COSTANTE MASUTTI

Nacque a Prata di Pordenone il 5 maggio 1890 da Giuseppe e Maria Polesel, in una famiglia di operai edili (aveva sei fratelli e due sorelle). Dopo aver frequentato i primi due anni delle scuole elementari, fu avviato al lavoro a soli nove anni di età, presso la fornace di Rivarotta di Pasiano. A quindici anni emigrò a San Gallo in Svizzera dove, subito dopo l’apprendistato, riuscì a farsi assumere nel 1906, come precoce operaio professionale. La sua adesione al socialismo avvenne negli anni successivi, quando poté pagare la quota al sindacato di mestiere dei gessatori e pittori. Prima della guerra si trasferì a Pordenone, sposando Teresa Gaudenzio. Dal matrimonio nacquero quattro figli: Angelo (a Pordenone nel 1915), Nella (nel 1918, durante la profuganza dopo Caporetto), Gisella (a Pordenone nel 1921, poco dopo la fuga del padre) ed Otello (a Parigi nel 1924). Nel dopoguerra M. diventò il segretario della Lega degli edili di Pordenone, aderente alla Federazione impiegati operai edili (FIOE): era la più forte organizzazione della Camera del lavoro del Friuli. Fu protagonista di numerose agitazioni degli edili disoccupati, della creazione di cooperative di lavoro e della realizzazione di lavori arbitrari, gli “scioperi a rovescio”. Professavano idee socialiste anche i fratelli Giovanni (nato nel 1887), Antonio (1888), Olivo (1896) e Vittorio (1902). Tutti furono operai migranti: Giovanni a Torino come operaio Fiat e facchino d’albergo (portando con sé la madre), Olivo pure a Torino in una fonderia Fiat, mentre Vittorio emigrò in Belgio nel 1923 ed Antonio in Argentina nel 1922; la sorella Angela (1894) era invece suora presso un convento di Gorizia. Nell’ottobre 1920 M. fu eletto al consiglio comunale nelle file della maggioranza socialista. Aderente alla scissione comunista, M. partecipò alle “barricate di Torre” del maggio 1921. L’8 giugno successivo, nel corso di una imboscata tesagli dai fascisti a Prata, M. uccise il capo degli squadristi, Arturo Salvato, e fu quindi costretto a darsi alla clandestinità. M. fu dapprima incaricato dalla FIOE di dirigere il sindacato in Sudtirolo e Trentino; una volta scoperto, espatriò insieme con Pietro Sartor. Dopo un periodo passato in Svizzera ed in Belgio, nel 1922 si trasferì in Francia con la famiglia, alternando l’attività di impresario edile, svolta sotto falso nome, a quella di organizzatore della categoria per il Parti communiste français (PCF). Scoperto e costretto nuovamente all’espatrio dieci anni dopo, si trasferì nuovamente con la famiglia in Unione Sovietica, dove fu impegnato come lavoratore specializzato in importanti lavori edili, ricevendo anche pubblici riconoscimenti come “stakhanovista”. Qui il cognome dei Masutti divenne “Garatti”. Nel 1933 la figlia Nella conobbe e sposò un giovane comunista torinese, Emilio Guarnaschelli, ucciso in seguito alle repressioni staliniane (grazie all’impegno di Nella Masutti, il carteggio di Guarnaschelli diventò più tardi la prima testimonianza di ampio respiro sulle vittime italiane delle repressioni staliniane). M. iniziò a quel punto un difficile percorso per non cadere anch’egli vittima delle “grandi purghe”, riuscendo infine a ritornare in Francia nel 1937. Qui diventò un riferimento per la dissidenza trozkista, ritornando a tessere i contatti con gli antichi compagni socialisti in esilio. Nell’immediato secondo dopoguerra, M. ritornò a Pordenone, guidando la riorganizzazione del Partito socialista italiano fino al 1949. Nel 1948 fu anche candidato al Senato per il Fronte popolare nel collegio di Pordenone. Nel 1949 ritornò a Parigi, dove divenne segretario della sezione e successivamente della federazione del PSI, dedicandosi al lavoro di assistenza agli emigranti italiani. Morì a Parigi il 12 ottobre 1960. Fonte: www.dizionariobiograficodeifriulani.it

