Convocazione della Conferenza Organizzativa

Ai Soci fondatori AI Coordinatori regionali Ai Responsabili di Circolo Al Tesoriere Al Revisore dell’Associazione Socialismo XXI Ai loro indirizzi di posta elettronica ============================ E’ convocata la Conferenza nazionale organizzativa dell’Associazione Socialismo XXI per le ore 10,30 del giorno 15 maggio 2022, domenica, in Via Tuderte 54/A, FRATTA TODINA (Perugia) presso l’Hotel ALTIERI (zona industriale).             Si può partecipare personalmente o con collegamento internet sulla piattaforma ZOOM. I Coordinatori Regionali e i Responsabili di Circolo sono abilitati al collegamento             L’ordine del giorno dell’assemblea è il seguente : 1 – Apertura dei lavori e nomina del segretario verbalizzatore. 2 – Relazione del Presidente. 3 – Discussione e conclusioni. Eventuali chiarimenti operativi sul collegamento da remoto possono essere richiesti nei giorni precedenti al Compagno Vincenzo Lorè, al numero 3920906188 evitando di chiederli nei minuti precedenti l’apertura dei lavori per non ritardarne l’inizio. Fraterni saluti Aldo Potenza SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

77° anniversario della Liberazione dell’Italia e dell’Europa, dal nazifascismo

Celebriamo questo 25 aprile, il settantasettesimo anniversario della Liberazione dell’Italia e dell’Europa, dal nazifascismo, con la conquista delle perdute Libertà attraverso la Resistenza. La Resistenza è stato un gigantesco fenomeno di disobbedienza civile in nome di ideali superiori come libertà, eguaglianza, giustizia, fratellanza dei popoli. Le bande partigiane furono “un microcosmo di democrazia diretta”, in senso esistenziale, di autocoscienza, permettendo ad una intera generazione di affacciarsi alla politica, scavando nel proprio io, facendo riferimento alle proprie scelte, affermando la personale scelta partigiana di ciascuno quale fondamento di una rigenerazione collettiva da realizzare attraverso istituzioni rifondate dal basso. Secondo risorgimento e lotta patriottica, fu qualcosa di più grande del CLN e dei partiti che la guidarono, perché fu soprattutto la moltitudine delle vite concrete dei resistenti, di quanti interpretarono l’8 settembre 1943, morte della Patria, ma anche inizio di un cammino impervio per ritrovarla, come la fine di una stagione di carestia morale e di avvelenamento delle coscienze, vivendola come il momento in cui finalmente non ci si doveva vergognare di se stessi e si potevano riscattare vent’ anni di passività e ignavia. Una scelta che, nel suo significato etico di rifiuto dell’orrore e della sopraffazione, incombe su ciascuno ancor ora. Facendo del 25 aprile una data fondamentale, nel senso letterale di fondamento della nostra religione civile. Festa di tutti gli italiani senza alcuna distinzione. Oggi, grazie a quella pagina scritta sulle montagne e nelle nostre città, e in Europa, abbiamo ancora il privilegio di scegliere e di poterlo fare nella libertà, conquistato con le armi e generosamente condiviso con i nemici della libertà, fascisti e repubblichini, portatori di dottrine infami. Una scelta, per conservare quel privilegio, necessaria, in quanto imparziale e definitiva. Ma la Resistenza ha avuto anche un significato universale: in quanto guerra popolare, spontanea, non comandata dall’alto, essa è stata un grande moto di emancipazione umana, che mirava molto più lontano e i cui effetti, proprio per questo, non sono ancora finiti: a una società internazionale più giusta, ispirata agli ideali di pace e di fraternità tra i popoli. Chi legga le Lettere dei condannati a morte della Resistenza europea, da cui parlano, nell’estremo saluto alla vita, operai e sacerdoti, intellettuali e contadini, comunisti, socialisti, cattolici, liberali, azionisti, si accorge che esse sono animate da un comune sentire. Non soltanto del coraggio di fronte alla morte che nasce dal sentimento della dignità dell’uomo come valore assoluto al di là e al di sopra della morte. Queste parole sono come l’inizio di un canto corale che sarà ripetuto da mille altri fino alla Libertà. Ma non possiamo, in questo 25 aprile, non rivolgerci al popolo ucraino, vittima di una illegale guerra di aggressione, che ha violato lo statuto dell’Onu e il diritto internazionale, facendo precipitare il mondo nell’angoscia. La ferma condanna dell’aggressione militare scatenata senza alcuna giustificazione dalla Russia tirannicamente governata da Putin è per una Associazione come la nostra, fondata da Ferruccio Parri negli anni della guerra fredda, resistente della prima ora e primo Presidente del Consiglio dell’Italia liberata, imperativo etico e civile assoluto. E’ Resistenza anche quella di Kiev, contro l’invasore che intende negare la libertà del popolo ucraino. In questa enorme e assurda realtà della guerra che continuamente smentisce il diritto, occorre non gettare la spugna rifiutando un determinismo storico per cui è la guerra stessa che giustifica i propri crimini e si autoassolve. Occorre declinare la ragione del diritto, prima che la compassione del mondo per le vittime dei tanti crimini si esaurisca, distinguendo, come insegnava Norberto Bobbio, tra i fondatori della FIAP, fra “violenza prima” e “violenza seconda”, fra chi usa per primo la forza militare e chi si difende. Chi usa la forza per primo è il prepotente e chi esercita la forza per secondo è il più debole costretto a difendersi: e le due posizioni non possono essere messe giuridicamente e moralmente sullo stesso piano. È il classico tema dell’aggressione e della resistenza all’aggressione. Se non introduciamo criteri di valutazione giuridica e morale dell’uso della forza militare si rischia di dare sempre ragione al prepotente. Per questo motivo, quest’anno non saremo, per la prima volta, a Porta San Paolo a Roma ed in altre piazze dove abbiamo ravvisato il rischio che si potesse perdere il senso del 25 aprile, della più importante ricorrenza civile della nostra Repubblica Non possiamo accettare che le bandiere della FIAP, che dalla sua fondazione si basa sulla “fede nella libertà”, si possano confondere con quelle dell’odio verso le democrazie occidentali. Non è la festa della “pace” ma della fine di una guerra, quella combattuta dai nostri partigiani armati dagli alleati americani ed inglesi per liberare l’Italia dall’occupazione straniera a cui il fascismo aveva spalancato le porte. Dedichiamo questo 25 aprile alla memoria di chi 77 anni fa in tutta Europa ha perso la vita per riconquistare la libertà contro la tirannide militarista e imperialista del tempo e oggi al popolo ucraino che sta resistendo eroicamente alla superpotenza che ha invaso il suo paese. Lo dedichiamo alle vittime civili di una barbarie che non rispetta alcuna regola internazionale, alcun codice d’onore. Sappia l’esempio dei partigiani italiani ed europei farci ritrovare la strada per un mondo più giusto e per la pace e fratellanza tra i popoli dai resistenti europei agognata, bandendo la guerra dalla storia dell’UOMO. La Presidenza FIAP SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

