PERCHE’ HANNO TOLTO IL DIRITTO DI VOTO AI CITTADINI?

Il Gruppo di Volpedo, rete dei circoli socialisti e libertari del Nord ovest, voleva riformare il modo di far politica, privilegiando la dimensione europea e l’attenzione all’ambientalismo politico, che si può sintetizzare nel binomio rosso-verde, ma non ridurre ad una formazione politica specifica nel variegato mondo politico italiano, contrassegnato da un’accentuata mobilità elettorale ed instabilità istituzionale. Questi fenomeni paradossalmente sono stati provocati da quando si è voluto privilegiare la governabilità rispetto alla rappresentanza, dapprima con la scelta di un sistema misto in prevalenza maggioritario per3/4 dei seggi con le leggi elettorali n. 276 e n. 277 del 1993, il cosiddetto Mattarellum, e l’introduzione alla Camera di una quota proporzionale con lista bloccata per la prima volta nelle elezioni parlamentari italiane. Il sistema elettorale era stato, fino ad allora, basato su un sistema bicamerale paritario, basato su liste con  voto di preferenza alla Camera dei deputati e collegi uninominali al Senato della Repubblica, ma in entrambe i casi con un riparto proporzionale dei seggi, tranne sporadiche eccezioni al Senato.  Un sistema politico, che, malgrado la breve durata media dei governi aveva consentito all’Italia il miracolo economico e la trasformazione da paese agricolo a paese industriale, fino a diventare uno dei sette paesi più industrializzati del mondo, tra quelli ad economia di mercato e negli anni ’70 del XX° secolo di dare l’avvio a una serie di riforme economiche e sociali, che ne hanno dimostrato le capacità di innovazione e modernizzazione.   Diritto di voto e sistema dei partiti sono strettamente collegati dalla nostra Costituzione nel Titolo IV della Parte Prima RAPPORTI POLITICI (ARTICOLI  48 – 54), in particolare gli articolo 48 sull’elettorato attivo e 49 sui partiti politici sono strettamente collegati, mentre il diritto di voto passivo e l’esercizio di pubblici funzioni sono associati negli articoli 51 e 54, mentre gli articoli 52 sulla difesa della patria e 53 sul sistema fiscale progressivo apparentemente non sono immediatamente assimilabili ai rapporti politici, ma leggerli e comprenderli bene confermano una volta di più la saggezza dei nostri padri e delle nostre, troppo poche, madri costituenti. Nell’art. 52 la difesa della patria “è sacro dovere del cittadino.”, di ogni cittadino, uomo o donna che sia, per questo non va confuso con il servizio militare, che non è obbligatorio per il secondo comma, che rinvia ad una legge ordinaria. Nel rispetto della Costituzione si è passato dalla leva generale obbligatoria per gli uomini, con un tardivo riconoscimento dell’obiezione di coscienza soggetta ad un alternativo servizio civile, alle forze armate professionali e volontarie. Il collegamento con i rapporti politici e al loro esercizio è assicurato dalla norma costituzionale con la precisazione che il servizio militare “non pregiudica la posizione di lavoro del cittadino, né l’esercizio dei diritti politici.”, ma soprattutto con l’ultimo comma “L’ordinamento delle forze armate si informa allo spirito democratico della Repubblica.” Infatti, il lavoro è un diritto e un dovere di ogni cittadino, come il voto è un dovere civico, non un obbligo giuridico, a differenza di altri ordinamenti, anche democratici[1]. Il voto è -e costituzionalmente deve rimanere “libero”e“personale”, come prescrive l’art. 48 Cost. e ha precisato la sentenza costituzionale n. 1/2014, oltre che “eguale” e “segreto”. La legge elettorale n. 165/2017, approvata, in violazione dell’art. 72 c. 4 Cost., con ben 8 voti (3 alla Camera e 5 al Senato) di fiducia a richiesta del Governo Gentiloni e peggiorata dalla legge n. 51/32019 del Governo Conte I, quello della maggioranza giallo-verde, è incostituzionale perché non rispetta il voto libero e personale degli elettori, perché una presunzione arbitraria di coerenza si sostituisce agli stessi quando non votano per una lista bloccata proporzionale o per un candidato uninominale maggioritario. Infatti, decide il legislatore come avrebbe dovuto votare sulla base di scelte di altri elettori, cioè in violazione del voto diretto stabilito senza equivoci dall’art. 56 Cost. per la Camera e dall’art. 58 Cost. per il Senato. Purtroppo non siamo in Germania, dove a differenza dell’Italia è garantito l’accesso diretto alla Corte Costituzionale, la Bundesverfassungsgericht l’avrebbe già fatta a pezzi per violazione dell’art. 38 GG, la loro Legge Fondamentale coincidente con il nostro art. 48 Cost., ancora più rigoroso poiché il voto è personale e diretto e non semplicemente, come in tedesco, unmittelbar, cioè “non mediato”.   Questo Titolo IV della Costituzione ha un’altra particolarità la mancata attuazione con una legge organica, di una legge sui partiti politici, che rispetti i principi costituzionali dell’art. 49, e dell’art. 53 Cost. la nostra tassazione dei redditi è sempre meno progressiva (estensione della flat tax) e non prevedendo un’imposta patrimoniale non “Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva”, quindi la Repubblica non può garantire a tutti i cittadini i diritti fondamentali, da quelli inviolabili ex art. 2 Cost. o, per nominare i principali, ad un lavoro, alla salute e all’istruzione e potere tenere fede al suo impegno solenne preso con l’art. 3 c. 2 Cost.: “È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.” Non c’è dubbio che se i programmi e gli statuti dei partiti facessero riferimento alla Costituzione, sarebbe una trasparenza rivelatrice delle reali intenzioni della formazione politica e guida per le scelte degli elettori. Per esempio riferirsi al secondo comma dell’art. 3 Cost. dovrebbe essere obbligatorio per una formazione di sinistra unitaria, larga e plurale, seriamente impegnata per la trasformazione della nostra società: la formazione che manca nel nostro panorama politico dopo la fondazione del Partito dei Lavoratori Italiani, poi Partito Socialista dei Lavoratori e PSI e fino al 1921. In un certo senso siamo in una situazione paragonabile a quella del 1891 e che trovò soluzione a Genova nel 1892.  Solo che allora c’erano progetti e speranze e la determinazione di due Compagni di ideali socialisti e di vita come Filippo Turati e Anna Kuliscioff. Ora scoramento e disillusione e gruppi dirigenti dei partiti …

