TURATI E GRAMSCI ASSIEME

    di  Daniele Scarpetti – Socialismo XXI Emilia Romagna |     Ci sono giorni che penso che forse la meta – quella di tutte le forze socialiste di nuovo unite – non sia poi così difficile ed altri, invece, leggendo editoriali, commenti e via dicendo, mi rendo conto che la cosa rimane assolutamente improbabile se non impossibile. Troppe le distanze? Forse! Troppa voglia di essere al centro, protagonisti, di non essere offuscati? Certamente, anche questo! Ma penso che quello su cui bisogna -o bisognerebbe se solo lo si volesse  fare ancora tanta strada- è il riuscire a mettere da parte antichi e mai sopiti rancori per non dire odi che, nel corso di 100 anni si sono sedimentati sulla Sinistra Socialista Italiana. Finché si continuerà a rimproverarsi sul tutto e il contrario di tutto, non se ne uscirà vivi. Finché non trionferà la voglia di riunirsi tutti attorno ad un tavolo – per ora solo via web, ma si spera presto in presenza – per comprendere, ammettere gli errori fatti un po’ da tutti, cercando di valorizzare ciò che unisce e non ciò che divide, non se ne verrà a capo. Non se ne verrà a capo e, ancora una volta, l’occasione per dare all’Italia una forza SOCIALISTA che aspiri a diventare maggioranza nel Paese, rimarrà lettera morta, pia illusione per inguaribili ingenui come il sottoscritto. Poi improvvisamente ecco due articoli di segno completamente opposto: Maledetta Livorno: aveva ragione Turati, non Gramsci La Storia ha dato torto a Turati e ragione a Gramsci Io come mi pongo rispetto a questi due articoli? Già diverse volte ho affermato che nel 1921 Turati aveva ragione e, però, sarebbe sbagliato il voler disconoscere che, se è vero che la storia non si fa con i se, è però molto probabile che se – appunto! – non ci fossero stati i comunisti, percepiti dal capitalismo come il pericolo assoluto per la sua sopravvivenza, ben poco i Socialisti riformisti sarebbero riusciti ad ottenere in campo di conquiste sociali il secolo scorso, tanto è vero che da quando il pericolo comunista è terminato, stiamo di gran lunga facendo passi indietro anche, perché, tutte le Socialdemocrazie, non riescono più ad essere alternative allo status quo capitalistico. Dunque è molto probabile che Turati aveva ragione, ma la Storia dà la ragione a Gramsci. E dunque, se così fosse: proviamo a rimettere Turati assieme a Gramsci che è, in fondo, ciò che lo stesso Turati auspicò con la sua profezia nel 1921. SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

STORIA DI ETTORE CASTIGLIONI

di Prof. Paolo Vita | La storia di Ettore Castiglioni, si e’ scoperta pochi anni fa, attraverso dei diari che teneva “segreti”, e che teneva sempre con se’. Era nato nel 1908, in un paesino trentino di confine a 1350 metri RUFFRE’ MENDOLA (TN). Ai loro genitori, piaceva quel posto, erano gia’ stati li’ l’anno prima nelle lunghe vacanze estive. Il programma era in realta’ di volerlo far nascere a Tregnago (VR), dove gia’ tutto era pronto, compresi i festeggiamenti… ma invece, NO. Il destino ha voluto che nascesse in Montagna a 1.350 metri, ed esattamente “al centro” di quelle DOLOMITI che divennero il suo “Paradiso sulla terra”. Alla fine, tutta la sua vita fu legata ai confini… Ettore Castiglioni, di famiglia alto borghese-milanese, avvocato poliglotta e musicista, decise pero’ ad un certo punto della sua vita, di seguire la propria vera passione: LA MONTAGNA, contro le volonta’ familiari che lo avrebbero voluto avvocato. E di questa sua passione, riuscira’ a farne una professione, stilando delle guide CAI che per la loro precisione e dettaglio, vengono ri-lette ancora oggi dagli scalatori piu’ appassionati. In soli 20 anni riuscira’ a scalare ben 200 vette e a descriverne le peculiarita’. Castiglioni era un solitario, in qualche modo un misantropo, certamente un anticonformista. Teneva le distanze dalla società e soprattutto guardava al fascismo come a una grande pagliacciata. Le sue imprese alpinistiche gli valgono nel 1934 una medaglia d’oro al valore sportivo, ma Castiglioni accoglie il riconoscimento con fastidio. «Ora ho anche la seccatura della medaglia che mi tocca accettare per non offendere chi me l’ha assegnata, credendo di farmi piacere e mi toccherà andare alla cerimonia […] Cosa c’entrano tutti loro? Le mie ascensioni le ho fatte per me, e per me solo, e sono e resteranno soltanto mie», scrive nel suo diario. L’entrata in guerra dell’Italia trova quindi  Castiglioni su posizioni risolutamente antifasciste. «Entriamo anche noi nel novero dei briganti affamati di preda, che ci gettiamo con selvaggia vigliaccheria su una nazione già vacillante per strapparle la nostra parte di bottino», scrive nel suo diario. «Ma dopotutto questo era il logico sbocco a cui la dittatura doveva condurci; e il popolo italiano che per 18 anni ha subito la schiavitù senza sapersi ribellare, non si meritava altra sorte che di vivere fino in fondo la sua tragedia di ignominia». Nel maggio 1943 viene richiamato alle armi ed e’ assegnato alla scuola di alpinismo militare di Aosta con il ruolo di istruttore. Sono settimane di febbrile attività, cruciali per l’esistenza di Castiglioni. La ribellione istintiva, ma essenzialmente passiva dell’alpinista nei confronti del regime fascista si trasforma in azione. Dopo l’8 settembre è come se Castiglioni rispondesse a una chiamata. Potrebbe scappare, come ha sempre fatto, e invece decide di andare verso le persone. Capisce che è arrivato il momento della SCELTA. L’esercito è allo sbando, e con alcuni commilitoni decide di raggiungere l’Alpe Berio, in Valpelline, in una posizione strategica a ridosso del confine italo-svizzero, dove fa nascere una piccola comunità di alpinisti antifascisti denominata “la banda del Berio”, basata su principi di uguaglianza e solidarieta’ tra soldati e ufficiali. «Nessuno deve pensare per sé, ma solo per la comunità; tutti i beni, tutti i profitti (in denaro o in generi), tutti i lavori saranno in comune», annota Castiglioni nel suo diario. Il compito di questi amici era di portare al di la’ del confine svizzero, ebrei e perseguitati politici tra i quali, Luigi Einaudi, colui che diventera’ poi, il nostro futuro 1° Presidente della Repubblica. Morira’ proprio tra quelle montagne, alla giovane eta’ di 35 anni, per scappare ad un secondo arresto, che lo avrebbe portato in prigione. La storia e’ raccontata in un bel docu-film uscito nel 2017 dal titolo: OLTRE IL CONFINE – La storia di Ettore Castiglioni. Lo stesso anno, diventera’ GIUSTO DELL’UMANITA’ e un cippo “virtuale” e’ stato a lui dedicato nel GIARDINO DEI GIUSTI di Monte Stella a Milano. SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

