PENSIERI AD ALTA VOCE

di Bruno Lo Duca – Coordinatore Socialismo XXI Piemonte | Ciao compagni e compagne, mi scuso se comunico con voi in questo modo, ma sento di dover dire qualcosa e questo mezzo mi aiuta a farlo. Premetto che le mie conoscenze e le notizie che attingo giorno per giorno sono infinitamente insufficienti per un’analisi approfondita della situazione internazionale, come altri invece potrebbe fare con ragione e raziocinio. Che siamo tutti di fronte a una vera tragedia non ho neppure bisogno di sottolinearlo; che si debba fare ogni sforzo per aiutare gli ucraini a salvare la pelle, anche fornendo ospitalità nel nostro Paese, non c’è dubbio.               Che li si debba aiutare con sanzioni pesanti contro la Russia e altro ancora mi sembra giusto e logico; non si può certo confondere l’aggressore con l’aggredito e nulla lo giustifica per un intervento militare evidentemente pensato e organizzato da tempo. E qui sta la mia prima sciocca domanda “gli analisti del giorno dopo li sentiamo tutti, ma quelli del giorno prima ci sono ancora, dove sono finiti, parlano, dicono o dicevano cose importanti, venivano ascoltati o no?”. Sono stralunato al solo pensiero che NESSUNO sapesse o avesse capito o anche solo intuito; non è questo il compito che mi aspetto dagli analisti e dai servizi segreti e neppure dai loro governanti.                                                                                                          Lo sostenevo pubblicamente anche 5 anni fa, commemorando la ricorrenza del 4 novembre; a maggior ragione lo sostengo oggi con le notevoli possibilità attuali di avere per tempo le notizie che contano. Giuste o sbagliate che fossero state le azioni e le reazioni nel 2014 nella regione del Donbass, secondo voi era logico o no aspettarsi che qualcosa di poco simpatico potesse succedere negli anni a venire?                                          E i famosi Accordi di Minsk prevedevano clausole così importanti che non sono state rispettate, neppure con la dovuta mediazione “occidentale? Noi non abbiamo certo trattato vicende similari in Alto Adige con questo stile e sicuramente per questo “ne siamo usciti vivi”, dopo un periodo di significativa paura per gli attentati dinamitardi subiti. Ma si sa: dall’altra parte dell’Europa siamo nei Balcani e i Balcani hanno insegnato sempre storie complicate e molto negative. Per questo il disegno di Putin mi è parso chiaro fin dal primo giorno dei cosiddetti “colloqui bilaterali farsa”: è un dittatore (non l’ho mai dubitato), orfano della potenza dell’Urss, che comanda un “paesone spaesato” nel quale le libertà non sono mai state all’ordine del giorno.                                Ancor più perché questo “paesone” non se la sta passando tanto bene, eppure non ha ancora la forza che serve per ribellarsi e, forse, non l’avrà mai (spero tanto di sbagliarmi). Perciò mi sento certo che le scusanti addotte non costituiscono la realtà vera per una decisione così grave, ma aiutano solo Putin a continuare nel suo disegno antistorico e criminale. Ciò detto mi ha turbato alquanto il senso del discorso del Presidente ucraino con il Congresso americano e con il Parlamento tedesco, che ci viene proposto dai giornali con questa frase: “A ogni bomba sull’Ucraina si alza un muro con la UE”. Mi chiedo se ci creda davvero, perché – se così fosse – sarebbe una concezione molto grave, che ci porterebbe tutti dritti verso la terza guerra mondiale: una soluzione del tutto impensabile e fuori luogo! Però – sempre i giornali dicono – pare che “qualche Paese europeo” cominci a pensare a fornire un aiuto militare ben più sostanzioso e presente sul terreno dello scontro e che lo abbia annunciato senza sentire alcun bisogno di concordare una simile gravissima decisione con chicchessia.                                                                    E questa è una prima considerazione personale che mi sconforta decisamente, soprattutto se provo a rifare i conti con i Paesi esteuropei che stanno così tanto a fatica dentro “i valori” dell’UE, anche se mungono soldi a palate ogni giorno. Possibile mai che stia girando un disegno ancora più pesante sul finale – quale che sarà – di questa ignobile guerra? Lo dico anche perché sapere che sul terreno dello scontro – già piuttosto popolato da gente, a dir poco, strana – starebbero arrivando mercenari di lunga esperienza, ceceni pochissimo raccomandabili e quant’altro di peggio queste situazioni sono in grado di sollecitare, non mi rasserena affatto. Non sarebbe soltanto un’ulteriore carneficina, ma la fine di ogni barlume di speranza di farla finita e di mettersi davvero attorno a un tavolo per decidere qualcosa di concreto e di utile per entrambi i contendenti. Non mi assale il dubbio su chi ha acceso la miccia, ma quello di non riuscire a capire le scommesse che si stanno facendo sul futuro di tutti noi, che mi sembrano davvero troppe. Per concludere: penso che già oggi noi siamo investiti da queste incredibili vicende e che dovremmo trattarle come prioritarie nel nostro programma, altrimenti ne resteremo definitivamente travolti. SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

