NOTE REFERENDARIE

  di Felice Besostri – Socialismo XXI Lombardia |   Perchè nessuno ne parla? LE ELETTRICI E GLI ELETTORI DEL SENATO SONO TUTTI EGUALI? NO! DIPENDE DOVE ABITANO Italiani di serie C: Gli italiani residenti all’estero nella circoscrizione EUROPA sono: 2.685.815 Più del 50% degli italiani residenti all’estero eleggevano 2 senatori su 6. Con il taglio della Circoscrizione Estero del Parlamento, fatta senza modificare l’art. 6 L. 459/2001 eleggeranno 1 senatore, come i 277.997 della circoscrizione Africa, Asia, Oceania e Antartide. Italiani serie B: Gli italiani residenti in 16 regioni su 19 dove vivono 57.963.803 abitanti il 97,52% del censimento 2011, la cui rappresentanza ha avuto un taglio del 36,50% in media. Valle d’Aosta e Molise hanno un numero fisso invariato di senatori, 1 VdA e 2 Molise, mentre il Trentino-Sudtirolo va da 7 a 6, –14,28%. Questi sono gli italiani di serie A, perché ne bastano 171. 500 per avere 1 senatore. Questi sono gli Italiani di serie A, perché ne bastano 171. 500 per avere 1 senatore. Sei LOMBARDO dovete essere 313.000 Veneto 304.000 (effetto della vicinanza?). Campano 320.000 Calabrese 327.000 Sardo 328.000 (regione a Statuto speciale con la maggiore minoranza linguistica riconosciuta aveva 8 senatori ne avrà 5 uno in meno ma con il 59,28% di abitanti in più. Friulian-giuliano 305.000 (aveva 7 senatori ne avrà 4 2 meno del T-A.A./S ma con il 18,46% di abitanti in più. Abruzzese 327.000 (aveva 7 senatori come i trentin-sudtirolesi ne avrà 4 con 27% abitanti in più). Ligure 314.000 (come Sardegna ma con il 52,67% di popolazione in più). Marchigiano 308.000 (come sardi e liguri ma con il 42,57% di abitanti in più) Completiamo la panoramica con le ultime 2 regioni al voto: Toscano 306.000 Pugliese 312.000 Violati principi supremi, cosa che secondo la sentenza n. 1146/1988 della Corte Cost. non si può nemmeno con norma di rango costituzionale UGUAGLIANZA Cittadini art. 3 UGUAGLIANZA Voto art. 48 UGUAGLIANZA di candidatura art. 51. 3 ragioni  in più per dire NO! SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