LA PRESA IN GIRO: NON VOGLIAMO LA PAROLA, MA LA RESTITUZIONE DEL DIRITTO DI VOTO

Nella foto Felice Besostri in Corte Costituzionale di Felice Besostri – Socialismo XXI Lombardia | E’ logico, che chi pensa di vincere le elezioni, voglia votare subito. Ma è falso, che si voglia dare la parola agli italiani, affinché possano scegliere da chi farsi rappresentare. Non bisogna dare la voce al popolo, ma ridargli il diritto di voto, che gli è stato rubato con il Porcellum e mai più restituito. Un diritto di voto diretto, uguale, libero e personale, per scegliere uno per uno i parlamentari, e non ratificare liste bloccate di nominati dalle cupole partitocratiche. Votiamo subito! Lo chiede a gran voce chi pensa di vincere le elezioni, con la scusa di dare la parola al popolo, perché decida da chi farsi rappresentare? Siamo in una democrazia, ancorché limitata dalla pandemia, dalla crisi energetica, dalla crescita produttiva stentatissima, dall’emergenza ambientale e, per non farci mancare nulla dalla guerra provocata dall’aggressione russa all’Ucraina, e pertanto, la parola il popolo ce l’ha naturalmente, senza garanzia di essere ascoltato e nemmeno di aver capito bene. Infatti, lo statista francese Georges Clemenceau ricordava che “ In politica le promessa impegnano soltanto chi le ascolta”. Se volete votare dovete prima ridarci, il diritto di voto, che ci avete rubato con il Porcellum e mai più restituito, nemmeno dopo che la Corte Costituzionale ha annullato le liste bloccate e il premio di maggioranza nel 2014, dopo che era stato usato nel 2006, 2008 e 2013 per rinnovare il Parlamento. Un Parlamento eletto con una legge elettorale incostituzionale non ha la Costituzione nel suo DNA e pertanto ha cercato di cambiarla, ma il popolo italiano l’ha bocciato e la Corte costituzionale per la seconda volta dichiara incostituzionale la legge elettorale, la n. 52/2015. Si approva in gran fretta e con 8 voti di fiducia, tra Camera e Senato, una nuova legge elettorale, la n. 165/2017, Rosatellum, studiando bene i tempi per rendere impossibile, che fosse controllata prima della sua applicazione. Per essere sicuri la modificano in peggio con la legge n. 51/2019 e tagliano i parlamentari in media del 36,50% e alla vigilia delle elezioni esentano, quasi tutti quelli che ci sono, dal raccogliere le firme di presentazione delle liste, con buona pace dell’art. 51 Cost. che assicura che “Tutti i cittadini dell’uno o dell’altro sesso possono accedere agli uffici pubblici e alle cariche elettive in condizioni di eguaglianza”. Ridateci il diritto di voto, quindi di eleggere, uno per uno, i nostri rappresentanti, con qualunque sistema maggioritario, proporzionale o misto e non di ratificare quelli nominati dai partiti. SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

L’ALTRO 18 APRILE (1993)