LA NATO E L’EUROPA

Alcune cose di questa riunione a Washington della NATO mi lasciano decisamente perplesso, anzi mi preoccupano per le prospettive che questo patto atlantico sta mettendo a fondamento non della difesa e della pace, ma a una politica di imperialismo, tanto più preoccupante perché guidata da un paese come gli USA in evidente perdita di egemonia dove tra l’altro, come dice Federico Rampini, a novembre si potrebbero scontrare per le elezioni presidenziali da una parte un deficiente e dall’altra un delinquente. Primo punto riarmo su tutti i fronti, innalzamento delle spese militari dal 2 al 3% del PIL. L’incapacità dell’Europa di porsi come soggetto economicamente e politicamente rilevante, ne determina la crescente perdita di credibilità e la crescente sottomissione a livello di colonia. In economia il famoso protocollo Draghi incentrato sulla necessità di investire come Europa 500 miliardi l’anno per difendere la nostra posizione economica dall’espansionismo USA e Cina, è il grido di allarme che l’inetta Europa sarà incapace di ascoltare, mentre, Giorgia Meloni in testa, promettiamo di aumentare lo stanziamento di bilancio per le armi. Il povero Giorgetti cerca di far intravvedere la nostra capacità di fare un bilancio che sani deficit e riduca il debito, ma la presidente del consiglio ai miliardi necessari per prorogare il cuneo fiscale, attenersi alle norme europee su deficit e debito, non fa altro che aggiungere miliardi per fornire armi all’Ucraina. A parte il fatto che la nostra Costituzione indica la strada della trattativa alla logica ripudiata della guerra, queste scelte aggravano il costo che ogni giorno, dalla spesa al mercato, dal mutuo di casa, dall’inflazione insoluta stiamo pagando per questa politica verso l’Ucraina tesa ad una vittoria impossibile che riscontra ogni giorno di più una escalation senza fine. Risultato, un deterioramento della economia europea a favore dell’espansionismo USA che trova il suo vangelo nell’Inflation Reduction Act altrimenti detto l’IRA di Biden. Secondo punto. La NATO prevede all’art. 5 che se un paese NATO è assalito da un paese terzo (ad esempio guarda caso la Russia) tutti i paesi NATO devono correre in aiuto all’alleato assalito. Ma se la NATO permette ad un paese membro (ad esempio la Polonia) di colpire un paese terzo e questo paese terzo reagisce all’attacco, perché gli altri paesi NATO dovrebbero correre a difendere l’assalitore? Ma ieri si è deciso di piazzare entro il 2026 (quindi una cosa programmata a medio termine) missili a lunga gittata in Germania come deterrenza nei confronti della Russia. Povera Germania, ancora ammutolita dal fatto che l’alleato gli ha distrutto due gasdotti (il nord stream one e il nord stream due) che permettevano grazie al gas russo di non pagare dazi all’Ucraina e di sostenere le sue ambizioni mercantilistiche. Mancando quel gas la Germania entra in recessione e trascina su questo versante anche il paese (il nostro) che tanto esporta a supporto della produzione tedesca. Questo militarizzazione culminante nella nomina della Kallas a responsabile esteri europea, questo insistere per l’ingresso dell’Ucraina (ben lontana dall’avere un minimo di requisiti necessari all’ingresso) nella NATO, queste esercitazioni della NATO in terreno ucraino già prima del 2022 sono sintomi della ricerca di una nuova guerra fredda che pur aveva conosciuto rapporti migliori. Bisogna riconoscere che l’azione di Berlusconi aveva creato a Pratica di Mare un clima che poteva portare ad un rafforzamento sensibile dell’Europa. L’azione di Clinton che ha sollecitato e convinto molti paesi ex sovietici a entrare nella NATO è sfociata in una avanzata dei confini della NATO a est (fino a lambire la Russia) disconoscendo tutte le riassicurazioni date. Sono sintomi di colonizzazione del nostro territorio. Terzo punto. Ma il vero nemico degli USA è la CINA, la Russia ormai è un catorcio di paese. Il vero obiettivo degli USA sta nel Pacifico, è là che si prospetta il vero confronto tra due entità che tra l’altro hanno già creato aree monetariamente divise e conflittuali: dedollarizzazione e BRICS. Ebbene non c’è da chiedersi perché a questa riunione NATO a Washington sono stati invitati il Giappone, la Corea del Sud, l’Australia e la Nuova Zelanda? Cos’è questa orientalizzazione della NATO? Che c’entriamo noi con le mire imperialiste degli USA? Perché questo continuo provocare Pechino su Taiwan? Perché la visita di Nancy Pelosi a Taiwan? E noi ci vogliamo far coinvolgere in questa operazione? A quanto pare abbiamo inviato in quei mari la nostra portaerei Cavour. E’ un caso o un atto di atlantismo esagerato?