ATTACCO ALLA COSTITUZIONE: IL TAGLIO DEI PARLAMENTARI E’ IL TRIONFO DELL’ANTIPOLITICA

di Christian Vannozzi | Ormai l’antipolitca è un vero e proprio slogan mediatico lanciato non solo dai grillini, ma ormai da varie formazioni politiche, come la Lega Nord e il Partito Democratico, che ha accettato per ultimo questo vocazione in nome dell’alleanza di Governo antidestra. Ormai si ragiona sempre con l’anti, e non più per ciò che si vuole. Si sta solo contro qualcosa, senza più pensare al perché ci si era associati assieme, ai valori, agli ideali, il tutto per non perdere, non per vincere, perché spesso la vittoria non paga, come è machiavellico pensare, perché quando non si può vincere è meglio pensare a non perdere, anche se questo significa a volte perdere se stessi. Un attacco concreto, per accalappiare più voti possibili, per quella che può essere definita una questione di pancia è il referendum confermativo sul taglio dei parlamentari, un vero e proprio attentato alla costituzione socialdemocratica che abbiamo dal 1948, nata per la volontà dei rappresentanti dei lavoratori nell’Assemblea Costituente, coloro che combatterono per la liberazione dell’Italia contro l’occupante nazifascista, personaggi di un calibro superiore a ogni politico odierno, ma che fanno passare come ‘vecchio‘ come inutile, come non necessario, nascondendosi dietro la bandiera del risparmio, del taglio, dei soldi buttati inutilmente, soldi che però garantiscono una maggiore rappresentanza, anche se questo nessuno lo dice mai. Disseminare l’odio verso la classe politica, rea di guadagnare molto, effettivamente troppo, per fare poco e nulla per la gente del popolo, è facile, come ora è facile lanciare lo slogan ‘mandiamoli a casa’, tanto gridato da Grillo ai tempi dei suoi esordi ed ereditato magistralmente da Salvini, il politico che più di tutti ha saputo usare la politica di ‘pancia’ e da bar, nonché i social network a suo favore, diventando un vero e proprio fenomeno mediatico e accalappiatore di voti, che seguendo la strada lanciata da quello che fu il leader dei 5 Stelle, ha sancito la crescita a dismisura del suo partito, seguito da Giorgia Meloni, altra politica sicuramente di talento dal punto di vista mediatico, che cavalcando l’onda di frustrazione degli italiani nei confronti dei migranti e dei politici non ha fatto altro che indirizzare quella forza negativa verso i suoi avversari, cavalcando anche lei l’onda del taglio parlamentare, dimostrandosi, come fanno i 5 Stelle da anni, non rapaci, corrotti e attaccati alla poltrona e al lauto stipendio, come gli altri politici, ma la paladina delle masse oppresse, ponendo l’attenzione sui votanti e identificandosi con loro, e non con la classe politica incapace. Ultimo a entrare nel clan è il PD di Zingaretti, partito che si sta snaturando giorno dopo giorno, lasciando perplessi i suoi votanti e i suoi iscritti, in nome di questa convergenza politica, che vede i 4 partiti politici principali italiani, seppur avversari, convergere a favore della diminuzione dei parlamentari, come se questa sia la causa di ogni malessere economico italiano, quando in realtà i benefici economici saranno irrisori. Gli italiani risparmieranno infatti meno di 1 euro a testa all’anno, ma quel che conta per i partiti anti sistema non è il risparmio economico, ma dimostrare di essere i veri paladini del popolo contro la classe politica che li ha solo oppressi, mostrandosi come i partiti populisti dell’America Latina, che hanno caratterizzato la politica di quel mondo negli anni ’60, ’70 e ’80, portando si alcuni benefici alla popolazione ma al prezzo di numerose privazioni alle libertà civili e personali. Per gli italiani, stanchi di essere, in un certo senso, presi in giro e sfruttati dalla classe politica, che specialmente in questo periodo storico che vede una profonda crisi e stato di povertà di alcune frange della popolazione rimaste senza lavoro e abbandonate dallo Stato, il tagliare il numero dei politici rappresenta la giusta vendetta divina, vendetta però, che come ogni atto negativo, è destinata a generare un contraccolpo nocivo per chi la mette in atto, in quanto riducendo il numero dei deputati e dei senatori, il voto dei cittadini varrà meno, ed eleggere un proprio rappresentante sarà senza dubbio più difficile, specialmente per i partiti politici più piccoli, quegli stessi partiti che forse le 4 maggiori forze politiche del Paese vogliono definitivamente cancellare, in maniera subdola, e senza che nessuno se ne accorga, creando un oligopolio rappresentato dalla Destra Populista (Lega e Fratelli d’Italia), e i Giallo-Rossi, esponenti non della società di calcio capitolina bensì dell’alleanza tra PD e 5 Stelle che vede il suo connubio in Giuseppe Conte, attuale Premier che può contare su un discreto successo in grado di poter sfidare la destra populista. SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

