesso però siamo a un vero e proprio salto di qualità: un progetto eversivo che poggia su TRE gambe: premierato, autonomia differenziata, riforma (punitiva) della magistratura. In realtà, nel caso della magistratura, siamo ben oltre l’attacco alla Costituzione Repubblicana perchè si sta toccando la messa in discussione della stessa divisione dei poteri sancita dalla rivoluzione del 1789. Un attacco alla democrazia che si sviluppa in un quadro generale davvero inquietante. Una situazione dominata dalla suprema incertezza tra la pace e la guerra: dilemma che la nostra Costituzione intende sciogliere con un Articolo 11 già fin troppe volte violato nella sua sostanza. Abbiamo visto come sia in corso un attacco diretto a categorie come quella della Magistratura (ipotizzandone, come già avvenuto in passato, una sostanziale riduzione di autonomia dall’esecutivo) e dell’informazione (con un evidente arretramento nella liberà d’espressione come testimoniato anche dalle classificazioni internazionali in materia). Si sta esercitando direttamente una forma di repressione poliziesca verso i soggetti più facilmente attaccabili come gli studenti. Questi elementi evidenziano uno stato di cose che non può che essere contrastato se non prendendo atto fino in fondo della sua gravità e pericolosità, esprimendo così un pieno convincimento alternativo fuori da qualsivoglia tentativo di compromissione, in ispecie sul piano costituzionale e delle stesse forme istituzionali che derivano direttamente dall’applicazione della nostra Carta Fondamentale, prima fra tutte la forma di governo parlamentare. Il tutto racchiuso dentro un cerchio ideale rappresentato dal riemergere della “questione morale” che si esprime in varie forme ben oltre la forma classica della corruzione politica come sembrerebbe indicare la vicenda ligure. La celebrazione del 2 Giugno dovrà essere allora impostata come momento di richiamo alla necessità, prima di tutto, di espressione di un sentimento: come è stato scritto “di qualcosa di cui non si può non parlare, di cui non si può tacere” partendo dalla risposta alla tragedia fascista da cui nacque la nostra identità repubblicana. SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

CENTO ANNI DALL’ASSASSINIO DEL DEPUTATO SOCIALISTA GIACOMO MATTEOTTI

COMUNICATO STAMPA Sabato 15 giugno alle ore 17.00 presso l‘Auditorium del Palazzo Bliblioteca della cittadina di Palagiano (TA) l’Associazione Socialismo XXI organizza un convegno storico-politico in occasione del 100° anniversario dell’assassinio per mano fascista del Socialista On. Giacomo Matteotti. Il saluto in apertura del Responsabile Comunicazione di Socialismo XXI Vincenzo Lorè. Interverranno Salvatore Mattia Coordinatore Provincia di Taranto di Socialismo XXI, il Prof. Riccardo Pagano Presidente ANPI della Provincia Jonica, Aldo Potenza già Presidente nazionale Socialismo XXI, Luigi Ferro neo Presidente nazionale Socialismo XXI, Valdo Spini storico del socialismo e il Presidente della Fondazione Bruno Buozzi Giorgio Benvenuto già Segretario nazionale UIL. Modera Carmen Nardelli Coordinatrice del Circolo G. Matteotti di Palagiano (TA). Giacomo Matteotti, antifascista italiano e segretario del Partito Socialista Unitario, fu rapito ad opera di una squadra fascista per volontà di Benito Mussolini, a causa delle sue denunce sui brogli elettorali attuati dalla nascente dittatura nelle elezioni del 6 aprile 1924 e delle sue indagini sulla corruzione del governo. Matteotti, nel giorno del suo omicidio (10 giugno 1924) avrebbe dovuto presentare un nuovo discorso alla Camera dei Deputati – dopo quello sui brogli del 30 maggio – in cui avrebbe rivelato le sue scoperte riguardanti lo scandalo finanziario con coinvolgimento anche di Arnaldo Mussolini, fratello del duce. “Matteotti è stato un raro esempio di capacità organizzative, competenza, coraggio e rettitudine. La sua lezione politica, i suoi valori, il suo stile antiretorico e sobrio hanno ancora molto da insegnarci. Per questo la ricorrenza del centenario della sua morte rappresenta per tutti noi una grande occasione di crescita collettiva. LE AUTORITA‘ E LA CITTADINANZA SONO INVITATE A PARTECIPARE Vincenzo Lorè – Responsabile Comunicazione Socialismo XXI Carmen Nardelli – Coordinatrice del Circolo G. Matteotti di Palagiano (TA) SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