1° MAGGIO. IL SOCIALISMO E LA FESTA DEL LAVORO E DEI LAVORATORI

    di  Filippo Vasco – Coordinatore Socialismo XXI Toscana |   Parigi 20 luglio 1889, durante il primo Congresso della seconda Internazionale, organizzazione costituita dai Partiti socialisti e laburisti europei, i lavori sono sospesi per unirsi alla grande manifestazione promossa dai lavoratori per chiedere al Governo di ridurre la giornata lavorativa a otto ore. Dopo lunghe battaglie, sostenute dai socialisti e i sindacati, fu istituita la festa del lavoro decorrente dal 1° maggio. Una battaglia vinta anche nel ricordo dei lavoratori uccisi dalla polizia durante una grande manifestazione sindacale negli Stati Uniti il 3 maggio 1886, per rivendicare la riduzione dell’orario di lavoro, che suscitò la rabbia e l’indignazione dell’opinione pubblica. Il 1° maggio divenne quindi la festa internazionale del lavoro e dei lavoratori. Solo la dittatura fascista impose la sospensione della festa del lavoro, ripristinata nel 1945. Una grande festa che non deve farci dimenticare il sacrificio di tanti lavoratori uccisi dalla reazione rabbiosa e criminale, come l’eccidio di Portella delle Ginestre perpetrato il 1° maggio 1947, con l’uccisione di bambini, donne e uomini del mondo proletario delle campagne, voluto e organizzato da parte dei latifondisti siciliani. I socialisti guardano a questa festa come un simbolo delle grandi lotte della speranza, in cui il protagonismo del mondo del lavoro ha portato alla conquista di questa giornata dedicata ai lavoratori e al lavoro, fiduciosi che solo con i lavoratori e con la loro partecipazione è possibile superare questi momenti di grandi difficoltà sociali e economiche. Uniti i lavoratori, sono una grande forza e il Socialismo il loro strumento di lotta per una società più giusta. SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

PER I SOCIALISTI IL 25 APRILE E’ SEMPRE!

