UN SOGNO BUIO E APOCALITTICO

di Vincenzo Carlo Monaco – Coordinatore Socialismo XXI Sardegna | Ho sognato, l’altra mattina prima del risveglio per prepararmi ed andare a lavorare, ed ho aperto gli occhi, ho cercato la luce, quella che giunge dalla mia finestra all’alba. Ma quella luce non c’era, né nella stanza e né fuori. Uno strano buio. Non la luna, né l’albore di sempre, né la luce della mia lampada elettrica. È mancata la luce, forse un blackout. Ma che strano, anche il cielo è interessato dal blackout? Mi alzo sbattendo di qua e di là, mi lavo la faccia per svegliarmi come sempre, guardo fuori dalla finestra, buio, buio completo, neanche una stella. Mi vesto a memoria, una scarpa diversa dall’altra, ma mi vesto, prendo le chiavi ed apro la porta, e piano piano scendo le scale dal mio terzo piano, tastando il passamano in ferro per capire quando finiscono gli scalini ed eccomi nel lungo corridoio dell’androne che mi avvicina al portone.  Ho paura di aprirlo e rendermi conto che anche fuori è tutto buio. Apro ed è così, nessun bagliore, nessuna insegna accesa e neanche le lampadine del Corso, buio, buio assoluto.  A tentoni, toccando i muri conosciuti sino al vicolo ed alla piazzetta da sempre illuminata, buio, quell’intenso buio che amplifica la mia angoscia. Come si può vivere senza luce, come si può vivere senza almeno uno spicchio di luna e soprattutto senza l’atteso spuntare del sole che adoro quando disegna nel cielo capolavori di colori giocando con striature di nuvole macchiate di rosso, giallo e blu? Quei dipinti del cielo che mi piace imitare sulle mie tele quando l’ispirazione mi lega a quei miracoli del cielo e dei luoghi. Buio. Ed ora che faccio? Provo ad avvicinarmi alla macchina parcheggiata nella piazza più giù, dopo quegli scalini che ogni mattina presto scendo di fretta per non arrivare tardi al lavoro. Ecco, dopo un bel po’, riesco a trovare la macchina, anche perché spesso non mi ricordo dove l’ho parcheggiata. Provo ad aprire con la chiave e funziona, penso che fortuna, la mia auto non ha gli sportelli con apertura centralizzata. Entro ed inserisco la chiave ma nulla si accende, né il quadro e né le luci. E adesso che faccio? Sempre più buio. Nessun rumore, nessuna voce, dove sono finiti tutti? Cosa è successo? Un lampo, almeno quello si, nella mia memoria mi fa ricordare di essermi addormentato spossato ed angosciato nel  seguire ieri notte dal telefonino l’esplosione della tanto minacciata guerra nucleare che pur non volendo i governi del mondo, per un semplice errore, un gomito che involontariamente ha schiacciato quel maledetto pulsante rosso di cui tutti possedevano la chiave come se fossero i padroni dei destini del mondo e dei suoi cittadini ignari del vero rischio che stavano correndo negli ultimi mesi. Ma no, è impossibile che possa succedere, sicuramente i governanti troveranno un modo, pensavamo tutti, per far riscoppiare la pace anche se la pace completa nel mondo non c’è mai stata. Le guerre, bastava non vederle e soprattutto che non interessassero il paese in cui si viveva, negli altri paesi qualche motivo c’è sempre stato per giustificare le esplosioni distruttrici delle vite di tantissime persone e di ciò che le circondava. Interessi smisurati, risorse nascoste da acquisire per garantire lo sviluppo del resto del mondo civile, interessi di potere, necessari per garantire una vita agiata alla maggior parte dei cittadini del mondo e se non per tutti, pazienza. Peggio per loro che sono nati in quei luoghi dove scoppiano le guerre, questione di fortuna e non di semplice genetica. Ricordo con la lucidità del sogno, quegli annunci di continui lanci di missili nucleari che solcavano il cielo da una parte all’altra del mondo come scie di stelle cadenti che stelle non erano. Le immagini provenivano da tutte le emittenti che ancora potevano diffonderle perché in alcuni continenti tutto era ormai finito, non c’erano neanch dei fotoreporter che potessero riprenderle. E poi nulla. Spossato sono scivolato nel profondo del buio del mio sonno. Ed ora che faccio? Perché tutti si sono addormentati nel sonno eterno ed io no? Beati loro, ho pensato. Cosa faccio ora, in questo buio assoluto dove neanche le piante potranno fiorire senza luce per garantirmi qualcosa da mangiare, per ricordare i profumi e gli aromi che ho adorato tanto, lungo i percorsi delle strade del mio lavoro?  Come potrò vivere? Non posso scassinare i negozi del quartiere per garantirmi la sopravvivenza per qualche giorno e nel buio, del resto che sopravvivenza sarebbe. Sopravvivere a che cosa, al buio, alla solitudine, alla disperazione in un universo spento.  Dicevano esserci un equilibrio universale che regolava tutto il creato. Forse era per questo che gli Ufo ci monitoravano? Abbiamo distrutto tutto spegnendo anche le stelle, e perché non sono stato distrutto anche io come tutto l’universo? Ma all’improvviso sento provenire da una finestra chiusa il piangere di un bambino e di una mamma che cerca di tranquillizzarlo. E tante altre voci di donne ed anche di giovani che come me sono scesi in strada per capire cosa fosse successo. Chiamo ad alta voce e chiedo dove fossero le persone che parlavano.  Ho sentito risposte che provenivano dal Corso e mi dirigo tastando i muri verso quel luogo, e con grande sollievo mi incontro con tante persone, con le loro voci senza poter vedere i loro volti. Sono giovani e donne anche con i loro bambini in braccio, spaventati ma anche rincuorati dalle voci che si fanno sempre più numerose. Come mai solo giovani, donne e bambini? Mi viene risposto che i genitori, i mariti, sono tutti a letto come addormentati da un sonno profondo che non è stato possibile svegliare, addormentati ma vivi. Mi ridomando, perché solo io? Forse un diverso spirito umano, legato ancora alla mio perdurante spirito di giovinezza o infantilità, mi ha salvato da quel sonno? Mi do questa sorta di assoluzione per illudermi e credere di essere veramente li. Tra le voci iniziano a distinguersi anche voci di persone anziane, …