L’ALTRO 18 APRILE (1993)

di Franco Astengo | La bocciatura in due occasioni consecutive (2014 e 2017) da parte della Corte Costituzionale della formula elettorale scelta dal Parlamento Italiano per essere adottata in occasione delle elezioni politiche generali, l’adozione di una formula mista maggioritaria e proporzionale a separazione completa, altre modifiche del sistema come quelle riguardanti il voto all’estero hanno contribuito nel corso di questi ultimi anni a portare il sistema politico italiano in un quadro di crisi verticale. Una crisi sistemica derivante essenzialmente dall’esasperazione del personalismo, dalla caduta di ruolo dei partiti, dallo spostarsi del termini concreti dell’agire politico verso la governabilità in luogo della rappresentanza con conseguente riduzione di funzioni, ruolo, status dei consessi elettivi, in primis di quelli legislativi centrali. Un fenomeno questo riguardante il Parlamento nei suoi due rami che ha raggiunto l’apice della distruzione di senso con la riduzione del numero dei deputati e dei senatori da eleggere portando al lumicino la possibilità di rappresentanza territoriale e politica. Per questa vera e propria “difficoltà sistemica”, collocata al centro di fenomeni epocali di trasformazione economica, sociale, tecnologica, si può individuare una data d’inizio indicandola nel 18 aprile 1993, ventinove anni anni fa. Nella storia d’Italia la data del 18 aprile ha rappresentato per ben due volte l’occasione per segnare una svolta epocale: nella prima occasione, quella del 1948 quando si svolsero le elezioni per la Prima Legislatura Repubblicana con il successo della Democrazia Cristiana e la sconfitta del Fronte Popolare. In un’occasione successiva, quella del 1993, le urne furono aperte per un referendum che (tra altri convocati in quell’occasione) interessava la legge elettorale del Senato. La riforma elettorale era considerata allora, semplicisticamente, la chiave di volta per modificare l’intero assetto del sistema politico. C’era chi, come il movimento capeggiato da Mario Segni oppure parte del PDS proclamava che l’adozione di un sistema elettorale maggioritario avrebbe semplificato il sistema, resa stabile la governabilità, fatta giustizia della corruzione, reso trasparente il rapporto tra eletti ed elettori. Mai promesse da marinaio come quelle enunciate all’epoca hanno causato una vera e propria distorsione nella capacità pubblica di disporre di una corretta visione politica. L’esito referendario del 18 aprile 1993 significò un punto di vera e propria battuta d’arresto per lo sviluppo democratico del nostro Paese, considerato che dalle elezioni del 1994 in avanti il corpo elettorale non ha mai avuto la possibilità concreta di scegliere i propri rappresentanti. Si è passati da un sistema misto di collegi uninominali e liste proporzionali bloccate a un sistema proporzionale interamente formato da liste e ,dopo aver tentato addirittura di proporre un sistema che avrebbe fornito la maggioranza assoluta con liste bloccate senza alcuna soglia da raggiungere sul modello della legge fascista Acerbo del 1924, ad un altro sistema misto con collegi uninominali e liste ancora bloccate. L’esito referendario del 18 aprile 1993 significò un punto di vera e propria battuta d’arresto per lo sviluppo democratico del nostro Paese, considerato che dalle elezioni del 1994 in avanti il corpo elettorale non ha mai avuto la possibilità concreta di scegliere i propri rappresentanti arrendendosi all’idea del prevalere di una logica di “voto di scambio” di massa elargito sulla spinta di una crescente sfiducia nelle istituzioni repubblicane. SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