ILVA: LE PROBLEMATICHE TRASCURATE ED I RISVOLTI ODIERNI

Storia vissuta ILVA e attuale ancora oggi 5 luglio 2024 , Peggiorata con ulteriori 4.400 cassa integrati. L’Ilva, in origine “Italsider” è un azienda che nasce con una logistica errata già dalle sue fondamenta. Gli impianti vengono costruiti frettolosamente su un area pianeggiante, scelta appositamente sul mare e che finisce a ridosso della città. L’impianto sotto controllo del comparto siderurgico Finsider, viene inaugurato con orgoglio nel 10 Aprile del 1965 dal Presidente della Repubblica Saragat. L’azienda garantirà all’Italia due terzi del fabbisogno nazionale di acciaio. L’ubicazione nel Mezzogiorno, afflitto dalla povertà più assoluta e dalla disoccupazione, viene scelta con la cinica consapevolezza di reperire facilmente manodopera. Il territorio di Taranto in nome dell’occupazione e nel sogno di uno sviluppo ai fini di un riconoscimento nazionale come polo industriale, rinuncia per sempre ad un area naturalistica e paesaggistica che sarà lesa e tradita nelle aspettative di occupazione, paventate in origine. L’Italsider è uno degli investimenti più convenienti mai realizzati per un ampliamento industriale. Essa costituì un prolungamento degli esistenti impianti di Piombino e Vado Ligure. I numeri dell’area compresa, sono impressionanti: vanno tra la Statale 7 Via Appia, la superstrada Porto-Grottaglie, la strada Provinciale 49 Taranto-Statte e la Provinciale 47, una superficie di 15.450,000 mq. un estensione che doppia la città, un mostro di capannoni, ferraglia e parchi minerali: 12 batterie di forni, 5 altiforni, 2 impianti di agglomerazione minerale, 2 acciaierie, 5 colate continue a 2 linee per bramme, 2 treni nastri di laminazione a caldo, 2 decapaggi ad acido cloridrico, 1 decatreno, 1 impianto di rigenerazione di acido cloridrico con 3 forni di arrostimento, 1 linea di elettro zincatura. Paradossalmente è proprio a ridosso del siderurgico che si sviluppa l’area con la più forte densità di famiglie di operai, “la Zona Tamburi” in quanto gli stessi trovavano comodo l’accesso alla fabbrica, quando all’inizi degli anni ’70 erano del tutto sconosciuti gli effetti dell’inquinamento. E’ questo il “quartiere simbolo”, in cui si svilupperà un forte degrado di salute e vivibilità. Oltre al danno ambientale, causato dall’inquinamento e dalle emissioni incontrollate, si sono sempre distinte scarsissime condizioni di sicurezza ed incuria, sia durante la costruzione dell’impianto che nel ciclo della lavorazione delle materie prime, che ha visto falcidiare tragicamente migliaia di vite, per la mancata automazione iniziale degli impianti, per la quale molti lavoratori hanno pagato con la vita. Negli anni in questione, furono proprio tali disumane condizioni a spingermi ad entrare nell’esecutivo di fabbrica, di ambiente e sicurezza, come “rappresentante sindacale”. Furono numerose le denunce in Procura nel 1987 presso l’allora Pretore Sebastio, per il degradante stato lavorativo e per l’alto numero di “morti bianche”. Tali e tanti esposti che per il pressing effettuato ed il fastidio arrecato “all’apparente buon nome dell’azienda”, subì la ritorsione del licenziamento, revocato esclusivamente per il forte supporto dei lavoratori, che cominciarono finalmente a maturare in quel frangente storico, la cultura del “diritto lavorativo”. La vita degli operai inoltre, non veniva tutelata, ma anzi lesa dalle male gestioni. L’Italsider ha inghiottito vite e ambiente della citta di Taranto e la salute dei suoi abitanti per un area vastissima che coinvolge anche la sua provincia, peggiorando la situazione con la privatizzazione avvenuta nel 1995, quando con la gestione Riva, la fabbrica venne ceduta satura di problematiche stratificate, oramai all’apice del suo impatto ambientale. Una mossa politica furba da parte dello Stato, che dopo aver depauperato le risorse della città, scaricava il fardello nelle mani dei privati. Il mancato piano di reinvestimento sul risanamento del territorio, complice una politica locale inerte e corrotta e quella nazionale cieca ed irresponsabile, oggi il caso ILVA è esploso con tutta la sua drammaticità a seguito delle denunce dei Periti della Repubblica per la grave situazione Sanitaria di Taranto, evidenziate da prove scientifiche inconfutabili, come “disastro ecologico”. Omissioni perpetrate per 50 anni, “da me segnalate assiduamente” a personaggi autorevoli che sono intervenuti negli incontri, congressi e convegni, anche presso la camera dei deputati, quando nel 2000 come presidente del Comitato Consultivo dell’ INAIL si lottava per il “riconoscimento dell’indennità” sul mesotelioma pleurico, causato dalla forte presenza di amianto nello stabilimento. Oggi abbiamo una perizia epidemiologica pari ad un bollettino di morte. L’esposizione continua agli inquinanti, liquidi, polveri ed emissioni atmosferiche hanno causato nella popolazione fenomeni degenerativi di diversi apparati che si traducono in: mortalità per patologie respiratorie, asma aggressivo sui bambini, tumori in età pediatrica, tumori maligni dello stomaco, della laringe, del polmone di reni e vescica, leucemie e linfomi, malattie neurologiche, senza dimenticare l’alto tasso di diossina, negli esseri viventi come nel latte materno delle neo mamme, e i valori spropositati presenti negli animali, caprini, ovini recentemente abbattuti con un decreto e nei pesci e mitili, di cui viene smantellato l’allevamento nel mar piccolo, altamente inquinato. Per i motivi sopracitati il 26 luglio 2012 il GIP di Taranto dispone il sequestro senza facoltà d’uso dell’area a caldo, i parchi minerali, le cokerie, l’area di agglomerazione, altiforni ed acciaierie, con arresto disposto per Emilio Riva e il figlio Nicola Riva ed altri vari dirigenti. L’accusa è “gestione con volontà inquinante perpetrata coscientemente e sulla volontà della logica del profitto, calpestando le più elementari regole di sicurezza”. Oggi in queste condizioni disperate, diverse ipotesi vengono avanzate, da una parte quella dei GIP di bloccare tutta la produzione per demolire bonificando e ricostruire un’azienda che abbia caratteristiche legali di compatibilità ambientali e mano al portafoglio dell’ILVA, spetta tutto all’azienda il risanamento, sotto il profilo economico, visti gli introiti ricavati da una popolazione che ha pagato e paga con il prezzo della vita. Attualmente questa proposta, viene purtroppo strumentalizzata dalla stessa azienda “per intimidire” la magistratura e l’opinione pubblica, ma soprattutto gli operai, che mal rappresentati, si lasciano andare a scontri ideologici con altri gruppi di pensiero, presenti altresì numerosi nella popolazione. E’ necessario oggi più che mai evitare queste spaccature sociali e garantire un supporto economico e progettuale realistico e coscienzioso, affinchè i fondi stanziati dallo Stato, nella persona del Ministro Durso siano nettamente superiori a quelli proposti, sinceramente inadeguati per disporre …