MATTEOTTI SENZA CASA

di Marco Destro – Vice Presidente di Socialismo XXI | In occasione della ricorrenza del martirio di Giacomo Matteotti, avvenuto a Roma per mano fascista il 10 giugno 1924, torna d’attualità la riflessione sulla sua eredità politica. Matteotti, infatti, non fu un martire solamente per il suo vile assassinio, ma, già in vita, ebbe a soffrire l’irrequietezza e l’inimicizia del suo stesso partito, tanto che nell’ottobre del 1922 venne espulso dal Partito Socialista Italiano assieme alla corrente riformista vicina a Turati, Treves e Modigliani, coi quali fondò il Partito Socialista Unitario di cui divenne il Segretario nazionale. I massimalisti, in maggioranza nel PSI di allora intendevano praticare la via rivoluzionaria per agguantare il potere, all’insegna del “fare come in Russia”. I riformisti erano, invece, per la via parlamentare e per una trasformazione gradualista della società attraverso la democrazia e la libertà. Matteotti, subito dopo il suo omicidio, fu appellato da Gramsci con l’epiteto dispregiativo di “pellegrino del nulla”. Anche Togliatti, che era stato tra i fondatori del PCd’I, nel commentare la tragica uccisione usò nei confronti di Giacomo Matteotti termini ingiustificatamente offensivi e intollerabili. Pure nel dopoguerra i suoi naturali eredi del Partito Socialdemocratico Italiano vennero soprannominati con disprezzo “socialfascisti” e “pisellini” (nell’antecedente PSLI). I discendenti di questi “politici” meschini (si direbbe “leoni da testiera”) si ritrovano oggi dispersi in microformazioni politiche che si rifanno alla tradizione comunista e nel Partito Democratico, il quale si definisce impropriamente di centrosinistra, ancorché abbia effettuato una mutazione genetica arrivando a sostenere svolte liberiste. La verità è che il comunismo non è mai stato interessato all’unità della sinistra e, pur di non ammetterlo, ha compiuto le più azzardate contorsioni morali in funzione antisocialista, negando l’attualità del socialismo democratico, da anni al governo nelle avanzate democrazie nordeuropee, così come in Germania, in Spagna e in Portogallo. Giacomo Matteotti rimane senza casa, ma le sue idee e i suoi valori sono presenti nel cuore di molti che continuano a farli camminare. SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

LA GUERRA IN UCRAINA E LA LEGISLAZIONE ITALIANA

di Renato Costanzo Gatti – Socialismo XXI Lazio | Art. 2 dpr 25/02/2022 n 14 Cessione  di  mezzi  ed  equipaggiamenti  militari  non   letali   di protezione 1. E’ autorizzata, per l’anno 2022, la spesa di euro 12.000.000 per la  cessione,  a  titolo  gratuito,   di   mezzi   e   materiali   di equipaggiamento militari non  letali  di protezione  alle  autorita’ governative dell’Ucraina. Art.1 dpr 28/02/2022 n.16 Art. 1 Cessione di mezzi, materiali ed equipaggiamenti militari 1 – Fino al 31 dicembre 2022, previo atto di indirizzo delle Camere, è autorizzata la cessione di  mezzi,  materiali  ed  equipaggiamenti militari in  favore  delle  autorità governative  dell’Ucraina,  in deroga alle disposizioni di cui alla legge 9 luglio 1990,  n.  185  e agli articoli 310 e 311 del decreto legislativo 15 marzo 2010, n.  66 e alle connesse disposizioni attuative. 2 – Con uno o più decreti del Ministro della  difesa,  di  concerto con  i  Ministri   degli   affari   esteri   e   della   cooperazione internazionale  e  dell’economia  e  delle  finanze,  sono   definiti l’elenco dei mezzi, materiali  ed  equipaggiamenti  militari  oggetto della  cessione  di  cui  al  comma  1  nonché  le modalità di realizzazione della stessa, anche ai fini dello scarico contabile. Secondo il Corriere della Sera l’elenco includerebbe mortai, lanciatori Stinger, mitragliatrici pesanti Browning, colpi browning, mitragliatrici leggere, lanciatori anticarro e colpi anticarro, oltre a razioni K, radio, elmetti e giubbotti. Sembrerebbe inoltre che una parte delle forniture sia già stata trasportata in Polonia, nei pressi della frontiera ucraina, da aerei dell’Aeronautica militare. Perché nel secondo decreto sparisce la parola “letali” Il fatto che nel secondo decreto, datato solo due giorni dopo il primo, scompaia, dopo le parole “equipaggiamenti militari”, la parola “letali”, non significa che la parola stessa sia cassata per cui equipaggiamenti militari “letali” non sarebbero finanziati dal primo decreto. A parte questo significativo dettaglio, che purtuttavia è sintomo dell’ambiguità del governo (il parlamento ormai si limita a ratificare o a modificare i decreti sempreché non sia castrato dal voto di fiducia) che si attorciglia attorno all’art. 11 della Costituzione. L’art. 11 della Costituzione Sia chiaro, l’art. 11 non vieta al paese di ricorrere alle armi per difendersi, esso ripudia la guerra in due casi : come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali. Il caso Ucraina non rientra certamente nel primo caso (a meno che fornissimo missili a lunga gittata capaci di offendere la Russia), mentre rientra a pieno titolo nel secondo caso: il nostro paese ripudia la guerra come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali. Quella che sta facendo il nostro governo è di cercare una risoluzione del conflitto Russia Ucraina usando le armi letali, ovvero con un atto di cobelligeranza. E’ pur vero che l’art.11 nella sua seconda parte l’Italia «consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo». Rientra in questo comma l’impegno che il nostro paese ha stipulato con i paesi della NATO a intervenire in difesa di un paese dell’alleanza aggredito da un altro paese. Quindi fu legittimo l’intervento in Iraq e in Afghanistan, sulla base della solidarietà nella difesa (sul merito dei due casi avrei comunque molti dubbi) di un paese membro. Ma questo non è il caso della Ucraina in quanto questo paese NON è membro della NATO e sarebbe azzardato farvelo entrare alla luce dell’art. 10 del patto NATO che recita: “Le parti possono, con accordo unanime, invitare ad aderire a questo Trattato ogni altro Stato europeo in grado di favorire lo sviluppo dei principi del presente Trattato e di contribuire alla sicurezza della regione dell’Atlantico settentrionale.” Che l’ingresso dell’Ucraina sia in grado di favorire lo sviluppo dei principi del trattato e di contribuire alla sicurezza della regione dell’Atlantico settentrionale, è una questione estremamente ardua. Gli equilibrismi di Cassese che introducono analogie tra codice penale e comportamenti bellici sono al limite dell’immaginabile; dice il professore che come non è punibile la persona che interviene, anche con la violenza, a difendere un’altra persona aggredita, così si può dire di uno stato che, nonostante l’art. 11, intervenga a favore di uno stato aggredito. Forse, e perché no, la costituzionalità del comportamento del governo italiano andrebbe portata alla Corte Costituzionale anche in presenza dei pareri personali del presidente della corte stessa. La logica aggressore/aggredito La logica aggressore/aggredito, dato di fatto da tener sempre presente, porta necessariamente sul sentiero della terza guerra mondiale. L’evitare ciò è a mio parere l’obiettivo assoluto. E per raggiungere questo obiettivo la mia logica sta nella risposta ad una semplice domanda: “questo fatto contribuisce alla escalation o dà un contributo alla dèescalation”? Quando esamino i fatti la domanda che mi pongo è sempre la stessa. Da febbraio ad oggi tutti i fatti che ho visto sono fatti che contribuiscono alla escalation e pochissimi che invece vanno nel senso inverso. Anche giudicando il comportamento del governo italiano la risposta è, a mio giudizio, un comportamento che contribuisce alla escalation, tranne due eccezioni: la bozza di piano di pace di Di Majo e l’intervento di Draghi per sbloccare il grano. Quando si premette “siamo tutti pacifisti, tutti vogliamo la pace” e si conclude con la raccomandazione di inviare armi, trovo di essere di fronte ad una contraddizione di fondo inconciliabile con la logica. SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

