LE VARIAZIONI ALLA RIFORMA COSTITUZIONALE APPROVATE DALLA 1° COMMISSIONE PERMANENTE

Premessa Faccio seguito al mio articolo apparso su questo sito il 15 gennaio sulla PROPOSTA DI RIFORMA COSTITUZIONALE per aggiornarvi sulla relazione della 1°commissione permanente affari costituzionali che ha approvato la nuova versione della riforma proposta dal governo Meloni. Questa riforma andrà certamente a referendum perché non raggiungerà i 2/3 dei voti di entrambe le camere nel secondo turno di votazioni. E’ quindi indispensabile che tutti noi si sia informati a fondo sull’argomento su cui dovremo pronunciarci. Ma è anche nostro compito diffondere le nostre osservazioni critiche alla proposta revisione stante lo stravolgimento istituzionale che quella proposta comporta. Come osservato nel precedente articolo questa proposta fa venir meno quell’equilibrio tra i poteri che la Costituzione aveva costruito, infatti, il ruolo del presidente del consiglio eletto diventa di gran lunga prevalente a scapito dei poteri del Capo dello Stato e del Parlamento. Non mi soffermerò sulle minori variazioni apportate dalla Commissione affari costituzionali, focalizzando le mie osservazioni sui punti interessanti risultanti dal nuovo testo.  Modifica all’articolo 83 della Costituzione L’articolo in questione prevede che il Presidente della Repubblica venga nominato dal Parlamento con un quorum di due terzi per i primi tre scrutini e con la maggioranza assoluta negli scrutini successivi. La proposta variazione sposta a dopo il sesto scrutinio l’abbassamento del quorum. La variazione raddoppio il numero degli scrutini nei quali ricercare un consenso più largo per l’elezione del Presidente della Repubblica. Modifica all’articolo 89 della Costituzione L’articolo in questione prevede che tutti gli atti del Presidente della Repubblica siano controfirmati dai ministri proponenti, che se ne assumono la responsabilità. La variazione della commissione è di natura tecnica nel senso che esclude la controfirma in quegli atti che sono di esclusiva potestà del Presidente della Repubblica quali: la nomina del presidente del consiglio dei ministri, la nomina dei giudici della Corte Costituzionale, la concessione della grazia e la commutazione delle pene, il decreto di indizione delle elezioni e dei referendum, i messaggi alle Camere e il rinvio delle leggi. Modifica dell’articolo 92 della Costituzione E’ l’articolo che prevede l’elezione diretta e contestuale a suffragio universale del presidente del consiglio dei ministri e delle Camere. Una prima variazione consiste nello stabilire che l’elezione del presidente del consiglio, proposta per la durata di cinque anni, venga stabilita a “non più di due legislature consecutive, elevate a tre qualora nelle precedenti abbia ricoperto l’incarico per un periodo inferiore a sette anni e sei mesi”. Questa variazione mira ad evitare che un singolo presidente del consiglio resti in carico per un numero eccessivo di legislature; mi pare una proposta sensata anche se è difficile capire le motivazioni relative alla possibilità di un terzo mandato. La commissione non ha avuto nulla a che dire sulla contestualità dell’elezione delle Camere e del presidente del consiglio. Faccio notare che laddove esiste il presidenzialismo (cui si può assimilare la proposta di premierato) cioè laddove il potere di un singolo tenda ad esorbitare rispetto al potere degli altri organi costituzionali, penso ad esempio alle regole degli USA, i due organismi ovvero capo dell’esecutivo e del suo organo di controllo sono eletti in date diverse per evitare che la maggioranza prevalente nel momento determini contestualmente i due organi, creando quindi un elemento di diversificazione e quindi di rafforzamento nell’equilibrio dei poteri. Questa precauzione è impossibile nella proposta presentata dal governo, e accettata dalla commissione, stante il meccanismo di rapporto tra le due elezioni costituito