LA RISPOSTA DELLA SCUOLA ALLA CRISI ENERGETICA: FOTOVOLTAICO IN TUTTE LE SCUOLE

di Christian Vannozzi | Non si deve necessariamente ricorrere al nucleare per far fronte alla crisi energetica, che oltre a gravare sulle famiglie italiane grava anche sulla finanza pubblica. Ospedali e scuole, e tutte le infrastrutture hanno infatti bisogno di energia che grava sulle spalle dei contribuenti, e i costi di questa aumenta settimanalmente aggravata dalla scellerata guerra tra Russia e Ucraina, che oltre a danneggiare direttamente i poveri cittadini che subiscono tutte le conseguenze e gli orrori della guerra, indirettamente colpisce diversi Paesi europeo, tra cui il nostro, che è totalmente dipendente dagli altri Paesi, tra cui la Russia, per quanto riguarda le risorse energetiche. I fautori del nucleare, tra cui l’attuale ministro alla transizione ecologica, spingono fortemente sulla costruzione delle centrali nel nostro Paese, sicuramente spinti da quegli imprenditori che capitalizzerebbero i loro fondi proprio su questa impresa, ma perché accedere a un’energia tanto pericolosa e inquinante quando l’Italia può seriamente contare sulle energie rinnovabili? Il sole non manca nella Penisola, come non mancano il vento e i vulcani (eolica e geotermica), per questa ragione parte dalla scuola, precisamente dall’ANP (Associazione Nazionale Presidi), tramite il suo presidente Antonello Giannelli, arriva una proposta rivoluzionaria che il ministro dell’Istruzione, Patrizio Bianchi, avrà modo di esaminare, vista la possibilità di denaro che il PNRR concederà per l’innovazione e gli interventi edilizi nelle strutture scolastiche. Si tratterebbe di ben 800 milioni, sufficienti per un investimento energetico che permetterebbe, nel tempo, di moltiplicare i fondi spesi. L’idea del presidente Giannelli riguarda l’installazione di pannelli solari fotovoltaici sui solai di ogni scuola, in modo da poter realizzare una centrale elettrica senza precedenti in grado di soddisfare i bisogni energetici del plesso. Con questo progetto non solo si risparmierebbero ingenti risorse destinate alle forniture energetiche scolastiche ma si risponderebbe alla richiesta degli studenti che a gran voce invitano gli adulti a salvare il pianeta, in modo da poterlo lasciare alle generazioni future. Articoli Allegati: SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

L’AUMENTO DELLA SPESA MILITARE DEI PAESI EUROPEI

di Aldo Potenza – Presidente Socialismo XXI | In almeno due occasioni, per responsabilità della Francia (il fallimento della CED e della Costituzione europea) il tentativo di costruire una Europa più integrata è fallito.La debolezza della UE è apparsa in tutta evidenza diverse volte, ma sopra tutto con la pandemia che ha spinto i Paesi europei, qualcuno con forti riserve, ad adottare, finalmente, misure eccezionali. Ora con il conflitto in Ucraina si apre una nuova sfida nel campo della spesa per la difesa che però, da ciò che si legge, passa attraverso il potenziamento della potenza militare di ogni singolo Paese della UE.Con le decisioni che si stanno per assumere la spesa dei Paesi europei per la difesa passerebbe dagli attuali 198 miliardi a circa 264 miliardi di euro. Con la Germania che potrebbe diventare la prima potenza militare europea. Si tratta di scelte che dovrebbero poter disporre di un assetto europeo ben diverso dall’attuale dove l’unico vero strumento di governo unitario è la BCE anche se statutariamente non le è conosciuta la funzione di banca di ultima istanza.A mio avviso mai come ora è urgente “la necessità di attrezzare l’organizzazione politica e istituzionale UE perché la forza militare dei suoi membri sia messa al servizio di un disegno politico-strategico condiviso e cresca in modo equilibrato nell’Unione”Giustamente osservano tre studiosi (Vincenzo Camporini, Michele Nones e Alessandro Marrone) non farlo “sarebbe estremamente rischioso”. L’idea che ogni singolo Paese Europeo possa svolgere un significativo ruolo nelle economia, nella finanza e nella difesa è velleitaria e può solo alimentare pulsioni nazionaliste molto pericolose.Nel nuovo assetto mondiale l’Europa non riesce a svolgere un ruolo autonomo perché manca di una vera integrazione politica e militare.La grave crisi che stiamo vivendo credo quindi che ponga con forza la necessità di uscire dalla illusione che l’Europa nella attuale condizione possa esercitare una vera autonoma politica economica ed estera, ispirata alla pacifica convivenza con altre potenze mondiali, senza disporre di una Costituzione europea; un Parlamento dotato di poteri simili a quelli nazionali e un Governo europeo.Questa scelta non necessariamente comporterebbe una forte limitazione delle autonomie nazionali, basterebbe definire in Costituzione i campi di intervento e i limiti del Governo europeo. La questione non è nuova, ma le vicende recenti la ripropongono con evidenza assoluta e se non ci fosse la volontà di affrontarla si correrebbe il rischio che a lungo andare invece di progredire lungo la strada della unità, prima o poi i nazionalismi prendano il sopravvento nella ingannevole e velleitaria idea che si possa intervenire nello scenario mondiale disponendo di una forza economica, militare e politica nazionale.Sono consapevole delle difficoltà di un simile disegno, ma quale è l’alternativa? SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