ENRICO BERLINGUER. FU VERA GLORIA?

di Mauro Scarpellini – Responsabile Amm.vo Socialismo XXI | Ho letto e ascoltato il 24 maggio le commemorazioni elogiative di meriti politici e storici di Enrico Berlinguer quale Segretario del Partito Comunista italiano. Veniva ricordato il centenario della nascita. Dopo un bel po’ di anni trascorsi da alcuni fatti e stimolato dai motivi di commemorazione ascoltati desidero esprimere una riflessione più storica che altro, con una consapevole presunzione nell’uso di questo aggettivo – date le sintetiche analisi di questo articolo, scritto a caldo senza prolungate riletture e limature –  ma che, credo, possa essere pur inserita tra le riflessioni di chi abbia voglia di porre attenzione all’argomento e, in particolare, di chi votò il Partito Comunista italiano diretto da quella importante personalità e sente considerare ancor oggi Enrico Berlinguer degno dei meriti politici e delle lodi che in occasione del centenario della sua nascita sono stati ricordati. Riflessione più storica in quanto non intendo caratterizzare questo intervento, sicuramente deciso e netto, di alcuna venatura polemica, ma legarlo soltanto alla crudezza dell’accaduto, alla verità dei fatti, non alle interpretazioni. Cosa è rimasto nella vita politica italiana delle linee politiche indicate e delle aspirazioni da lui suscitate negli elettori che lo votarono? Nulla e qualcosa, contemporaneamente; e mi accingo a spiegare ciò che risulta nulla e ciò che chiamo qualcosa, impropriamente qualcosa, perché è molto di più e di diverso dalle sue ragioni di partenza. Nulla. Affermazione dura riferita ad alcuni principali fatti avvenuti per come sono avvenuti. 11 settembre è una data evocativa triste. Ricorda l’abbattimento delle due torri di New York nel 2001. Più lontano nel tempo ricorda il colpo di stato in Cile, nel 1973, organizzato, pensato, realizzato dal generale infedele Augusto Pinochet con ogni possibile appoggio della presidenza statunitense di Richard Nixon, del suo Segretario di Stato Henry Kissinger e della multinazionale United Fruits. Sintetizzo il ruolo statunitense usando questa dichiarazione di Kissinger : << Non vedo perché dovremmo restare con le mani in mano a guardare mentre un Paese diventa comunista a causa dell’irresponsabilità del suo popolo. La questione è troppo importante perché gli elettori cileni possano essere lasciati a decidere da soli>>. Il Presidente Cileno Salvador Allende non era comunista, ma socialista, ma è noto che questa distinzione non rilevava per molti protagonisti politici statunitensi; essi cercavano altro nel ruolo nazionale e internazionale dei partiti politici e dei governi latinoamericani. Il periodico comunista Rinascita enunciò l’idea della via nazionale al socialismo di Berlinguer scrivendo subito dopo quel colpo di stato. Invito a rileggere quegli scritti. Si leggerà un linguaggio ottocentesco, nelle parole e nei concetti, che parla di proletariato, di borghesia, di masse, di classi e di tanto altro come se ne parlava agli albori e ancora nei primi scritti dell’Italia liberata nel 1945. Quell’Italia, diceva il censimento nazionale del 1951, riferiva di un paese agricolo simile a quello di anteguerra. Le medie della popolazione attiva dedita all’agricoltura erano queste : 63,4% nell’Italia meridionale (Sardegna esclusa); circa il 60% nell’Italia centrale; 55,7% nelle regioni del nord-est; circa il 35% nel nord-ovest. Per far capire agli elettori dei paesi quale lista dovessero votare alle elezioni comunali, allora e per un po’ di anni le sinistre presentarono le liste con la vanga e la spiga, con la falce e la spiga e altri simboli espressivi e rappresentativi e adatti al livello di maturazione culturale in cui in quell’epoca erano tantissimi elettori. Si aggiungeva un tasso di analfabetismo del 12,9 per cento, contro l’1 per cento in Svizzera, Austria e Germania, il 2 in Gran Bretagna, il 4 in Francia. Peggio dell’Italia era la Spagna col 16. Nel 1973 la società italiana aveva già avuto lo sviluppo impetuoso degli anni ’50 e ’60, una crescita importante ed anche una stabilità monetaria (nel 1959 e nel 1964 ebbe il riconoscimento dell’Oscar alla lira assegnatole dal Financial Times). Il centro-sinistra (quello vero, non l’imitazione prodiana) dette un impulso notevole alla crescita. La scuola dell’obbligo, la nazionalizzazione dell’energia elettrica, il superamento della mezzadria, la costituzione delle Regioni stavano cambiando l’Italia e sarebbe occorso anche un linguaggio di analisi più adatto alla realtà, meno astrattamente ideologico, attualizzato. La contrapposizione della visione berlingueriana con la realtà troverà una dimostrazione da Paolo Sylos Labini nel 1974, col famosissimo “Saggio sulle classi sociali” che fotografò il mutamento intervenuto nella realtà sociale italiana; non era più il tempo della centralità della vanga e della spiga. Sylos Labini cercò di comprendere come i nuovi ceti sociali potessero contribuire continuativamente allo sviluppo della società italiana e non dovessero ripetere preferenze monarco-fasciste e le attitudini della vecchia borghesia di anteguerra. Nuovi ceti si erano affermati, nuove esigenze, nuovi campi di studio per la politica, nuovi linguaggi. Era iniziata quella che il sociologo Giuseppe De Rita chiamò “cetomedizzazione” della società italiana, con la conseguente e parallela compressione della vecchia classe operaia che, tuttavia, era tutt’altro che scomparsa. Ricordo l’invito di Sylos Labini a non ignorare che il concetto di classe si stesse trasformando in ceto sociale, indicando con ciò che la mera classificazione basata sul livello economico e sullo sfruttamento capitalistico non bastasse più a rappresentare l’esistente sociale in cambiamento ma erano intervenuti altri fattori ed altri se ne sarebbero sviluppati conseguendo una tendenza di cambio del corpo sociale e del lavoro richiedente pensieri politici adatti al nuovo quadro osservato. Ricordo che la stessa classe lavoratrice dipendente, intesa in senso letterale, aveva conseguito formidabili tutele con lo statuto dei diritti dei lavoratori nel 1969, perorato con forza dal Ministro Giacomo Brodolini e, dopo la sua prematura morte, concluso dal Ministro Carlo Donat Cattin,  nonché col nuovo processo del lavoro nel 1973. Due analisi e due linguaggi, evidentemente scaturiti da preparazioni culturali diverse e opzioni analitiche e risolutive diverse. Io ho usato le varie tecniche di indagine sociale per il mio insegnamento di marketing e so che l’indagine sociale ha vari fini; può essere a fine commerciale, può essere a fine politico. Ebbene ho notato l’assenza del supporto analitico di indagine moderna negli scritti ideologici di Rinascita; mi spiego, parlo dell’assenza …