VERFASSUNGSVOLKSENTSCHEIDUND

  di Felice Besostri – Socialismo XXI Lombardia |   L’esito del referendum è diventato contendibile e quando il piatto è ricco i duri cominciano a giocare. Il piatto è la gestione della ricostruzione con i soldi UE (European Recovery Fund in primis), tra prestiti a basso interesse e contribuzioni a fondo perduto (cui si aggiungerà fatalmente il MES) ed è una guerra che lascerà vincitori e vinti, non di breve, ma di lungo periodo, diciamo, non a caso, un trentennio. Se è consentito un paragone: il secondo dopoguerra italiano tra la svolta di Salerno (1944), Governo di unità nazionale, il Referendum per la Repubblica (1946), la scelta di campo occidentale, lo sbarco dei socialisti e comunisti dal Governo (1947), il Piano Marshall (nome ufficiale “European Recovery Program”) e le prime elezioni politiche, entrambi del 1948. La parola chiave è “ricostruzione” (recupero, recovery in inglese), che la Presidente uscente della Corte Costituzionale, Marta Cartabia, ha associato alla Costituzione, nella Lectio degasperiana 2020, che ha tenuto a Pieve Tesino (TN), luogo natale di Alcide Degasperi nel 1881, lo scorso 18 agosto. Tutto giocato in 4 anni: lo stesso arco di tempo, che divide le elezioni del 4 marzo 2018 e la fine del mandato del Presidente della Repubblica in carica nel febbraio del 2022 e che noi ci giocheremo in due giorni il 20 e 21 settembre, non preceduti da una campagna informativa all’altezza dei problemi. Non a caso! Il popolo legislatore costituente, come corpo elettorale massa, deve agire pavlovianamente, non come soggetto cosciente ed informato, come dal 2005 non possono scegliere, cioè, eleggere i parlamentari con un voto libero, segreto, uguale e personale (art. 48 Cost.), sarebbe assurdo che potessero decidere liberamente in quale Repubblica democratica, autonomista e sociale vogliano vivere. Gli italiani, come i loro parlamentari nominati dalle oligarchie politiche nel migliore dei casi[1], possono solo ratificare le scelte di un Parlamento telecomandato dall’esterno. Ridurre i parlamentari significa ridurre i rischi di nomine sbagliate: ci saranno sempre degli ingrati che penseranno che ognuno di loro rappresenti la Nazione, cioè il popolo sovrano, senza vincolo di mandato (art. 67 Cost.), che eserciti o no il mandato con disciplina (rigore morale, non ubbidienza) e onore (art. 54 Cost.). Con il voto referendario devono solo reagire alle loro frustrazioni e farsi guidare dalle loro paure e punire la Casta, i cui capi sono comunque al riparo, perché nella legge elettorale, maggioritaria o proporzionale, che sia, le candidature sono, comunque, bloccate, comprese quelle nei collegi uninominali. C’è però una grande differenza rispetto ad allora: l’assenza di grandi personaggi come Nenni, Togliatti e De Gasperi, non soli nei grandi partiti, ma anche nei piccoli come Luigi Einaudi, liberale, o Piero Calamandrei, azionista liberal-socialista. Inoltre, gli eredi di Togliatti e De Gasperi sono nello stesso partito, e nel Parlamento non sono adeguatamente rappresentati gli eredi di Nenni, Einaudi e Calamandrei. Il primo messaggio subliminale è stato inutile opporsi i SI’ stravincono, ma di fronte all’assenza di argomenti razionali e convincenti, oltre che quelli di bassa demagogia, il messaggio è cambiato le vere questioni sono altre, votare SI’ o NO è la stessa cosa, il popolo al pari di un illustre giurista democratico è come l’asino di Buridano. O non servono correttivi, come un nuova legge elettorale, che è anche vero[2] perché sarebbe con soglia di sbarramento al 5% (trattabile) e con liste bloccate (immodificabile). Il popolo deve esser espropriato dalla Casta che fa finta di combattere la “casta dei parlamentari da essa nominati, per non individuare i responsabili della pauperizzazione delle classi popolari, con la disoccupazione femminile e giovanile, la precarizzazione dei posti di lavoro, la destrutturazione del welfare state a cominciare dal servizio sanitario nazionale e dall’istruzione pubblica da quella elementare a quella universitaria, che non riduce le diseguaglianze dei punti di partenza e non è un efficace strumento di ascensione sociale. Una volta spettava alle elettrici e agli elettori tagliare i parlamentari, decidendo chi rieleggere e chi no, individualmente, uno per uno non del 36,50%, tranne che al Senato nel Trentino-Sudtirolo ridotto del 14,28% a spese di Umbria e Basilicata ridotte del 57,14% o del Friuli-Venezia Giulia ed Abruzzo del 42,85%. Finora nessun sostenitore del SI’ o dei laudatori delle decisioni di inammissibilità della Corte Costituzionale ha mai spiegato ai lombardi perché devono essere 313mila, ai campani in 320mila, ai calabresi in 327mila per avere un senatore, mentre se sei un trentino-sudtirolese siete sufficienti 171.500. Si scontrano due mondi, chi ritiene pericoloso rompere il patto costituzionale compresi i suoi “principi supremi “, tra i quali primeggia quello di uguaglianza dei cittadini (art. 3), del voto (art. 48) e di candidatura (art. 51) secondo quanto enunciato nella sentenza n. 1146/1988. Per altri, invece, non è vero che “La Costituzione italiana contiene alcuni principi supremi che non possono essere sovvertiti o modificati nel loro contenuto essenziale neppure da leggi di revisione costituzionale o da altre leggi costituzionali. Tali sono i principi che la stessa Costituzione esplicitamente prevede come limiti assoluti al potere di revisione costituzionale, quale la forma repubblicana (art. 139), quanto i principi che, pur non essendo espressamente menzionati fra quelli non assoggettabili al procedimento di revisione costituzionale, appartengono all’essenza dei valori supremi sui quali si fonda la Costituzione italiana”. Il primato appartiene alla politica e la scelta di non creare problemi al governo è la suprema lex, non la salus reipublicae. Siamo in un momento di crisi non solo politica, ma istituzionale, il Parlamento si auto-delegittimato e gli  organi di garanzia costituzionale, frutto contingente di un pluralismo di formazione ancora operante sono paralizzati dalle troppe zone d’ombra dei controlli di costituzionalità. Pur deluso dalle sue ultime decisioni, rimpiango che i membri di questa Corte, senza eccezione alcuna, non siano stati nominati a vita come quelli della Corte Suprema degli Stati Uniti. [1] Se non dal Capo/Proprietario del Partito. [2] Ma come insegna il Talmud una mezza verità è una bugia intera. SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti …

REFERENDUM, DEMOCRAZIA

di Franco Astengo | E’ proprio il caso di cercare di approfondire i temi della profonda crisi del sistema politico italiano proprio nel momento in cui la banalità del quotidiano sembra dare ancora fiato al qualunquismo di ritorno. Il referendum rappresenterà una prova ardua per la tenuta della democrazia italiana. Non possiamo limitarci a replicare alle labili argomentazioni dei sostenitori della riduzione del numero dei parlamentari. Va colta l’occasione per una discussione nel merito della crisi della democrazia liberale e del sistema politico italiano. La democrazia liberale appare messa in forte discussione prima di tutto dalla crescita, a livello internazionale, di situazioni nelle quali paiono prevalere sistemi assolutamente contrari ai suoi principi fondamentali. Approfondiamo allora alcuni dei termini della questione partendo da un’analisi dello stato delle cose in atto nel sistema politico italiano. Sono evidenti i punti di fallimento fatti registrare dall’intera classe politica negli ultimi 30 anni, dal momento cioè della liquefazione della “repubblica dei partiti” dovuta al combinato disposto fra trattato di Maastricht, Tangentopoli, caduta del muro di Berlino. Proviamo a redigere un elenco sommario: sono falliti i tentativi d’imposizione del modello di “democrazia dissociativa” (bipolarismo se non bipartitismo, sistema elettorale maggioritario, partito personale), sta mostrando la corda il sistema dell’Unione Europea; si è rivelato assolutamente negativo il tentativo di risolvere attraverso il regionalismo il nodo della cessione di sovranità dello “Stato – Nazione”. Proprio Il nodo dell’unità nazionale rimane del resto assai complesso nella fase di accelerazione del processo di cessione di sovranità da parte dello “Stato – Nazione”. Nel corso del tempo in occasione della modifica del titolo V della Costituzione si è verificato un cedimento alle sirene della “devolution” (2001, quando si affermava che la Lega era una “costola della sinistra”) e adesso non si è ancora presa coscienza della mancata democratizzazione di una Unione Europea priva di Costituzione e di Parlamento legislativo e divisa sulla base di schemi di diversa appartenenza, un’evidente questione di rapporto nord – su, addirittura con la presenza all’interno di regimi para-illiberali. Attraverso la modifica del titolo V della Costituzione si sono evidenziati punti estrema negatività sia dal punto di vista della promozione di una voracissima e del tutto impreparata classe politica e dell’estensione senza limiti del deficit pubblico. In più, attraverso l’elezione diretta di Sindaci e Presidenti di Provincia e di Regione (legge 81/93 e legge costituzionale 1/2000) si è verificato il fenomeno di una esaltazione incongrua dal basso della personalizzazione della politica. Una personalizzazione della politica mortificante il ruolo dei consessi elettivi periferici che hanno così perduto ruolo e qualità d’intervento, causando un pauroso abbassamento nell’insieme dei rapporti sociali delle istituzioni. Per economia del discorso, in questa occasione, rimangono fuori dall’analisi i guasti gravissimi provocati dal sistema dei “media”, in particolare dal settore televisivo, utilizzato da tutte le leve del potere in forma del tutto strumentale. Inoltre la diffusione di massa delle nuove tecnologie informatiche con l’avvento dei social network non è servita a produrre nuova pedagogia bensì ha contribuito soltanto a costruire un gigantesco veicolo di mistificazione del messaggio. In questo caso la