di Franco Astengo | La bocciatura in due occasioni consecutive (2014 e 2017) da parte della Corte Costituzionale della formula elettorale scelta dal Parlamento Italiano per essere adottata in occasione delle elezioni politiche generali, l’adozione di una formula mista maggioritaria e proporzionale a separazione completa, altre modifiche del sistema come quelle riguardanti il voto all’estero hanno contribuito nel corso di questi ultimi anni a portare il sistema politico italiano in un quadro di crisi verticale. Una crisi sistemica derivante essenzialmente dall’esasperazione del personalismo, dalla caduta di ruolo dei partiti, dallo spostarsi del termini concreti dell’agire politico verso la governabilità in luogo della rappresentanza con conseguente riduzione di funzioni, ruolo, status dei consessi elettivi, in primis di quelli legislativi centrali. Un fenomeno questo riguardante il Parlamento nei suoi due rami che ha raggiunto l’apice della distruzione di senso con la riduzione del numero dei deputati e dei senatori da eleggere portando al lumicino la possibilità di rappresentanza territoriale e politica. Per questa vera e propria “difficoltà sistemica”, collocata al centro di fenomeni epocali di trasformazione economica, sociale, tecnologica, si può individuare una data d’inizio indicandola nel 18 aprile 1993, ventinove anni anni fa. Nella storia d’Italia la data del 18 aprile ha rappresentato per ben due volte l’occasione per segnare una svolta epocale: nella prima occasione, quella del 1948 quando si svolsero le elezioni per la Prima Legislatura Repubblicana con il successo della Democrazia Cristiana e la sconfitta del Fronte Popolare. In un’occasione successiva, quella del 1993, le urne furono aperte per un referendum che (tra altri convocati in quell’occasione) interessava la legge elettorale del Senato. La riforma elettorale era considerata allora, semplicisticamente, la chiave di volta per modificare l’intero assetto del sistema politico. C’era chi, come il movimento capeggiato da Mario Segni oppure parte del PDS proclamava che l’adozione di un sistema elettorale maggioritario avrebbe semplificato il sistema, resa stabile la governabilità, fatta giustizia della corruzione, reso trasparente il rapporto tra eletti ed elettori. Mai promesse da marinaio come quelle enunciate all’epoca hanno causato una vera e propria distorsione nella capacità pubblica di disporre di una corretta visione politica. L’esito referendario del 18 aprile 1993 significò un punto di vera e propria battuta d’arresto per lo sviluppo democratico del nostro Paese, considerato che dalle elezioni del 1994 in avanti il corpo elettorale non ha mai avuto la possibilità concreta di scegliere i propri rappresentanti. Si è passati da un sistema misto di collegi uninominali e liste proporzionali bloccate a un sistema proporzionale interamente formato da liste e ,dopo aver tentato addirittura di proporre un sistema che avrebbe fornito la maggioranza assoluta con liste bloccate senza alcuna soglia da raggiungere sul modello della legge fascista Acerbo del 1924, ad un altro sistema misto con collegi uninominali e liste ancora bloccate. L’esito referendario del 18 aprile 1993 significò un punto di vera e propria battuta d’arresto per lo sviluppo democratico del nostro Paese, considerato che dalle elezioni del 1994 in avanti il corpo elettorale non ha mai avuto la possibilità concreta di scegliere i propri rappresentanti arrendendosi all’idea del prevalere di una logica di “voto di scambio” di massa elargito sulla spinta di una crescente sfiducia nelle istituzioni repubblicane. SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

SEMINARIO SULLA LEGGE ELETTORALE

“Una nuova legge elettorale per evitare instabilità politica e garantire rappresentanza” Le due associazioni promuovono 3 seminari a distanza di 3/4 settimane (il primo è fissato per il 2 maggio dalle 17.00 alle 20.00) per mettere a fuoco le ragioni a sostegno di una nuova legge elettorale, in vista delle prossime elezioni politiche. Primo seminario 2 maggio 2022, dalle 17.00 alle 20.00 Perché occorre una nuova legge elettorale. Dopo il taglio dei parlamentari votando con la legge elettorale in vigore avremmo 2 maggioranze diverse. Quella della Camera sarebbe diversa da quella del Senato. Questa legge elettorale, dopo il taglio del numero dei parlamentari, provocherebbe instabilità politica perché gli esiti elettorali nelle due camere porterebbero a risultati diversi e probabilmente a maggioranze politiche diverse. Inoltre la legge in vigore non garantisce la rappresentanza politica e territoriale e la scelta dei parlamentari da eleggere da parte delle elettrici e degli elettori. Infine presenta profili di incostituzionalità. Ne vanno sottolineati alcuni: voto unico “coatto” per il collegio uninominale e per la circoscrizione proporzionale, a pena di invalidità del voto dell’elettore; l’Alto Adige al Senato ha 6 rappresentanti anziché 3 come le altre regioni paragonabili; assenza di parità di voto degli elettori perché per il Senato nelle piccole regioni non si potrebbe realizzare proporzionalità negli eletti. Le distorsioni che provocherebbe votare alle prossime elezioni politiche con l’attuale legge elettorale, vincolando il voto per il Senato alla dimensione regionale, impone una modifica per un voto su una base circoscrizionale. Questa modifica costituzionale è indispensabile venga approvata in tempo per la nuova legge elettorale che a sua volta è necessaria prima delle prossime elezioni politiche. L’obiettivo di questo seminario é comprendere il quadro della situazione e richiamare l’esigenza di tempi certi per gli interventi sulla Costituzione e per l’approvazione della nuova legge elettorale. Per questo occorre che venga preparata la nuova legge elettorale in parallelo alla modifica costituzionale, in modo da completarla appena modificata la Costituzione. Svolgimento del seminario: alle 17.00 due aperture di 15 minuti di Alfiero Grandi Presidenza Cdc e del Prof. Gaetano Azzariti Presidente di Salviamo la Costituzione. Interventi: On. Brescia, Presidente Comm. Affari Costituzionali Camera Prof.ssa Nadia Urbinati, Columbia University On. Federico Fornaro, relatore legge costituzionale per il Senato Prof. Felice Besostri Domande e brevi interventi, repliche dei relatori, termine dei lavori entro le ore 20.00 Per partecipare all’evento vai al link: In preparazione altri due seminari: 1) Orientamenti dei partiti sulla legge elettorale; 2) Proposte per la legge elettorale SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