RELAZIONE POLITICA-PROGRAMMATICA DEL 24 MAGGIO 2022

di Luigi Ferro – Presidente Nazionale di Socialismo XXI La conferenza politica -organizzativa di SOCIALISMO XXI SECOLO che si è tenuta a Perugia il 15 maggio 2022 ha modificato l’intero assetto organizzativo della nostra associazione con l’elezione di un nuovo Presidente e di un nuovo Ufficio di Presidenza. Permettetemi di ringraziare in primis il precedente organismo nazionale per l’impegno e il lavoro profusi con tanta determinazione in questi anni difficili a causa dell’emergenza sanitaria, non del tutto superata, ma soprattutto per avere avviato un processo di rinnovamento degli organismi rappresentativi a tutti i livelli. Mi auguro personalmente di essere all’altezza del compito che mi è stato affidato e della fiducia accordatami, ma sono sicuro che con l’esperienza e l’impegno di tutti voi il mio lavoro sarà sicuramente meno gravoso avendo ben chiara la nostra missione: rifondare in Italia un partito unitario del socialismo: plurale, moderno, europeo, riformista ed ecologista. Si tratta del nostro progetto fondativo.  Irrinunciabile ed Indiscutibile.  Si tratta di un principio inalienabile della nostra carta fondamentale. Del nostro genoma a fondamento della nostra stessa sopravvivenza. Viviamo tempi difficili e le sfide che ci attendono sono molto complicate e riguardano il nostro futuro in quanto cittadini del mondo. Il conflitto russo-ucraino ha spazzato via il vecchio mondo per costruirne uno nuovo. Un nuovo ordine mondiale. Ma quale? A questo interrogativo la classe dirigente mondiale non è capace di fornire una risposta. L’ONU, voluto per mantenere la pace tra i popoli, assiste ancora una volta impotente di fronte alla barbarie della guerra. Una guerra che ha colpito al cuore dell’Europa. Un’ Europa silente, poco disponibile al dialogo, arroccata su posizioni oltranziste, molto lontana dalla sua vocazione pacifista. Un’Europa distante dal suo progetto identitario e di integrazione tra i popoli, auspicato da Spinelli, Colorni, Rossi, negli anni del confino sull’isola di Ventotene.  Da europeisti convinti, le istituzioni di Bruxelles devono cambiare rotta. Non basta l’Euro, la moneta della UE per superare le oggettive difficoltà poste brutalmente in evidenza dalla guerra in corso nell’ assenza di un soggetto identitario che si costruisce con una politica estera e di difesa comune. Identità ed autonomia, due requisiti che sono mancati in questa fase così delicata alla nostra Europa. Invece di cercare soluzioni diplomatiche al conflitto, ogni stato membro ha, per interessi alle volte poco nobili, assunto posizioni estreme, spesso il risultato delle contingenze o perchè il prodotto di aree di influenza d’oltreoceano.  Alle volte in contrasto con la linea di Borrell. Così non si unisce, non si costruisce, ma si divide, con il rischio di consegnare la nostra Europa ai sovranisti ed ai populisti, e di avvantaggiare Putin. Sia chiaro che noi sosteniamo il cessate il fuoco e un tavolo negoziale che riporti la pace in Europa. Come è altrettanto chiara e ferma la nostra condanna nei confronti dell’aggressore russo. Senza se e senza ma. La politica e la diplomazia sono i grandi assenti in queste settimane di guerra. Urge una riforma delle istituzioni europee per decisioni trasparenti e rapide senza veto alcuno o a maggioranza su alcune materie, ma questo richiede l’avviamento tanto atteso da anni del processo di unificazione politica dopo quella monetaria, se vogliamo costruire insieme una Europa forte, indipendente, autonoma, credibile. Ciò non vuol dire mettere in discussione vecchie amicizie o vecchie alleanze. Per tradizione siamo collocati nel mondo atlantico e sosteniamo la NATO come sistema difensivo e di deterrenza. Negli ultimi tempi la NATO sembrerebbe avere smarrito la sua vocazione difensiva adottando politiche sempre piu’ aggressive verso l’est del mondo. Non vuol dire mettere in discussione il trattato, ma serve una nuova NATO perche’ il mondo è cambiato negli ultimi sessant’anni. La guerra fredda è cessata con il crollo del muro di Berlino nel 1989, ma rischia di ritornare prepotentemente nelle nostre vite. Una nuova cortina di ferro avvolge l’Europa per parafrasare Churchill. La Nato non può e non deve smarrire la sua funzione di deterrenza che ha consegnato all’Europa, ma anche al mondo, pace e stabilità. Occorre procedere verso il superamento dell’art. 10 del Trattato Nord Atlantico secondo il quale i membri possono invitare previo consenso unanime qualsiasi altro stato europeo in condizione di soddisfare i principi del trattato medesimo e di contribuire alla sicurezza dell’area Nord-Atlantica ad aderire a questo trattato. Il principio dell’unanimità deve essere abrogato e di conseguenza ogni potere di veto. Ma per raggiungere l’obiettivo dobbiamo costruire una Europa unita e forte, quale valido interlocutore. Un lavoro faticoso, ma necessario, non più rinviabile. Noi siamo contrari alla guerra come mezzo per la risoluzione delle controversie internazionali, ma appoggiamo tutte le organizzazioni sorte per tutelare la sicurezza internazionale, compresa la NATO, ma senza subalternità.   Chiediamo un nuovo trattato che vieti la proliferazione delle armi nucleari! Chiediamo una conferenza mondiale per costruire un nuovo mondo con tutti gli attori internazionali, compresa la Cina, nuova potenza globale. La politica e la diplomazia devono avere il sopravvento, non i cannoni. SEMPRE!  Negli ultimi tempi registriamo con favore un timido cambiamento di passo dell’Europa per una soluzione negoziale del conflitto. Non basta aiutare gli ucraini a difendersi militarmente evidentemente, ma occorre anche favorire il percorso diplomatico che è mancato in queste settimane di guerra.  Analoghe considerazioni vanno spese per l’ONU, dove il diritto di veto di pochi Paesi –cinque- annulla il dibattito e le decisioni democratiche dell’assemblea della Nazioni Unite. Ciò è inaccettabile per le democrazie cd. liberali. In definitiva, rinnovare.  O, meglio, riformare, senza sacrificare l’esistente, ma al fine di migliorare quello che abbiamo. Una guerra che ha cancellato di colpo le nostre certezze e che porterà alla nascita di un nuovo ordine mondiale, si spera più equilibrato di quello attuale. L’appello è ai nostri governanti: costruite un mondo nuovo che garantisca pace, sviluppo, benessere e cooperazione tra i popoli. Costruite un mondo libero e giusto. Una società libera e giusta. La guerra in atto ha già prodotto riflessi negativi sull’economia mondiale: aumento dell’inflazione-in Italia attestata intorno al 6%-riduzione dei consumi; rincaro delle bollette domestiche; rincaro dei carburanti; crisi alimentare e fenomeni migratori, vecchi e nuovi. …