responsabilità diretta è di questa classe politica sorta proprio a seguito della dissoluzione del sistema dei partiti . Sistema dei partiti del quale, al di fuori dell’evidenziarsi di contraddizioni “storiche”, deve essere rimarcato il possesso di due elementi fondativi trasversalmente espressi a suo tempo, nel periodo della ricostruzione del dopoguerra : quello della funzione pedagogica di massa e quello della capacità di selezione dei quadri. L’attuale classe politica ,in buona parte, ha cercato soltanto di coartare e mistificare la propria comunicazione come sta ben dimostrando la “fiera delle vanità” messa in mostra dal presidente del consiglio nelle sue solitarie dirette facebook nel corso delle quali si è evidenziato un vero e proprio “spreco” nell’utilizzo del termine “storico”. Nell’espressione di cultura politica del paese sembrano inoltre venuti a mancare i termini concreti di un’analisi seria del sistema democratico. Diventa allora il caso di riprendere la riflessione sul complesso della qualità della nostra democrazia. Proviamo così a ripassare alcuni passaggi principiando dall’analisi dei diversi tipi di democrazia, individuandone i due modelli principali: 1) modello maggioritario dissociativo (o modello Westminster): Il governo detiene una solida maggioranza; sistema bipartitico; governo centralizzato e unitario; costituzione flessibile; bicameralismo asimmetrico. 2) modello consensuale: governo di coalizione, equilibrio tra potere legislativo ed esecutivo, sistema multi partitico, assetto istituzionale decentrato, Costituzione scritta, bicameralismo simmetrico. Ricordati questi punti, è il caso allora di analizzare nel dettaglio le caratteristiche necessarie al funzionamento di un sistema politico in generale e di quelle peculiari al sistema politico italiano. Caratteristiche peculiari del sistema politico italiano confermatesi evidentemente irriducibili, anche verso un presunto itinerario di “occidentalizzazione” così come alcuni politologi lo avevano individuato negli anni’90 (con relativa stagione referendaria) attraverso l’adozione della formula maggioritaria. Adozione della formula maggioritaria (ci si assestò poi su di un “misto” al 75%) accompagnata dal calo della partecipazione elettorale, dovuto alla frantumazione del sistema dei partiti di massa ma considerato beneficamente fisiologico. Il sistema alla fine si è trovato con una partecipazione ridotta anche nell’espressione di voto e con milioni e milioni di elettrici ed elettori privi di rappresentanza politica. Ed è questo della riduzione complessiva della partecipazione politica che, volenti o nolenti, deve essere considerato il vero punto di crisi sistemica. Una crisi sistematica affermatasi in una fase di vero e proprio “ sfrangiamento sociale”. Un punto di crisi sistemica in cui si sono aperti i varchi per quelle pericolose forme politiche qualunquistiche ben presenti e rappresentate che avevano al centro del loro progetto proprio quel tipo di riduzione della democrazia rappresentativa che sarà sottoposto alla prova referendaria: 1) E’ mancata nel corso di questi anni un progetto di organizzazione e di rappresentanza delle contraddizioni sociali. L’idea di ridurre tutto al melting – pot tra un centrodestra e un centrosinistra omologati e privi di una identità che non fosse quella del partito personale (sulla base del quale “chiamare alle armi” il proprio elettorato ogni volta su elezioni intese come referendum riguardante una persona) è stato un fatto micidiale, che qualcuno vorrebbe addirittura …