NE’ IDEOLOGIZZARE NE’ MITIZZARE PER SOLIDIFICARE I PROCESSI DI PACE

di Giuseppe Scanni | Siamo in guerra oppure no? Conosciamo quasi esattamente il numero dei morti, tanti, siamo informati delle strazianti violenze, dei catastrofici bombardamenti, degli scontri tribali ed etnici e di quelli di Stati contro Stati, delle fazioni di un popolo contro uno Stato; non sono restati nascosti a lungo gli Stati che appoggiano fazioni combattenti o che finanziano ed addestrano milizie etniche armate contro altri Stati ed alleanze militari. Ma di che guerra parliamo? Ci sono ancora gli strumenti necessari per placare i conflitti e firmare trattati di pace? È un problema da studiare perché, come questi due anni appena trascorsi ci hanno reso evidente, la guerra tradizionalmente intesa nel XX secolo si è trasformata e si sono logorate le categorie nelle quali venivano collocate dalle varie discipline le cause che originavano le guerre, le loro legittimità sulle quali si edificava la Pace attraverso il Diritto nell’ambito delle organizzazioni internazionali. Tutti siamo chiamati a dare risposte concrete ai problemi presenti, tenendo conto degli strumenti che la realtà oggettiva mette a nostra disposizione, senza ignorare quanto si sia trasformato il mondo e di conseguenza come siano divenuti obsoleti alcuni sistemi chepure furono efficaci in un passato non molto lontano. Non c’è più una linea che delimiti la distinzione della guerra fra Stati e guerre civili, tra guerre di liberazione nazionale e guerre al terrorismo, perché lo scontro armato asimmetrico tra attori militari e politici di diversa natura hanno, nei fatti, trasformato il diritto internazionale e modificato il concetto di guerre limitate in guerre totali; dove il senso di totali non è unicamente collegato all’uso distruttivo e totale dell’arma atomica o di armi altamente sofisticate e spietatamente mortali, ma alla partecipazione nei conflitti di eserciti professionalizzati e di un eterogeneo esercito di “popolo”, che a sua volta non è il popolo tradizionalmente inteso, ma un complesso gruppo di civili, anche di diverse nazionalità, riunito sotto una o più bandiere politiche, ideologiche, religiose. Finito, con la Guerra Fredda (1945-1991), il confronto NATO- Patto di Varsavia, assieme ai rispettivi alleati esterni, si è conclusa anche la stagione della guerra intermedia a sua volta limitata dalla linea rossa marcata dalla deterrenza nucleare. Il limite definito alla guerra generale è oggi paradossalmente messo in discussione da nuovi e vecchi archetipi retorici che narrano e esaltano virtù taumaturgiche degli Stati “nazionali”, che invece sono stati oggetto di una profonda modificazione dei loro poteri; oppure inveiscono contro imperialismi espansionistici e guerrafondai, integrando a volte tradizionali logiche di “potenza” con proclami identitari, chiamando spesso in causa le migrazioni economiche. Altri ancora, in nome di un generico neo luddismo accusano – senza offrire soluzioni alternative – l’era digitale di abbassare livelli di qualità della vita per alcuni, di accelerare il processo di crescita per pochi altri. C’è anche chi giustifica eventi bellici o violenze di massa, dittature con la “tradizione” e con un imperativo reli- gioso. L’Occidente, oggi, esecra la guerra e nello stesso tempo la esorcizza non volendo riconoscere che dopo ottant’anni è finita la pace che ci ha accompagnato attraverso scontri, anche drammatici e sanguinosi, ma lontani dalle proprie case. Tanto lontani che la Difesa e gli impegni tipici di una grande potenza, fino a ieri unipolare, sono divenuti una spesa maldigerita per gli Stati Uniti; per altri paesi, specialmente europei, un’occasione di disputa ideologica, una opportunità di divergere e discordare tra religioni ed all’interno delle stesse; un quotidiano intrattenimento televisivo e social. In questi tempi di “guerre”, in bilico tra la definizione di conflitti locali o regionali, si rafforza l’ansia che l’imponderabile faccia scivolare l’umanità in un rischioso conflitto mondiale e molto si discute sul significato della pace, sui costi umani ed economici che comportano le guerre, e si fanno strada pericolose proposte di intendere pace come “non guerra”, elucubrando che sia utile e possibile considerare la “non ostilità” armata un sufficiente sistema securitario per le democrazie occidentali, che sono descritte come sempre più deboli. Molti studiosi di scienza politica internazionale dubitano, invece, che il temporaneo (e per quanto?) blocco delle ostilità non accresca le crisi, se il blocco non è considerato consapevolmente dalle parti come fine ma in quanto condizione necessaria per l’apertura di trattative garantite da chi è internazionalmente riconosciuto capace di tutelarle nel loro sviluppo e, anche con la forza, nelle conclusioni raggiunte. Le diverse teorie sul bellum iustum che si sono straformate più volte, dall’affermazione del positivismo giuridico nel XIX secolo sino ai giorni nostri, hanno tolto agli Stati il diritto di intraprendere guerre. Oggi le successive Dichiarazioni di principi adottate dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite, quali la Dichiarazione del 1970 sulle relazioni amichevoli e di cooperazione tra gli Stati; la Dichiarazione del 1974, inserita nella Risoluzione 3314 dello stesso anno sulla definizione di “aggressione”; la Dichiarazione del 1987, contenuta nella Risoluzione 42/22 sul rafforzamento del principio di non ricorso alla minaccia o all’uso della forza nelle relazioni internazionali, hanno stabilito la norma imperativa del diritto internazionale (Ius cogens) che un attacco armato contro l’integrità territoriale e l’indipendenza politica di uno Stato da parte di un altro Stato è una “aggressione” e costituisce un crimine contro la Pace. Al crimine cui seguisse un ricorso alla guerra, cioè quando fosse inapplicabile il Diritto – come accaduto in questi anni con l’aggressione russa a causa dell’opposizione del diritto di veto nel Consiglio di Sicurezza dell’ONU – vengono posti dei paletti, comunque applicabili, che regolano i conflitti (Ius in bello) attraverso le Convenzioni dell’Aja, di Ginevra ( 1949) e i suoi protocolli addizionali( 1977), ancora una Convenzione del- l’Aja (1954), di New York (1981) e di Parigi sulla interdizione delle armi chimiche, e quella di Ottawa ( 1997) sul divieto alla produzione ed uso di mine antiuomo. La Corte Internazionale di Giustizia nella sua sentenza del 1986 sulle attività militari del Nicaragua e contro il Nicaragua ha definitivamente sancito che le Dichiarazioni e Risoluzioni dell’ONU sono parte integrante del Diritto internazionale generale e che precedenti intendimenti della stessa Carta del- l’ONU sulle forme in cui si poteva concretizzare il diritto di autotutela degli …