Fine del Socialismo

di Renato Costanzo Gatti – Socialismo XXI Lazio | Da IDEOLOGIA SOCIALISTA Anni fa, dopo il crollo del capitalismo finanziario del 2007, fu edito un libro dal titolo “Fine della finanza” usando volutamente la parola “fine” nel duplice significato di termine e di obiettivo; uso lo stesso meccanismo per chiedermi se il socialismo sia finito e quale sia il suo obiettivo sostanziale. Crisi del socialismo Anticipo subito la mia conclusione che consiste nella convinzione che il socialismo non sia affatto finito ma che, al contrario, sarà un obiettivo che sarà raggiunto grazie alla ragione e all’intelligenza. Ciò non toglie che il socialismo sia in crisi: ● l’infelice esperienza dell’Unione Sovietica rappresenta in modo inequivocabile nel crollo del muro di Berlino la fine (e stavolta uso la parola “fine” solo nel significato di “termine”) di una esperienza che ha rappresentato una grande speranza e illusione del secolo scorso; nel resto del mondo (Cina esclusa) rimangono alcune esperienze significative ma apparentemente senza potenzialità di estensione; in Europa i partiti tradizionali della sinistra, comunista e socialista, sono vecchi ricordi sentimentali e senza fiato, ci sono  vaghe presenze socialdemocratiche ridotte però ad un riformismo flebile più compensativo che di conquista; rimane la Cina che in pochi decenni da paese tra i più poveri al mondo sta inseguendo la premiership economica mondiale accompagnata da una inedita forma sovrastrutturale anch’essa all’inseguimento di una egemonia specie nel terzo mondo. ● Il capitalismo sembra, nonostante acciacchi sempre più gravi, sopravvivere in forme completamente diverse da quelle analizzate da Marx. Il saggio di profitto non tende a diminuire nel mondo del “gigacapitalismo” mentre riduce alla sussistenza le piccole e medie imprese; si afferma la dilatazione del monopolismo basato sulla tecnologia. Il crollismo del capitalismo non è più nell’agenda e il capitalismo finanziario dimostra che il profitto può essere ricercato anche nella finanza senza coinvolgere neppure un lavoratore. L’appropriazione del prodotto del cervello umano fa impallidire tutta la narrazione dello sfruttamento del lavoro fisico, che tuttavia continua a rappresentare buona parte della sopravvivenza umana; destinata durante questo secolo a divenrare inutile con la diffusione della robotica. ● Marx, nei Grundrisse, aveva individuato il tema dello sfruttamento del cervello come nuova fase dell’appropriazione del lavoro umano che avrebbe fatto apparire “miserabile” lo sfruttamento fisico. I nuovi gigacapitalisti producono profitti pari o superiori al reddito di molti stati, ma, a differenza dei tempi del capitalismo otto-novecentesco che produceva profitti utilizzando il lavoro di milioni di lavoratori dipendenti (la classe operaia), oggi i profitti sono prodotti senza dipendenti utilizzando le tecnologie che forniscono l’energia per il lavoro fisico e la creatività con l’intelligenza artificiale. ● Sociologicamente nell’industria lavora il 20% degli occupati, il 5% nell’edilizia contro un 72% nei servizi, l’agricoltura raggiunge il 3%. Questa situazione mette in primo piano il tema dei lavoratori produttivi (di plusvalore) rispetto a quelli improduttivi; tema che si è voluto modificare nella divisione tra stipendiati e autonomi per  introdurre ed evidenziare l’aspetto dello sfruttamento. C’è una crisi del concetto valore-lavoro, messo in discussione da Sraffa nel momento in cui si analizza la legge in base alla quale i beni vengono scambiati. Si dà sempre crescente valore alla produzione dei beni immateriali, essi pure beni d’uso e beni di scambio. ● Lo sviluppo numerico del lavoro improduttivo, del lavoro autonomo, dei ceti medi mette in risalto una dinamica nelle classi sociali che porta da un lato all’imborghesimento (specie dopo la fuga dei partiti dall’azione dialettica con il mondo del lavoro) dell’ambiente sociale, dall’altro alla polarizzazione dell’indice Gini, con i redditi più alti in crescita e una riaggregazione verso il basso degli altri redditi sia del lavoro produttivo che dei ceti medi. ● Se analizziamo il voto degli italiani in questi ultimi decenni riscontriamo che la classe operaia è più presente in partiti come la Lega, 5 stelle e Forza Italia che non nei partiti di sinistra (includendovi il PD). La frammentazione contrattuale ha spaccato l’unità del mondo del lavoro, le nuove forme di lavoro “smart” o “gig” sommate alle forme di lavoro irregolare o schiavistico, come quello di certe colture agricole, impedisce anche fisicamente la vicinanza e la coesione del mondo del lavoro che diviene oggetto, nella sua sede della CGIL, di un attacco squadristico.   ● La robotizzazione annulla il lavoro vivo nel processo produttivo e di conseguenza elimina il lavoro dipendente e la potenza della sua presenza nelle relazioni economiche tra le classi. Il futuro potrebbe proporci il monopolio privato dei robots, in grado di riprodurre sé stessi, con la conseguente formazione di rapporti sociali simili ad un nuovo schiavismo. Il fine del socialismo  1 – Andando all’essenza dei rapporti sociali, superando una fase economicista della lotta al capitalismo, riconosciamo infine che al di là del tema dello sfruttamento, il vero succo dell’alienazione sta nel fatto che le decisioni di come reinvestire il di più che si ricava dal processo produttivo, inteso nel senso più ampio possibile, spetta ai proprietari dei mezzi di produzione. 2 – I proprietari dei mezzi di produzione, quando decidono come reinvestire il di più che si ricava dal processo produttivo, hanno come parametro di scelta il profitto. 3 – Il processo produttivo trova un suo equilibrio dinamico quando gli outputs della produzione sono commisurati al reintegro dei mezzi di produzione consumati nel processo produttivo, ai consumi necessari per i consumatori, ai beni e servizi oggetto dei programmi di sviluppo democraticamente decisi. 4 – E’ logicamente inconcepibile che una equazione matematica quale quella delineata al punto precedente possa essere risolta col criterio di scelta di cui al punto 2. 5 – Il fine del socialismo è quello di affrontare il processo economico optando su una soluzione dell’equazione di cui al punto 3 basata sulla scienza (science based) che consideri i beni ed i servizi da produrre come beni d’uso e non beni di scambio. 6 – Una soluzione basata sulla scienza richiede che i mezzi di produzione siano socializzati. 7 – La tecnologia moderna, e penso allo sviluppo dei calcolatori quantistici, è in grado di risolvere l’equazione della programmazione economica tenendo …