SOCIALISMO O LIBERO MERCATO

di Renato Costanzo Gatti – Socialismo XXI Lazio | Quest’anno la crisi pandemica e quella ucraina hanno messo a nudo le carenze strutturali del nostro Paese e l’inconsistenza politica dei governi che l’hanno guidato negli ultimi 50 anni. Le crisi ci hanno messo di fronte alla mancanza di un piano pandemico, dall’assenza di un piano energetico e quindi all’impreparazione per affrontare una crisi politica come quella rappresentata dall’invasione russa in Ucraina. La mancanza di piani, non solo quello pandemico ed energetico, ma di molti altri quali quello contro le disugiaglianze, l’occupazione, la gestione dei NEET che ammontano a più di tre milioni, denuncia il trionfo del capitalismo che rifiuta ogni ingerenza dello stato in economia (tranne quando invocano sussidi a fondo perduto quando si verificano i fallimenti del mercato) e la resa del mondo socialista al primato del mercato (penso alle liberalizzazioni di Prodi e alle lenzuolate di Bersani). Eppure quando negli anni sessanta si nazionalizzò l’industria elettrica e si varò l’Enel, fummo capaci, subito dopo la crisi del 1972, dovuta al rincaro del petrolio, che ci svelò l’esigenza di renderci indipendenti dal petrolio che dovevamo importare, ad elaborare un Piano Energetico Nazionale PEN che mirava entro la fine del secolo all’autonomia energetica grazie alla programmazione di ben 62 centrali nucleari. Le successive evenienze politiche, tra cui primeggia il referendum sul nucleare, affossò quella pianificazione, ma quel che è peggio è il fatto che a quel piano accantonato per volontà popolare, non si provvide a lavorare ad un nuovo piano. Si privatizzò l’Enel, e ci si affidò alle mirabolanti soluzioni che la mano invisibile del mercato ci avrebbe apportato. Il risultato è sotto gli occhi di tutti: siamo dipendenti dal gas russo in una misura tale per cui continuando a comperare quel gas stiamo finanziando l’invasione in Ucraina, cui tuttavia promettiamo invio di armi. Tanto più significativo sarebbe se ordinassimo di spengere i riscaldamenti in tutto il Paese (con l’eccezione di ospedali e paesi sopra i 600 mt) tagliando di molto l’importazione di gas, dando un segno concreto di solidarietà all’Ucraina e di condanna alla Russia, aiutando la nostra bilancia commerciale e richiedendo in concreto, e non a parole, il sacrificio degli italiani. Ora in Italia non esiste un partito autenticamente socialista perché non esiste una cultura socialista e nel conformismo generale stiamo subendo una lobotomizzazione da pensiero unico. Esemplare, per mia preferenza culturale, è il pensiero economico che accetta incondizionatamente la dottrina marginalista per la quale nel processo di produzione dei prodotti il prezzo che viene determinato dal mercato riconosce, infallibilmente e proporzionalmente ad esso, il contributo dato da terra, capitale e lavoro. Scrive Joan Robinson che allo studente si insegna che Q=f(L,K) dove L è una quantità di lavoro e K una quantità di capitale e Q la quantità prodotta di una merce (la terra è sottintesa). Gli viene poi spiegato come calcolare L in ore-uomo e l’uso di numeri indice per la professionalità di ogni tipo di ora-uomo ma per quel che riguarda K si glissa e non si spiega come misurarlo. Il fatto è che il capitale è composto da beni prodotti e quindi è composto di beni che sono l’incognita della funzione che dobbiamo risolvere. La contraddizione del marginalismo, peraltro riconosciuta dai marginalisti stessi, esplicitata dal capolavoro di Piero Sraffa nel suo Produzione di merci a mezzo di merci, viene ignorata dal pensiero unico accademico, lasciandoci in balia del marginalismo capitalista. Quelli che erano i partiti del socialismo sono finiti, uno nell’insignificanza, l’altro si è sciolto e ritrovato nel Partito Democratico (scimmiottatura del partito statunitense) perdendo quasi tutti i voti dei lavoratori espatriati prima nei 5S e poi, mi vergogno a scriverlo, nella Lega salviniana. L’abbandono di una politica economica “science based” per limitarsi a ricercare la compiacenza del capitale che non distrugga fino all’ultimo le conquiste del dopoguerra, e riducendosi quindi alla ricerca di risultati assistenziali, dimostra e spiega perché siamo caduti ad uno stato che vede il default incombere su di noi. SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