Il Parlamento può governare

La crisi della rappresentanza politica reale e le possibili soluzioni. Felice Besostri: Proporzionale o uninominale all’inglese Accresce il finanziamento pubblico ai partiti nelle campagne elettorali di Felice Besostri | Si parla spesso per superare le attuali difficoltà di tornare ad un sistema proporzionale, ma tu hai espresso delle perplessità in proposito. E così? Ogni sistema elettorale ha i suoi pregi e difetti. Il problema non è il maggioritario o il proporzionale, ma quello di garantire la rappresentanza, perché puoi non avere rappresentanza sia con un sistema che con l’altro. Voglio fare un esempio. Una legge elettorale proporzionale come quella che abbiamo noi, con liste bloccate e una soglia di accesso alta, non garantisce la rappresentanza; così come a mio avviso non garantisce la rappresentanza un sistema uninominale con eventuale ballottaggio. Infatti il ballottaggio in un certo senso distorce il voto dei cittadini in quanto al ballottaggio si va votare contro qualcuno e non per qualcuno che vuoi che ti rappresenti. Da questo punto di vista ci sono allora due logiche: una è quella proporzionale con – una forza sola o con forze tra loro collegate – che ha l’obiettivo di avere la maggioranza degli elettori per avere la maggioranza degli eletti. L’altro, il sistema uninominale inglese, dov’è la ratio è un’altra: la percentuale non è quella del voto a livello nazionale ma quella che consente di conquistare la maggioranza dei seggi del Parlamento. In proposito sono inutili i soliti refrain su forze che ottengono una percentuale bassa, perché se la percentuale bassa offre una maggioranza relativa in tutti i collegi essa si prende tutti i collegi dove raggiunge la maggioranza relativa. Sei a favore del voto di preferenza? Abbiamo avuto il cosiddetto Porcellum e adesso abbiamo il Rosatellum che non è un buon vino, ma un pessimo sistema elettorale: non hanno entrambi dato una buona prova di sé. Il problema non è la lista bloccata ma addirittura le pluri-candidature. Questo vuol dire che il corpo elettorale è chiamato a ratificare le scelte delle oligarchie di partito che hanno composto liste. elettorali cioè non può scegliere i I proprio rappresentante. Questa separazione tra elettorato e rappresentanza, si incrocia con la più ampia divergenza tra istituzioni sociali e istituzioni politiche e questa divergenza trascina nel baratro i corpi intermedi. I corpi intermedi sono essenziali in ogni democrazia perché devi riuscire a tradurre in proposte le aspettative del popolo. I partiti politici si sono dimenticati di dare una legge organica di attuazione dell’articolo 49 della Costituzione, perciò noi abbiamo dei partiti onnipotenti che non sono in sintonia con le previsioni costituzionali relativamente al partito politico. Occorre fare attenzione al fatto che il soggetto dell’articolo 49 non sono i partiti ma sono tutti i cittadini che hanno il diritto di formare i propri partiti e che devono confrontarsi con metodo democratico. Il primo cambia-mento è stato introdotto nella prassi dell’interpretazione che il metodo democratico è garantito dalla pluralità dei partiti. Ma manca l’altro aspetto e cioè che i partiti devono allora volta essere eletti con metodo democratico. La previsione c’è nei sindacati con l’articolo 39 ma non è stata ripetuta per i partiti politici. Invece i sindacati e i partiti politici sono quelle organizzazioni di tipo sociale che l’Articolo 2 ritiene il luogo dove si forma il cittadino clic non solo come individuo ma come appartenente appunto a delle comunità, a organismi sociali come tutti quelli che sono previsti dall’Articolo 2 della Costituzione. Però i partiti non si riformano da se stessi. come può venire il cambiamento? Occorre che la legge sia chiara e che preveda esattamente il contrario di quello che è stato fatto. Potremmo avere uno strumento che costringe i partiti a riformarsi se si ritorna ad esempio ad una forma di finanziamento pubblico se non della vita del partito, come succede in Germania, quanto meno del costo delle campagne elettorali: perché se non c’è una condizione di partenza teoricamente perlomeno uguale questo impedisce che si realizzi quella pluralità e quel pluralismo della vita politica dei cittadini che richiesto dalla nostra Costituzione. Aggiungo che la legge elettorale che abbiamo e che è contrassegnata dal voto congiunto obbligatorio, cioè se tu scegli un candidato al collegio uninominale maggioritario dov’è il criterio di scelta del singolo candidato devi votare anche per una lista tra quelli della coalizione a cui appartiene quel candidato, altrimenti il voto è nullo. Un tempo le coalizioni vennero introdotte con una certa forzatura nel cosiddetto Porcellum. Si presupponeva che ci fosse addirittura un capo politico, ma questo a mio avviso interferiva con il Presidente della Repubblica perché sembrava quasi un’elezione diretta del Primo Ministro che da noi non è prevista. Inoltre queste coalizioni dovevano avere un programma comune. Oggi invece con l’ultima riforma della legge 165 del 2017, le coalizioni non devono avere nemmeno un programma comune. Allora non si capisce perché devono essere penalizzate alle lezioni le liste non coalizzate che devono raggiungere il 3% per contare, mentre alle liste coalizzate basta l’1% indipendentemente dal fatto che non ci sia alcun programma comune con le altre liste con cui si coalizzano. La differenza di due punti di percentuale non è una cosa indifferente. Ti domando cosa succederà con il taglio dei parlamentari. Il taglio dei parlamentari è nato come accorcio all’interno del Conte uno: se la nuova maggioranza giallorosso non avesse aderito a quel taglio dei Parlamentari sarebbe stato un bene. Chi aveva votato contro ha fatto credere che il successo al referendum avrebbe comportato il ritorno al proporzionale. Con la riduzione del numero dei parlamentari – in media del 36,5% – c’è una riduzione esagerata che mette in discussione specialmente al Sellato la rappresentanza in diverse regioni dove se non hai almeno il 10 15% non hai rappresentanza. Ultima questione hanno fatto credere che ci sarebbe stato una legge elettorale proporzionale in effetti un progetto di legge cosiddetta Rosallum – si chiama così perché Brescia è il presidente della commissione affari costituzionali della camera – il Brescello prevede l’istituto delle coalizioni, il mantenimento di una soglia di …