NOI E L’UCRAINA

di Renato Costanzo Gatti – Socialismo XXI Lazio| L’invasione, da parte della Russia, del territorio ucraino costituisce un passo fondamentale nella storia del XXI secolo, l’inizio di un nuovo mondo il cui assetto nasceva dalla fine della seconda guerra mondiale passando dal crollo dell’Unione sovietica. Si sta presentando un nuovo mondo nel quale viene superato il precedente equilibrio fondato sull’egemonia mondiale degli Stati Uniti d’America, unico modello rimasto dopo il crollo del muro di Berlino. Ci si prospetta un nuovo mondo multipolare USA, Russia, Cina ed in questa prospettiva l’Europa si trova davanti ad un bivio assoluto che ne determinerà il ruolo nei prossimi secoli. Ma veniamo all’Ucraina, paese martire della prepotenza russa, distrutto letteralmente da una cosiddetta azione militare sociale che in nulla differisce da una invasione basata sulla sola ragione delle armi. La sofferenza del popolo ucraino non può lasciarci indifferenti, così come non può lasciarci indifferenti la prepotenza di Putin ed il silenzio del popolo russo. E’ ovvio voler intervenire in aiuto degli ucraini, dare loro il nostro appoggio non solo morale ed umanistico ma anche militare, fornendo loro cibo, medicinali ma anche armi. E in questo atteggiamento sentiamo spesso citare gli aiuti in armi che erano dati alla Resistenza che ci hanno permesso di disfarci dell’oppressione dei nazi-fascisti. La Resistenza e le armi agli ucraini Indubbiamente le armi che gli alleati hanno fornito alla Resistenza sono state indispensabili per la nostra lotta di liberazione, basta rileggere le pagine del Partigiano Johnny di Fenoglio, per capire l’importanza fondamentale delle armi lanciate dagli aerei alleati nelle zone partigiane per poter contrastare con la lotta armata il fascismo e le forze tedesche. Ne deriva, quasi acriticamente, la scelta di fornire, noi pure, armi ai resistenti ucraini, nella speranza di dare un aiuto a questo popolo aggredito da un vicino guidato da un autocrate di tempi che credevamo parte del passato. A mio parere, tuttavia, c’è una differenza basilare tra la fornitura di armi che gli alleati davano ai partigiani e la fornitura di armi che noi daremmo agli ucraini. La differenza sta nel fatto che gli alleati erano cobelligeranti contro i tedeschi, erano cioè dichiaratamente in guerra contro i nazisti con tutte le conseguenze che questo status comportava. Gli alleati stavano conducendo contro i nazisti la II guerra mondiale e secondo il diritto internazionale, per quello che può valere in tempo di guerra, era perfettamente lecito fornire armi ai cobelligeranti partigiani uniti nella lotta contro il tedesco. Fornire armi all’Ucraina, secondo il diritto internazionale, fa perdere lo status di neutralità del paese che fornisce le armi; fornire le armi all’Ucraina significa che la Russia può benissimo, direi legalmente, considerare il nostro paese come cobelligerante e quindi, ad esempio, bombardare i depositi di armi ad Aviano usando missili o altri marchingegni atti allo scopo. E’ questo che vogliamo? Ci è chiaro che inviare armi significa ricercare la difesa dell’Ucraina tramite la sconfitta della Russia? Riteniamo ciò possibile? E quali conseguenze potrebbe avere questo nostro generoso, ma ipocrita (facciamo la guerra ma facciamo finta di non farla e la facciamo fare ai resistenti ucraini) atto di generosità? Ci rendiamo conto di ciò, ci rendiamo conto che l’invio di armi può essere il preludio ad uno scontro risultante nella III guerra mondiale? Ci rendiamo conto che il nostro invio di armi potrebbe essere fonte di uno scontro che potrebbe mettere in discussione la sopravvivenza dell’intero pianeta? Certo, finora i russi non hanno, se non in forma criptica, denunciato questo terribile sviluppo, e, se ragioniamo, possiamo anche capirne il perché. Che interesse hanno i russi a trasformare questo conflitto locale in un conflitto totale? Mi pare ovvio che pur potendoci accusare con fondamento giuridico di uno stato di cobelligeranza, non accennano, se non propagandisticamente, a questa possibilità perché allo stato attuale non ne hanno nessuna convenienza. Ma le cose non resteranno per sempre così; è ovvio che alla fine dell’escalation, che giornalmente viene alimentata da ambo le parti, al punto di crisi apicale del conflitto quella chiamata in causa dei paesi “cobelligeranti” sarà ineluttabile insieme alla III guerra mondiale e all’attivazione dell’opzione atomica. La mossa del cavallo Certo, questa mia contrarietà alla fornitura di armi all’Ucraina, potrà essere letta come un “fregarsene” di quel paese sciagurato. Ma spero che nel proseguire il mio ragionamento sia chiarito che la soluzione va ricercata in un altro modo. Che dopo il dissolversi dell’Unione Sovietica, il patto di Varsavia, nato successivamente ed in contrapposizione alla NATO dopo che a questa alleanza aderì la repubblica federale tedesca, fu sciolto ma non altrettanto ciò accadde per la NATO, la quale tuttavia, formalmente o meno, aveva assicurato che questa alleanza (nata per contrastare il pericolo comunista e quindi obiettivamente avendo perso la sua ragion d’essere) non avrebbe mai esteso la sua area di influenza al di là dell’Elba (“we had made it clear, during the 2+4 negotiation that we would not extend NATO beyond the Elbe (sic). We could not therefore offer membership of NATO to Poland and the others”). Ben al di là si è estesa la NATO costruendo nella Russia una comprensibile sindrome da accerchiamento che la situazione dell’Ucraina non poteva che aggravare. Ci sono, a mio parere, ragioni di allerta da parte della Russia, ma per quante siano le ragioni, esse non sono mai sufficienti a giustificare l’invasione che rimane un fatto estremamente inaccettabile. L’azione di Putin sembra tuttavia ottenere l’esatto contrario di ciò che il despota voleva: per diminuire la sindrome di accerchiamento ha messo in moto reazioni che risulterebbero in un ulteriore accerchiamento se la NATO, legittimamente, accettasse l’adesione all’alleanza di Finlandia e Svezia. La Russia vedrebbe altri 1.500 chilometri aggiungersi ai suoi confini con la NATO, vedrebbe l’enclave di Kaliningrad affacciarsi, anziché ad un mare neutrale, ad un mare atlantista; insomma, per Putin sarebbe uno smacco disastroso che non potrebbe che portare alla sua destituzione. Ecco che allora offrire alla Russia la non accettazione della domanda di ingresso nella NATO di Finlandia e Svezia contro la negoziazione del cessate il fuoco e la …