FINANZIARE LA SPESA PUBBLICA

Lo Stato sociale tende a diminuire le differenze e disuguaglianze reddituale dei cittadini fornendo pubblici servizi, tra cui fondamentali la scuola e la sanità, con prezzi non determinati dal meccanismo del libero mercato. Il finanziamento della spesa pubblica è finanziata dalle imposte che, come recita la Costituzione, sono informate al principio di progressività. L’ossimoro dei programmi politici dei partiti consiste nel promettere più servizi e meno imposte (volgarmente il motto berlusconiano “meno tasse per tutti), è evidente che maggiori servizi richiedono maggiori imposte, anche se una maggior efficienza del servizio pubblico (il corrispondente della produttività nell’economia produttiva) e una maggior equità nel sistema fiscale potrebbero, congiuntamente, realizzare, almeno in parte, quella contraddizione. Nella realtà, invece, si assiste a minor efficacia dei servizi (pensiamo alle liste di attesa) e peggioramento del disservizio fiscale. E’ su questo secondo aspetto che vorrei approfondire l’analisi al fine di fare della LOTTA FISCALE il punto uno di un programma politico. Di fronte ad un principio costituzionale che indica l’imposizione progressiva su tutti i redditi che determinano la capacità contributiva, abbiamo i seguenti maggiori elementi che rendono il sistema fiscale iniquo e discriminante: ● Evasione fiscale: si aggira sui 90 miliardi di € annui che sfuggono a contribuire al gettito fiscale. Il lavoro autonomo fa registrare una evasione di circa il 65%. ● Il lavoro autonomo che non evade, gode di una tassazione con una flat tax del 15% (o del 5% per i primi 5 anni delle nuove attività) nel caso di un fatturato fino a 85.000€. Per esempio per un professionista che fattura 80.000€ si calcola un reddito pari al 78% ovvero pari a 62.400€ su cui si paga il 15% ovvero 9.360€. Per un lavoratore dipendente o un pensionato che ha un reddito di 62.400€ si paga l’Irpef e le addizionali regionali e comunali per un importo di oltre 20.000€. Inoltre quando un soggetto che opta per la flat tax ha raggiunto gli 85.000€ di fatturato trova un nuovo cliente e quindi un nuovo fatturato che portandolo al di là del massimale cui applicare la flat tax (con un fatturato di 85.001€ si passa da 9.360€ di flat tax a 20.000€ tra Irpef e addizionali) che fa? Rinuncia al lavoro? Evade? Non serve se fa aprire al figlio o a un collega una nuova partita iva che paga una flat tax del 5% per i primi 5 anni. ● Il lavoratore autonomo che fattura più di 85.000€ e che quindi paga con la progressività di imposta come il lavoratore dipendente o il pensionato, c’è un nuovo regalo. Sul reddito dichiarato in più rispetto all’anno precedente invece di pagare l’aliquota marginale del 43% si applica la flat tax incrementale per cui paga il solo 15%. ● Alcuni redditi invece di pagare l’Irpef e le addizionali, pagano una imposta sostitutiva che per le locazioni immobiliari è del 21% ridotta al 10% in caso di locazioni concordate; per i redditi da capitale la tassa fissa varia tra il 12,5% al 26%. ● I redditi sui fabbricati sono basati su dati catastali decisamente iniqui, tali da generare entrate fiscali ridicole e discriminatorie. Il governo Draghi ne aveva tentato una revisione che anche quando assicurò che non avrebbe avuto conseguenze fiscali ma statistiche, fu bocciata senza indugio. ● Oltre all’evasione e all’iniquità dobbiamo rilevare il fatto che anche se i redditi sono dichiarati, così come abbiamo visto, c’è una enorme incapacità del fisco di riscuotere quanto dovuto. Ciò non succede certo per i lavoratori dipendenti e i pensionati cui il sostituto d’imposta trattiene da stipendio o pensione quanto dovuto all’erario. Per gli altri contribuenti il non incassato si aggira sui 1.000 miliardi cumulati dall’inizio del secolo, con poca speranza di poterne recuperare qualcosa di significativo. Per affrontare la situazione questo governo ha preso due provvedimenti: a) il contribuente che non ha fondi per pagare le imposte, può chiedere una rateizzazione in dieci anni (cosa che il dipendente o il pensionato non può fare); b) dopo 5 anni i crediti fiscali vanno in prescrizione e sono persi per sempre. A settembre, in occasione della legge di bilancio abbiamo il problema della fiscalizzazione del cuneo fiscale ed il rispetto della nuova legge europea di stabilità. Sono decine di miliardi di euro che dobbiamo trovare o riducendo i servizi o innalzando le imposte o facendo le due cose in contemporanea. Non vedo nessun partito (ed in particolare quelli al governo) in grado di prendere questi provvedimenti. L’eliminazione della flat tax, oltre a essere assolutamente contraria al programma di governo che voleva estenderla a tutti i redditi, farebbe perdere grosse quote di elettorato. L’unica soluzione che posso anticipare è il ritorno ad un governo tecnico; un ritorno a Monti o all’uomo del trolley, Cottarelli.