L’unione della sinistra francese si farà anche con i Socialisti

La dirigenza del partito ha votato a favore di un accordo elettorale con Jean-Luc Mélenchon in vista delle legislative Il Consiglio nazionale del Partito socialista francese ha approvato a maggioranza l’accordo con il partito di sinistra La France Insoumise guidato da Jean-Luc Mélenchon, decidendo dunque di entrare nella nuova formazione che, con i Comunisti e i Verdi, si presenterà unita alle elezioni legislative del prossimo giugno. Dopo quattro ore di discussione, l’intesa è stata accettata dai dirigenti del partito con il 62 per cento dei voti: 167 voti favorevoli, 101 contrari e 24 astenuti. Mélenchon – che aveva ottenuto circa il 22 per cento dei voti al primo turno delle presidenziali – aveva concluso un primo accordo con i Verdi; poi, nella notte del primo maggio, con il Partito comunista francese (Pcf) e infine, il 4 maggio, con il Partito socialista. Quest’ultimo, prima di far diventare definitiva l’intesa, doveva però ottenere l’approvazione della maggioranza della dirigenza, che ora è arrivata. All’interno del Ps non tutti erano favorevoli. C’è chi ha parlato di scomparsa del partito, chi ha sottolineato le divergenze con le altre formazioni su questioni come la guerra in Ucraina, il ruolo della NATO o dell’Unione Europea, chi ritiene Mélenchon troppo radicale e chi ha criticato un punto preciso dell’intesa: la quota dei collegi elettorali. Nell’accordo preliminare con Mélenchon si dice infatti che i Socialisti, con il sostegno degli altri partiti, si potranno candidare in 69 circoscrizioni mentre non presenteranno alcun candidato in trenta dipartimenti, nonostante in alcuni di questi il Partito socialista sia già al governo delle amministrazioni. I Verdi hanno ottenuto 100 circoscrizioni, i Comunisti 50 e La France Insoumise 326. Altri 32 collegi restano invece ancora da assegnare. Il timore è dunque che si creino delle candidature dissidenti che i Socialisti si troverebbero poi costretti a rinnegare. Durante la riunione di giovedì, l’ex parlamentare Lamia El Aaraje, che è rimasta ad esempio esclusa dall’accordo, ha chiesto di «riparare a questa ingiustizia: ho vinto in un contesto in cui tutti consideravano il Partito socialista morto e venduto al macronismo. Oggi mi viene detto che il mio impegno è stato vano. Sono fedele al Partito socialista, sono e rimarrò Socialista. Ma se mi presentassi, chi si assumerebbe la responsabilità di escludermi?». Durante il Consiglio nazionale è stata dunque approvata una mozione per provare a rinegoziare la spartizione dei collegi con Mélenchon. In generale, l’approvazione dell’accordo è stata comunque accolta con favore. «Dobbiamo esserci nell’unione della sinistra perché siamo di sinistra e perché ci sono un blocco di estrema destra e un blocco liberale di fronte a noi», ha detto il deputato Boris Vallaud. «Nessuna alleanza, nessun accordo ci farà rinunciare a ciò che siamo. Non diventeremo radicali, così come i Comunisti non sono diventati socialdemocratici quando sono entrati nel Partito socialista», ha detto a sua volta un altro dirigente del partito. E Olivier Faure, il segretario: «A forza di dire che siamo un partito di governo, abbiamo rischiato di dimenticare le nostre stesse radici, che sono in parte nella radicalità». L’intervento considerato più significativo è stato quello del senatore Laurence Rossignol: «Ai miei occhi è un accordo elettorale che ci permetterà di eleggere molti deputati. Questo non è un contratto di governo. Bisogna scendere un po’ con i piedi per terra: quanti deputati potremmo avere se i nostri candidati si presentassero da soli?». Va infatti ricordato che la candidata alle presidenziali del Partito socialista, Anne Hidalgo, sindaca di Parigi, aveva ottenuto solo l’1,74 per cento dei voti al primo turno, arrivando addirittura dietro al Comunista Fabien Roussel (2,31 per cento). Rossignol ha aggiunto che «per i francesi, siamo stati i creatori del macronismo. Questo accordo rimuove ogni sospetto. Ci riposiziona a sinistra e riposiziona nella campagna elettorale la sinistra». Dopo l’esito del voto, Olivier Faure si è rivolto a Jean-Luc Mélenchon che commenterà l’unione della sinistra solo questa sera: «Vorrei dirgli che ora grava sulle sue spalle una responsabilità immensa: è lui a rappresentare la forza principale di questa coalizione, ma d’ora in poi dovrà parlare a nome di questa intera coalizione e garantire che ognuno di noi trovi la propria strada». La nuova formazione si chiama Nouvelle Union populaire écologique et sociale (Nupes) e il programma con cui si presenterà alle legislative sarà pubblicato nei prossimi giorni. Fonte: Le Monde – Traduzione a cura de Il Post SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