dal premio di maggioranza, oggetto della seconda variazione. La seconda variazione prevede che il premio di maggioranza spettante in ciascuna camera alle liste e ai candidati collegati al presidente del consiglio eletto venga modificato dal 55% ad “una maggioranza”. Come noto la Corte Costituzionale aveva bocciato il premio di maggioranza qualora non fissasse un minimo risultato effettivo e ciò per non stravolgere la volontà dei cittadini votanti. Da sottolineare che la Corte Costituzionale nella sua sentenza non faceva riferimento a nessuna norma della Costituzione, ma affermava un principio insito nella natura di uno stato democratico ovvero quello di non stravolgere la volontà popolare. Da notare inoltre che la logica del premio di maggioranza alle Camere era collegato all’espressione della volontà popolare nelle votazioni delle Camere, mentre nel caso della riforma meloniana, è la votazione relativa all’elezione del presidente del consiglio che determina il premio di maggioranza a modifica della composizione delle Camere. Ora lo stravolgimento è evidente se pensiamo a quanto avvenuto alle recenti elezioni regionali sarde, laddove, se applicassimo lo stesso principio proposto dal governo, succederebbe che, avendo il centro destra vinto le elezioni ed avendo il centro sinistra prevalso nel voto disgiunto per il presidente, la volontà popolare prevalsa nell’elezione del presidente andava a rovesciare la volontà popolare espressa per i membri del consiglio regionale. Ma facciamo un esperimento mentale: si presentano alle elezioni 3 liste: centrosinistra, destra e centro; e tre candidati presidenti del consiglio: Schlein, Meloni e Draghi. Allo spoglio delle schede centrosinistra e destra prendono il 45% ciascuna e il centro prende il 10%. Ma per l’elezione del presidente del consiglio stravince Draghi per cui i seggi alle Camere “garantiscono una maggioranza” al centro. Ora la maggioranza può essere relativa, assoluta o qualificata, e ciò lo prevederà la legge elettorale, e quindi nei tre casi avremo i seguenti seggi alle Camere: Caso Centrosinistra Destra Centro Volonta del Popolo 45 45 10 Maggioranza Relativa 33 33 34 Maggioranza Assoluta 24,5 24,5 51 Maggioranza Qualificata 22,5 22,5 55 E’ evidente l’assurdità di questa proposta con cui garantendo una maggioranza, e non specificando quale, si delega il tutto ad una legge elettorale che, rispettando la Costituzione, potrebbe arbitrariamente assegnare un premio che abbiamo ipotizzato al 55% ma potrebbe essere qualsiasi percentuale. La terza variazione consiste nel fatto che il Presidente della Repubblica, su proposta del presidente del consiglio eletto, oltre a nominare, come nella originaria proposta, può ora anche revocare i ministri. Mi sembra che in effetti ci si era dimenticati di questo ulteriore potere da conferire al presidente del consiglio che il Presidente della Repubblica, da buon burattino, deve eseguire. Modifica all’articolo …

ALLARME COSTITUZIONALE

La Meloni ha la maggioranza assoluta per cambiare la Costituzione, per eleggere un PRESIDENTE della Repubblica alla IV votazione, le mancano 12 voti per eleggere 4 giudici della Corte COSTITUZIONALE , tutto grazie a una legge elettorale incostituzionale, contro la quale chi si lamenta di Presidenzialismo, lutto nazionale e Autonomia differenziata non ha fatto assolutamente nulla tranne qualcuno qualche decina di persone in Calabria, in Friuli Venezia Giulia, in Lombardia,  in Piemonte, nel Lazio e in Emilia Romagna e a Messina. Chi ha fatto approvare la legge con 8 voti di fiducia contro l’art. 72 c. 4 Cost e chi ha aggravato gli effetti della legge con un demenziale taglio dei parlamentari sono in competizione per la leadership della difesa passiva della Costituzione antifascista. Una Costituzione la si difende solo attuandola. Se vogliamo salvare la forma di governo Parlamentare la legge elettorale è fondamentale. Tutto il resto son