LA COSTITUZIONE REALE

    di  Renato Costanzo Gatti – Socialismo XXI Lazio |   La Costituzione de jure è affiancata da una Costituzione de facto che, prima o poi, dovrebbe essere recepita, secondo le modalità richieste dalla Costituzione stessa, in una revisione costituzionale. Esaminiamo oggi l’art. 81 della Costituzione: “Lo Stato assicura l’equilibrio tra le entrate e le spese del proprio bilancio, tenendo conto delle fasi avverse e delle fasi favorevoli del ciclo economico. Il ricorso all’indebitamento è consentito solo al fine di considerare gli effetti del ciclo economico e, previa autorizzazione delle Camere adottata a maggioranza assoluta dei rispettivi componenti, al verificarsi di eventi eccezionali. Ogni legge che importi nuovi o maggiori oneri provvede ai mezzi per farvi fronte. Le Camere ogni anno approvano con legge il bilancio e il rendiconto consuntivo presentati dal Governo. L’esercizio provvisorio del bilancio non può essere concesso se non per legge e per periodi non superiori complessivamente a quattro mesi. Il contenuto della legge di bilancio, le norme fondamentali e i criteri volti ad assicurare l’equilibrio tra le entrate e le spese dei bilanci e la sostenibilità del debito del complesso delle pubbliche amministrazioni sono stabiliti con legge approvata a maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna Camera, nel rispetto dei principi definiti con legge costituzionale.” Questo articolo è stato modificato nel 2012 (dal governo Monti per aderire ad una raccomandazione comunitaria) nel senso di introdurre esplicitamente il pareggio di bilancio anche se nel testo definitivo il pareggio è ridefinito come “equilibrio” condizionato dalla fase ciclica. Val la pena ricordare che nei successivi 20 anni dalla modifica costituzionale, il famoso pareggio di bilancio non è mai stato osservato, creando ogni anno un deficit che va ad aumentare il debito pubblico, portando quest’ultimo a livelli mai visti, anche se giustificati, come previsto dal secondo comma dell’articolo 81, da eventi eccezionali quali la pandemia. Ora se si può essere d’accordo con il pareggio delle partite correnti, l’articolo risulta castrante non differenziando gli investimenti dalle spese correnti (golden rule di Delors). Come sarebbe molto più manageriale se gli investimenti, esclusi dal vincolo del pareggio contabile, fossero esaminati e sottoposti a controllo prevedendo modalità di approvazione che richiamano alla mente la programmazione economica dei bei tempi, mentre sulle spese correnti si esercitasse un severo controllo sugli sforamenti facendone motivo di responsabilizzazione del governo. La norma costituzionale, nel rispetto di una Repubblica parlamentare quale la nostra dovrebbe essere, investe le Camere con il compito di approvare consuntivo e preventivo, ma l’approvazione del consuntivo si riduce ad una semplice presa d’atto dell’operato del governo, e, quindi, il vero ruolo politico del Parlamento dovrebbe essere la discussione e approvazione del bilancio preventivo. Rileviamo però che da molti anni, ed in particolare quest’anno il Parlamento è escluso di fatto da una vera discussione sia in commissione che in aula, riducendo il suo ruolo ad un ratificatore dell’operato e delle proposte del Governo (ecco riaffacciarsi il presidenzialismo de facto evocato da Giorgetti). Quest’anno ad oggi, 21 dicembre 2021, l’iter legislativo è una corsa contro il tempo. Il disegno di legge deve ottenere il via libera dal parlamento entro il 31 dicembre, altrimenti scatta l’esercizio provvisorio. Il testo è ancora in discussione in commissione Bilancio, e per il momento l’approdo in aula al Senato è atteso per oggi. Poi il testo dovrebbe arrivare blindato alla Camera per ottenere il via definitivo entro fine anno.  Ma al di là della tempistica è da rilevare che il disegno di legge non verrà discusso né al Senato, dove non verrà messo in discussione nessun emendamento ma si arriverà subito alla presentazione di un maxiemendamento governativo, non presentato preventivamente alla commissione parlamentare, su cui oltretutto verrà posta la fiducia che esonera completamente il Senato dal suo compito costituzionale; il successivo passaggio alla Camera si preannuncia come una formalità fastidiosa. Questa prassi, questa modalità che si è consolidata, va, se vogliamo essere un paese serio, modificata almeno per mettere fine a una presa in giro ipocritamente vissuta da tutti.   SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