BAMBINI E GUERRA

di Carlo Vincenzo Monaco – Coordinatore Socialismo XXI Sardegna | Ci siamo adattati ad un destino ineluttabile di convivenza con le guerre e ci sembra normale che tutto ciò avvenga. Le stragi dei bambini fanno parte della conseguenza dello sfruttamento delle risorse, mascherandole con diritti nazionali da difendere e autorizzazioni sovrannaturali che permettono sopraffazione e morte di persone ignare ed innocenti, solo perché vivono nella gran parte dei paesi del globo con disponibilità di queste risorse. I rapporti politici ed economici, le religioni e le diatribe storiche tra i popoli, non possono giustificare la tragica decadenza della nostra natura umana. Che senso ha la vita se il suo valore è nullo difronte al dio denaro ed al potere? E noi sardi non sentiamo nessuna responsabilità nel favorire con la nostra indifferenza la concretizzazione di queste stragi? Siamo il popolo che al di là di tutti i principi internazionali e costituzionali sanciti dalla fine della seconda guerra mondiale, ospita sulla nostra terra l’economia delle armi che vengono da anni impegnate nello Yemen in una guerra senza senso ma con immani perdite di vite umane e di bambini. Proviamo ad andare a vedere i volti di questi bambini nel dramma della guerra nello Yemen e nel mondo, basta cercare in rete, bambini e guerre. Se le nostre coscienze rimangono indifferenti guardando gli occhi, le ferite e la disperazione di questi bambini, non so con quale coraggio riusciamo a guardare i nostri di bambini. E se consideriamo gli sguardi di tutti i bambini nelle guerre di tutto il mondo o nei paesi poveri dove sono obbligati a lavori ignobili compresi quello dei bambini soldato, i bambini migranti vittime nei drammatici naufragi nel mediterraneo e non solo, i bambini che muoiono di fame in ogni angolo del mondo, mi chiedo che senso ha la nostra vita racchiusa in un egoismo sempre più grande se rapportato al falso benessere nei quali ci siamo abituati. A ben poco vale l’impegno degli Organismi Internazionali per la Tutela dell’Infanzia o il lavoro delle ONG impegnate nei territori in guerra al servizio dei diritti riconosciuti a livello di stati e globale. Eppure i nostri figli del mondo, nel pensiero Montessoriano sono considerati divini perché nella loro innocenza sono i più vicini a Dio.  Rispetto a questo drammatico fallimento non ci resta altro da sognare che i bambini del mondo benestante possano aiutare i bambini del mondo offeso. Proviamo a pensare in che modo una evoluzione generazionale ed umana possa invertire la infinita insensibilità degli esseri e trasformarsi in una azione concreta di difesa e salvaguardia di questa immensa innocenza. Una via da percorrere ci viene suggerita dallo spirito Montessoriano che anche in Sardegna si sta sviluppando nelle scuole materne e primarie. Aiutatati che il ciel ti aiuta ci dicevano quando eravamo bambini noi. Ebbene, la creatività incompresa dei bambini può essere valorizzata in un progetto regionale di sviluppo in ogni forma dell’arte in cui i bambini sono naturalmente portati aiutandoli a creare opere da interpretare e valorizzare in modo che possano diventare un patrimonio universale da dedicare a favore dei bambini delle guerre e del disagio infantile. Se fosse veramente possibile immaginare una fondazione per la gestione anche economica di questo nuovo patrimonio di arti originali, si creerebbero delle risorse per intervenire nei luoghi di guerra ed in quelli come lo Yemen che ci riguarda direttamente come sardi ed in quei fronti su cui cresce l’oscurità di una guerra oggi, come in Ucraina e nelle altre zone contese dai grandi interessi globali. Con moratorie preliminari si deve preservare a priori dalle guerre in un tempo sufficiente per trasferirli in luoghi sicuri dove le bombe, le esplosioni e le morti non siano udibili neanche col pensiero. Luoghi in regioni lontani dagli interessi militari ed economici dei paesi contesi oppure in regioni di altre nazioni capaci di ospitarli e garantire loro una crescita serena come meritano tutti i bambini per divenire adulti incapaci di pensare neanche lontanamente alle guerre. Adulti di una nuova generazione che in base ad una crescita creativa e circondata da verti affetti insieme ai loro genitori e persone care siano circondati da affetti nuovi e da una accoglienza anche se di altre comunità votate al rispetto ed alla adorazione dei bimbi del mondo. Sarà mai possibile che in ognuno di noi possano scomparire le guerre, sostituendole con un animo nuovo con un bisogno ed una capacità di vivere in pace? Da qualche anno rifletto e sogno sui Parchi delle arti dei Bambini. Con la pedagogia della liberazione dei bambini si punta ad eliminare l’azione negativa della repressione della spontaneità infantile ed a dare vita ad un nuovo mondo di pace. Nel libro di Giulia Spada, Sono morto come un vietcong – leucemie di guerra, Edizione Sensibili alle Foglie, si racconta un fatto sconosciuto ai sardi, avvenuto dopo la fine della guerra nel Vietnam. Tutti ricordiamo le stragi con le bome al napalm. Ebbene questo velenosissimo e micidiale prodotto è stato stoccato dopo la guerra in bidoni nascosti che hanno iniziato anni dopo a deteriorarsi ed In tutta segretezza immaginate dove furono trasferiti? Sotterrati in un paesino della Sardegna e poiché nessuno lo sapeva, su quel terreno fu costruita una scuola per bambini. La scuola funzionò tranquillamente per alcuni anni sino a quando maestri e bambini non si ammalarono inspiegabilmente di leucemie. Il primo a morire fu un maestro e poi tragicamente diversi bambini. Questo per far capire come le guerre mietono vittime innocenti anche dopo la loro fine anche dopo aver fatto strage nei territori in cui sono state già devastanti. Claudio Lamparelli, è autore del libro Montessori, educare alla libertà, Oscar Mondadori, che mi ha illuminato rispetto al sogno che pare impossibile. E partendo dallo spirito di affermazione Montessoriana, che con la massima umiltà e rispetto, mi permetto di proporre un progetto possibile che favorirà l’esprimersi spontaneo della enorme creatività dei bambini nelle nostre città come ricerca delle libertà e come insegnamento vitale per i bambini, per i genitori, gli educatori e soprattutto noi tutti. …