chiacchere, bla-bla, una specialità a sinistra. La legge elettorale è una condizione necessaria, ma non sufficiente, ma se la legge elettorale non è costituzionale viene meno la rappresentatività del Parlamento. Senza rappresentanza non c’è democrazia rappresentativa con forma di governo parlamentare, quella scelta dai nostri costituenti. Tutto il resto sono chiacchiere per perdere tempo e non fare quello che è necessario. I difensori passivi della Costituzione sono disposti a tutto, pur di avere, piccoli o grandi che siano, le liste bloccate. Certo il costume politico la vince sulla forma, come dimostra l’esempio austriaco. L’Austria è uno stato in cui gli organi supremi del potere esecutivo sono il Presidente Federale, i ministri federali e i segretari di Stato (art. 19 BV), non è NOMINATO il Bundeskanzler, il Cancelliere federale. Il Presidente Federale è eletto dai cittadini con ballottaggio se non ha la maggioranza assoluta dei voti validi al primo turno. E’ eletto per 6 anni e può essere riconfermato per un secondo periodo consecutivo, perciò per 12 anni, mentre il Consiglio Nazionale, corrispondente alla nostra Camera dei deputati per 4 anni. Sulla carta è un sistema semipresidenziale prima che lo inventassero i francesi. Eppure finché è continuato il condominio alternativo socialdemocratico-popolare il Presidente Federale politicamente contava come il 2 di picche con la briscola a cuori, perché gli uomini politicamente forti preferivano candidarsi a Kanzler che a Presidenti Federali. Lo stesso è successo in Finlandia con la scomparsa di Kekkonen, che moderato era quello che garantiva l’imbarazzante e intrigante vicino sovietico, che era anche russo, del cui Impero zarista la Finlandia faceva parte, come Granducato. Dopo di lui il Presidente eletto dal popolo non ha contato più nulla. Tuttavia, gli austriaci e i finlandesi eleggevano un parlamento rappresentativo del loro popolo, non dei partiti al potere, che non sanno nemmeno fare le leggi elettorali. Lo sapete che si può fare il Premierato con solo la legge elettorale, basta riformulare l’art. 14 bis del T.U. Elezione Camera nel testo originario, quello del Porcellum, la legge n. 270/2005,e che rendere il Presidente della Repubblica una marionetta o un ricattato dal premier basta una sola norma costituzionale.  Con la modifica dell’art. 85 c.1 Cost., riducendo la durata del suo mandato da 7 a 4 anni, senza levargli nessun potere, compreso quello di nominare il Governo ex art. 92 Cost., abbiamo un Premierato di fatto, che altera per sempre i rapporti tra Premier e Presidente della Repubblica, rafforzando il primo e indebolendo. Due piccioni con una fava, avere un potere assoluto, ma facendo felici e soddisfatti i nemici del Presidenzialismo, che si accontentano delle parole, come dimostra la loro inerzia nella lotta al cambiamento della legge elettorale. SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

LE ELEZIONI PIU’ INCOSTITUZIONALI DELLA STORIA

di Felice Besostri – Socialismo XXI Lombardia | Stiamo facendo le elezioni più incostituzionali della storia grazie alla legge elettorale, Rosatellum, peggiorata dalla legge giallo-verde del CONTE I, in combinazione con il taglio dei Parlamentari e per quello che non si è fatto, tra cui una cosa semplicissima come far venire meno per chi raccoglie le firme, veri eroi della democrazia, di richiedere il certificato di iscrizione alle liste elettorali, richiesta illegittima a partire dall’entrata in vigore il 2 settembre 1990,dell’art. 18 della legge 7 agosto 1990, n. 241. L’obbligo di presentare il certificato di iscrizione alle liste elettorali insieme con l’accettazione della candidatura è previsto dal dpr n. 361/1957 al suo art. 20, che non ha tenuto della legge n. 241 del 1990. L’art. 18 bis è stato più volte modificato dalle leggi 6 maggio 2015 n. 52 (Italikum), 3 novembre 2017 n. 165 (Rosatellum), 27 dicembre 2017 n. 205 e da ultimo dalla legge 30 giugno 