OGGI INSORGEVA GENOVA: NON DIMENTICARE MAI

di Franco Astengo | Il 30 Giugno 1960 Genova scendeva in piazza e in piazza della Vittoria “u brichettu” Sandro Pertini spiegò che era necessario respingere il tentativo fascista di svolgere il proprio congresso nella città medaglia d’oro della Resistenza: seguirono giorni di grande tensione e mobilitazione popolare in tutto il Paese, con una forte repressione poliziesca: vi furono 5 morti a Reggio Emilia, a Roma i carabinieri a cavallo caricarono i partecipanti a una manifestazione antifascista a Porta San Paolo ferendo deputati comunisti e socialisti, vi furono altri morti a Palermo e a Catania. Alla fine di quei giorni convulsi la democrazia vinse e il governo Tambroni fondato sull’alleanza tra democristiani e fascisti fu costretto alle dimissioni e si aprì, per il nostro Paese, una pagina nuova. Oggi nel momento in cui all’interno del partito di maggioranza relativa come ha lucidamente denunciato Liliana Segre si elevano inni al fascismo e si fa professione di antisemitismo non dobbiamo dimenticare quegli episodi . Siamo davanti al frutto di vent’anni di sistemi elettorali fondati sul “maggioritario”, della distruzione dei partiti politici e dei corpi intermedi, dello svilimento di ruolo del Parlamento, di una feroce gestione del ciclo da parte del neo-capitalismo globalizzato in un vero e proprio delirio di finanziarizzazione, in conclusione del quale le condizioni materiali di vita dei ceti popolari, il complesso dei diritti sociali, il mondo del lavoro hanno subito colpi durissimi. Mentre ormai la politica è fatta di costruzione del consenso in precedenza all’espressione di contenuti, al punto da assomigliare molto a come si muoveva la macchina della propaganda del ventennio e si pensa di costruire il “Partito Unico della Nazione” si sta realizzando, attraverso le riforme costituzionali una vera e propria svolta. A partire dalla raccolta di firme per il referendum sull’autonomia differenziata serve subito la messa in campo di una forte opposizione sociale e politica, non può – sotto questo aspetto – essere perso altro tempo: la sinistra di alternativa e di opposizione deve ritrovare subito una propria identità e una propria autonoma capacità d’iniziativa: l’esempio del Luglio ’60 allora non dovrà essere, in questa occasione, un semplice richiamo al passato ma un modello cui richiamarsi. Occorre creare le condizioni per una forte tensione sociale cui collegare una altrettanto decisa prospettiva politica. Occorre un’opposizione consapevole del fatto che, anche adesso, prima di tutto è in gioco la democrazia.

ALL’ONOREVOLE ANTONIO COSTA PRESIDENTE DEL CONSIGLIO EUROPEO

Roma, 29 Giugno 2024 Caro compagno Antonio Costa, siamo molto felici del tuo nuovo ruolo nell’Unione Europea e siamo convinti che la tua esperienza e le tue idealità socialiste ti faranno svolgere il ruolo stesso in modo nuovo, riconoscibile, utile.             Ti abbiamo applaudito dopo il tuo intervento al Congresso di ROMA del PSE il 2 marzo scorso. Eravamo invitati e presenti, pur non essendo membri del PSE poiché la nostra organizzazione è un’ Associazione e non un Partito, e abbiamo condiviso l’entusiastica particolare accoglienza che ti ha rivolto in piedi il Congresso.             La nostra Associazione SOCIALISMO XXI è nata per formare in Italia un nuovo Partito Socialista e sta lavorando in questa direzione.             Ci preoccupa molto lo sviluppo delle guerre. Non abbiamo apprezzato le continue dichiarazioni del tuo predecessore fatte come se fosse il comandante in capo do un esercito in guerra.             L’aggressione della Russia all’Ucraina non può risolversi sul piano militare ma deve essere messa in campo un’iniziativa di armistizio e di pace.             Gli aiuti dati giustamente al Paese aggredito non devono esaurire l’azione dell’Unione Europea. Una proposta di tregua, di armistizio, una conferenza internazionale di pace dovrebbero essere i temi all’ordine del giorno. L’Unione Europea è carente.             Tu sai quanto i popoli abbiamo bisogno di pace.             Contiamo su una tua azione nella direzione che abbiamo indicato.             Ti auguriamo buon lavoro ed inviamo fraterni saluti. Il Presidente Luigi Ferro IN PORTUGUÊS Roma, 29 Giugno 2024 Ao Honorável ANTONIO COSTA Presidente do Conselho Europeu Caro companero António Costa, estamos muito satisfeitos com o seu novo papel na União Europeia e estamos convencidos de que a sua experiência e os seus ideais socialistas o farão desempenhar o papel de uma forma nova, reconhecível e útil. Aplaudimo-lo após o seu discurso no Congresso do PSE em Roma, no dia 2 de março. Fomos convidados e presentes, apesar de não sermos membros do PSE, visto que a nossa organização é uma Associação e não um Partido, e partilhámos o particular acolhimento entusiástico que o Congresso lhe estendeu em pé. Nossa Associação SOCIALISMO XXI nasceu para formar um novo Partido Socialista na Itália e está trabalhando nessa direção Estamos muito preocupados com o desenvolvimento das guerras. Não apreciámos as constantes declarações do seu antecessor, feitas como se ele fosse o comandante-em-chefe de um exército em guerra. A agressão da Rússia contra a Ucrânia não pode ser resolvida a nível militar, mas deve ser implementada uma iniciativa de armistício e de paz. A ajuda justamente prestada ao país atacado não deve esgotar a acção da União Europeia. Uma proposta de trégua, de armistício, de conferência internacional de paz deveriam ser os temas da agenda. A União Europeia está em falta. Você sabe o quanto nós, pessoas, precisamos de paz. Contamos com a sua ação na direção que indicamos. Desejamos-lhe um bom trabalho e enviamos saudações fraternas. Presidente Luigi Ferro