INSIEME PER COSTRUIRE UN NUOVO SOCIALISMO IN ITALIA

Costruire un nuovo edificio è una operazione solo apparentemente semplice. Occorrono autorizzazioni e i mezzi necessari per raggiungere il risultato finale. Cio’ vale anche in politica quando si vuole costruire un nuovo soggetto politico In questo caso occorrono buon senso e tanta responsabilita’, due requisiti indefettibili, ma che sovente mancano nel dibattito politico. Il ginepraio di parole e il parolaio improduttivo e sterile, non concorrono alla costruzione di qualcosa di nuovo nella politica italiana, anzi minano ab origine il processo costituente in assenza di quei requisiti indefettibili capaci di unire tutti intorno ad una idea. Ad un progetto. Eppure, i primi socialisti nel 1892 fecero prevalere l’idea di un mondo giusto e libero alle divisioni interne, che non mancavano di certo, per senso di responsabilità verso una classe operaia italiana priva di rappresentanza, di opportunità e di diritti. Ciò che animava il dibattito interno era la via o il metodo, insomma la strada da seguire per rappresentare le fasce sociali più deboli, gli oppressi, gli ultimi, ma tutti erano convinti che solo insieme, in un grande partito, sarebbe stato possibile traguardare l’obiettivo. Nacque il 14 agosto 1892 il PS dei lavoratori italiani, che nel corso della sua storia travagliata ha subito diverse fratture (Livorno, Barberini. etc.), ma l’idea di stare insieme prevalse sempre in larga misura, tanto da consentire poi al PSI (nato nel 1894) di mantenere un largo consenso sociale per rappresentare le classi deboli e per avviare con le riforme la trasformazione della società italiana. A volte bisognerebbe riscoprire ed imparare dal passato per costruire il futuro. I personalismi, le divisioni, spesso strumentali, in politica non producono effetti, ma rimangono causa e soltanto causa del problema senza possibilitaà di una risposta risolutiva. In Italia tanti cespuglietti di orientamento o di ispirazione socialista sembrano vagare in un tunnel senza via di uscita quando invece la soluzione è alla portata di tutti, se prevalessero buon senso e responsabilità, che i padri fondatori del socialismo in Italia ebbero la capacità di fare un passo indietro appartiene all’individuo che intende dare una risposta politica concreta ai bisogni dei cittadini in questo momento disorientati. Ciò spiega, ma solo in parte l’astensionismo, unico partito di massa in Italia. Di certo, non contribuiscono alla soluzione dei problemi la miriade di cespuglietti alla ricerca della bussola che sovente tendono con giustificazioni non politiche a dividersi in altrettanti gruppetti o, peggio, in piccoli comitati elettorali, alimentando cosi’ la già variegata galassia socialista e la confusione che regna oramai sovrana all’interno di essa. Sempre guardando al passato, ma questa volta in Francia, nel 1971 i socialisti francesi si resero conto che occorreva cambiare passo. Il congresso di Epinay segna la rinascita del Partito socialista. Il Congresso dell’Unita’ puntò a costruire una formazione unitaria. Furono presentate ben diciassette mozioni, ma il dibattito si concentrerà solo su cinque di esse che avevano come finalità, in sintesi, quella di costruire un Partito Socialista forte, autonomo, di sinistra. Un partito unico. Al termine dei lavori Francois Mitterrand che proveniva dal mondo radicale fu eletto segretario. L’esperienza italiana prima e quella francese poi, dovrebbero rappresentare per coloro che si professano costruttori del futuro del socialismo in Italia un faro, una guida. Ed invece, assistiamo nella quotidianità ad un dibattito vuoto, dettato da premesse errate, da personalismi nauseanti, e da un dibattito privo di contenuti politici . Socialismo XXI da anni persegue l’obiettivo di costruire, tutti INSIEME, un nuovo soggetto politico di ispirazione o di orientamento socialista in Italia. Mutuando l’esperienza francese, il 21 gennaio 2023 a Roma si è costituito il Tavolo Nazionale di Concertazione col precipuo scopo di raggiungere con chi ci sta l’obiettivo finale e di dare agli italiani una prospettiva socialista che manca da circa trent’anni. Una casa comune, unica, dove socialisti e soggetti di diversa provenienza culturale possono trovare le giuste alchimie, le naturali convergenze e pari opportunità di pensiero. In tal guisa si supererebbe quella galassia socialista composta da piccoli gruppi insignificanti sul piano politico per costruire INSIEME un partito socialista in Italia, nuovo, forte, autonomo. Il METODO Epinay è questo. Non altro. Dove ciascuno nella piena autonomia conservando la propria identità e senza alcun imprimatur concorre nella costruzione di qualcosa di straordinario a sinistra. Come in Italia nel 1892. Come in Francia nel 1971. Questo significa semplicemente che dobbiamo insieme perseguire la medesima direzione superando sigle e simboli, e vecchi rancori, che rappresentano un freno al processo costituente e allo sviluppo futuro del socialismo in Italia. Buon senso e responsabilità verso gli italiani, quei requisiti indefettibili senza i quali non è possibile costruire la nuova casa del socialismo in Italia, con solide basi valoriali: Giustizia sociale, diritti, lavoro, lotta al precariato e alle disuguaglianze sociali, tutela della democrazia e delle libertà individuali, difesa dell’ ambiente. Un nuovo soggetto politico che racchiuda insomma in un’unica prospettiva lavoro, giustizia sociale, ambiente, ed in grado di rappresentare quei cittadini delusi che guardano al futuro con occhi carichi di incertezza, soprattutto per le nuove generazioni, che pretendono lavoro e condizioni di vita dignitose, attualmente prede del malessere sociale. L’ arduo compito che ci aspetta è questo, ma dobbiamo avere la capacità e l’ intelligenza di comprendere che solo tutti insieme possiamo farcela. Il Tavolo di Concertazione ha questa finalità: unire, non dividere. E con questa finalità proseguirà i suoi lavori fino al raggiungimento dell’obiettivo con chi ci sta, ovviamente, e che tutti auspichiamo di conseguire. I lavori del Tavolo riprenderanno dopo la pausa estiva con la stessa determinazione di sempre che da parte nostra non mancherà mai. “Su fratelli,su compagne, su, venite in ditta schiera, sulla libera bandiera splende il sole dell’ avvenire”. F.Turati. “Violenta o pacifica la rivoluzione è prima della rottura”. F.Mitterrand. SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. 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VERSO IL VOTO