RICORDANDO DARIO

Socialismo XXI, in ricordo dell’indimenticabile compagno Dario Allamano. Un grazie di cuore a Paola e Mariella. di Paola e Mariella Allamano | Dario non rinunciava mai ai suoi quotidiani preferiti e, dovunque andasse, verificava la presenza di un’edicola nelle vicinanze. Quando soggiornava in campagna, con qualsiasi tempo e temperatura, di prima mattina inforcava la sua bicicletta per raggiungere il suo bar/rivendita preferito, lo stesso di quando era ragazzo, dove certamente avrebbe trovato, oltre ai giornali, qualcuno con cui discutere vivacemente. Del resto Dario aveva imparato a leggere a soli quattro anni sui tioli di “La Stampa” e pochi anni dopo avrebbe letto ad alta voce gli articoli al padre dislessico. Fu così che, in virtù di una tecnica di lettura precocemente acquisita e di una complessiva vivacità mentale, saltò la prima elementare e si trovò catapultato in seconda. Per lui fu una vera fregatura, sempre costretto a misurarsi, anche fisicamente, con bambini più grandi prima e ad anticipare poi tutte le tappe della vita, dalla maturità al servizio militare fino all’impegno sindacale a tempo pieno. Si ritrovò ad assumere troppo presto responsabilità da adulto e a fare scelte determinanti per la sua vita con una personalità, soprattutto emotiva, ancora in formazione. A tal proposito, conservo un ricordo nitido di Dario, poco più che ventenne, insonne e in lacrime per non essere riuscito a salvare una piccola azienda dalla chiusura e alcuni padri di famiglia dal licenziamento. Dario ha coltivato i suoi interessi politici fino ai suoi ultimi giorni, animato da ideali che tentava di realizzare senza risparmio di tempo ed energia, ottimista, generoso, fortunatamente inconsapevole del poco tempo che gli restava. SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

C’E’ UN FUTURO PER IL SOCIALISMO?