1962-2022: DOPO 60 ANNI, TOH!, CHI SI RIVEDE

di Mauro Scarpellini – Responsabile Amministrativo Socialismo XXI | Seguendo i dibattiti televisivi sulla invasione russa dell’Ucraina ho provato tante sensazioni di consenso o dissenso sulle opinioni espresse, ma ho sentito riaffacciarsi nei dibattiti stessi una posizione che mi ricordavo di aver letto su un diario del 1962, quello di Pietro Nenni. Ho controllato. Alle pag. 213-2014 del secondo volume dei suoi Diari, Pietro Nenni, con la data 21 febbraio 1962, descrive l’incontro con Arthur Schlesinger jr., collaboratore importante di Kennedy, Presidente degli USA, in visita a Roma. Parlano della possibilità del superamento del centrismo in Italia e dell’incontro politico di centro-sinistra, cioè dell’incontro tra i partiti politici socialista, socialdemocratico, repubblicano e democristiano sulla base di un programma di rinnovamento della politica nazionale. Pietro Nenni annota a proposito della politica estera e militare : << …… Ho spiegato che la nostra impostazione neutralistica è incompatibile con l’oltranzismo atlantico e con una politica d’impronta ideologica. Sono su questo punto della sua opinione, ha detto Schlesinger. Non è invece incompatibile con una politica di distensione che affronti seriamente i problemi del disarmo e della pace. In ogni caso quella che nasce è la speranza di una nuova politica, non la nuova politica “tout court”.>> Ho trovato l’analogia con quanto non mi convince oggi, nella posizione di coloro che sostengono il diritto dell’Ucraina (e poi vengono Finlandia e Svezia, per conseguenza analogica) di dichiarare di voler entrare nella NATO e, quindi, assegnano a tale espressione di volontà un effetto esecutivo, nel senso che avendolo deciso l’ingresso si realizza. Il diritto di esprimere questa volontà, che più correttamente deve definirsi richiesta di ingresso nella NATO, non può essere negato e contemporaneamente non può essere negato il diritto di chi già fa parte della NATO di pretendere l’applicazione dell’articolo 10 che dice << Le parti possono, con accordo unanime, invitare ad aderire a questo Trattato ogni altro Stato europeo in grado di favorire lo sviluppo dei principi del presente Trattato e di contribuire alla sicurezza della regione dell’Atlantico settentrionale….>>. Mettiamo pochi punti fermi. Ogni Stato europeo può essere invitato ad aderire al Trattato del Nord-Atlantico; quindi lo Stato invitato decide di aderire dopo l’invito e non prima. L’invito dev’essere unanime da parte degli Stati che già fanno parte dell’alleanza i quali preesaminano se l’adesione di un nuovo Stato contribuisca o meno alla sicurezza dell’intera area nord atlantica, cioè quella europeo-americana. Chi capovolge e falsifica quanto sopra sostiene che l’Ucraina ha diritto ad entrare nella NATO, cioè decide, di entrare, dando a ciò un senso esecutivo. Chi sostiene tale linea non è l’unanimità degli Stati aderenti alla NATO, ma è la posizione ufficialmente espressa dal Presidente degli USA Joe Biden e da tutti gli atlantisti ad oltranza, quelli che usano l’argomento NATO in modo ideologico. Ecco perché ho rivisto dopo 60 anni riaffacciarsi <<l’oltranzismo atlantico>> e <<una politica d’impronta ideologica.>>. Allo stesso modo i sostenitori della linea che non condivido attribuiscono alle decisioni di Finlandia e Svezia analoga portata esecutiva. Appunto, capovolgendo il trattato. La NATO non deve fare politiche espansionistiche che alterino gli equilibri di sicurezza degli aderenti e dei non aderenti; dev’essere un’alleanza di garanzia e di mantenimento di equilibrio <<in modo che la pace e la sicurezza internazionali e la giustizia non vengano messe in pericolo>> (articolo 1 del trattato). La sicurezza in Europa si fa garantendo tutti, riprendendo e attualizzando gli accordi dell’accordo di Helsinky del 1975 sulla sicurezza in Europa. La via è difficile, ma non prevede la guerra. Mi fermo qui perché ho voluto solo raccontare di quest’analogia dopo 60 anni. In altra sede parleremo del necessario ruolo dell’Europa. SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

RICORDATE IL 7 MAGGIO 1972? 