Generalmente, quando devo andare a votare, le mie scelte sono guidate da questioni economiche, essendo questo il campo in cui ritengo di avere una certa competenza. La questione economica è rilevante sia a livello europeo che a livello nazionale: ● per quel che riguarda il primo livello, l’Europa non riesce a trovare una sua personalità nello scenario internazionale caratterizzato dal declino della globalizzazione, basata sull’incesto USA-Cina (la Cina fornisce beni a bassi prezzi agli spendaccioni statunitensi e con i dollari incassati aumenta le sue riserve moderando l’effetto inflattivo del debito USA ma rischiando minusvalenze in caso di svalutazione del dollaro), per avviarsi verso un multilateralismo in cui dominano la declinante egemonia statunitense, e la crescente attrattività cinese. Declinante egemonia statunitense che si constata nella fine dei suoi interventi militari che hanno caratterizzato il periodo successivo al crollo dell’unione sovietica, interventi non più vincenti ma conclusi in disimpegni non sempre onorevoli. Crescente attrattività cinese, paese che da cinquanta anni non conosce conflitti militari, e che con l’avvio di un processo di de-dollarizzazione sta costruendo un’area egemonica alternativa a quella statunitense. ● per quello che riguarda la situazione nazionale azzardo una previsione. Nell’autunno il governo Meloni avrà superato, anche se di poco, la durata media dei governi succedutisi nel passato, e si troverà di fronte ad una problematica economica che si dimostrerà incapace di risolvere, lasciando spazio per un nuovo governo tecnico (Cottarelli?) chiamato, in un clima di solidarietà nazionale, ad affrontare il tema del deficit e del debito, argomenti che solo un governo non interessato alla ricerca di voti, può affrontare, così come fecero Dini, Monti ed infine Draghi. Stavolta, invece, ci sono questioni più rilevanti che impongono di essere affrontate nel momento in cui si entra in cabina elettorale. In primis la questione della pace. Su questa questione mi è guida l’articolo 11 della nostra Costituzione che, con il suo ripudio della guerra, pone la via diplomatica come strada maestra nella soluzione dei conflitti internazionali. Via che i nostri governanti hanno ignorato alla grande e che continuano ad ignorare. Ne sia dimostrazione l’indicare come soluzione della situazione in medio oriente la formula “due popoli, due stati” e non riconoscere ufficialmente lo stato palestinese (in attesa di vedere quel che faranno gli USA). La via della ricerca di una soluzione diplomatica è, al contrario, continuamente percorsa dal papa, da Erdogan e dal governo cinese. La recente uscita di Stontelberg, che richiede di annullare il divieto all’Ucraina di utilizzare le armi fornite dall’occidente per fini offensivi, persegue una linea politica che ha ancora come obiettivo la vittoria militare dell’Ucraina, linea dettata dal pentagono, linea cui l’Europa non sa contrapporre una valida alternativa. E’ quindi il fine di spingere l’Europa a costruire una valida proposta di trattativa finalizzata alla fine del conflitto in Ucraina che guiderà la mia scelta di voto nelle prossime elezioni. E’ ovvio che lo scontro militare è determinante nel determinare la forza contrattuale delle parti che siedono ad un auspicabile tavolo della pace; è ovvio che la fallita controffensiva di primavera lanciata da Kiev ha diminuito di molto la forza contrattuale dell’Ucraina e che, nonostante i 60 miliardi stanziati dagli USA, la drammatica carenza di uomini renderà ancor più debole questa forza, più debole di quando, penso al documento di Istanbul, si poteva trattare nell’aprile del 2022, documento, quello di Istanbul, che falsifica le affermazioni secondo cui Putin non è disponibile ad un trattato di pace. Il problema che mi si pone è chi votare perché una logica di pace possa prevalere al di là delle titubanze che vedo nello schieramento di sinistra. I candidati sono il movimento di Santoro, i 5stelle, l’alleanza verdi-sinistra; tra questi temo che il voto a Santoro sia destinato ad essere un voto sprecato, quello ai 5stelle mi rende dubbioso di poter condividere altre scelte per me inaccettabili. Il mio orientamento cadrebbe dunque su Avs. Ma a tal punto mi nasce una domanda; ai fini della pace è più utile un voto in più a verdi e sinistra (che ha una posizione definita nel merito) o è più efficace rafforzare la logica pacifista all’interno di una posizione vacillante del partito democratico? Mi spiego; un voto in più ad Avs non modificherebbe l’equilibrio tra le forze sulla materia “pace”, mentre un voto che rafforzi le posizioni pacifiste all’interno del Pd potrebbe modificare sostanzialmente il quadro politico. E’ sulla base di questa logica che penso di votare Marco Tarquinio, una voce importante che all’interno del Pd potrebbe determinarne una posizione più convinta (penso ad esempio al silenzio della Schlein dopo le farneticazioni di Stontelberg) anche come concime per il campo largo.      SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