LA GUERRA, CIOE’ LA SCONFITTA

di Andrea Ermano – Direttore de L’Avvenire dei Lavoratori | EGOISTICAMENTE, dai nostri divani televisionari noi occidentali assistiamo allo spettacolo tremendo della guerra: centri abitativi sbriciolati, grattacieli incendiati, città distrutte, donne, vecchi e bambini terrorizzati, morti e feriti tra i soldati e i civili in aumento di ora in ora. Immagini toccanti, alle quali noi guardiamo ritenendo però che in Ucraina si stia svolgendo uno scontro certo scandaloso, ma tutto sommato circoscritto. Di fronte al quale i giovani in piazza fanno bene a manifestare per la pace. E i vecchi al governo avranno le loro ragioni per applaudirli con una mano mentre con l’altra stanziano centinaia di miliardi nella corsa al riarmo. La novità del riarmo europeo c’inquieta un po’. Ma ci sarebbe da stare ancor meno tranquilli se l’aggressione russa sfociasse in un attacco atomico. Ma nessuna persona assennata impiegherebbe oggi le armi nucleari. Ma Putin potrebbe anche non essere ritenuto una persona assennata, dopo l’ordine in mondovisione di attivare la minaccia nucleare. Ma è tutto un bluff, perché la dezinformatsiya fa intrinsecamente parte del DNA moscovita, dove nulla mai si lascia intentato pur di confondere le idee alla povera gente. Non saremo cascati dentro una variante trash de “Il dottor Stranamore” o in mezzo alla fiaba raccontata da un idiota piena di chiasso e furore?   Contrasta con l’indefinito chiaroscuro di enigmi avvolti nei misteri la grande limpidezza con cui lo storico israeliano Yuval Noah Harari mette in luce il coraggio dimostrato dalla nazione ucraina in lotta per la libertà: «Le storie sul coraggio degli ucraini infondono determinazione non soltanto negli ucraini, ma nel mondo intero. Sono loro a infondere coraggio ai governi delle nazioni europee, all’Amministrazione degli Stati Uniti e perfino ai cittadini russi oppressi. Se gli ucraini hanno il coraggio di sfidare un carro armato a mani nude, il governo tedesco può avere il coraggio di rifornirli di missili anticarro, il governo americano può avere il coraggio di estromettere la Russia dal circuito Swift, e i cittadini russi possono avere il coraggio di dimostrare la loro opposizione a questa guerra insensata». L’uomo forte del Cremlino a causa della sua insensatezza potrà anche vincere tutte le battaglie, ma in realtà ha ormai perso la guerra, sostiene Harari. Come non essere d’accordo, tanto evidente è la disfatta alla quale Putin appare predestinato. Perché “guerra”, alla fine, è sinonimo di “sconfitta”. Un’equazione che avevano ben compreso le nostre madri e i nostri padri costituenti ripudiando il ricorso alle armi come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali.   PECCATO che nel testo di Harari non si accenni, però, al “regime speciale di servizio da combattimento” ordinato domenica scorsa dal dittatore del Cremlino tramite l’attivazione delle “forze di deterrenza”, un’espressione tecnico-militare russa che implica l’impiego eventuale di armi atomiche. Non si tratta di dettagli. Perché quella «è la mossa di un leader con le spalle al muro», sostiene il politologo USA Ian Brummer, il quale non esclude affatto che lo zar possa far girare le chiavette nelle valige nucleari. D’altro avviso Piero Fassino: «No, non credo che convenga, in primis, proprio a Putin: il mondo si può distruggere una volta sola. È questo che vuole? Non penso». Dunque, tutto a posto, garantisce Fassino, il quale in quanto Presidente della Commissione Esteri della Camera attinge sicuramente a fonti privilegiate. Tuttavia, il ministro russo Lavrov continua urbi et orbi a ribadire che «la Terza guerra mondiale sarebbe nucleare». Sia lode al dubbio! Vi consiglio, salutate serenamente e con rispetto chi come moneta infida pesa la vostra parola!  Bertolt Brecht lodava il dubbio, ma in mezzo alla battaglia, quando bisognerebbe solo pensare a combattere, cioè a uccidere il nemico se non si vuol esserne ammazzati, ogni tentennamento parrebbe più follia che fellonia. E, a giudicare dall’aria di mobilitazione generale oggi così diffusa ovunque, non c’è dubbio alcuno che stiamo vivendo un mutamento di paradigma rispetto alla cultura della pace e del disarmo, egemone durante i quasi otto decenni del secondo Dopoguerra. Ma allora, perché non unirsi al coro? Alla carica, armiamoci e partite! Purché, beninteso, noi vecchi si possa rimanere sui nostri tele-divani agitando la stilografica a mo’ di baionetta. Che ci andassero i giovani, in trincea, volando sulle ali dei loro eroici furori… È quel che arguisce senza peli sulla lingua il premier polacco Morawiecki, esponente dell’ultradestra europea: «Si è conclusa l’era della pace e dell’ordinamento internazionale». Se lo dice lui… come stupirsi che in questi nostri tempi, DOPO il Dopoguerra, si respiri un’aria poco pacifica. Né c’è Morawiecki soltanto. Anche l’enfant prodige della storiografia progressista contemporanea Harari si produce in formule bellicose: «Ogni carro armato russo distrutto e ogni soldato russo ucciso incrementano il coraggio degli ucraini a opporre resistenza. Parimenti, ogni ucraino ucciso aumenta l’odio degli ucraini». E prosegue così: «L’odio è il peggiore dei sentimenti. Ma, per le nazioni oppresse, l’odio è come un tesoro nascosto: è sepolto in fondo al cuore e può alimentare la resistenza per generazioni». Oplà. Eccoci spiaggiati sull’odio come tesoro nascosto e come fattore resistenziale. Eppure avvenne “per dignità non per odio”, secondo Pietro Calamandrei, ciò “che si chiama / ora e sempre / Resistenza”. LIMITANDOCI ora all’essenziale: l’intervento di tipo militare ci appare assolutamente inidoneo ad aiutare tanto il popolo ucraino quanto l’Occidente quanto il mondo tutto. Per questa ragione noi qui aderiamo alle posizioni espresse da Dmitrij Muratov, premio Nobel per la pace 2021 e direttore della Novaya Gazeta di Mosca: «La guerra è un crimine. L’Ucraina non è il nemico. La Russia pagherà un prezzo enorme per la scelta fatta da Putin. Mentre le bombe cadevano sull’Ucraina nelle prime ore del 24 febbraio, nella metropolitana di Mosca la gente andava al lavoro particolarmente cupa in volto. Non esultava per la guerra improvvisa. La guerra con l’Ucraina è assurda». Un gruppo di scienziati russi gli faceva eco pubblicando una lettera aperta contro il proprio governo: «Noi, scienziati e giornalisti scientifici russi, dichiariamo la nostra ferma opposizione all’aggressione lanciata dalla Russia nei confronti del popolo ucraino». Anche 233 sacerdoti e diaconi della Chiesa ortodossa russa si sono uniti alle voci di protesta: «Nessun appello non violento per …