2022 n. 84 di conversione del decreto-legge 4 maggio 2022 n. 41. Tuttavia, questi interventi non hanno mai toccato le norme obsolete come l’art. 20 del dpr, ma solo per esentare le formazioni presenti in Parlamento, con criteri di volta in volta diversi e valevoli solo per la prima elezioni successive. C’è la violazione del Codice di buona condotta in materia elettorale essendo stato lo stesso considerato parametro di legittimità dalla Corte Europea dei Diritti dell’UOMO da ultimo con la sentenza definitiva 24 marzo 2020 della Sez. IV nel Ricorso n. 25560/13, Cegolea contro Romania. L’esenzione dalla raccolta delle firme, disposta nel passato sempre con legge ordinaria, è stata, per la prima volta,  introdotta, con una modifica della Camera con l’art. 6 bis ad un D. L., il n. 41 del 4 maggio 2022 e relativa ad altra materia come si evince dal titolo della legge n. 84/2022 “Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 4 maggio 2022, n. 41, recante disposizioni urgenti per lo svolgimento contestuale delle elezioni amministrative e dei referendum previsti dall’articolo 75 della Costituzione da tenersi nell’anno 2022, nonché’ per l’applicazione di modalità operative, precauzionali e di sicurezza ai fini della raccolta del voto.” L’art. 6 bis è, invece, intitolato “(Disposizioni in materia di elezioni politiche)”, quindi relativo alle elezioni politiche 2022, che alla data si emanazione del d.l. non erano state nemmeno convocate. Lo furono, infatti, con il decreto del Presidente della Repubblica  del 21 luglio 2022, n. 97. Al momento della sua introduzione, quindi non vi erano i presupposti del caso straordinario di necessità e urgenza, previsto dall’art. 77.2 Cost., affinché il Governo, sotto la sua responsabilità, non il Parlamento, adotti provvedimenti provvisori con forza di legge. Al momento dell’introduzione dell’art. 6 bis, si applicavano gli artt. 60 e 61 Cost.: quindi, atteso che la prima riunione delle Camere,  elette il 4 marzo 2018, si è tenuta il 23 marzo 2018 e pertanto l’ultima data utile avrebbe potuto essere la domenica 28 maggio 2023. Inoltre, l’art. 6-bis del decreto legge n. 41 del 2022 è anche una legge-provvedimento visto che descrive la situazione precisa di alcune liste). Le leggi provvedimento sono illegittime per irragionevolezza e disparità di trattamento (v. di recente la sentenza cost. n. 186 del 2022). L’introduzione di materie estranee nei decreti-legge è stata più volte censurata dalla Corte costituzionale (a mente delle sentenze 32 del 2014 e 94 del 2016). Inoltre  le modalità di approvazione violano il combinato disposto dei commi 1 e 4 dell’art. 72 Cost., che richiede sempre la procedura normale per le leggi in materia “costituzionale ed elettorale” ( cfr Lodo Iotti del 1981), mentre in sede di conversione di decreto legge si vota l’articolo unico di conversione, il cui contenuto coincide con il titolo della legge di conversione, che fa riferimento  generico alle modificazioni, al Senato, a differenza della Camera, il voto sulla fiducia, espressamente richiesta dal Ministro per i Rapporti col Parlamento, coincide col voto finale: l’art. 6 bis non è stato oggetto di specifica approvazione. La disparità di trattamento, rispetto alle liste autonome, con la stessa percentuale di voto, ad esempio PaP, che ha superato l’1% sia alla Camera che al Senato, è stata giustificata con la discrezionalità del legislatore e con riferimento alla giurisprudenza costituzionale (Corte Costituzionale sentenza n. 48 del 2021, 394/2006, n. 84 del 1997, n. 83 del 1992 e n. 45 del 1967) di interpretazione dell’art. 51 Cost., per il quale le condizioni di eguaglianza del diritto di candidarsi è subordinato “ai requisiti stabiliti dalla legge”. Tuttavia, la discrezionalità del legislatore non può sconfinare nell’arbitrarietà e nell’irragionevolezza ovvero nella disparità di trattamento, con violazione dell’art.3.1 Cost. Per comprendere le censure