UNA ORGANIZZAZIONE SOCIALISTA DIFFUSA

Ho appreso la pratica volontà dei compagni Aldo Potenza, Luigi Ferro Presidente di SOCIALISMO XXI e di Vincenzo Lorè Responsabile nazionale della comunicazione, i quali consci di un intervento sull’inerzia per un innovativo corso politico hanno iniziato la costruzione di una struttura che divulga e illustra la conoscenza del socialismo e dei suoi uomini al tempo stesso hanno generato una organizzazione, la quale ha una finalità ben precisa: la ricostruzione di una forza socialista. L’Organizzazione è presente in tutte le regioni. Noi avvertiamo l’assenza della lettura, sui fatti e fenomeni della dinamica socio politica, dell’approccio socialista, eppure anche in Calabria non è lontano il periodo del modello socialista il quale tramite la programmazione oculata comprendente tutto l’intero territorio regionale ha determinato crescita e progresso. E’ necessario un ritorno a quel tipo di modello che parta dall’istruzione e formazione sviluppando un dinamismo che incide sul cambiamento. Negli ultimi tempi abbondano le promesse che si smentiscono appena dichiarate, si è persa la responsabilità del ruolo e della funzione che si svolge. Si restringe sempre più la partecipazione, siamo ancora al tutto deve cambiare per non mutare niente. Occorre coraggio, bisogna darsi da fare su livelli diversi per smuovere la stagnazione che rende arido il progresso e non concede sviluppo a chi non possiede già, sia economicamente che in rappresentanza, è indispensabile attribuire democrazia e rafforzarla per tutta la collettività se non vogliamo entrare in una fase dispotica del potere politico economico. Interessa partecipare, che si partecipi, solo così possiamo difendere la democrazia, interessa il quadro della rappresentanza politica legata al territorio, che l’espressione dello Stato sia la persona, sia il popolo, il cittadino, sia l’uomo antropologicamente inteso, chi agisce senza realizzare il progresso rappresenta il potere del controllo politico-economico e sono quelli che nascondono la realizzazione dei personali interessi prescindendo dalle necessità dei territori. Tale confusione dietro la quale in tanti si nascondono è una delle ragioni che frena l’aggregazione composita ed eterogenea di un modello unificante nelle forze progressiste in Italia. Tanti badano all’accattivante apparenza invece di cercare quanto esprime la società, la quale anela soluzioni e non apparenza. “Un uomo solo non arriva da nessuna parte se non la sua parte” che mai sarà quella della collettività perché pretende di essere sorretto nella personale manifestazione e non come persona che dà un contributo al miglioramento collettivo. Dalle lotte storiche dei lavoratori e suoi rappresentanti, le forze sociali libere e organizzate, tutti ritengono prioritario stare al passo coi tempi e quale riferimento migliore dell’Assemblea Costituente che ha generato le norme della Repubblica può raccogliere sinergicamente parti sociali e persone coraggiose impegnate nella realizzazione della legge costituzionale. Questo è il percorso per non lasciare indietro gli ultimi, nella pace, nel rispetto dei diritti inviolabili dell’uomo. Agiamo affinchè la responsabilità di governo delle istituzioni deve scaturire dal contributo plurale che rappresenta il territorio, che favorisce la trasparenza e costruisce il nuovo programmandolo prima e concretizzandolo. Tale agire è anch’esso forma di progresso civile e politico. PER TALI RAGIONI NON NECESSITANO BATTAGLIE DI BANDIERA MA RISOLUTIVE CONCRETEZZE. Noi vogliamo che le cose cambino, ci stiamo adoperando acchè si inneschi un agire dinamico avendo di mira crescita e progresso. Al cambiamento stanno partecipando anche le donne, il che arricchisce l’impegno manifesto fortificando la relazione tra cittadini e istituzioni nella centralità della personae della coscienza messe a fulcro dall’agire politico. Occorre in tale contesto opporsi fermamente alla disgregazione mascherata di buonismo alla cancellazione delle garanzie costituzionali, per le quali la maggioranza di governo e lo stesso Governo, invece di realizzarle con manipolazione e demagogia vuole cancellarle. Noi evidenzieremo che questa sciagura dell’autonomia differenziata è come se ci accorciasse la vita da quanto sarà stabilito chi ha già avrà di più, diranno noi versiamo di tasse più della Calabria e quindi utilizzeremo la quota corrispettiva a quanto versiamo, la Costituzione dice tutt’altro bisognerà unirsi per arginare la deriva democratica e lo stravolgimento della Repubblica. Cosi come per gli altri settori la sanità ecc ove già adesso come regione si versano tanti denari per servizi che nei nostri ospedali non sono fatti e invece di finanziare assunzioni e miglioramenti bisogna versare agli altri e magari versare alla sanità privata. Per non dire poi del possibile stravolgimento democratico della forma di Stato e di Governo che questa maggioranza ha in testa di realizzare. Abbiamo fiducia nel popolo noi saremo con esso contro la cancellazione delle garanzie costituzionali per realizzarle e non cancellarle. Vogliamo essere il fulcro, lo stimolo che risveglia le coscienze e intanto consideri e rappresenti chi sfiduciato non va a votare, chi non trova lavoro, chi lavora e paga troppe tasse, chi lavora e non giunge a fine mese. Vogliamo che si concretizzino i diritti per tutti come i doveri e le responsabilità dei ruoli rivestiti. I compagni di SOCIALISMO XXI CALABRIA lavorano ad una organizzazione unica nella quale coabitano tutti i socialisti e soggetti di area, le associazioni che operano nella società civile per dare forza e contributo al Tavolo Nazionale di Concertazione il quale ha ripreso i lavori a Roma nel gennaio 2023 per potere guardare oltre il presente prendendo a riferimento un programma politico democratico che nasce col contributo di tutti, dal basso, alimentato dalla radice, per rimarcare la giustizia sociale e le libertà, le garanzie costituzionali. Operare sulla stessa direzione nello stesso verso, unica organizzazione pluralità di posizioni di una sintesi. Non solo potenzialità, ma empirica forza e sostanza che rilanci il socialismo nelle istituzioni. Tutto quanto detto è supportato da una organizzazione nazionale alla quale si può attingere per approfondimenti dal portale web: www.socialismoitaliano1892.it e dalle pagine social SOCIALISMO XXI e SOCIALISMOITALIANO 1892. L’organizzazione è articolata anche con una pagina Facebook regionale. IN TUTTI I LUOGHI IN CUI SI VIVE BISOGNA PARTECIPARE A GARANZIA DELLA POLITICA E DELLA DEMOCRAZIA. *Alessandro Pacifico nato il 5/11/956 a di Roggiano Gravina, laurea in Sociologia conseguita a Sapienza di Roma con professori quali Bonzanini, Ferrarotti, De Masi, Statera già tutti consulenti ministeriali e di governi, ho svolto per un decennio una stretta collaborazione con l’indimenticato …