LA PROPOSTA DI MINOPOLI E LA URGENTE NECESSITA’ DI UN PIANO ENERGETICO EUROPEO

di Pino Augieri | In questo quadro una programmazione nazionale del fabbisogno energetico La proposta di Umberto Minopoli sull’energia elettrica mi sembra interessante perché consente di aprire un nuovo – e spero più positivo – capitolo nella discussione sulla politica energetica. Discussione che langue. Non entro nel merito della realizzabilità della proposta, che si lega anzitutto alla accettazione – da parte della Francia – di dividere, con l’Italia, produzione e utilizzo di una riserva che già una volta è stata dichiarata strategica dai nostri “cugini”. Ma le recentemente rinnovate buone relazioni, soprattutto con Draghi, dei rapporti tra i due Paesi segnano un punto a favore. Al di là della finalità immediata di sollecitare, per questa via, un possibile “sconto” sull’energia elettrica  che importiamo ed in prospettiva importeremmo; sconto che in una situazione di partenariato potremmo chiedere con un po’ di forza in più; al di là dell’immediato dunque mi piace, della proposta, l’idea che si possa in tal modo sollecitare – creando un primo nucleo operativo – la discussione prima e soprattutto la realizzazione poi di un piano energetico europeo per una politica energetica comune. Non tutti sanno che significa definire un piano energetico: e forse è bene riepilogarlo, almeno negli elementi più significativi.  Significa decidere l’andamento delle richieste di consumi di energia dei prossimi anni e dunque il fabbisogno da assicurare; determinare il mix di fonti primarie da utilizzare per la produzione; decidere la quota di dipendenza dall’ ”estero” nella fornitura di queste fonti (e questa decisione è interdipendente da quella precedente); produrre una previsione di utilizzo almeno trentennale – e forse ancor più a lungo termine – delle centrali (dando per scontato – come è scontato – che le fonti rinnovabili da sole non potranno mai assicurare la piena copertura del fabbisogno energetico), partendo dalla considerazione che occorrono 5/10 anni per la loro costruzione e che i relativi costi sono ammortizzabili in altri 25/30. Se poi si parla di centrali atomiche tutto il discorso dei tempi si sposta verso il massimo dei tempi indicati. Scusate se è poco. Le questioni relative all’approvvigionamento delle fonti primarie, o per meglio dire di quelle fonti che devono integrare quelle “proprie”, sono evidentemente questioni delicate di geo-politica che riguardano “l’affidabilità politica” degli Stati “esteri” ai quali ci si rivolge. Dunque, parlare di un piano energetico europeo – anziché di un piano nazionale – significa poter contare su fonti primarie europee e non solo autoctone; di un potere contrattuale verso i fornitori “esteri” ben più ampio di quello delle singole Nazioni; del dispiegarsi di intese, programmazioni e contrattazioni che, saranno pure altrettanti banchi di prova, ma sono altrettanti tavoli comuni di lavoro sui quali far crescere l’idea stessa di Europa. Dunque Minopoli – e qui il mio apprezzamento – adombra la messa sul tappeto di una problematica che le ultime vicende hanno misurato nella sua immensa dimensione, con una sollecitazione all’Europa a fare un passo avanti. Ma, indirettamente, anche un “avviso ai naviganti” di casa nostra: se non fosse possibile un piano energetico europeo, è bene sapere che senza programmazione e pianificazione dell’energia si fa un salto nel buio che è impossibile accettare. Dunque toccherebbe a noi, da soli, predisporne uno nazionale. Con qualche difficoltà in più e con ancora maggiore urgenza.   SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

UNA SERIA PROPOSTA SULL’ENERGIA ELETTRICA CON CONTINUITA’ E A PREZZI STABILI E CONTENUTI

  di Silvano Veronese – Vice Presidente Socialismo XXI |   Umberto Minopoli, che di queste cose se ne intende come pochi, in un recentissimo post ha lanciato questa proposta che condivido e che merita di essere discussa e propagandata. Come sempre fa, una proposta concreta e che, permetterebbe al nostro sistema di acquisire energia elettrica con stabilità di fornitura e di prezzo in attesa di esiti di un dibattito nel Paese ed in Parlamento su “nucleare SI nucleare NO” che avranno come sempre tempi lunghissimi di interminabili discussioni e contrasti. Essa merita di essere discussa e oggetto di pressioni sul Governo e Parlamento affinchè la prendano in esame.   TRATTO DA UN POST DI UMBERTO MINOPOLI| “Sulla crisi dei prezzi nell’energia, noi procediamo a bonus. E, al massimo, ci illudiamo che producendo più gas (e più rinnovabili) c’e la caveremo. La verità l’ha spiegata Macron: dovremo rimpiazzare grandi quantitativi di energia fossile e, nello stesso tempo, produrre tanta energia elettrica, se vogliamo mantenere i target della de-carbonizzazione. La Francia ha una politica strutturale: allungare la vita delle centrali francesi a 50 anni; la costruzione di 6 nuove centrali nucleari EPR , e il lancio del programma per aggiungervi altre 8. La Francia aggiungerà’, entro il 2050, 25 GW elettronucleari (equivalente di 15 nuove centrali ) all’ attuale produzione di energia elettrica. Finirà che dovremo importare dalla Francia ancora di più di quel 15% di energia elettrica nucleare che oggi compriamo all’estero. Faccio una proposta al nostro governo: se non volete centrali nucleari, perché non consentire ad utilities ed imprese italiane energivore di entrare nella nella costruzione delle centrali nucleari francesi? Per importare la loro energia elettrica a prezzi stabili e programmati? L’ energia elettrica che importiamo costerebbe molto di meno. Occorrerebbe concepire il nucleare francese come una risorsa europea.       SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