di Renato Costanzo Gatti – Socialismo XXI Lazio | Da anni il P.S.I. ha percentuali di voto irrilevanti, il P.C.I. è scomparso nella melassa del PD, gruppuscoli di movimenti socialisti, tra cui quello cui aderisco ovvero Socialismo XXI secolo, balbettano auspicando una riunificazione che non potrà attuarsi se non si approfondiscono le ragioni sottostanti; in Francia il partito socialista scompare mentre in Germania sta al governo così come in Spagna e in Portogallo mentre nell’est la fallimentare gestione del socialismo reale ha creato un deserto; rimane l’esperienza cinese più capitalismo di stato con forte guida autocratica che dimostra determinazione e obiettivi di alta rilevanza di contenuti. Restando nel nostro paese occorre, a mio parere una analisi economica e sociale (struttura e sovrastruttura) per poter dare una risposta alla domanda che mi sono posto nel titolo di questo articolo. Denuncio la mia insufficienza per questo compito cui darò il mio contributo, convinto che solo una riflessione allargata a tutti i compagni che vorranno intervenire riuscirà ad affrontare degnamente il tema. Il mio contributo toccherà i seguenti punti: ● Modo di produzione e sovrastruttura sociale ● La classe operaia ● Logica del profitto e della science based economy Modo di produzione e sovrastruttura sociale La grande stagione del socialismo era basata su un modo di produzione tayloristico dove la mano d’opera era schematicamente sottomessa al “padrone” ed era spinta ad operare come un “gorilla ammaestrato”, ma si riconosceva come operaio-massa. Si trattava di un capitalismo primitivo fondato su un esercito di forza-lavoro di riserva che tuttavia trovava grande solidarietà negli occupati sul cui basso salario si fondava la creazione di profitto per il capitale. In Italia abbiamo avuto anche una grande presenza, più elevata che negli altri paesi europei, di piccola e media impresa dove dominava un paternalismo complice tra datore di lavoro e lavoratore. Sociologicamente c’era una chiara divisione tra detentori dei mezzi di produzione e venditori di forza-lavoro come mezzo per sopravvivere, diciamo che c’era una grossa consapevolezza di appartenere a classi diverse, contrapposte anche se questa coscienza assumeva in certi strati una rassegnazione religiosa mentre nella stragrande maggioranza si traduceva in coscienza di classe che spingeva all’adesione al sindacato o ai partiti della sinistra. La composizione del PIL vedeva (anno 1960) l’agricoltura al 2,5%, l’industria (edilizia inclusa) al 31% ed i servizi (commercio, alberghi, turismo, intermediazione immobiliare, finanza e vari) al 66.5%. Negli anni successivi si assiste alla scomparsa del taylorismo, sostituito dal toyotismo, con un maggior coinvolgimento degli operai; continua la forte presenza di PMI; le partecipazioni statali costituiscono una modalità di produzione che si differenzia da quella tipicamente padronale La catena di montaggio, una catena umana di decine di uomini, frutto di una oggettiva solidarietà, viene sostituita dai robots dove è sufficiente il controllo di pochi addetti; c’è un attacco al lavoro sindacalizzato con la creazione di figure anomale di un finto lavoro autonomo classificabile come lavoro non sindacalizzato, non tutelato, precarizzato; dai co.co.co ai voucher al trionfo del lavoro a tempo determinato e del part time. L’area dell’operaio-mass viene marginalizzata, trionfa il “sii imprenditore di te stesso” fino all’esplosione della gig economy accompagnato da una scomparsa dello stare insieme sostituito dallo smart-working, una individualizzazione che reintroduce il lavoro a cottimo mettendo in relazione il datore di lavoro con il singolo dipendente vanificando la solidarietà di classe. E il periodo del neo-capitalismo che trasforma la classe operaia in consumatori e membri della domanda aggregata; si perde una identità di classe ed aumenta l’imborghesimento che polarizza nei decili bassi della distribuzione del reddito ex-operai-massa insieme ai ceti medi. La dispersione fisica, contrattuale e sociale dissolve la potenzialità supportata dall’unione e dalla solidarietà; le comunicazioni di massa omogeneizzano le sensibilità e le involgariscono facendo perdere la genuinità delle riunioni organizzate dai partiti e dai sindacati; si rischia un brodo di omologazione senza costrutto, senza cultura, afono. La composizione del PIL vede l’agricoltura al 2,9%, l’industria scesa (in particolare con riferimento all’edilizia) al 25.2% ed i servizi saliti al 72,6%. La classe operaia Essa era vista come il soggetto principale della rivoluzione, certo non quella romantica del 1917, ma quella di un cambiamento della classe dirigente che, opponendosi al capitalismo, assumesse un ruolo egemone nella costruzione del socialismo. Effettivamente la classe operaia, in quanto tale, era quella che più di ogni altra aveva interessi ed obiettivi antagonistici rispetto al capitalismo (non è certo un soggetto con tali caratteristiche la categoria degli “ultimi”, spesso indicati come target del socialismo ma, a mio avviso, troppo vicino ad un pur apprezzabile francescanesimo), ma oltre a questo elemento strutturale occorreva anche la presa di coscienza di questo ruolo e la crescita culturale da subalterno a dirigente. Il pensiero corre necessariamente a Gramsci ed alla sua idea di un rapporto intellettuali-subalterni chiamati ad una crescita di entrambi fino alla conquista dell’egemonia sul senso comune. Questo processo non si è verificata nei paesi del socialismo reale ed ha avuto momenti promettenti di alto profilo quando si trattò sulla prima parte dei contratti. Culturalmente e grazie all’eredità della resistenza le idee del socialismo furono egemoni nella letteratura, nella pittura nel neorealismo cinematografico. I partiti contribuivano in modo determinante in questo processo di crescita culturale della classe operaia, le discussioni in sezione erano una formazione continua nel percorso di formazione. Addirittura, talora la figura dell’operaio veniva “santificata” come nel Deserto Rosso di Antonioni. Negli anni del neo-capitalismo dilagante tutta questa costruzione ha iniziato a sgretolarsi; i partiti operai si sono squagliati come neve al sole, è crollata la formazione continua delle discussioni nelle sezioni; il sindacato da una parte è stato marginalizzato dal capitale, dall’altra ha cominciato a perdere consensi da chi rivendicava obiettivi più corporativi. Il soggettivismo si è diffuso anche nella ricerca di una soluzione neo-capitalista al bilancio familiare. In modo sintetico si può dire che la volontà della classe divenuta soggetto consumatore si sia rivolta ai temi redistributivi senza affrontare a monte il più ambizioso tema della funzione produttiva. Il voto operaio nel 2018 premia i 5stelle, la Lega, Forza Italia con percentuali superiori …