ELEZIONI EUROPEE: MANCANO FORMAZIONI POLITICHE ALL’ALTEZZA, MA E’ IMPORTANTE VOTARE. CON IL NUOVO ANNO UNA GRANDE FORZA SOCIALDEMOCRATICA

Intervista del giornalista Vito Fiorino a Daniele Delbene | Daniele Delbene, già presidente della Costituente nazionale Pse ed esponente del Tavolo Nazionale di Concertazione del socialismo italiano. Nei mesi scorsi avete lanciato un manifesto sugli Stati Uniti d’Europa incentrato su un nuovo modello di giustizia sociale. Manifesto che peraltro, oltre ad essere stato sottoscritto da oltre 700 uomini e donne consapevoli ed impegnati sul territorio, ha riscosso un grande successo e migliaia di interazioni tra i giovani sui social. Il vostro appello sembra non sia stato colto dalle forze politiche. Nella campagna elettorale in corso, il dibattito sul tema si è limitato a qualche slogan superficiale ad uso e consumo del marketing politico. “Abbiamo lanciato un Manifesto per una nuova visione del mondo e del futuro. Le forze politiche e la maggior parte delle attuali classi dirigenti, al contrario, non sanno guardare o non vogliono guardare oltre la prossima legge di bilancio. La grande condivisione del Manifesto da parte dei giovanissimi dimostra che non è vero che questi ultimi sono distanti dalla politica e dalla voglia di contribuire a costruire il loro futuro, bensì che l’attuale sistema fa di tutto per tenerli distanti dalla partecipazione. Ancora oggi, parte della politica, dell’economia e della finanza sono in mano a classi dirigenti formatesi 50-60 anni fa. Come farebbero a mantenere il controllo se vi fosse una forte partecipazione dei giovani che non conoscono e che non saprebbero come gestire?” Cosa non ha funzionato? “Più che cosa non ha funzionato direi che purtroppo la maggior parte dei leader politici sono da una parte fagocitati dal vecchio sistema che come dicevo stenta a lasciare spazio, come dovrebbe essere, alle nuove generazioni, e dall’altra sono evidentemente privi di capacità di visione. I leader non sono quelli che ricoprono incarichi ricevuti per ragioni varie, tecnicismi o perchè funzionali al disegno di qualche elite, ma quelli in grado di coinvolgere facendo sognare in particolar modo le nuove generazioni. I leader sono quelli che hanno la capacità di immaginare ed anticipare il futuro, proponendo quindi la strada migliore per costruirvi la società ed il modello auspicati. Di fronte alle elezioni che ritengo tra le più importanti al mondo, non sentiamo altro che richiami al passato fascismo e comunismo, o discussioni su temi nazionali o ancora peggio di basso livello. Ad esempio, chi è antifascista oggi non ha neppure bisogno di proclamarsi tale, perchè è nel suo modo di essere, di porsi, di opporsi e di partecipare che dimostra quello che è e contrasta ciò che non deve essere. Diversamente, soprattutto i giovani (e non solo) non comprendono e cambiano canale”. La campagna elettorale non è andata oltre le questioni di politica interna o le polemiche sulle candidature dei leader di partito che anche se eletti non sceglieranno il seggio europeo. Grande assente la giustizia sociale. “Quando trovi come capolista candidati come la Salis e Vannacci, ti rendi conto del livello raggiunto dalla politica. Non è un giudizio sulle persone in sè (che non conosco), ma sull’approccio di strumentalizzazione scelto dalle forze politiche. Se la sinistra è quella che candida come capolista una persona “sconosciuta” non per le proprie idee ma solo perchè, a torto o a ragione, è in carcere, è evidente che la sinistra non esiste più o comunque che si tratta di un’area ben distante dalla cultura politica essenza del nostro manifesto. Se a questo aggiungiamo le candidature dei leaders, che se eletti non andranno al Parlamento Europeo, ci rendiamo conto del perchè stanno crescendo esponenzialmente l’astensione e il disinteresse. La politica e i politici con la “P” maiuscola sono i grandi assenti, e si cerca di sopperire alla mancanza di idee e proposte con la personalizzazione e la sola immagine”. I risultati di queste elezioni saranno comunque un test sugli equilibri dentro e fuori i partiti. “Certamente e sarebbe naturale se questo fosse un test sulle proposte, sulle idee, sulle finalità e sulla condivisione dell’azione dei partiti. Ma purtroppo, per come si sono costruite le liste e per come si sta svolgendo la campagna elettorale, il vero obbiettivo nella maggior parte dei casi è solo ed esclusivamente quello di prendere voti per pesare di più o per salvaguardare la propria leadership. Altro che Europa e futuro del mondo”. Perché avete deciso di non dare indicazioni di voto? “Le indicazioni di voto le danno le forze politiche organizzate o i singoli, mentre i promotori di un manifesto trovano una convergenza elettorale solo se vi è una formazione che faccia propri in modo credibile gli auspici proposti. E purtroppo ad oggi non ci sono formazioni che assolvano a questo ruolo. Ovviamente si tratta di elezioni troppo importanti per non partecipare al voto e quindi l’appello è quello di recarsi alle urne, votando con coscienza per quelle formazioni e quei candidati che più di altri dimostrino e abbiamo dimostrato di avere davvero a cuore il futuro dell’Europa e del mondo. L’invito è a scegliere chi esprime buon senso, uso della ragione, valori forti, ma senza pregiudizi e posizioni puramente dogmatiche. Come abbiamo scritto nel nostro manifesto XGLU.IT, forze politiche e uomini animati dal senso di giustizia sociale, libertà e umanesimo socialista”. Ci sarà spazio dopo questa competizione elettorale per rilanciare il confronto sui punti del vostro manifesto? “Assolutamente sì. Dopo il 9 giugno si dovrà prendere atto, purtroppo, della grande astensione, soprattutto dei giovani, e non si potrà fare a meno di guardare alla costruzione di un nuovo modello sociale. Questo porrà la necessità di andare oltre le attuali formazioni politiche. Guardando al nostro Paese, si apriranno delle incolmabili crepe nella compagine di governo, che avrà vita breve. Le forze sociali, sindacati in primis, saranno tra i primi a sollecitare il superamento o la rivisitazione delle formazioni politiche esistenti, non più all’altezza delle grandi sfide che ci attendono. E’ giunto il tempo, di costruire una grande formazione politica, che ispirandosi appunto ai valori di giustizia sociale e libertà, ed animata da un forte e consapevole umanesimo socialista, si candidi a governare il presente nell’ambito di un progetto …