    di  Vincenzo Lorè – Responsabile Comunicazione Socialismo XXI |   Che i socialisti NON stiano a destra non è materia di discussione. Si è confuso la mescolanza dei rampantisti continui e degli opportunisti con chi della coerenza non ne ha fatto un’eresia, ma una virtù. Non ho il minimo dubbio, né fare ricorso all’ausilio di aggettivi conoscere da che parte stanno i socialisti da più di un secolo. Nel contesto storico in cui ci ritroviamo, abbiamo avuto parlamenti dove ci sono stati 539 cambi di casacca, ciò dimostra quale sia la qualità politica e morale, altro che disciplina e onore dell’art. 54 della Costituzione, di una classe politica NOMINATA da “questi partiti” e non scelta dagli elettori. Tra l’altro la stragrande maggioranza di loro inorridisce se la definisci populista. Un parlamento selezionato con leggi elettorali maggioritarie e bipolari, liste bloccate e abnormi premi di maggioranza e c’è chi come un neo segretario recentemente incaricato insiste nel proporre tale soluzione maggioritaria, nonostante gli evidenti squilibri e fallimenti. Una vera casta da perpetuare, oligarchica e ristretta, come nel periodo pre-fascista. La narrazione di questi anni, ci dice che le ideologie sono ormai superate e che esse fanno parte del ‘900: roba vecchia! Insomma, il superamento delle ideologie in Italia, ha portato finalmente un momento di chiarezza, di benessere e tanta “modernità”. Tutto illusorio, i fatti e i dati raccontano che 1milione in più di persone sono in una condizione di povertà (fonte ISTAT 2020) e l’aumento maggiore di questo dato è concentrato nientemeno che al nord. Come socialisti siamo consapevoli che il momento è greve e questa consapevolezza ci ha indotti a non rimanere spettatori passivi. Non è mai accaduto nella storia socialista di questo Paese e non accadrà neanche in tale circostanza. E’ la motivazione per cui abbiamo iniziato da circa 4 anni un percorso UNITARIO con Socialismo XXI dando vita al “Tavolo di Concertazione” con altre organizzazioni, ma anche sensibilizzando e coinvolgendo singole personalità di ispirazione socialista; un progetto che si pone quale obiettivo finale la ricostruzione di una forza socialista unitaria. Occorre far tornare al posto che le compete quella parola nobile: SOCIALISMO!  Essa è stata bandita in questo Paese infelice, inquinato dalle mafie, che ha da quasi trent’anni avuto più volte al governo neofascisti, spalleggiatori e fiancheggiatori dei fascisti. Ed è stata bandita perchè SOCIALISMO è parola temuta, ritenuta pericolosa, considerata tabù, perchè include in sé valori alti e nobili, vero e unico baluardo nei confronti del sistema finanz-capitalista dominante. In essa sono contenuti valori sempre attuali e immortali. E non è un caso se vi è stato negli anni un violento processo di rimozione nei confronti della storia del Partito Socialista Italiano, ovvero il Partito che ha fatto la Storia della sinistra in Italia: dalle prime conquiste sociali fin dall’inizio del XIX Secolo, nella Resistenza antifascista, nella nascita della Repubblica, nella Costituente, al Governo e all’opposizione, delle masse operaie e contadine di questo paese. In nome della democrazia, dei diritti, della giustizia sociale, delle donne e degli uomini. Fare memoria è giusto riconoscimento per tutto questo, ma occorre soprattutto riedificare una forza socialista; ed esso è e rimane nostro compito da socialisti. Non a caso, finito il Partito Socialista Italiano, è finita la sinistra in Italia, aprendo così la strada alle spinte neoliberiste, alle disuguaglianze, alle contraddizioni sociali e al populismo, abbassando sempre più la partecipazione del popolo alle scelte democratiche. W il 25 Aprile W il Socialismo SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