NON TUTTI I COSTITUZIONALISTI SONO SILENTI O TACCIANO

Il direttore dell’Huffingtonpost ha criticato il presunto silenzio dei costituzionalisti sulle ragioni del NO Referendum: Appello ai costituzionalisti | Caro Direttore Mattia Feltri, Mi occupo di Costituzione da quando insegnavo Diritto Pubblico Comparato a Scienze politiche alla Statale. Però ero un semplice incarico perché ero ricercatore e non professore. Mi occupo di Costituzione dal 1969 per essermi laureato con i proff. Biscaretti e Onida profeticamente su “Il controllo materiale di costituzionalità sulle norme formalmente costituzionali“, e con 51 anni di ritardo abbiamo la prima revisione costituzionale incostituzionale. Non lo erano quelle pessime del 2006 e 2016. e per questo ho votato 2 volte NO. Mi occupo di Costituzione da quando nel 2007 ho creato il precedente che un singolo elettore, io stesso, è titolato ad opporsi a un referendum elettorale. Mi occupo di Costituzione da quando ho contribuito con altri a far dichiarare incostituzionale il Porcellum e poi l’Italikum. Mi occupo di Costituzione da quando come elettore e avvocato mi sono opposto, quest’anno, vittoriosamente in solitario all’ammissibilità del referendum per instaurare un sistema al 100% maggioritario. Ma non sono un costituzionalista perchè non sono stato zitto, ma è vero che non ho fatto dichiarazioni o comunicati stampa. Ho, invece fatto un ricorso al TAR Lazio e 2 dei 3 ricorsi direttamente in Corte Costituzionale. La Corte Costituzionale dovrà decidere se ammetterli il prossimo 12 agosto contro l’election’s days, ma anche l’unico contro il taglio del Parlamento: dal 2005 non possiamo più tagliare noi i parlamentari, stabilendo chi rieleggere e chi no, perché ci è stato rubato il diritto di voto e mai più restituito. Con osservanza On. avv. Felice C. Besostri Per chi vuole approfondire può scaricare gli allegati sui ricorsi: SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