NELL’ORA PIÙ’ DIFFICILE PER LA DEMOCRAZIA REPUBBLICANA IL RICORDO DI GIOVANNI SARTORI

di Franco Astengo | Il quinto anniversario della morte di Giovanni Sartori, maestro della scienza politica in Italia, arriva nel momento più buio che la democrazia italiana sta attraversando almeno dal dopoguerra in avanti. Nel continuum (e nell’intreccio) temporale fra emergenza sanitaria ed emergenza bellica abbiamo assistito all’ulteriore svilimento nel ruolo e nei compiti delle Camere, al prosieguo nella trasformazione del Governo in una dimensione presidenziale extra-parlamentare, in una funzione dei partiti ormai completamente asservita alle logiche della personalizzazione e del trasformismo, ad un evidente impoverimento culturale che tiene assieme quasi come vasi comunicanti informazione e politica. Sartori criticava con forza la democrazia diretta e l’illusione di fare a meno dei partiti (cfr. l’articolo di Stefano Passigli “Corriere della Sera” 3 aprile); riteneva il referendum uno strumento ingannevole vedendone i forti aspetti distorsivi; era contrario alla scelta diretta del Presidente del Consiglio (che fu surrettiziamente indicata con il termine del “Capo della Coalizione”); sollevò per primo, in tempi, non sospetti la questione del conflitto d’interessi; capì che la crisi dei partiti avrebbe favorito il voto di protesta del tipo di quello che avrebbe poi premiato il M5S. Inoltre Sartori giudicò sempre negativamente la sostituzione del voto di preferenza e del collegio uninominale con le liste bloccate. Se a ciò si aggiunge la fine del finanziamento pubblico (per il ripristino del quale andrebbe considerata la piena applicazione dell’articolo 49 della Costituzione) è logico che un sistema di partiti strutturati non potesse sopravvivere. Ricordando, ancora, come per Sartori il concetto di rappresentanza avesse una valore fondamentale. Rappresentanza politica non soggetta a vincolo di mandato. Rappresentanza politica data “una tantum” con il voto elettorale, ma assicurata durante la legislatura dal sistema dei partiti e dalla pubblica opinione, a sua volta garantita da una informazione libera e pluralistica. La lezione di Giovanni Sartori andrebbe riletta assieme a quella di Norberto Bobbio sulla distinzione tra destra e sinistra affidando il nostro impegno di studio al metodo della comparazione come analisi allo scopo di trovare spunti essenziali per la difesa della democrazia costituzionale repubblicana. Difesa della democrazia costituzione repubblicana che è necessario si trasformi in presenza politica diretta da intrecciare, sul piano delle dinamiche sociali, a una “socialdemocrazia difensiva” capace di fronteggiare il dominante individualismo competitivo, la crescita esponenziale delle disuguaglianze, l’imperante tragico bellicismo. Anche se la qualità della politica italiana ci fa inclinare al pessimismo vale la pena di tentare, cercando di realizzare presenza culturale, soggettività politica e presenza istituzionale per fornire alla sinistra una possibilità di riaffermazione dei principi fondamentali della Costituzione Repubblicana da far valere direttamente in sede di rappresentatività politica. SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