LA LEGGE ELETTORALE, FONDAMENTALE MA DIMENTICATA

di Felice Besostri | Istituzioni. La battaglia per una nuova legge elettorale è quindi prioritaria, ma questa elementare verità non viene percepita. Senza mobilitazione politica e delle coscienze democratiche i migliori ricorsi non scuoteranno i giudici e la loro sensibilità costituzionale. Votare nel 2022 o nel 2023 fa differenza, ma la differenza più importante la fa la legge elettorale con la quale si vota. Eppure le forze politiche rappresentate in questo parlamento fanno finta di non saperlo. E quale che sia la loro preferenza, proporzionale, maggioritario o misto, sembrano interessate soprattutto ad escludere gli elettori da un voto libero e personale, come richiedono l’articolo 48 della Costituzione e i principi affermati con la “storica” sentenza della Corte costituzionale numero 1 del 2014 (incostituzionalità del Porcellum). I candidati delle liste bloccate non possono essere liberamente scelti, e nemmeno quelli dei collegi uninominali che devono a pena di nullità essere quelli proposti dalle coalizioni. Coalizioni peraltro che non hanno un capo politico unico (questo è un bene per salvaguardare le prerogative del presidente della Repubblica) e neppure un programma di governo comune. Così ha voluto il Rosatellum, e non si capisce perché le coalizioni debbano essere favorite rispetto alle liste non coalizzate, che per essere contate devono avere almeno il 3% nazionale (anche al senato, malgrado la Costituzione preveda la base regionale della sua elezione). Le liste coalizzate, invece, basta che raggiungano l’1%: il voto non è più uguale in entrata e men che meno in uscita. Pensate ai risultati 2018 a confronto di LeU (voti 991.159, 3,28% ) e Südtiroler Volkspartei (voti 128.282, 0,42% ): al senato LeU conquista 4 seggi, invece di 10, mentre la SVP ne elegge 3, invece di 1. Questo malgrado l’articolo 3 primo comma della Costituzione per il quale «Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali». Le minoranze politiche dovrebbero avere lo stesso trattamento delle minoranze linguistiche. Conclusione: il voto non è neppure uguale. Per due volte il premio di maggioranza è stato annullato dalla Corte costituzionale, la prima volta perché non c’era una soglia minima in voti o seggi, la seconda perché il ballottaggio tra le prime due liste era una distorsione non giustificata. Ebbene, apparentemente nel Rosatellum non c’è premio di maggioranza, ma grazie al voto congiunto obbligatorio a pena di nullità tra seggi uninominali maggioritari e liste proporzionali a una coalizione non serve nemmeno raggiungere il 40% dei voti validi per avere il 55% dei seggi, ma con il 30-35% omogeneamente distribuito si può conquistare la maggioranza assoluta del parlamento in seduta comune, l’organo che con 58 delegati regionali aggiuntivi elegge il presidente della Repubblica e lo può mettere in stato d’accusa. Tra il 22 gennaio 2022 e il 21 dicembre 2024 scadono otto giudici costituzionali, la maggioranza assoluta del collegio di 15 giudici. Degli 8 giudici, Giancarlo Coraggio, Giuliano Amato, Silvana Sciarra, Daria de Pretis, Nicolò Zanon, Franco Modugno, Augusto Antonio Barbera e Giulio Prosperetti, uno solo è di nomina della magistratura: tre sono di nomina del prossimo presidente della Repubblica e quattro del parlamento in seduta comune, sia che sia eletto per il quinquennio 2022-27 o 2023-28. Se il presidente della Repubblica e la futura maggioranza parlamentare fossero politicamente omogenei, non ci sarebbero più organi di garanzia indipendenti. La battaglia per una nuova legge elettorale è quindi prioritaria, ma questa elementare verità non viene percepita. Senza mobilitazione politica e delle coscienze democratiche i migliori ricorsi non scuoteranno i giudici e la loro sensibilità costituzionale.Il governo Draghi non è responsabile della legge elettorali, quindi dovrebbe decidere di orientare l’avvocatura dello Stato con indicazioni diverse dall’opposizione ad oltranza al rinvio in Corte costituzionale che diedero i governi Renzi, Gentiloni e Conte.C’è un’esigenza di trasparenza nei confronti dei cittadini, cioè del popolo sovrano. Pubblicato su SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