di Franco Astengo | Un milione di voti perduti a sinistra? Sono passati esattamente cinquant’anni. Per la prima volta nella storia della Repubblica si svolsero elezioni politiche anticipate: le ragioni di quella scelta, attuata dal neo – presidente della Repubblica Giovanni Leone, derivò da una complessità di ragioni: 1) La coalizione di centro – sinistra che reggeva il Paese dal 1962, prima con l’appoggio esterno e poi con l’ingresso organico dei socialisti (salvo due intervalli “balneari” guidati proprio da Leone nel 1963 e nel 1968 nell’immediato post – elezioni) mostrava la corda di una conflittualità interna molto forte, accentuata dalla crisi irreversibile dell’unificazione socialista. Unificazione socialista che era stata tentata tra il 1966 e il 1968 con un esito disastroso dal punto di vista elettorale verificatosi con la presentazione della famosa “bicicletta” ( i due simboli di PSI e PSDI uniti) nelle elezioni del 19 maggio 1968 e la riscissione dell’estate 1969; 2) il Paese presentava un quadro sociale di forte agitazione con spinte contrastanti a destra e a sinistra. A destra l’avanzata del MSI in coincidenza con la rivolta del “Boia chi molla” a Reggio Calabria; a sinistra la spinta delle lotte studentesche e operaie del più lungo ‘68 d’Europa con la vittoria dei metalmeccanici a conclusione dell’autunno caldo del 1969. La spinta al cambiamento era stata però bruscamente fermata dall’esplosione del terrorismo con la strage fascista di Piazza Fontana del 12 dicembre 1969 e le prime avvisaglie di presenza delle BR. A sinistra ci si trovava nella fase di formazione dei gruppi di quella che poi sarebbe stata la sinistra extraparlamentare mentre nel PCI si era consumata la rottura con il gruppo del Manifesto i cui esponenti erano stati esclusi dal partito per la posizione di netto dissenso rivolto all’invasione di Praga da parte delle truppe del patto di Varsavia (21 agosto 1968) e per aver messo in discussione, pubblicando la rivista nel 1969 e successivamente il quotidiano dal 28 aprile 1971, il centralismo democratico. Anche nello PSIUP, un partito che si era formato in opposizione all’ingresso del PSI nel governo (governo Moro, dicembre 1963), si erano prodotte rottura sulla questione dell’invasione di Praga ( che aveva interrotto la marcia del “socialismo dal volto umano” portata avanti dalla maggioranza del PCC). Si era creata una divisione irreversibile tra il gruppo dei “carristi” molto legati ai filosovietici del PCI e intellettuali critici del calibro di Lelio Basso e Vittorio Foa; 3) Nel quadro che aveva portato alle elezioni anticipate, era risultato non secondario il contrasto verso quel processo di modernizzazione sul piano civile e del costume che, in quel momento, disponeva di un punto di riferimento emblematico nella legge sull’introduzione del divorzio. La legge che introduceva il divorzio in Italia era stata appena approvata dal parlamento su iniziativa di socialisti e liberali e osteggiata dalle gerarchie cattoliche fino al punto di promuovere un referendum abrogativo (poi svolto nel maggio del 1974). Il mondo cattolico si trovava in una situazione di grande fermento e le spinte dello stesso Concilio Vaticano secondo avevano prodotto fenomeni socio – politici di grande interesse a partire dalla scelta “socialista” compiuta dalle ACLI tra il 1970 e il 1971 e dallo scontro aperto sul tema dell’unità sindacale che stava attraversando la CISL. Emergevano poi forti tensioni tra la Chiesa Ufficiale e molte comunità di base e andavano formandosi gruppi di “Cristiani per il socialismo” mentre dalle stesse ACLI l’ex-presidente Livio Labor , dopo aver organizzato un Movimento Cristiano Lavoratori (MCL) aveva promosso un vero e proprio movimento politico: MPL, Movimento Politico dei Lavoratori. In questo contesto, fin qui schematicamente descritto, si andò alle elezioni con una forte richiesta di “legge e ordine” da parte di settori economici e della borghesia che avevano organizzato, rispetto all’effervescenza sociale in atto, il movimento della “maggioranza silenziosa” fiancheggiatrice della destra e anche di quei settori contigui al terrorismo nero collegato a servizi segreti deviati e ad ambienti militari para- golpisti, come nel caso del gruppo della “Rosa dei Venti”. Il quadro politico si presentava così, da un lato, con la prospettiva di una forte avanzata del MSI: una previsione basata sui risultati delle elezioni amministrative del 1971 in particolare nelle grandi città del Sud e dell’incertezza per la presenza, a sinistra, di diverse liste di contestazione verso il PCI. Al termine di un forte dibattito interno era presente anche la lista del “Manifesto” nella quale si era raccolta parte della tensione anche di tipo organizzativo che attraversava il gruppo escluso dal PCI e la tensione di molti militanti verso la costruzione di una forza politica alternativa: una tensione che poi avrebbe successivamente dato vita ad alterne fasi di costruzione organizzata con la successiva complessa vicenda del PdUP per il Comunismo. Ciò che può interessare però in questo momento di rievocazione è riferire l’esito di quelle elezioni. Il risultato complessivo risultò, alla fine, ben diverso dai timori e dalle speranze di molti. Si verificò infatti uno dei più bassi tassi di cambiamento rispetto alle elezioni precedenti in tutta la storia repubblicana, superiore soltanto a quello fatto registrare con le elezioni del 1958. La partecipazione elettorale risultò molto elevata, crescendo ancora leggermente rispetto al 1968, in maniera uniforme in tutto il territorio nazionale. Malgrado le attese di cambiamento la DC si attestò agli stessi livelli di voto del 1968, mantenendo inalterata anche la distribuzione territoriale, così come anche per il PCI che, però, riequilibrò il voto aumentando al Nord (evidentemente capitalizzando le lotte operaie) e scendendo leggermente al Centro – Sud. Risultarono del tutto negativi i risultati di quelli che, con un certo senso di anticipazione l’Atlante Elettorale di Corbetta – Piretti (Zanichelli 2009) definisce già come “partiti della sinistra radicale”. Nell’occasione PSIUP, Manifesto, MPL, e PC m-l raccolsero complessivamente il 3,3% a livello nazionale, ben al di sotto del risultato del solo PSIUP nel ‘68 (4,4%) con il mancato “quorum” e la dispersione di oltre un milione di voti. PSI e PSDI tornarono a presentarsi separati con esito negativo: il PSI accusò una flessione del 4% rispetto al 1963 …

Convocazione dei Soci Fondatori

Ai Soci fondatori dell’Associazione Socialismo XXI Al Tesoriere Al Revisore contabile Ai loro indirizzi di posta elettronica Oggetto : convocazione di Assemblea. L’Assemblea dei Soci fondatori dell’Associazione è convocata ai sensi dell’art. 22 dello statuto, in Via Tuderte 54/A, FRATTA TODINA (Perugia) presso l’Hotel ALTIERI (zona industriale) ai sensi dell’art. 11, penultimo comma, in prima convocazione il giorno 14 maggio 2022, ore 23,50, ed in seconda convocazione nello stesso luogo, alle ore 9,00 del giorno 15 maggio 2022, domenica. I singoli Soci sono stati convocati per lettera.             L’ordine del giorno dell’assemblea è il seguente : 1 – Apertura dei lavori e nomina del segretario verbalizzatore. 2 – Formalità d’apertura : 2a – Comunicazione relativa all’ applicazione dell’art. 8 dello statuto (decadenza dei soci morosi), dei deceduti e dei dimessi. 2b – approvazione del Regolamento per la seduta telematica o mista in applicazione dell’art. 11, ultimo comma dello statuto. 3– Comunicazioni : 3a – Adempimento della delega conferita dall’Assemblea : Nomina del Revisore. 3b – Presentazione di bilancio dal Tesoriere e di relazione del Revisore nella prossima assemblea. 4 – delibera organizzativa relativa all’art. 7 dello statuto e argomenti connessi. 5 – proposta di modifiche allo statuto ed eventuale norma transitoria sull’art. 9 del nuovo statuto. 6 – proposta di risoluzione politica. 7 – scadenza delle cariche del Presidente, del Vice Presidente, dei componenti la Presidenza allargata. 8 – rinnovo delle cariche. 9 – eventuali.             All’assemblea seguirà la Conferenza nazionale organizzativa alla quale siete invitati con convocazione a parte. Eventuali chiarimenti operativi sul collegamento da remoto possono essere richiesti nei giorni precedenti al Compagno Vincenzo Lorè, al numero 3920906188 evitando di chiederli nei minuti precedenti l’apertura dei lavori per non ritardarne l’inizio. Fraterni saluti Aldo Potenza SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it