LE QUATTRO GIORNATE DI NAPOLI

L’immagine di copertina è tratta da una scena del film: “Le Quattro Giornate di Napoli” regia di Nanni Loy | La Resistenza nel Sud, NAPOLI prima città europea liberata dai nazifascisti | L’insurrezione delle Quattro Giornate di Napoli, che permise la liberazione della città, nacque come reazione ai rastrellamenti dei tedeschi, che riuscirono ad internare 18.000 uomini, all’ordine di sgombero di tutta l’area occidentale cittadina, alla sistematica distruzione delle fabbriche e del porto, ma ebbe anche un significato politico e militare. Militare perché impegnò per più giorni e costrinse alla resa le forze tedesche che si erano rafforzate, politico perché nel corso della rivolta crebbero gli elementi di autorganizzazione, anche se non fu possibile creare un comando unificato. La presenza antifascista fu numerosa e significativa. Valga per tutti l’esempio di Antonio Tarsia in Curia che assunse la direzione del quartiere Vomero costituendo il Fronte Unico Rivoluzionario, il quale ebbe sede nel liceo Sannazzaro. Ma è da segnalare anche la presenza di soldati e soprattutto ufficiali in cui l’odio antitedesco era rafforzato da un forte sentimento di lealismo al re ed all’istituto monarchico. Più difficile invece il discorso sul rapporto tra rivolta e strutture antifasciste organizzate. Ad esempio il Cln di Napoli non fu presente in quanto tale perché la proposta di costituirsi in organismo insurrezionale, con funzioni di governo provvisorio, fu accolta con scetticismo dai suoi componenti.Le Quattro Giornate hanno avuto un destino alterno sul piano della memoria. R. Battaglia nella sua ormai classica “Storia della Resistenza” ne sottolineò il carattere di rivolta popolare “in cui all’odio contro i tedeschi si unisce la ribellione del popolo meridionale contro le sofferenze secolari da esso sopportate”. Ma essa fu conosciuta anche – e forse soprattutto – attraverso il film “Le Quattro Giornate” di N. Loy realizzato nel 1962, quando nel paese andava maturando l’esperienza di centro-sinistra, in cui si esaltava la dimensione antinazista della rivolta anche mediante l’utilizzazione di alcuni stereotipi come quello dello “scugnizzo”. In realtà la memoria delle Quattro Giornate ha conosciuto una lunga fase di oblio ed è entrata con difficoltà nella tradizione storico-politica della città.In ogni caso la rivolta partenopea non deve essere considerata un fatto isolato. Essa fu preceduta e seguita da un insieme di stragi, eccidi, veri e propri momenti insurrezionali in provincia di Napoli e nell’area di terra di Lavoro. Come ha scritto Francesco Paolo Casavola: “L’insorgenza di una cittadinanza così organicamente eterogenea per ceti sociali, istruzione, generazioni non è dovuta ad una improvvisa illuminazione collettiva, che tiene luogo di un’assente direzione politico-militare. È stata forse la paura dello sfollamento coatto di tutte le famiglie e delle retate dei maschi ordinate dal colonnello Schöll, giunta sulla soglia della disperazione e dello sdegno per la violenza dei soldati, che ha prodotto il coraggio del rifiuto. Come non c’è nulla di più contagioso, tra i sentimenti umani, della paura, così nulla si diffonde tanto rapidamente e infrenabilmente del coraggio nato dalla paura. Va aggiunto che quella popolazione aveva attraversato 43 mesi di guerra subendo centocinque bombardamenti aerei, piangendo ventitremila morti, contando centomila vani di abitazione distrutti, soffrendo disagi infiniti negli approvvigionamenti e nei servizi essenziali. Ed ora, estrema provocazione, i tedeschi divenuti nemici corrono nelle strade con le loro autoblindo, sparando, uccidendo, rastrellando gli uomini per deportarli altrove, nelle organizzazioni del lavoro obbligatorio. Il loro comandante ne voleva trentamila di questi uomini da lavoro. La collera collettiva di un popolo matura lenta nella ingiustizia crescente, assorbita sempre con minore sopportazione. Un popolo non si domina con il terrore se non per qualche giorno, poi lo si ha contro, protagonista della lotta”. La storia A parte il dolore della gente che aveva visto i loro figli partiti per il fronte (molti dei quali non fecero più ritorno a casa), i napoletani ebbero il vero impatto con la guerra solo il primo novembre del 1940, quando vi fu un bombardamento aereo inglese. Dal 1940 al 1944 Napoli fu fatta oggetto di più di cento indiscriminati bombardamenti che procurarono quasi 30000 morti. Due giorni infausti visse la città: il 4 dicembre 1942 ed il 28 marzo 1943; il primo, oltre ad ingenti danni e alla distruzione di Santa Chiara, provocò 3000 morti; il secondo fu dovuto allo scoppio della nave Caterina Costa. Questa nave, che era ancorata nel porto era sovraccarica di armi ed esplosivi ed era in partenza per l’Africa. Si sviluppò, a bordo, un tremendo incendio che i marinai non riuscirono a domare, per cui nel pomeriggio esplose provocando oltre 3000 feriti e 600 morti, l’esplosione fu immane, basti pensare che pezzi della nave furono rinvenuti sulla collina del Vomero. Napoli, sventrata dai bombardamenti, s’era come svuotata, abbandonata da intere famiglie in fuga nelle campagne. Erano rimasti i rassegnati, gli indifferenti, i fascisti, e i disperati. Furono questi ultimi a ribellarsi, a passare dalla disperazione all’esasperazione per i soprusi nazisti, dopo l’occupazione della città. «Anche qui, come nelle altre città, all’8 settembre le autorità militari non presero alcuna iniziativa per preparare un’efficace resistenza alle truppe tedesche, si rifiutarono di consegnare le armi ai napoletani che a mezzo dei rappresentanti i partiti antifascisti le chiedevano per organizzare la difesa, né seppero dare a quei comandi subalterni che le cercavano, delle direttive serie. Incredibile la risposta data dal Comandante la difesa territoriale di Napoli, generale Del Tetto al colonnello Barberini comandante del 2° reggimento artiglieria acquartierato nella caserma Scandigliano:“Cercate di tergiversare, non irritate i tedeschi e trattate bene gli inglesi che stanno per arrivare”. Malgrado quest’insipienza che rasentava il tradimento, da parte degli alti comandi, l’occupazione tedesca della città non avvenne pacificamente. Il 10 e 1’11 settembre soldati e ufficiali italiani assieme a popolani resistettero tenacemente in alcuni fortilizi, costringendo il nemico a conquistare con le armi alcune caserme e la centrale telefonica. I tedeschi erano ancora indecisi sul da farsi, temevano la rapida avanzata degli Alleati sbarcati a Salerno e, mentre cercavano di disarmare le truppe italiane, si preparavano ad abbandonare la città dandosi al saccheggio dei negozi. Numerosi furono gli episodi di resistenza. In via S. Brigida …

SÉGOLÈNE ROYAL “LA SOCIALDEMOCRAZIA SALVERA’ L’EUROPA”