FASCISMO E PIAZZA DELLA LOGGIA

di Franco Astengo | Ricordare, a 50 anni di distanza, l’attentato di Piazza della Loggia deve rappresentare un impegno di grande importanza nell’attualità. Lo scopo di mantenere la memoria deve essere quello di combattere sempre e comunque il revanscismo fascista. Il revanscismo fascista è tornato come forza di governo con comportamenti, atteggiamenti, linguaggio davvero di altri tempi che molti si erano illusi non ritornassero più. Invece ci troviamo di fronte davvero ad una mala pianta che dobbiamo combattere oggi come allora, come avvenne negli anni’70 quando lo stragismo rappresentò una pericolosissima presenza costante nelle vicende italiane: a partire dalla prima strage, quella fondamentale di vera e propria “svolta” rappresentata, il 12 dicembre 1969, dagli ordigni esplosi nella Banca dell’Agricoltura a Milano. All’epoca era l’Italia che cercava una via faticosa e complessa di crescita della democrazia nell’attuazione ancora non compiuta della Costituzione Repubblicana: Costituzione poi messa in discussione varie volte nel corso degli anni e che oggi è nel mirino della destra che punta a modificare la forma di governo per assecondare le proprie pulsioni di visione personalistico – autoritario. Il 12 maggio di quello stesso anno 1974 il voto popolare aveva sancito il diritto al divorzio: una legge di civiltà verso la quale si erano scatenati i corifei del clerico – fascismo poi pesantemente sconfitti nelle urne. Le stragi dovevano servire a fermare quel processo di avanzamento popolare e, in verità, alcuni di quegli scopi reconditi furono raggiunti: tanto è vero che in epigrafe di questo testo abbiamo già scritto del presentarsi, oggi, di forme di vero e proprio revanscismo fascista. Torniamo però al ricordo di quella tragica giornata: L’orologio segnava le 10:12 del 28 maggio 1974 quando un’esplosione scuoteva Brescia. Una bomba era esplosa in pieno centro città, precisamente a piazza della Loggia mentre era in svolgimento una manifestazione sindacale contro il terrorismo fascista. Il terrorismo neofascista in quel momento colpiva ancora una volta in Italia. La bomba era stata nascosta in un cestino dei rifiuti e fu fatta esplodere al passaggio del corteo. Otto le persone che persero la vita: tra di loro due operai, cinque insegnati e un pensionato che nella sua vita era stato anche partigiano. Il processo per quanto riguardò quella strage fu molto lungo anche a causa di alcuni depistaggi come di consueto in casi del genere. Al termine delle indagini, fu accertato che l’attentato era stato opera del gruppo neofascista dell’Ordine Nuovo. La condanna definitiva all’ergastolo per Tramonte e Maggi è stata emessa nel 2015. Ricordando la tragedia di Piazza della Loggia vale la pena rammentare come proprio negli stessi giorni del maggio 1974 Savona iniziasse a sperimentare il peso degli attentati fascisti che proseguirono nel tempo fino ai primi mesi del 1975: attentati contrastati con grande efficacia da una mobilitazione di vigilanza popolare che rimane come esempio di coraggio civico e di una stagione di grande partecipazione popolare. Per non dimenticare mai e per combattere sempre il fascismo in qualsiasi veste esso cerchi di mascherarsi. SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

ELEZIONI EUROPEE 2024

L’Ufficio di Presidenza del 21 maggio ha deliberato per le prossime elezioni europee, il seguente comunicato: Socialismo XXI, pur non riconoscendosi con le forze politiche in campo, non funzionali ai nostri obiettivi, ritiene il voto per le prossime europee fondamentale per salvaguardare il progetto europeo da una destra radicale, che mette in discussione l’esistenza stessa dell’Europa e delle sue istituzioni.Il voto è l’unico strumento per fermare una destra sovranista che minaccia la democrazia e il futuro della nostra Europa. Pertanto, è necessario esercitare il diritto di voto affinchè il disegno politico disgregativo messo in atto dalle destre europee non possa trovare alcuna realizzazione e per costruire un’ Europa che vada oltre l’Euro e l’Unione monetaria e bancaria. Una entità politica forte ed autonoma in un contesto economico sano, concorrenziale e competitivo, rispettoso dell’ambiente, e con politiche comuni. L’assenza di forze politiche compatibili con le nostre finalità, la mancanza di una forza politica di ispirazione SOCIALISTA che stiamo cercando di costruire in Italia, non possono allontanarci dall’esercizio del voto per l’importanza che rivestono queste elezioni europee. Libertà di voto, ma votare, orientando e circoscrivendo il consenso ad un perimetro politico compatibile con i nostri valori e verso forze politiche che si riconoscano senza equivoci nel centro sinistra.Un voto per l’Europa.Un voto per la Democrazia. Il Presidente Luigi Ferro SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