occorre esaminare il testo dell’art. 6 bis con l’attenzione che richiede l’art. 12 delle disposizioni sulla legge in generale: ((1. Le disposizioni dell’articolo 18-bis, comma 2, primo  periodo, del testo unico delle leggi  recanti  norme  per  la  elezione  della Camera  dei  deputati,  di  cui  al  decreto  del  Presidente   della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361, si applicano, per le prime elezioni della Camera dei deputati e del Senato  della  Repubblica  successive alla data di  entrata  in  vigore  della  legge  di  conversione  del presente decreto, anche ai partiti o gruppi  politici  costituiti  in gruppo parlamentare in almeno una delle due  Camere  al  31  dicembre 2021 o che abbiano presentato candidature  con  proprio  contrassegno alle ultime elezioni della Camera dei deputati o alle ultime elezioni dei membri del Parlamento europeo spettanti all’Italia in almeno  due terzi delle  circoscrizioni  e  abbiano  ottenuto  almeno  un  seggio assegnato  in  ragione  proporzionale   o   abbiano   concorso   alla determinazione della cifra elettorale nazionale di coalizione  avendo conseguito, sul piano nazionale, un numero di voti  validi  superiore all’1 per cento del totale)). Per la fretta il legislatore si è dimenticato che il nostro è un sistema bicamerale (art. 55 Cost.) paritario per la funzione legislativa (artt. 70, 71, 72 e 73 Cost.) e per la ratifica dei trattati internazionali (art.80 Cost.) e per la fiducia al Governo (art.94 Cost). L’art. 18 bis è norma del T.U.Elezione Camera dei deputati, ma si …

SOCIALISMO XXI: AUTONOMIA DIFFERENZIATA, LE RAGIONI DEL NOSTRO NO

di Luigi Ferro – Presidente Socialismo XXI | La legge Quadro che sarà a breve presentata dal governo è stata pensata per garantire alle Regioni a statuto ordinario maggiore autonomia. Ovvero, per consentire alle Regioni una certa potesta’ legislativa per le materie di legislazione concorrente e/o per tre di quelle di competenza esclusiva dello Stato. Alla attribuzione della potesta’ legislativa è connesso il trasferimento delle risorse finanziarie, cioè, parte del gettito fiscale verrebbe trattenuto dalle regioni per spenderli sul proprio territorio. Le materie a legislazione concorrente sono quelle previste dall’art. 117 co. 3 Cost.: rapporti internazionali e con la UE delle Regioni; commercio con l’estero; istruzione e formazione professionale; professioni; tutela della salute; protezione civile; ordinamento sportivo; casse di risparmio, casse rurali  e istituti di credito a carattere regionale; valorizzazione dei beni culturali ed ambientali; coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario; porti e aeroporti civili; grandi reti di trasporto e di navigazione; coordinamento delle comunicazioni; alimentazione; ricerca scientifica ed innovazione tecnologica. A queste materie le Regioni possono aggiungere giurisdizione e norme processuali; ordinamento civile e penale; tutela dell’ambiente; giustizia amministrativa limitatamente alla organizzazione della giustizia di pace. Si tratta a ben vedere spesso di materie di interesse nazionale di competenza esclusiva del Governo nazionale e del Parlamento. La legge quadro che il Governo si accinge a presentare consentirebbe alle Regioni di indicare su quali materie esercitare la potesta’ legislativa  trattenendo sul territorio regionale buona parte delle risorse necessarie per finanziarie ogni intervento.  