Premessa | L’Italia, come tutti gli Stati europei, ma il fenomeno è globale, è profondamente divisa tra i suoi territori. La divisione è profonda e riguarda tutti gli aspetti della società: economia, cultura, vita sociale, politica, amministrazione e potenzialità di sviluppo. Questa rottura territoriale si è ulteriormente evidenziata in questi mesi di emergenza dovuta all’epidemia, dimostrando in maniera palese tutte le difficoltà e le contraddizioni che si erano accumulate in questi ultimi anni. Siamo un paese profondamente in crisi, senza una identità collettiva, in cui la violenza è una forte presenza nella vita quotidiana. Purtroppo la politica non è più un modello da seguire, Ha scelto la strada di identificarsi con la parte irrazionale e, per questo più visibile della società, cercando di seguirne gli umori, le emozioni momentanee e le paure ingiustificate. Lungi dall’essere guida della società, la politica si fa guidare dagli eventi, che spesso si consumano nello spazio di un inutile scontro verbale, senza produrre nulla sul piano pratico. In questo clima, di incomprensibile degrado, il nostro paese ha dovuto affrontare l’epidemia dovuta al “Covid 19”, improvvisa, imprevista e destabilizzante. Il bilancio, ancora parziale di questo evento drammatico è stato pesante, innanzi tutto per i troppi morti, per il grande numero di ammalati e per il rischio del collasso delle strutture ospedaliere che hanno dovuto fronteggiare una pandemia senza precedenti e che ha riportato il mondo ad antiche, disperate esperienze di morte e miseria, che pensavamo fossero un ricordo del passato. La chiusura totale del paese per due mesi, ha provocato un crollo dell’economia senza precedenti, tanto improvviso, da non potere, ancora, quantificare i danni e, quindi, è difficile immaginare una strategia certa per la ripresa. Il Governo Conte, molto determinato nella fase della chiusura e delle manovre per frenare l’epidemia, è stato meno deciso ed unito nella fase della riapertura e nella definizione dei provvedimenti per la ripresa economica. Gli si deve riconoscere, però, il coraggio di aprire un confronto serrato con la Commissione Europea, che ha avuto, al momento dei risultati importanti, ma non risolutivi per le esigenze e bisogni degli Stati dell’euro zona ad affrontare insieme i problemi gravi di una recessione, mai verificata. La situazione italiana è particolarmente delicata e critica, in soli 5 mesi, da Gennaio ad oggi, si sono succedute ben tre manovre di bilancio: 1 – Legge di Bilancio 2020, approvata a Bruxelles, per un valore di 30 miliardi, la cui copertura era in deficit in massima parte. 2 – DPCM 18/20 Marzo “Cura Italia” , misure a sostegno delle famiglie e del lavoro per l’epidemia in atto, dal valore di 25 miliardi di euro in deficit. 3 – Decreto Rilancio 15/5/2020, 55 miliardi di euro in deficit. Uno sforzo notevole, 110 miliardi di euro in deficit, non usuale per un Governo italiano. Siamo più abituati a manovre economiche fatte di tagli alla spesa corrente, alla spesa sociale, all’ambiente, agli investimenti per la ricerca, l’innovazione e lo sviluppo, a pratiche di spending review. Con le manovre in atto, sono stati erogati finanziamenti per ogni categoria produttiva e di servizi, per famiglie e per sostenere la spesa ed i consumi. La situazione italiana resta grave, siamo molto oltre i parametri di Maastricht, fuori dal patto di stabilità. All’inizio di questo anno, il debito pubblico era di 2400 miliardi di euro, a cui andranno aggiunti quelli già stanziati dalle manovre economiche in atto di ulteriori 110 miliardi/euro, la previsione è che il debito sarà di 2510 miliardi/euro, che probabilmente arriverà a superare i 2600 a fine d’anno, tenuto conto del basso rating dei nostri bond. La speranza per il nostro futuro è legata all’Europa ed alla sua capacità di organizzare un intervento di sostegno al rilancio dello sviluppo sostenibile e non condizionato dalle multinazionali. In mancanza di una politica europea concreta e veloce, il nostro paese si troverà a dover riprendere la strada del rigore senza crescita. Le analisi della CE e della BCE prevedono per l’Italia una perdita media del -9,6% del PIL nel 2020. Tenuto conto delle proiezioni della Bancad’Italia, nel rapporto con i territori questo dato si specifica con il -8,8% per il Nord, -9,4% per il centro e il 10,7% per il Sud! In termini numerici il Pil totale della Lombardia è di poco superiore a 390 mld/euro, mentre la Campania, la più ricca del Sud ha un Pil attorno ai 108 mld/euro. La Campania, nel 2020, scenderà al di sotto dei 100 mld/euro, mentre la Lombardia, che rappresenta il 20% del Pil nazionale, pur con una perdita di 30 mld/euro, potrà reggere di più all’impatto negativo di questa emergenza, ricevendo una notevole fetta di finanziamenti delle manovre in corso. Purtroppo il contesto in cui ci muoviamo non è per nulla favorevole. La situazione sociale ed economica mondiale è drammatica, vista la continua guerra commerciale tra USA e CINA, le difficoltà del mercato del petrolio che è precipitato nelle stime d’acquisto e questo sta producendo problemi seri alla Russia ed a tutti i produttori di energia fossile. L’ambiente ne ha guadagnato, ma molti paesi estrattori, in cui la povertà, accompagna lo sfruttamento delle multinazionali, aumenta, con l’aumento del rischio di nuovi e più devastamti conflitti e conseguenti flussi migratori. La pandemia ha evidenziato i grandi limiti del modello liberista di crescita, che non sembra avere nessuna strategia credibile per uscire dal pericolo per la salute dei cittadini ed assicurare una vita migliore per il pianeta e le generazioni future. La Campania In questo contesto economico, sociale e politico complesso e difficile, cade, per la Campania, la scadenza elettorale per l’elezioni del Presidente e del Consiglio Regionale. E’ una scadenza importante, poiché giunge al termine di un decennio in cui la nostra Regione ha pagato un prezzo molto alto, soprattutto dal punto di vista sociale, alla crisi economica ed alle politiche di rigore della spesa pubblica. Una situazione aggravata, sul piano amministrativo e di governo del territorio dall’istituzione della Città Metropolitana di Napoli, che sostituiva la Provincia e che si è dimostrata un ectoplasma politico, fondamentalmente inutile che …
Leggi tutto “CONTRIBUTO PER UN PROGRAMMA POLITICO DI RILANCIO DELLO SVILUPPO PER LA CAMPANIA”