LE CITTA’ METROPOLITANE IN OSTAGGIO DELLA POLITICA

Nelle 14 “province speciali” italiane, che si sviluppano attorno ai centri abitati più grandi, le elezioni dirette del sindaco metropolitano e del Consiglio non sono mai state disciplinate. E dunque di fatto sospese. Una ferita profonda al tessuto democratico del Paese di Felice Besostri | Si dovevano abolire le Province, o almeno accorparle, non ci sono riusciti, anche grazie al referendum costituzionale del 4 dicembre 2016, che ha respinto l’espunzione delle Province dall’elenco delle parti costitutive della Repubblica secondo l’articolo 114 della Costituzione. In compenso, però, con la legge n. 56 del 2014 si sono abolite le elezioni universali, popolari e dirette degli organi provinciali e rimandate ad un futuro indeterminato quelle del sindaco e del consiglio delle città metropolitane. La città metropolitana è una nuova articolazione territoriale, prevista per la prima volta dalla le 14:e n. 142 del 1990, che ha assunto dignità costituzionale con la modifica del Titolo V della Costituzione operata, anzi improvvisata senza la necessaria meditazione, tramite le costituzionale nel 2001. Tale legge è la responsabile della complicazione dei rapporti tra Stato e Regioni, che ha impedito, o comunque ritardato, un intervento tempestivo ed efficace di contrasto alla pandemia, inoltre le forme di autonomia differenziata previste dall’art. 116 della Costituzione hanno permesso la produzione di un trattamento estremamente ineguale di diritti costituzionali dei cittadini, secondo la regione di residenza. Negli oltre sette anni dall’entrata in vigore della legge n. 56 del 2014, nelle ex province e nelle quattordici città metropolitane la situazione si è incancrenita. Esse hanno ancora una struttura provvisoria, mancano le necessarie leggi statali e regionali previste dal primo articolo della legge. E nulla si é fatto neppure per le tre città metropolitane con più di tre milioni di abitanti, Roma, Milano, e Napoli, che potevano procedere più celermente ai sensi della norma e i cui Statuti prevedono tutti l’elezione diretta del Sindaco e del Consiglio metropolitano. Solo gli elettori della città capoluogo scelgono il proprio sindaco che è di diritto anche sindaco metropolitano Le prossime elezioni amministrative, rinviate all’autunno dal decreto legge n. 25 del 2021, prevedono anche un turno di regionali, in Calabria, e elezioni parlamentari suppletive alla Camera dei deputati nel collegio uninominale di Siena. Tra le elezioni comunali ci sono cinque città metropolitane, Roma, Milano, Napoli, Torino e Bologna; gli abitanti me-tropolitani coinvolti, se ci fosse l’elezione diretta degli organi metropolitani sarebbero 13.727.602 che sono il 23,09% dei 59.433.744 abitanti dall’ultimo censimento generale della popolazione, cioè più di un quinto e meno di quarto della popolazione italiana, un bel campione rappresentativo, ma saranno chiamati al voto solo gli abitanti dei comuni capoluogo, cioè Roma, Milano, Napoli, Torino e Bologna, quindi appena 6.365.123 persone, cioè il 10,70% della popolazione. Però si potrebbe far votare direttamente per il sindaco metropolitano almeno i cittadini delle tre città metropolitane maggiori, che avendo più di tre milioni di abitanti hanno bisogno di un intervento normativo semplice, limitato al primo articolo della legge n. 56 del 2014, che prevede, che «il sindaco metropolitano è di diritto il sindaco del comune capoluogo» cui basterebbe aggiungere «e alla sua elezione diretta, se prevista dallo Statuto della Città metropolitana, partecipano i cittadini, iscritti nelle liste elettorali dei comuni, che ne fanno parte». La previsione dell’elezione diretta è contenuta negli Statuti metropolitani di Roma, Milano e Napoli e non in quelli di Torino e Bologna. La popolazione delle tre città metropolitane maggiori ascen-de a 10.495.067 abitanti, pari al 17,65% dell’intera popolazione italiana, poco più di un sesto, distribuita su 346 Comuni molto differenziati, tra piccoli, medi e grandi e collocati al Nord, al Centro e al Sud. Si tratta di una seria, attendibile e qualificata rappresentanza della popolazione italiana e dovrebbe essere interesse di tutti, specie nel semestre bianco, conoscere le intenzioni di voto. Sarebbe parzialmente superata una ferita alla democrazia costituzionale e agli articoli 3, 48 e 51 della Costituzione. Infatti solo gli elettori della città capoluogo scelgono il proprio sindaco, che è di diritto anche sindaco metropolitano. Tuttavia se a Roma gli abitanti del comune capoluogo (2.783.804), sono più numerosi di quelli metropolitani non romani (1.443.784), quasi il doppio, nelle altre due città metropolitane la situazione è rovesciata. In un Paese con la giustizia amministrativa funzionante sarebbe rapido e semplice far annullare le elezioni di Roma, Milano e Napoli, poiché i Prefetti hanno convocato le elezioni con lo stesso decreto degli altri comuni della Città metropolitana, ma gli altri elettori non eleggono il sindaco metropolitano e i candidati sindaci sono “a loro insaputa” anche candidati sindaci metropolitani. A Milano, infatti, 1.397.715 abitanti, pari al 43%, decidono chi sarà il sindaco metropolitano di una città metropolitana di 3.249.821 abitanti, di cui 1.852.106 non milanesi, il 56,99%. A Napoli, invece, 940.940 partenopei, pari al 31,18%, decideranno il sindaco metropolitano di 3.017.658 cittadine e cittadini, ben 2.077.658 in più, 1168,82%. Possibile che lo scandalo sia tollerato e passivamente accettato da liste e candidati sindaci? Pubblicato su Left SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