UNA RIFLESSIONE A MARGINE DELLA RIELEZIONE DI MATTARELLA ALLA PRESIDENZA DELLA REPUBBLICA

  di Alberto Leoni – Coordinatore Socialismo XXI Veneto |   La vicenda della elezione del Presidente della repubblica ha sancito,anche formalmente,la fine della Seconda Repubblica? Presumibilmente sì. Per vari motivi: 1) fragilità delle coalizioni che si sono dissolte 2) fragilità dei partiti stessi che da tempo non hanno classe dirigente robusta e leadership autorevole 3) mancanza di visione e consapevolezza sui problemi del Paese e capacità di trovare risposte (pensiamo alla drammatica mancanza di politica estera da cui oggi dipende l’esplosione della priorità assoluta energetica) Ci si è affidati,senza entusiasmo, al prestigio internazionale del duo Draghi Mattarella. Si è rinunciato ad esercitare il proprio compito. Ma l’equilibrio è fragilissimo. Anche il peso di Draghi, che pur è stato determinante nella elezione di Mattarella, nelle prossime settimane ne risulterà indebolito. La crisi dei partiti rischia di trasferirsi anche a Palazzo Chigi. Nella aula di Montecitorio io ho visto  anche una RAPPRESENTAZIONE PLASTICA DELLA SOCIETA’ ITALIANA, o almeno di una gran parte di essa. Una società che,pur con indiscusse qualità creative, è alla ricerca di un equilibrio, scossa da egoismi,aggressività, scarsa generosità verso i giovani, chiusa in un presente che pare non avere domani. La pandemia ha accentuato questo tratto già evidente prima. LA POLITICA RIFLETTE LA SOCIETA’, NE E’ LO SPECCHIO (Salvemini). La Politica è utile? Se facessimo un referendum l’esito sarebbe ahimè scontato. Ma pochi capirebbero che anche togliendo di mezzo la politica e le sue espressioni poco edificanti degli ultimi anni (almeno 11 se non 30) quelle funzioni guida avrebbero altri conducenti (lobbies economiche in primis, poteri tecnocratici, tutti ispirati ad un pensiero e ad una azione neoliberista). E alla fine i forti sarebbero ben difesi. I più fragili no. Oggi il rischio di un superamento della mediazione della politica è molto forte in Italia,più che in ogni Paese della Ue. La politica serve!! Ma non così come la abbiamo vista negli ultimi anni. E forse dobbiamo smetterla con i piagnistei,con demagogie pericolose,con illusioni, con attese salvifiche dell’Uomo della Provvidenza che non esiste. Cerchiamo di dare qualche idea e di produrre un impegno realistico sui nostri territori. MANCA UN ANNO,FORSE MENO DI LEGISLATURA. Ci sono tre urgenze in agenda che assorbiranno il Governo ed il Parlamento (il PNRR con le riforme collegate che sono tante, impegnative e probabilmente non saranno “forti” visti i fragili equilibri; la pandemia connessa ad un riordino del vero problema, il SSN; la  politica estera, a est e nel nord africa,e annessa la crisi energetica. Su questi tre temi va fatta una forte pressione nel richiedere tempestivamente sessioni parlamentari di dibattito e decisione, unico modo per avviare nuova dignita’ del parlamento. E SAREBBE BENE FAVORIRE UN DIBATTITO SUI TERRITORI) Alcune modifiche costituzionali possono essere fatte in questi mesi: la più rilevante modifica della durata in carica del Presidente o della sua ineleggibilità dopo il mandato settennale, a seguire il completamento della riforma parlamentare e dei regolamenti sul funzionamento delle Commissioni. Aggiungerei la regolamentazione dell’articolo relativo  ai partiti, prevedendone misure normative sul funzionamento interno, sulla certificazione dei bilanci e la loro trasparenza. E si pone la opportunità di ripensare la legge elettorale. Non ho mai pensato che esista una legge elettorale migliore in assoluto o che risolva problemi che la politica non riesce a fare. Ogni riforma elettorale dovrebbe essere collegato al tipo di assetto istituzionale che si vuol avere. E se noi siamo in una Repubblica Parlamentare, oggi, dopo 30 anni di prove ed errori,forse un ritorno ad un proporzionale corretto con soglia di sbarramento equa (3-4%), con circoscrizioni elettorali su base provinciale, con almeno due preferenze, può essere utile alla chiarezza politca, a ripristinare un rapporto tra elettore ed eletto (completamente scomparso) ed anche alla governabilità. E poi c’è in agenda il tema: quali partiti si presenteranno alle prossime politche del 2023? Con quali coalizioni?  Non è scontato che ,di fronte al disastro visto in questi giorni, emerga voglia di cambiare,sappiamo bene quanto forte sia l’istinto di sopravvivenza. Ci possono essere operazioni di cosmesi per tentare la rielezione in una visione piccola piccola, di irrilevanza della politica consegnata alle lobbies economiche e finanziarie europee e mondiali. Bruttissimo scenario ma da non escludere. Ci può essere una ristrutturazione delle forze esistenti,con qualche aggregazione in chiave elettorale, con possibili cambi di ragione sociale e magari anche di leader. FDI ha una sua solidità, la Lega potrebbe evolvere in senso moderato “democristiano”, favorendo il riassorbimento di mai sopite tentazioni centriste presenti nel panorama politico. Il Pd potrebbe assorbire parte della diaspora post renziana e scegliere di cambiare ragione sociale per essere un grande contenitore laburista (ma la vedo dura) o di fermarsi al suo 20-21%. Uno spazio contenuto ma interessante si può aprire per una forza laica,con forti connotazioni liberali e socialiste. Ma non si parte da piccoli partiti personali per questo processo. Questo ragionamento, infatti, ha un limite: è tutto dentro una logica autoreferenziale di partiti che dovrebbero autoriformarsi, la cosa più delicata che esiste. Molto difficile oggi. Ma non impossibile, anzi. Affinchè questo possa avvenire, serve una spinta di parti rilevanti della società: gli imprenditori, i rappresentanti dei lavoratori possono non avere un vero sbocco politico? Referenti in grado di capire e tradurre in azione le loro esigenze? Il mondo del bisogno rappresentato da importanti movimenti può assistere alla crisi del Welfare, inevitabile senza correzioni? Ed i giovani, vittime della precarietà e con prospettive non rosee, vogliono o no prendere per mano direttamente il loro futuro e dire la loro nelle istituzioni? Voglio dire : è necessaria una mobilitazione sociale,una presa di coscienza che la politica va profondamente cambiata,che è necessaria per vivere meglio un po’ tutti. UNA GRANDE CAMPAGNA DI INFORMAZIONE, CONSAPEVOLEZZA,MOBILITAZIONE.  E soprattutto chi tiene in piedi questo Paese (23 milioni di persone attive su 60….) deve fare le prime mosse. Mi corre l’obbligo di ricordare, brevemente, a tutti noi il contesto in cui viviamo che è veramente complesso. Le  grandi dinamiche geopolitiche sono in fermento: il conflitto latente Usa Cina, i nuovi equilibri di potere economico e finanziario (l’1% della …