di Leonardo Martinelli – La Stampa | Non ha partecipato all’incontro, ma Ségolène Royal lo ha scrutato tutto il giorno da lontano. Lei ci crede, ci vuole credere a un candidato unico di tutta la sinistra e dei Verdi per le presidenziali che si terranno in Francia tra un anno. Ieri, in un albergo davanti a uno dei canali che attraversano il Nord di Parigi, si sono riuniti i leader di quello schieramento, per la prima volta, dopo troppo tempo. Non hanno raggiunto un accordo ma hanno iniziato a discutere di «unità». E la Royal, già candidata (sfortunata) alle presidenziali del 2007, contro Nicolas Sarkozy, quando fu penalizzata anche dalle divisioni all’interno del suo campo, e una delle prime in Francia a parlare di ecologia a sinistra (a lungo inascoltata), guarda a questa possibile alleanza verde-rossa. E incrocia le dita. Perché ci spera così tanto? «È il solo modo per la gauche di arrivare al secondo turno e di competere con l’altro candidato che passerà, Emmanuel Macron o Marine Le Pen. E poi è la grande aspirazione di tanti elettori». La sinistra francese non è finita? Neanche quella europea? «Ma no. Anche Biden negli Usa fa una politica socialdemocratica e porta avanti il filando dell’economia pilotato dallo Stato e con l’obiettivo di una maggiore giustizia sociale. Sarebbe il colmo se in Europa la socialdemocrazia regredisse, quando addirittura gli Usa, la patria degli eccessi del liberalismo, hanno capito che per rispondere alle crisi attuali bisogna realizzare politiche di quel tipo». Parla ancora di socialdemocrazia? Non sarebbe meglio dire socialecologia? «Proprio stamani qualcuno mi ha inviato un filmato in cui io, nel 1992, quando ero ministra dell’Ambiente, dicevo che l’ecologia non era sufficiente e che ci voleva anche la giustizia sociale. Mi definivo una social-ecologista. Comunque, andiamo al di là delle etichette politiche. Bisogna inventare un nuovo modello di sviluppo. La gente, di base, vuole sperare nel futuro, proiettarsi in un avvenire positivo, che non sia troppo lontano. È la grande angoscia umanista di oggi». L’incontro è stato voluto da Yannick Jadot, eurodeputato di Eelv, il partito ecologista. Vi hanno partecipato tutti, anche i rappresentanti della France insoumise, il partito della gauche radicale di Jean-Luc Mélenchon, che hanno accettato di discutere ma non vogliono una candidatura comune.. «I verdi e i socialisti sembrano, invece, volerla. L’importante è che due comincino». Mélenchon si aggiungerà? Per tanti sembra impossibile.. . «Non lo è, anzi è indispensabile. Senza di lui, al secondo turno non ci andiamo. Mélenchon viene dal Partito socialista, come me. Abbiamo tante cose in comune». Ha un nome in mente come candidato unico? Lo stesso Jadot? O Anne Hidalgo, socialista, sindaca di Parigi? «È ancora presto. Ma se qualcuno emerge ed è in posizione di vincere, io mi metterò al servizio della coalizione. Aldilà della persona, sarà una questione di squadra. La gente non vuole più un esercizio del potere solitario. Non crede più agli “uomini miracolo”. Basta vedere quello che è successo con Macron. Gli elettori vogliono una squadra che funzioni». Come può riuscire a vincere un’alleanza sinistra-verdi? In Francia, ma pure nel resto dell’Europa… «Dando risposte concrete alle tre grandi crisi del momento: ecologica, sociale e soprattutto democratica. I processi decisionali attuali non funzionano, per questo in Francia abbiamo avuto la crisi dei gilet gialli. Dobbiamo ridefinire come funzionano le istituzioni nel momento in cui usciremo dalla crisi sanitaria e realizzeremo il piano di rilancio. Per il momento, invece, c’è solo un pugno di persone che decide tutto. Se facciamo progressi su queste tre crisi, rilanciamo l’economia. E non funziona in senso inverso: non basta rilanciare l’economia per risolvere tutti i problemi. Quello lo dice la destra ultra-liberale. Ecco la differenza con la sinistra». Sì, ma il piano di rilancio europeo non è ancora partito… «E un problema di efficienza dell’Europa. Aspettano che tutti i Paesi lo ratifichino. Penso a come abbiamo fatto con l’Accordo di Parigi sul clima. Ci volevano almeno 55 Paesi che rappresentassero minimo il 55% delle emissioni di gas serra per rendere operativa l’intesa. Ecco, avrebbero dovuto fare la stessa cosa per il piano di rilancio. Si parte, se almeno la metà dei Paesi più uno, che rappresentano il 55% della potenza economica dell’Ue, dice di sì. SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