LA GUERRA IN UCRAINA, MISURE STRAORDINARIE IN UNA SITUAZIONE ECCEZIONALE

Riceviamo e gentilmente pubblichiamo | Appare evidente che i fatti gravissimi in Ucraina hanno fatto emergere una situazione di crisi eccezionale che si aggiunge alle ingiuste ed atroci morti di civili, all’esodo di massa dalle zone di guerra e di tutto ciò che ne consegue per poter gestire al meglio la solidarietà umana e per tentare di rendere meno dura la disperazione dei profughi. Tra le varie problematiche di questo conflitto è apparso evidente il fallimento della “globalizzazione” e sono emerse in modo dirompente le enormi difficoltà di gestione della crisi economica e finanziaria a livello mondiale. A fronte dell’aggravarsi dell’azione militare russa il mondo occidentale ha risposto con l’adozione delle “restrizioni” sul piano economico/finanziario verso la Russia. Ma tale politica già mostra segnali di divisioni tra gli Stati Europei considerato che le misure adottate hanno posto dei problemi piuttosto seri sulle economie dei Paesi europei più deboli quali il nostro. E’ chiaro che trattandosi di società capitalistiche il meccanismo “sanzionatorio” determina un peggioramento delle sacche di sottosviluppo o emarginate dal ritmo produttivo generale del sistema stesso del nostro Paese. Inoltre, uno dei pericoli più gravi è quello che una volta intrapreso tale percorso non si ha “certezza” dei tempi per un ritorno alla cosiddetta “normalità”! Gli esperti di economia hanno oramai certificato il rallentamento dell’Italia rispetto alle previsione che il Governo aveva annunciato poco prima dello scoppio della guerra. Se, poi, si aggiunge a ciò il fatto che il nostro governo intende procedere per l’aumento delle spese militari, non si può che presagire che tutti questi provvedimenti “restrittivi” diventeranno ancora più ardui da gestire e da mantenere per l’Italia, e colpiranno in modo non equo soprattutto le nostre aree geografiche meno ricche o con meno potenzialità di attingere risorse nei settori della produzione industriale, agricola, turistica e via discorrendo. In questo contesto torna a bussare alle porte della politica di uno dei veri drammi dell’Italia che spesso i governi e la politica per troppo tempo dimenticano la sua esistenza. Ci riferiamo alla “situazione di disuguaglianza” che colpisce tutta l’area meridionale e che, appare interessare anche buona parte dell’Italia centrale. A fronte di ciò è doveroso chiedere e porsi delle domande: 1) la politica governativa in una fase così eccezionale ha un programma in favore del mezzogiorno che abbia una visione temporale di lunga durato e non di breve periodo? 2) nel nostro Parlamento esistono forze politiche capaci di rovesciare la tendenza alla subordinazione, all’emarginazione ed alla disuguaglianza dei luoghi di nascita? 3) i presidenti delle regioni sono e saranno in grado di “fare sistema” per porre un freno all’esodo dei giovani meridionali che sono la gioventù più triste dal dopo guerra in avanti? Noi riteniamo che in un momento così drammatico e eccezionale occorra il concorso delle forze politiche, dei presidenti delle regioni, delle forze sindacali tutte e dei singoli cittadini, affinché il “Governo dei migliori” ed il Parlamento si facciano promotori per la predisposizione e l’adozione di un “Piano straordinario di crescita per le giovani generazioni del Mezzogiorno”. Si deve passare dall’approssimazione e dalla genericità acclamata da vari settori politico-confindustriali, alla definizione di un concreto progetto che armonizzi lo sviluppo e la crescita di questi vasti territori con l’obiettivo di superare le difficoltà attuali considerato che, invece e purtroppo, quest’ultime chiudono ulteriormente ogni prospettiva lavorativa per i giovani. L’avvenire delle giovani donne, dei giovani lavoratori e delle future famiglie, visti gli anni difficilissimi che stiamo vivendo, è stroncato sul nascere, oggi ancor di più di ieri. Se si tiene conto che oramai tutte le famiglie sono diventate più povere per via dell’aumento del costo della vita e delle tasse, è facile immaginare quale sia lo status (drammatico) delle fasce più deboli del nostro Paese. L’acclamato PNRR risulta essere ancora un piano nazionale di sviluppo abbastanza misterioso poiché, da quello che si legge nelle linee generali, non è sancito né garantito il “diritto ai giovani di lavorare” con continuità e regolarità nel proprio Paese. Il nostro Stato democratico, con questo Pnrr, non appare essere in grado di assicurare ai giovani delle future generazioni la realizzazione dei loro diritti sanciti dalla nostra Costituzione. In questo panorama i nostri governanti dovrebbero porre un freno all’esodo di massa delle intelligenze giovanili! Basterebbe buona volontà e ferma decisione per riuscire a uniformare le ricchezze e le potenzialità del nostro Paese e per far ritornare l’Italia nella giusta collocazione politica e storica. Non più una Italia spaccata dalle differenze, ma una Italia dove tutti hanno gli stessi diritti e doveri attraverso un servizio sanitario non a macchia di leopardo e così per la scuola, la ricerca, le infrastrutture, la logistica, la portualità, l’agricoltura, la giustizia giusta e, non per ultimo, per la difesa dei luoghi di lavoro. Un Paese dove sia una regola consolidata la lotta agli sprechi e dove il regime fiscale sia finalmente equo e trasparente anche attraverso l’adozione di un vero “conflitto fiscale tra Stato e cittadino”. Per tutte queste ragioni riteniamo che questo momento eccezionale possa essere l’occasione giusta per ricostruire un tessuto economico, sociale e culturale necessario ai nostri concittadini ed utile al nostro paese per essere protagonista di una Europa anch’essa da ricostruire, culturalmente e non solo sul piano militare. Siamo certi che la vera Europa si potrà realizzare solo se si supereranno gli egoismi nazionali e se si mirerà ad una sorta di Stato Confederale Unito sui piani della giustizia, delle tasse, della tutela dei diritti dei lavoratori, ma solo per evidenziarne alcuni. Dunque una Italia ed una Europa che aboliscano nei fatti le disuguaglianze e che puntino a restituire tutto ciò che appartiene alla riconosciuta dignità della persona. Il successo del nostro Pnrr dipenderà molto se il Governo adotterà provvedimenti da noi indicati per dare certezza ad una strategia di sviluppo e di crescita per un lungo periodo a favore del Mezzogiorno e delle giovani generazioni. Se non ora quando? Roma, 28 marzo 2022 Domenico Carrino Paolo Di Pace Paolo Gonzales Adriana Martinelli Michele Piacentini Sandro Petrilli Gianfranco Salvucci SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con …

LA TEORIA NEOLIBERISTA CHE HA INVASO L’EUROPA, ORA IMPEDISCE LA VALIDITA’ DELLE SANZIONI ECONOMICHE ALLA RUSSIA

di Paolo Maddalena* | Il dato più importante che emerge dalla stampa odierna è il rafforzamento del Rublo, il quale dopo essere sceso del 42% nelle prime settimane del conflitto è poi risalito quasi ai livelli precedenti l’inizio della guerra. Il che dimostra che le sanzioni economiche adottate come misura contro l’invasione dell’Ucraina da parte dei russi, non hanno avuto gli effetti sperati. Ciò perché i pagamenti degli approvvigionamenti energetici, chiesti individualmente dai singoli Stati europei, che pagano somme molto ingenti, sono convertiti in rubli e provocano il rialzo delle sue quotazioni. A ben vedere questo è il risultato dell’improvvida scelta dell’occidente di mettere sul mercato tutti i beni del Popolo, facendo in modo che il mercato dettasse, non solo la determinazione dei prezzi delle merci, ma anche i tassi di cambio delle monete. Fatto che già Roosvelt paventò in un suo discorso al congresso nel 1938, sottolineando che una democrazia non è salda se consente a uno dei suoi componenti di essere più ricco dello stesso Stato democratico. Ora, come più volte ho avvertito, il mercato generale, costituito prevalentemente da speculatori, ha una ricchezza 20 volte maggiore del Pil di tutti gli Stati del mondo. Di conseguenza è diventato l’arbitro assoluto nella determinazione del valore delle monete che agiscono sul mercato. Gli Stati occidentali, l’Europa e in particolare l’Italia, con il suo capo Mario Draghi, hanno ritenuto di dissipare i capitali appartenenti ai popoli, e cioè i demani costituzionali, in una miriade infinita di privatizzazioni, donando ai singoli quello che era di tutti, sicché gli Stati e in particolare il nostro non possono esercitare nessuna influenza contro le speculazioni di mercato e noi siamo sudditi degli arbitri individualistici di quest’ultimo. Mario Draghi dovrebbe fare il mea culpa, perché in Italia fu il primo a richiedere, sul panfilo Britannia ancorato a Civitavecchia, il 2 giugno del 1992, un forte aiuto politico per privatizzare l’economia italiana. Ora la privatizzazione è stata compiuta. E i danni sono immensi, fino al punto di impedire il valore delle sanzioni economiche contro chi ha promosso una ignominiosa, lacerante e sanguinosissima guerra in Ucraina. L’effetto peggiore comunque di questo sistema economico fondato su radici puramente egoistiche è il dissiparsi della possibilità di una unione di intenti sia in Italia, sia in Europa, dove di fronte al problema energetico ognuno agisce secondo i propri interessi e non secondo gli interessi dei popoli. L’ultima tappa di questa dissoluzione economica potrebbe essere quella che anziché aiutare gli ucraini l’Europa finisca per aiutare il dittatore Putin. Non c’è altra soluzione se non quella di far valere gli articoli 1, 2, 3, 4, 9, 11, 41, 42, 43 e 118 della nostra Costituzione repubblicana e democratica. *Professor Paolo Maddalena. Vice Presidente Emerito della Corte Costituzionale e Presidente dell’associazione “Attuare la Costituzione”. SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