LA COSTRUZIONE DEL PARTITO SOCIALISTA NEL FRIULI OCCIDENTALE DALLA FINE DICIANNOVESIMO SECOLO ALLA DITTATURA FASCISTA

di Gigi Bettoli | La costruzione del Partito Socialista nel Friuli Occidentale dalla fine del diciannovesimo secolo alla dittatura fascista. La pianura. La pedemontana fra Livenza e Cellina. Scarica la tesi di laurea (poi edita con gli indispensabili indici dei nomi e dei luoghi dall’Istituto Friulano per la Storia del Movimento di Liberazione con il titolo “Una terra amara”) che realizza – mutilata per ragioni spazio-temporali della parte relativa a gran parte delle Prealpi Carniche, tutt’ora incompleta – il primo studio “complessivo”  sulla fase della storia del movimento operaio del Friuli occidentale, compresa tra la la costituzione delle prime organizzazioni socialiste e l’avvento del fascismo. La storia dell’area più sviluppata del Friuli, vista attraverso la vita amministrativa locale ed i dibattiti politici del socialismo friulano: Parte prima: dalla crisi di fine secolo alla Grande Guerra: LIBRO1 Parte seconda: nel vortice della guerra mondiale: LIBRO2 Pubblicato su: www.storiastoriepn.it

L’ECCIDIO DI MARZAGAGLIA (1° LUGLIO 1920)