RINASCITA E UNITA’ SOCIALISTA E FOLLOW-UP DELLA “MARATONA” DEI PRESUNTI RIFORMISTI

  di  Silvano Veronese – Vicepresidente Socialismo XXI |   Leggiamo, al pari di altri compagni, sull’edizione cartacea di “Avanti!”,  edito dal Centro Brera di Milano, una lettera aperta di Elio Vito, già capogruppo di Forza Italia a Montecitorio, una risposta di Marco Bentivogli ed una replica conclusiva ad entrambi del compagno Claudio Martelli. Elio Vito, già radicale piu’ o meno pannelliano, da esponente di Forza Italia chiede a Marco Bentivogli, quale promotore della “maratona” dei presunti riformisti che si sono dati appuntamento qualche domenica fa, di essere invitato – assieme ad altri suoi amici del partito berlusconiano, che sono di indirizzo liberale e socialista e perciò riformista (..secondo lui) – ad un eventuale proseguimento della iniziativa definita “Unire i  riformisti” volta ad aggregare le piu’ disperse identità che si dichiarano  riformiste. Lascio perdere le affermazioni di Elio Vito circa la definizione di “autentico liberale” che attribuisce al fondatore di Forza Italia e quella con la quale scambia il condivisibile principio libertario di garantismo in materia di giustizia con il principio di rispetto della legalità che dovrebbe essere prioritario nell’azione di coloro che svolgono una funzione pubblica o di governo del bene comune oppure il fatto che Vito trascuri che Forza Italia (con il consenso dei presunti socialisti e liberali che vi militano) è aderente e parte significativa del PPE (Partito democristiano e moderato). Voglio fare invece due ringraziamenti: uno a Marco Bentivogli, già valente sindacalista metalmccanico, figlio di un mio vecchio “compagno d’arme” in FLM, Franco già segretario generale della FIM, rigoroso cristiano sociale, ma di simpatie socialiste ed a Claudio Martelli.  Non senza fare, però, ad entrambi, alcune precisazioni. Il ringraziamento al primo, lo devo perché risponde in maniera rigorosa a Vito circa il posizionamento che la iniziativa della “maratona riformista” intenderebbe assumere e cioè chiaramente nell’ambito dello schieramento di sinistra e progressista, nel quale – a giudizio di Marco (ed anche nostro) è impensabile prevedere una presenza di persone che militano in un partito collocato nella destra italiana, -e che destra- nazionalista, antieuropea, antisolidaristica, xenofoba! La precisazione consiste, invece, come abbiamo già commentato nel recentissimo passato, nel fatto che questa maratona c.d. impropriamente “riformista” è stata aperta ad una carovana variopinta in cui c’è di “tutto” in termini ideologici e di orientamento politico: da Tabacci e/o Bonino a “Potere al Popolo” di Cremaschi, con al centro piddini e pentastellati, persino qualche renziano e calendiano ed un cattolico integralista reazionario come Adinolfi. Ascendenze di costoro le piu’ disparate che con il riformismo socialista (così  è nata questa corrente di pensiero politico) non solo non c’entrano niente ma l’hanno pure contrastata nel passato. Non si puo’ confondere una eventuale alleanza per il governo del Paese tra soggetti di orientamento molto diverso con una aggregazione in un soggetto politico unitario che presuppone di identificarsi in comuni valori ideali e prefigurazioni di società. Claudio Martelli va ringraziato perché risponde ad entrambi con un commento di alto livello sul piano storico, culturale e politico con il quale spiega a coloro che, semplicisticamente o strumentalmente, usurpando il termine “riformista” intendono con questa “maratona” mettere assieme il “diavolo con l’acqua santa”, ricordando che il “riformismo corrente del socialismo, opposta al massimalismo rivoluzionario, è nato dal basso affinchè i lavoratori fossero protagonisti della democrazia ed a farsi Stato”.  Cosa ben diversa da coloro che pensano, a destra o nel centro moderato, persino in ambiti del centrosinistra di questi ultimi 20 anni e presenti nella carovana messa in piedi da Bentivogli, a riforme di restaurazione dello “status quo” antecedente a riforme sociali: questo non è riformismo, ma restaurazione. Chiamiamo le cose con il proprio nome! Ha ragione Martelli, quando afferma che un riformismo liberale non è mai esistito e che, anzi, l’espressione politica che l’ha interpretato (il PLI) si è mosso – con qualche eccezione negli ultimissimi anni – in termini di movimento conservatore. Certamente, non ignoriamo – lo diciamo con sincerità a Claudio – che esistono in tutta Europa,  e non da ora, anche  forze di ispirazione liberal-progressista che hanno dato un contributo importante alla evoluzione democratica e sociale del proprio Paese. In Gran Bretagna il liberale Lord Beveridge, e non i laburisti, promosse lo “Stato sociale” (welfare) e non possiamo dimenticarci sul piano delle dottrine economiche e sociali avanzate il contributo di Keynes e Dahrendorf, oppure per venire a casa nostra al contributo di Pannunzio, Ernesto Rossi, Villabruna, Carrandini ed altri della sinistra liberale trasformatasi poi in Partito Radicale. Personaggi e culture progressiste con le quali un moderno Partito Socialista puo’ praticare un percorso comune, fermo restando le diverse culture, in particolare sul tema dell’equilibrio tra i valori della libertà e dell’eguaglianza sociale e sul ruolo in una economia di mercato dello Stato e dell’iniziativa privata. A Claudio Martelli, però, nel contempo chiediamo – dato che sta premendo affinchè i socialisti trovino una intesa -non so se in termini elettorali oppure in maniera organica in un nuovo soggetto liberalsocialista – hanno insegnato nulla le esperienze del Partito d’Azione, la mai decollata ipotesi di “Terza forza” proposta da Pannunzio e non presa in considerazione nemmeno dagli ex-azionisti La Malfa e Visentini del PRI e Lombardi e Codignola del PSI? So bene che Martelli potrebbe rispondere a noi di “Socialismo XXI” che, da qualche anno, proponiamo una “Epinay del socialismo italiano” che l’esperienza francese a cui guardiamo si concluse con l’elezione a segretario generale nel nuovo partito socialista del radical-repubblicano Mitterand appoggiato da un grande vecchio della sinistra francese Mendes France (mai iscritto alla SFIO, il partito storico dei socialisti) e raccolse personaggi come Rocard o i cristiano-sociali Delors e Chèréque (anch’essi mai stati aderenti alla SFIO). Replichiamo con le stesse parole di Martelli, quando Egli rifiuta aggregazioni coalizionali con il PD: “ la questione delle alleanze si pone in modo diverso, cioè dopo e non prima la definizione comune di idee guida, contenuti, obiettivi e programmi”.  Giusto! Ma allora tale regola, che condividiamo, vale ancor piu’ se si tratta si una aggregazione organica che certamente nell’ipotesi liberal-socialista sarebbe destinata a mutare il DNA sia …