UCRAINA: “UNA GUERRA DEI POTENTI”

di Filippo Vasco – Socialismo XXI Toscana | Con l’esplosione della guerra e con l’attacco della Russia contro l’Ucraina, si riafferma il problema dei Diritti dell’Uomo, anche se in altre parti del mondo la situazione non è migliore, basta ricordare la Siria, l’Iraq, l’Afghanistan, la Libia, e tante altre zone dove le persone sono private della propria libertà, del diritto a vivere e della loro dignità umana. Socialismo XXI ribadisce la propria condanna all’aggressore Russo, per l’invasione militare all’Ucraina, che viene portata avanti verso obbiettivi militari, ma anche verso i civili e di intere città, compreso edifici nucleari e sanitari, rendendo molto difficili gli stessi corridoi umanitari. Insieme alle morte dei militari degli eserciti che si affrontano, in particolare c’è la morte della popolazione civile, vittime innocenti, con un’epocale esodo di massa (anziani, inabili, donne e bambini), verso l’Europa e in particolare verso la Polonia e la Romania. Con l’atto di guerra aperto dalla Russia, si combatte sul terreno dell’Ucraina, ma di fatto, sembra, con motivazioni diverse, uno scontro tra superpotenze, dove ognuno vuole allargare la propria sfera d’influenza, a partire dalla stessa Russia, Stati Uniti, Cina, l’India, compreso diversi stati Arabi. L’unica realtà, priva di una politica estera comune, senza un esercito, aldilà delle sanzioni economiche, che fanno male alla Russia, ma anche a tutti i Paesi del nostro continente, è l’Europa, che insieme all’Ucraina pagherà il prezzo più alto di questo terribile conflitto. Ci possiamo solo augurare, che come la pandemia mondiale del Covi d 19, anche questo conflitto, porti l’Europa ad una seria e profonda riflessione e analisi, per costruire una Europa unita e Federale, capace di avere una politica estera e una difesa all’altezza del suo rango nel mondo, ma in particolare una politica economica e sociale e una regola comune sulla tassazione e sull’energia, elemento determinante per l’economia e le famiglie. Su questi obbiettivi, di unità e solidarietà europea, i Socialisti di tutti i Paesi dell’Europa hanno l’obbligo etico e morale, nel rispetto della propria storia, ma in particolare hanno il dovere di dare una risposta al futuro per le nuove generazioni, affinché la terra su cui tutti viviamo, sia rispettata nella sua natura e nella solidarietà dell’essere umano, attraverso regole che determinino la pace e la dignità della persona. Questo percorso è l’unica strada che può dare all’Europa l’unità, il prestigio della sua antica storia, definito il vecchio continente, avere un peso concreto nella necessità di riscrivere le regole della pace, arrivando a definire regole inviolabili per stabilizzare la pace attraverso una Conferenza di tutti i Paesi della Terra, per trovare un nuovo equilibrio geopolitico e una stabilità economica, finanziaria e sociale, per tutti i Paesi del mondo. Inoltre, bisogna chiedere alle Nazioni Unite (ONU), di impegnarsi a sollecitare la cessazione della guerra e occuparsi ad aprire un tavolo di mediazione del conflitto tra Russia ed Ucraina, mentre l’Europa deve impegnarsi nell’azione diplomatica per la cessazione della guerra, essere all’altezza della situazione al fianco della resistenza Ucraina e fornire la piena solidarietà e ospitalità ai profughi in fuga dalle diverse città Ucraine. Infine è opportuno ricordare, che le guerre portano disastri e morte, in particolare ne escono sconfitti tutti i popoli, con morti, feriti, povertà e disuguaglianze sociali incalcolabili, lasciando tra cittadini e tra le famiglie, aspetti spesso insostenibili per un ritorno ad una vita “normale” per costruire il futuro, per loro e i propri figli. Per chiudere, Socialismo XXI sostiene la seguente idea di vivere il mondo: tutte le guerre sono spesso interessi di pochi, ma a pagare sono sempre i popoli inermi, quindi la strada maestra per vivere “normali” in un rapporto sociale e solidale, è soltanto la Pace e i Socialisti sono sempre stati e saranno per la libertà, la pace , la giustizia e la solidarietà dei popoli della terra. SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it