FIDUCIA E PREMIO DI MAGGIORANZA

Da Wikipedia: Fiducia Nell’ordinamento italiano, la cui forma di governo è definita “parlamentare a debole razionalizzazione”, l’esistenza di un determinato esecutivo è strettamente vincolata all’ottenimento della fiducia da parte del Parlamento della Repubblica, unico organo titolare del potere legislativo e legittimato dal mandato popolare, espresso attraverso libere elezioni. In seguito alla nomina ricevuta dal Presidente della Repubblica, il nuovo Presidente del Consiglio dei ministri della Repubblica Italiana è tenuto a chiedere a ciascuna delle due camere (Camera dei Deputati e Senato della Repubblica) la fiducia: all’approvazione della mozione di fiducia è legato lo stesso ingresso del Governo nei suoi pieni poteri. Il meccanismo del voto di fiducia è sancito dall’art. 94 della Costituzione. Entro dieci giorni dalla sua formazione, il Governo deve presentarsi alle Camere per il voto di fiducia, che viene espresso tramite mozione motivata e votata per appello nominale. Queste ultime due disposizioni hanno un preciso scopo: quello di creare una stabile maggioranza politica. L’obbligo di motivare la mozione fa sì che i vari gruppi si impegnino, se favorevoli, a sostenere il Governo in modo stabile. La votazione a scrutinio palese serve a far sì che i vari parlamentari si assumano la responsabilità politica personale di sostenere il Governo.[4] Premio di maggioranza A seconda delle peculiarità dei sistemi elettorali che prevedono il premio di maggioranza, questo può essere attribuito alla lista o coalizione vincente in tutti i casi oppure soltanto al verificarsi di certe condizioni, quali ad esempio il raggiungimento di una certa percentuale di voti. Una clausola siffatta ha lo scopo di mitigare la distorsione della volontà degli elettori insita nell’attribuzione del premio. Sentenza 1/2014 della Corte Costituzionale Nel vigente sistema elettorale proporzionale, il premio di maggioranza, (…), secondo la Corte, “è foriero di una eccessiva sovra-rappresentazione della lista di maggioranza relativa, in quanto consente ad una lista che abbia ottenuto un numero di voti anche relativamente esiguo di acquisire la maggioranza assoluta dei seggi. In tal modo si può verificare in concreto una distorsione fra voti espressi ed attribuzione di seggi che, pur essendo presente in qualsiasi sistema elettorale, nella specie assume una misura tale da comprometterne la compatibilità con il principio di eguaglianza del voto”. Questo meccanismo, che si aggiunge alle previsioni in materia di soglie per l’accesso al sistema proporzionale di attribuzione dei seggi, pur finalizzato al “legittimo obiettivo di favorire la formazione di stabili maggioranze parlamentari e quindi di stabili governi” non solo compromette, ma addirittura, secondo la Corte, rovescia “la ratio della formula elettorale prescelta dallo stesso legislatore del 2005, che è quella di assicurare la rappresentatività dell’assemblea parlamentare”. L’effetto che ne deriva è quello di “una eccessiva divaricazione tra la composizione dell’organo della rappresentanza politica, che è al centro del sistema di democrazia rappresentativa e della forma di governo parlamentare prefigurati dalla Costituzione, e la volontà dei cittadini espressa attraverso il voto, che costituisce il principale strumento di manifestazione della sovranità popolare,secondo l’art. 1, secondo comma, Cost.”