I SOCIALISTI SONO RIFORMISTI

    di  Luigi Ferro– Socialismo XXI Campania |   Il riformismo nasce nel movimento socialista per distinguere coloro i quali sostenevano come strumento per la costruzione del socialismo le riforme anziché la rivoluzione. Per decenni a ben vedere il termine è stato sinonimo di socialdemocrazia e socialismo democratico. Nella storia italiana il riformismo ha influenzato l’evoluzione del movimento socialista sdoganando il P.S.I. di Filippo Turati, Claudio Treves, Matteotti, Salvemini, Rosselli, fino agli anni ’80 e all’incarico di primo ministro conferito a Bettino Craxi. La crisi del sistema politico nel 1993 comportò la scomparsa del vecchio e glorioso P.S.I., ma non del socialismo in Italia, diviso in tante anime, ma ancora presente e attivo  nella società. Finito il P.S.I., decapitato dalla scure della magistratura, chi ha raccolta la tradizione riformista? ITALIA VIVA? IL P.D.? Oppure, AZIONE di Calenda? O, forse, il M5 Stelle che aspira a far parte del P.S.E. nonostante sia una forza politica “liberale”, per ammissione dei suoi stessi leaders? O la sinistra cd. tradizionale (LEU, Art.1etc.etc.)? Sgombriamo subito il campo da ogni equivoco: nessuna forza politica oggi può essere ritenuta erede del riformismo. Perché? Il quesito, apparentemente difficile, è di facile soluzione. La sinistra italiana è ancora alla ricerca di una sua identità, a cominciare dal P.D. che negli anni ’90 ha rinunciato ad una svolta socialdemocratica, quella terza via al socialismo tracciata da Giddens e propugnata da Blair in Gran Bretagna. La scelta di seguire altri percorsi negli anni ha destrutturato tutta la sinistra italiana oggi in mezzo al guado e in grave crisi identitaria, specie il PD, una amalgama riuscita male con una parte significativa del cattolicesimo italiano. Eppure, tutti si proclamano riformisti. O meglio si dichiarano riformisti, anche F.I.  Anche la Lega, a suo modo. Le forze politiche, anche quelle che dovrebbero rappresentare una certa cultura riformista, si perdono nei viottoli di Montecitorio perché vi è un deficit di cultura riformista, aggettivo molto abusato nel linguaggio politico corrente fino a svilirne forma e contenuto. Essere riformisti significa aderire ad un preciso movimento culturale. Non è solo un modo di essere o di pensare. Uno stato d’animo. I riformisti hanno una visione della società diversa che nasce da una idea di speranza e profonda trasformazione del mondo che viviamo, di cambiamento e di affermazione dei diritti sociali, vecchi e nuovi. Si tratta di un approccio culturale particolare per superare non la realtà, ma le sue imperfezioni, il che equivale a sostenere la stessa cosa. Possiamo definire “RIFORMISMO” una scienza fenomenologica della politica. Si nasce riformisti, non si diventa tali. Il riformismo  pretende cambiamento, più diritti sociali, costruisce il futuro. Un filone culturale al pari di altri con il precipuo fine di aprirsi al mondo, alla società e ai temi della trasformazione in ogni settore dalla scuola alla sanità, dalla ricerca scientifica alla tutela dell’ambiente fino allo sviluppo sostenibile. E’ a tutti gli effetti una corrente di pensiero, una scienza, mortificata quotidianamente da pezzi rappresentativi delle nostre istituzioni. Per molti riformismo significa cambiare qualcosa. Ma il suo significato è sicuramente più profondo e si lega inevitabilmente allo sviluppo di una intera comunità, al superamento di vecchie e nuove difficoltà. Nel panorama politico italiano mancano veri sostenitori del riformismo perché il riformismo è l’anima del movimento socialista. Se manca una forza socialista unitaria è inutile parlare di riformismo. Completare la fase costituente socialista vuol dire unire le diverse anime del socialismo presenti nel nostro Paese. Significa rifondare il P.S.I., un partito nuovo che guardi al terzo millennio. Significa ridare alla politica italiana quella spinta riformista , la cui assenza è causa dal blocco istituzionale e delle crisi di governo degli ultimi anni dal Centro alla periferia, a tutti i livelli. Niente Socialismo, niente Riformismo. Due culture che si fondono in un unico corpo politico e in un’unica anima sociale. Ecco perché possiamo affermare , senza paura di essere smentiti, che i socialisti sono riformisti. Gli unici e soli.   SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