VI RACCONTO L’OPERAZIONE PERTINI. FU AMATO PERCHE’ RIMASE SE STESSO

di Federico Bini – Il Giornale | Intervista a Claudio Signorile La liturgia della Prima Repubblica, l’elezione di Pertini, il ricordo di Lombardi e la presidenza che verrà Claudio Signorile, vicesegretario e ministro del Psi, è stato una delle figure più influenti e importanti della Prima Repubblica. Assieme a Bettino Craxi è stato protagonista della creazione di una sinistra socialista di governo e soprattutto dell’elezione di Sandro Pertini al Quirinale che segnò l’ascesa del primo socialista al vertice della presidenza della Repubblica. Come avveniva ai tempi della Prima Repubblica la scelta del candidato presidente? “C’erano sostanzialmente due livelli. Quello partitico, il livello classico, cioè gli incontri avvenivano nelle segreterie mentre il secondo quello degli incontri trasversali avveniva in altri luoghi. Ad esempio per l’elezione di Pertini fu lo studio di Andreotti. Però il momento cruciale era Montecitorio ovvero il “Corridoio dei passi perduti” e il Transatlantico. Quelli erano luoghi dove le passeggiate diventavano poi incontri, scambio d’informazioni ecc… E l’operazione Pertini dove nacque? “Nel Transatlantico, perché era il mondo in cui tutti i grandi elettori erano compresenti nello stesso ambito fisico. E i miei interlocutori, ero vicesegretario del partito socialista – facevo l’attività di “funivia” come si diceva allora – in quel passaggio delicatissimo erano Antonio Bisaglia (leader della corrente di maggioranza della Dc) e Alessandro Natta (capogruppo alla Camera del Pci). Fu in quel momento in cui ci parlavamo che venne fuori la necessità di dare un nome comune”. I socialisti non avevano una rosa di nomi? “Il candidato dei socialisti era Antonio Giolitti, ma Pertini dopo aver ricevuto un buon numero di voti, scrisse una lettera, che tutti noi concordavamo nella quale si dichiarava disponibile solo per soluzioni di unità nazionale. Questa fu l’occasione per dire che “Pertini era il candidato di tutti”. E Pertini venne votato. Tanto che lui stava ritornando a Nizza. Io lo fermai a Montecitorio preannunciandogli un esito favorevole della sua candidatura”. De Martino nelle elezioni del ’78 era un nome forte per la presidenza della Repubblica. Su di lui pesò molto il rapimento del figlio? “Non c’è dubbio che lo indebolì molto. Lui poteva essere un candidato forte, aveva solo un elemento che poteva danneggiarlo, il fatto di essere un leader, ma non lo era più, nel ’78 ormai lui era una grande figura socialista, aveva perso anche la maggioranza del partito. Il rapimento del figlio lo danneggiò perché lo rese una figura con delle ombre”. Come era il clima con cui andaste a votare? “Difficile. Era la prima elezione dopo che Moro era stato assassinato due mesi prima, eravamo ancora con il governo di ‘unità nazionale’, il paese era in emergenza e la risposta doveva essere di convergenza, di solidarietà nazionale. E questo venne fatto”. Pertini nel partito non apparteneva a correnti e non aveva poteri forti alle spalle. Questa fu la sua forza? “Sicuramente anche questo fu un elemento importante. Nei momenti di grande convergenza non è il leader politico che diventa punto di unificazione è la figura la cui debolezza organizzativa si accompagna al prestigio personale e alla credibilità politica. Faccio un esempio: Moro che era il naturale candidato alla presidenza della Repubblica se non fosse stato ammazzato, era un uomo debolissimo dal punto di vista organizzativo nella Dc, la sua corrente era minoritaria, però rappresentava il punto di convergenza di tutta una serie di equilibri. Questa cosa vale anche per Pertini. Pertini si è sempre considerato l’erede di Moro, noi ne parlammo, lui conveniva che doveva adempiere la strategia politica di Moro e così venne eletto con la convergenza di tutti”. Montanelli di Pertini scrisse: “Un brav’uomo, pittoresco e un po’ folcloristico”. “Montanelli come al solito aveva il gusto toscano della battuta! Pertini era una persona dalla finezza politica non comune. Non è stata una figura folcloristica era una persona estroversa questo si può dire, questo è corretto, che si affidava alla comunicazione”. Ebbe modo di rivederlo al Quirinale? “Certamente. Io tra l’altro sono la prima persona che vide il giorno dopo l’elezione, come vicesegretario del partito e come portatore da parte sua di tutto quell’insieme di notizie, informazioni di cui aveva bisogno. Io con Pertini avevo un rapporto personale buono”. È vero l’aneddoto che una volta Lei e Craxi vi siete presentati al Quirinale in jeans e Pertini vi ha “cacciato”? “Ci fece notare che non era corretto il modo in cui eravamo vestiti. C’è molto di folclore in questo episodio, però una piccola parte di verità esiste”. “Dall’83 all’87 è ministro dei Trasporti con Craxi. Quali erano i vostri rapporti? “I miei rapporti personali con lui sono sempre stati molto buoni. Noi avevamo avuto occasione di scontri politici aspri ma abbiamo avuto sempre un rapporto molto intenso anche perché siamo cresciuti insieme nonostante lui avesse qualche anno in più di me. Tra l’altro noi eravamo due esponenti di minoranze. Craxi era autonomista e numero due di Nenni, mentre io ero lombardiano e numero due di Lombardi. Eravamo minoranza che poi divenne maggioranza al Midas nel ‘76”. Che ricordo ha di Riccardo Lombardi? “Persona affascinante. Una figura il cui senso della politica aveva caratteristiche di alta nobiltà. Lombardi veniva dal Partito d’Azione, non dimentichiamo mai che la sinistra socialista aveva il suo cuore azionista. Perché c’era un altro pezzo di sinistra che poi fece la scissione, che diede vita al PSIUP che era invece massimalista, incompatibile con ciò che il PSI era diventato ovvero una grande sinistra di governo”. In che modo Pertini riuscì a farsi così amare dal popolo italiano? “Essendo se stesso. Dando l’impressione vera di essere autentico in tutte le cose che faceva”. Qual è il segreto della longevità al potere di Giuliano Amato? “Giuliano non è mai stato uno della vecchia guardia socialista. È sempre stato una figura di grande spessore culturale, un grande tecnico, ma nel partito non è mai stato avvertito come un leader di riferimento. Lui è uno che sarebbe un naturale presidente della Repubblica in altre condizioni, non in questa”. Previsioni per l’apertura delle votazioni da lunedì? “La vicenda …