RIVEDERE LA COSTITUZIONE

    di  Renato Costanzo Gatti – Socialismo XXI Lazio |   Ho riguardato il documento di Rimini sulla Costituzione, ove si puntava ad attuarla piuttosto che a modificarla. Penso tuttavia che da come si stanno mettendo le cose, sia importante per noi socialisti del XXI secolo affrontare il tema della revisione della Costituzione, prima che essa, pur rimanendo invariata, sia modificata nella prassi senza prevedere alcun bilanciamento dei poteri. Molto sinteticamente riassumo alcuni punti: ● il legislativo non è più legislativo, ma ratifica il legislativo assunto dall’esecutivo; ● i tempi attuali non possono più sopportare le lungaggini della doppia ratifica da Camera e Senato; ● il legislativo è sostanzialmente omogeneo all’esecutivo e ogni dialettica fra i due poteri si trasforma in un ricorso sempre più frequente alla fiducia; ● il fallimento della politica dei partiti porta sempre più spesso ad un governo nato al di fuori dei partiti che eventualmente si accodano al governo (Ciampi, Dini, Monti ed infine Draghi) rimando alle considerazioni, che condivido, fatte recentemente sul Corriere della Sera da Ernesto Galli della Loggia. Pongo quindi ai compagni la seguente riflessione: se la repubblica parlamentare sta da oltre trent’anni, denunciando i suoi limiti; se si sente la necessità di aumentare la celerità del governo e d’altra parte la dialettica vera e concreta con il parlamento (meglio se ridotto ad una sola Camera); se si prende atto che il rafforzamento dell’esecutivo e la dialettica con il parlamento siano in atto e nelle cose; se si vuol evitare che questo cambiamento avvenga nelle cose senza che invece esso sia governato da una “costituente”; non vi sembra il caso di porci e porre al paese la richiesta di una revisione costituzionale? Il governo Draghi è la punta più avanzata di un magmatico rivoluzionamento costituzionale; esso sta trasformando il Presidente del Consiglio da un “unus inter pares” in un “primus inter pares”; sta sempre più divenendo il vero legislatore indipendente dal parlamento, lasciando che i partiti si scannino tra di loro senza possibilità di modificare le decisioni dell’esecutivo; sempre più decreti e sempre più fiducie. Non dico che ciò sia un male, dico che è un cambiamento indifferente alla sovranità del popolo che invece dovrebbe farsene carico ricorrendo alle regole democratiche esplicite, ricorrendo ad una costituente.    SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

DALLO STRETTO IL RICORSO CONTRO IL “ROSATELLUM”

Nela foto Felice Besostri con l’Avv. Caterina Neri | di Giorgio Gatto Costantino | Punta al terno l’ex senatore Felice Besostri. Dopo esser riuscito negli anni scorsi ad affossare il Porcellum e l’Italicum, il “cecchino elettorale” piu temuto da Palazzo Chigi adesso mira al Rosatellum Ter. E per colpire si è appostato al Tribunale di Reggio Calabria. In conferenza stampa è stata ufficializzata ieri la richiesta di valutazione di incostituzionalità della riforma M5S e Lega nel 2019. Il ricorso, che ha valenza nazionale, è stato redatto dal senatore Felice Besostri e dagli avvocati Enzo Paolini (non presente) Caterina Neri: «Dalla Calabria — ha esordito quest’ultima parte un’esigenza di rinnovamento della democrazia partecipativa. Un gruppo di 10 donne e 5 uomini si è costituito per richiedere il riconoscimento giurisdizionale del diritto al voto libero». Dal profondo sud si mette in mora lo Stato sul suo elemento cardine: lo strumento con il quale sì realizza la scelta dei rappresentanti. «Implicitamente viene richiesto al giudice di esaminare la fondatezza della domanda e ove la ritenga fondata la trasmetta alla Corte Costituzionale per la declaratoria di incostituzionalità». Quali sono gli elementi di incostituzionalità? Lo spiega il senatore con un lungo elenco: dilatazionione degli ambiti dei dei collegi che impedisce il rapporto diretto tra elettori ed eletti; la presentazione delle liste bloccate che ledono il priticipio della libera di voto; l’impedimento del voto disgiunto; le soglie di sbarramento e le ditsparità di trattamento tra le minoranze linguistiche delle regioni a statuto ordinario rispetto a quelle a statuto speciale. Su questo punto è intervenuto Carmelo Nucera, presidente del circolo culturale Apodiafazzi: «grande la soddisfazione della popolazione di cultura greca che si vede alla testa di un movimento che rivendica la piena applicazione della democrazia rappresentativa negata da questa legge per il quale il voto delle nostre minoranze non è uguale a quello di altri gruppi culturali ed etnici». SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it