COMITATO PERMANENTE: PROVE TECNICHE DI UNITA’ SOCIALISTA

di Natalino Spatolisano – Quotidiano del Sud | “ORGANIZZAZIONE di ‘Socialismo XXI’ e del CUS in Calabria e costituzione del Comitato permanente per l’Unità Socialista tra le diverse anime del socialismo italiano”, temi che saranno affrontati durante il webinar, in programma giovedì 8 aprile alle 18,00 sulla piattaforma Zoom. “Proponendoci di costituire in Italia un partito del socialismo autonomo ed unitario, riteniamo che si debba anzitutto dare vita ad un comitato in grado di attivare un tavolo permanente di discussione e confronto per l’unità socialista, anche in vista delle prossime elezioni regionali, ma che in ogni caso, pur prescindendo dall’esito elettorale, sappia riunificare la diaspora socialista”, anticipa il coordinatore regionale di `Socialismo XXI’ Santoro Romeo, nelle fila del Psi sin dal lontano 1976, oramai “socialista senza partito”, ma anche sindacalista UIL, oltrechè esponente del movimento “Poetas del mundo”. Nella veste di relatore non mancherà il Presidente nazionale di “Socialismo XXI” Aldo Potenza, accanto al vicepresidente nazionale del sodalizio Silvano Veronese ed al responsabile Comunicazione della formazione politica Vincenzo Lorè. Costituitasi come associazione senza scopi di lucro “Rete di circoli ed associazioni per il socialismo nel XXI secolo in Italia” la neoformazione che riporta alla memoria esponenti socialisti come Turati e Matteotti, Nenni, Pertini, Lombardi e Craxi, ha sede legale a Roma alla via Ferrati presso il circolo socialista della Garbatella. Obiettivi da perseguire in base allo statuto del sodalizio, “far conoscere la cultura e la storia del socialismo riformatore fondato sui valori della giustizia e della libertà, agire per la costituzione in Italia di un partito del socialismo autonomo ed unitario, coordinare l’attività dei circoli aderenti per raggiungere tale obiettivo, sostenere le organizzazioni europee ed internazionali dei partiti socialisti, socialdemocratici e laburisti, con richiesta esplicita al Pse di strutturarsi come un vero e proprio partito sovranazionale, cui sia possibile aderire sia individualmente che collettivamente, e promuovere e sostenere liste elettorali che facciano riferimento alla storia e alla cultura del socialismo italiano ed europeo”. SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

AMMINISTRATIVE: NAPOLI, ROMA, MILANO

Comunicato Stampa | Il Comitato di Presidenza di “Socialismo XXI” si è incontrato in videoconferenza con i propri Coordinamenti Regionali della Campania, Lazio e Lombardia per esaminare le intenzioni delle rappresentanze locali di Napoli, Roma e Milano di presentare – assieme ad altre aggregazioni di ispirazione socialista e di democrazia laica – liste e candidature a Sindaco autonome per le prossime elezioni amministrative nelle tre grandi città del Paese. La riunione ha valutato positivamente ed unanimemente questi intendimenti non solo perché essi esprimono la volontà dei socialisti a ritornare tra i protagonisti del dibattito e dei processi politici del Paese per offrire una proposta riformista oggi assente nella società, ma anche perché la partecipazione elettorale puo’ essere una concreta occasione per concretizzare a breve un processo di superamento della dispersione nel Paese della presenza socialista attraverso la ricostituzione di un nuovo soggetto politico erede della tradizione e dei valori  del riformismo  socialista,  rinnovato nei programmi, negli uomini e nelle idee. A Napoli, come è nelle intenzioni fondative di “Socialismo XXI”, l’Associazione campana a napoletana ha dato vita al “Comitato per l’Unità Socialista” assieme ad  una decina di associazioni e gruppi di analoga ispirazione e sensibilità, le quali si sono impegnate nella formulazione di una piattaforma di proposte per la città, capitale del Mezzogiorno, carica di problemi dalla sanità alla sicurezza, dal lavoro che manca, dalla inefficienza e degrado dei servizi pubblici essenziali  alla necessità di valorizzare le risorse ambientali e culturali che non mancano, ma che non sono adeguatamente sfruttate ai fini dello sviluppo territoriale. A Roma, il discorso è all’inizio avendo riscontrato prime disponibilità – da parte di alcuni ambiti della presenza socialista della capitale – a praticare un percorso elettorale comune ed autonomo rispetto alle varie ipotesi fino ad ora dichiarate da varie parti dello schieramento progressista capitolino. A Milano, gli aderenti a “Socialismo XXI” sono disponibili a sostenere candidatura a Sindaco e lista socialista unitaria, già indicata da altre Associazioni con le quali si puo’ ipotizzare lo sviluppo del processo unificatorio ispirato al riformismo socialista che proprio nella capitale industriale e sociale del Paese ha trovato, nel lontano passato, la sua culla e maturato significative esperienze. Analoga iniziativa è in corso nella città di Bergamo. Ovviamente, nei prossimi giorni, le presenze locali di “Socialismo XXI” e del C.U.S. (Comitato per l’Unità Socialista) si apriranno al dialogo  con la cittadinanza delle tre grandi realtà del Paese, per confrontare bisogni, aspettative e problematiche crescenti alla luce della grave epidemia in corso con le proposte di soluzione che i socialisti intenderanno proporre per la soluzione delle gravi conseguenze economiche e sociali della drammatica emergenza che ha coinvolto il Paese, al pari degli altri della Unione Europea. SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it