. Questo effetto è incompatibile non solo con l’art. 1 Cost., ma anche con l’art. 67 Cost. che configura le Camere come “sedi esclusive della rappresentanza parlamentare” titolari di funzioni esclusivamente proprie, tra cui quella di revisione costituzionale. In queste valutazioni la Corte inserisce la dirimente constatazione dell’assenza nella vigente legge elettorale di “una ragionevole soglia di voti minima per competere all’assegnazione del premio”: questa mancanza determina “un’alterazione del circuito democratico definito dalla Costituzione, basato sul principio fondamentale di eguaglianza del voto” stabilito dall’art. 48, secondo comma, Cost.. Infatti, nei sistemi proporzionali, gli elettori hanno “la legittima aspettativa che non si determini uno squilibrio sugli effetti del voto, e cioè una diseguale valutazione del “peso” del voto “in uscita”, ai fini dell’attribuzione dei seggi, che non sia necessaria ad evitare un pregiudizio per la funzionalità dell’organo parlamentare”. (…) In definitiva, secondo la Corte costituzionale, il legislatore nel perseguire discrezionalmente l’obiettivo di rilievo costituzionale della stabilità del governo del Paese e dell’efficienza dei processi decisionali in ambito parlamentare deve rispettare il vincolo del minor sacrificio possibile degli altri interessi e valori costituzionalmente protetti, quali la sovranità popolare, l’uguaglianza anche del voto, la rappresentanza politica nazionale. Dalla analisi dei testi sopra ricordati possiamo trarre queste implicite indicazioni: ● La vita del governo dipende dalla volontà delle Camere; ● Il premio di maggioranza nasce all’interno del meccanismo di elezione dei parlamentari; ● La stabilità e l’efficienza dell’esecutivo deve rispettare il vincolo del minor sacrificio della sovranità popolare, dell’eguaglianza del voto e della rappresentanza politica nazionale. Esaminiamo allora la proposta di revisione costituzionale alla luce di queste indicazioni, avendo altresì presente che le variazioni della Costituzione scritta pretendono l’osservanza dei principi, anche non scritti, insiti nella cultura e nello spirito costituzionale. Con la proposta di revisione della Costituzione viene a cadere la prima indicazione secondo cui “vita del governo dipende dalla volontà delle Camere” rovesciata nel suo contrario per cui è  “la vita delle Camere che dipende dalla volontà del governo”. Questo per due ragioni: a – secondo la nuova Costituzione la legge elettorale dovrebbe “assegnare un premio su base nazionale che garantisca una maggioranza dei seggi in ciascuna delle Camere alle liste e ai candidati collegati al presidente del consiglio”; ecco che allora la maggioranza nella Camere è strumentale al supporto dell’esecutivo decretandone la subalternità; b – sempre secondo la nuova Costituzione la sfiducia al presidente del consiglio eletto comporta lo scioglimento delle Camere, scioglimento che il Presidente della Repubblica deve eseguire senza alternative. Nel concreto l’eventuale dissenso della sovranità popolare, rappresentata dai suoi organi eletti, porta allo scioglimento delle Camere e all’azzeramento della sovranità popolare. La seconda indicazione secondo la quale “Il premio di maggioranza nasce all’interno del meccanismo di elezione dei parlamentari” è stravolto in modo inconcepibile; infatti il premio di maggioranza non viene determinato con meccanismi che partono dalle risultanze del voto espresso dagli elettori di Camera e Senato ma viene determinato dalle risultanze del contestuale voto per l’elezione del presidente del consiglio. La cosa è assurda se si consideri che un partito o una coalizione che alle camere prende ad esempio il 10% dei voti ma che avendo presentato un candidato alla presidenza del consiglio di indubbia fama e affidabilità …