Nella Foto la Masseria di Cesare Soria, a Marzagaglia di Ermando Ottani | Nel suo Uomini e caporali Alessandro Leogrande (2008), giovane scrittore pugliese collaboratore de “Il Corriere del Mezzogiorno”, individua un chiaro legame storico e un’attinenza politico-sociale tra lo sfruttamento dei braccianti pugliesi ai tempi dell’eccidio di Marzagaglia1 (1° luglio 1920) e le condizioni disumane dei “nuovi schiavi”, provenienti dall’Africa o dall’Europa dell’Est, che devono ancora oggi subire l’arrogante arbitrio dei “nuovi caporali” (sempre più spesso, della loro stessa nazionalità). Nel 2010 si è celebrato il 90° anniversario della strage di Marzagaglia ed è significativo che questa ricorrenza sia caduta in un periodo segnato da una crisi economico-sociale globale, di rilevante portata soprattutto per l’Occidente. D’altra parte, se dobbiamo riconoscere una certa correlazione nelle pratiche dello sfruttamento tra passato e presente, dobbiamo anche distinguere la natura, le cause strutturali e gli effetti politico-sociali della profonda crisi, che attanagliò tutta l’Europa nel primo dopoguerra, da quelli della crisi odierna. Questi due scenari di crisi, che pure hanno storicamente qualche importante elemento in comune, divergono sostanzialmente ad un’analisi più attenta delle cause e, soprattutto, delle ripercussioni a livello economico-sociale. La crisi che investì l’Europa intera nel corso del cosiddetto “biennio rosso” fu, certamente, più virulenta e rovinosa di quella odierna e costituì un passaggio epocale che travolse sia le potenze uscite sconfitte dalla Grande guerra sia quelle che invece riuscirono a prevalere militarmente. Miseria, fame, disoccupazione e inflazione rappresentarono, soprattutto in Italia, i presupposti sociali di una crisi politica dello Stato e di legittimazione della vecchia classe dirigente liberale, già responsabile della disastrosa partecipazione al conflitto e delle sue nefaste conseguenze, incapace dopo di mantenere le “promesse della trincea”. Proprio nel biennio 1919-1920, la parola d’ordine della “terra ai contadini”, unitamente all’entrata in vigore del Decreto Visocchi-Falcioni2, declina in un ambiguo e pericoloso impasse applicativo. I dati della crisi diventano, poi, ancora più gravi per il Mezzogiorno che vive in condizioni di arretratezza economica e sociale più marcate rispetto a quelle del resto del Paese. In tale contesto, a parte il tributo di sangue3 che i braccianti e i contadini poveri pugliesi dovranno purtroppo versare direttamente “per Trento e Trieste”, tutti gli indicatori sociali della crisi post-bellica manifestano in Puglia impressionanti impennate, che fotografano la desolante realtà di miseria e disperazione delle masse popolari nelle campagne e nei centri rurali della regione. Ad esempio, a Gioia del Colle, il comune nel cui agro si trova la contrada di Marzagaglia, il tasso di mortalità infantile nel 1920 è di 149 bambini deceduti (di età compresa fra 1 giorno e 12 mesi) su mille nati vivi. Per rendersi conto della drammatica portata di questo dato, basta raffrontarlo a quello odierno di molti paesi africani, dove si è registrato il maggior numero di decessi di bambini al mondo. Ebbene, il tasso di mortalità infantile di Gioia del Colle nel 1920 supera di gran lunga quello che è stato registrato, a partire dal 20094, in molti paesi del continente africano, fra cui il Sudan, la Liberia, la Somalia, il Mali e il Ruanda. In effetti, la prima guerra mondiale come “guerra totale e di massa” aveva coinvolto ed inquadrato militarmente i contadini pugliesi, spingendoli per certi versi a sviluppare e a radicalizzare la loro maturazione politica in un impegno sempre più militante nelle organizzazioni socialiste e in quelle sindacali (in particolare, in quelle di base, come le leghe proletarie ex-combattenti e le leghe dei contadini). In questo quadro, alla nuova coscienza di classe e civile si aggiungono due elementi amplificanti di matrice e segno opposti, ma convergenti: da un lato, le speranze di concreto miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro, suscitate nelle masse contadine pugliesi dalla promessa governativa di distribuire la terra ai contadini poveri ex-combattenti dopo la vittoria finale e, dall’altro, l’impulso esaltante che il successo della Rivoluzione d’ottobre nella Russia zarista ancora esercitava sulle classi subalterne nell’Europa Occidentale. A ciò si aggiunga anche il fatto che la piccola-media borghesia, che aveva fornito le risorse umane per costituire e sostenere i ranghi degli ufficiali e dei sottoufficiali nella Grande guerra, non è più disponibile “a tollerare lo strapotere economico dei ricchi proprietari e a subire passivamente le conseguenze della crisi economica del dopoguerra, caratterizzata da inflazione, aumento del costo dei generi di prima necessità e disoccupazione”. Anche nella realtà pugliese “tutte queste tensioni si riversarono nella vita politica, provocando la crisi della classe dirigente liberale e dello Stato in cui essa si era identificata” (Antonacci 1999, 52). D’altro canto, in Puglia più che altrove, è ormai evidente il divario tra sistema di potere, da una parte, e processi di cambiamento, nuova stratificazione e livello della conflittualità nella società civile, dall’altra. La classe dirigente pugliese, politicamente corrotta e irrigidita dal sistema delle clientele e dal ricorso alla violenza dei “mazzieri”, si rivela ad un certo momento incapace, sia nell’ordinaria amministrazione, sia in termini progettuali, di attrarre il consenso degli strati politicamente più attivi e dinamici della società e, allo stesso tempo, di riconoscere la fondatezza e la praticabilità di alcune rivendicazioni popolari. Conseguentemente, la nuova e radicale domanda di partecipazione diretta alla gestione del potere da parte delle masse popolari pugliesi troverà, soprattutto, espressione nelle nuove organizzazioni di base, da un lato, e nel partito socialista e nelle organizzazioni di classe, dall’altro. L’adesione di migliaia di braccianti, di piccoli coltivatori e coloni, di artigiani e falegnami, di muratori e spaccapietre, di mugnai e pastai, di elettricisti e ferrovieri, ecc. registra un notevole sviluppo, tra il 1919 e il 1920, sia per quanto riguarda le rispettive leghe, le camere del lavoro, le cooperative di consumo e l’Associazione nazionale dei combattenti5 (Anc), sia per quanto riguarda le organizzazioni del Psi o ad esso affiliate6. A fronte dei processi di diffusione e di rafforzamento del movimento proletario, il fondamento della struttura socio-economica dominante in terra di Bari rimane sempre e comunque il latifondo e la grande proprietà terriera, che vuole resistere a qualunque costo alla spinta delle lotte popolari e contadine. Nonostante la stragrande maggioranza …

LETTERA AL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

L’Art.74 Cost. rappresenta una funzione di controllo prima di promulgare la legge posta a garanzia del sistema democratico e costituzionale che la Legge Sulla Autonomia Differenziata compromette. Una legge che dissolve l’impianto democratico del nostro Paese e che cancella i valori della solidarietà e della coesione sociale. Una legge che manda in frantumi la tenuta di una intera comunità nazionale. Una legge dannosa che spinge il regionalismo verso modelli secessionisti. Una legge che non garantisce quei diritti civili e sociali (sanità, scuola, trasporti) che devono essere assicurati su tutto il territorio nazionale. Una legge che non definisce i Livelli essenziali delle Prestazioni. Una legge oggetto di scambio politico con l’altra riforma del premierato ancora in discussione. Una legge contro la quale la CEI e la Commissione Europea hanno espresso dubbi, perplessità, rilievi critici. Una legge contro la quale molti cittadini si sono mobilitati in questi mesi. La preghiamo di esercitare la Sua prerogativa costituzionale per salvaguardare l’assetto democratico ed istituzionale del nostro Paese minacciato dalla Legge Sulle Autonomie incoerente e non conforme ai principi fondamentali della nostra Carta dei Valori. SEGRETARIATO GENERALE DELLA PRESIDENZA DELLA REPUBBLICA Il Segretariato Generale della Presidenza della Repubblica ha ricevuto, attraverso il sito web, un messaggio all’interno del quale è indicato l’indirizzo di posta elettronica utilizzato per questa risposta. <noreply@quirinale.it>