Inutile sottolineare che la legge quadro nasconde quel federalismo /separatista gradito a talune forze politiche , e non solo, se consideriamo che buona parte dei Governatori regionali sembrerebbero favorevoli  al testo normativo che il Governo si appresta a licenziare per un motivo semplicissimo: avere più competenze, più voce in capitolo, controllare le  risorse finanziarie locali, il territorio e il consenso elettorale. Diciamo subito che questa legge è incostituzionale perchè contraria all’art. 5 della Costituzione: “La Repubblica, una e indivisibile, riconosce e promuove le autonomie locali; attua nei servizi che dipendono dallo Stato il più ampio decentramento amministrativo; adegua i principi ed i metodi della sua legislazione alle esigenze dell’autonomia e del decentramento”. Ne consegue che la Legge quadro di cui si discute creerebbe una sorta di federalismo o, meglio, di iper-autonomia, fino a minare l’Unità Nazionale tutelata dalla nostra Grundnorm. Vi è di più. Al Governo centrale verrebbero destinate sempre meno risorse necessarie per l’attuazione di programmi di sviluppo del Paese, per garantire l’ordine pubblico, la difesa, e la politica estera ed energetica. Francamente si costituirebbero diversi centri di potere e quel “disordine istituzionale” dove si annida lo spettro della dissoluzione dell’ordinamento statale costruito sapientemente dai nostri Padri Costituenti. L’esercizio della potestà legislativa inoltre richiederebbe l’impiego di risorse finanziarie e quindi la conseguente richiesta di trattenere buona parte del gettito fiscale da impiegare nei territori regionali. In questo caso gli effetti negativi sono di due tipologie: la prima, avere maggiore disponibilità finanziaria non si traduce nella automatica risoluzione dei problemi poiché ciò passa attraverso le scelte che la classe dirigente locale è chiamata a prendere, non sempre coerenti e risolutive; la seconda, ci sono Regioni con maggiore reddito rispetto ad altre e più organizzate sui territori, disomogeneità economica talune volte presente anche nelle stesse regioni con la conseguenza che i territori più deboli avrebbero sempre meno risorse finanche a trovarsi nella condizione di essere costretti a tagliare i servizi locali (welfare cittadino) per questioni di bilancio. Strettamente collegato quindi alle due problematiche innanzi affrontate è il tema delle risorse finanziarie o concernente il gettito fiscale: come saranno assegnate le risorse? Con quali criteri? Non possiamo tollerare l’approvazione di siffatta legge. In caso contrario, siamo pronti a raccogliere le firme necessarie per sottoporla a referendum abrogativo nella speranza che il governo non decida di inserire la Legge Quadro sulla Autonomia Regionale nella legge di stabilità. Si sa che le leggi di bilancio non possono essere sottoposte a referendum abrogativo, anche se ritengo che sia sempre possibile ricorrere all’istituto referendario poiché si affrontano temi che riguardano complessivamente l’architettura costituzionale del nostro Paese e non la finanza pubblica. Mi auguro che vi possa essere il dibattito Parlamentare su una materia di interesse nazionale, ma non deve mancare, ritengo, una grande spinta dal basso per pretendere da chi ci rappresenta una discussione pubblica, trasparente. Insomma, una mobilitazione generale: Sindacati, società civile, associazioni etc. etc., per spingere gli organi rappresentativi nella direzione che auspichiamo di assoluto rifiuto per una legge contraria al “vivere insieme”, come membri di uno Stato unito e indivisibile. Da non trascurare, infine, la probabile proliferazione dei  conflitti di attribuzione tra Stato e Regioni dinnanzi alla Corte Costituzionale se  la norma venisse varata, con l’inevitabile paralisi istituzionale. In definitiva, per le anzidette ragioni, siamo contrari alla Legge Quadro sulla Autonomia Differenziata Delle Regioni. Si tratta di una Legge che attenta all’Unità Nazionale, che accentua gli egoismi territoriali e mina quel principio solidaristico voluto e posto a fondamento della coesione e della identità nazionale. Alla classe dirigente chiediamo di occuparsi della grave crisi sociale del nostro Paese, certificata dai recenti dati ISTAT, di combattere le disuguaglianze sociali, di contrastare i danni provocati dal neoliberismo politico e finanziario, non di demolire la nostra Carta Costituzionale. SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it