OLTRE ALLE MASCHERINE CI SONO DELLE GROSSE FETTE DI SALAME SUGLI OCCHI

  di Felice Besostri – Socialismo XXI Lombardia |   Le analisi su quali siano le scelte di fondo in Europa e in politica economica sono molto  contradditorie a sinistra. Siamo sempre sul piano delle idealità astratte. I problemi iniziano quando si tratta di definire concretamente entità di fondi, percettori e progetti. Ad esempio, una maggiore presenza dello Stato non basta perché autostrade, aerei, ospedali e scuole funzionino. A parità di somme investite non sono, comunque, la stessa cosa, un piano straordinario di investimenti in scuole, ospedali e infrastutture o, in alternativa per  nuove carceri o nuovi centri di raccolta per migranti. Non basta avere le intenzioni, ci vogliono idee concrete e la forza politica per sostenerle. Qui, la sinistra non c’è. Nelle politiche istituzionali, a cominciare dalle questioni costituzionali ed elettorali (che i nostri madri e padri costituenti avevano legato permanentemente nell’indissolubile endiadi dell’art. 72.4 Cost.: ” in materia costituzionale ed elettorale“) non si hanno neppure buone idee e soprattutto coerenti comportamenti: basta la vicenda del taglio del Parlamento, cioè della rappresentanza e della democrazia. Una volta avevamo noi elettori il potere di tagliare i parlamentari con il voto di preferenza alla Camera e/o i collegi uninominali al Senato. La legge elettorale doveva attenuarne gli effetti drastici e disciplinare il ricambio. Purtroppo, la sinistra o parte di essa sono state all’avanguardia nello smantellamento della Costituzione a cominciare dai voti di fiducia sulle leggi elettorali. Ed ora questo governo crea le premesse con la vigente legge elettorale post riduzione parlamentari, gli stati d’emergenza a tempo indeterminato o tempo determinato rinnovabile, i verbali segretati della Protezione civile e del Consiglio dei Ministri (compresi quelli che approvano testi dei decreti DPR, solo formalmente attribuiti al Presidente della Repubblica, ritenuti inimpugnabili) che si realizzi una maggioranza assoluta nel Parlamento in seduta comune, sempre possibile anche con molto meno del 50% +1 dei voti validi, cambi la forma di Governo parlamentare e la forma di Stato delle autonomie in uno unitario centralizzato. A tal proposito, è sufficiente osservare il recente decreto-legge, n.86/2020 che affida ad un prefetto la modifica delle leggi elettorali regionali, è il tassello che mancava alla collezione degli orrori e errori costituzionali. I pieni poteri della Costituzione di Weimar non erano stati pensati per instaure il nazismo e darli a Hitler, ma gli apprendisti stregoni son destinati a non apprendere mai, oppure a ripetere il peggio. L’emergenza non è il COVID 19, ma la politica con troppe forze lontane o tiepide nei confronti del popolo e dei valori costituzionali, nell’indifferenza dei mezzi di informazione, che dovrebbero esprimerli o inspirarli. Dopo l’attuale esperimento giallo-rosso che ha prodotto solo delle gigantesche fette di salame da mettere sugli occhi dell’opinione pubblica, a sinistra si sta cercando una risposta rosso-verde, come se le masse non fossero ormai irrimediabilmente daltoniche. Tra poco, il 12 agosto ci sarà una prima risposta dalla Corte Costituzionale ai nostri ricorsi contro la nefasta Riforma costituzionale, nel frattempo il TAR Lazio dovrebbe esprimersi sull’altro ricorso, relativo al DPR di convocazione dei comizi. Si spera che non passi l’idea che i DPR che convocano e sconvocano le elezioni siano atti non impugnabili, visto che il testo lo scrive il Governo, senza possibilità di poter vedere la delibera del CdM, con i verbali segretati: chi può controllarne la coerenza e giudicare? Solo dopo sarà possibile un bilancio e constatare se ci sono almeno gli istituti costituzionali di garanzia funzionanti, come si augurava Giuliano Amato nel 1962, quando auspicava che gli istituti di garanzia fossero sempre operanti, a difesa del cittadino perché la sovranità appartiene al popolo, che ha l’obbligo di difendere la Costituzione, . Felice Carlo Besostri SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

UNA CORTE PUO’ FERMARE L’ASSALTO AL PARLAMENTO

  di Felice Besostri  Socialismo XXI Lombardia |   La riforma voluta dai cinquestelle sfregia la Costituzione con una distribuzione e una riduzione diseguale dei senatori da regione a regione. Per questo motivo il caso potrebbe arrivare alla Consulta mettendo in discussione il referendum sul taglio dei parlamentari. Parliamoci chiaro: nessuna legge elettorale potrà mai compensare il taglio spropositato e discriminatorio del Parlamento, fosse anche proporzionale pura senza soglia d’accesso. Il massimo che può fare è di ridurre il danno derivante dalla violazione di un principio bene espresso nei trattati europei e precisamente nell’art. 190 del Tce (il Trattato che istituisce la Comunità europea. »ndr). cioè il numero dei rappresentanti eletti in ciascuno Stato membro deve garantire un’adeguata rappresentanza dei popoli degi Stati riuniti nella Comunità. Un principio applicato ad un Parlamento in cui non vi è una rappresentanza proporzionata alla popolazione di ciascun Stato, per cui agli Stati più piccoli (Malta, Cipro e Lussemburgo) è assicurata una rappresentanza minima: la stessa logica del nostro Senato della Repubblica, eletto a base regionale (art. 57 della Costituzione), in cui accanto alle regioni piccolissime (Val d’Aosta e Molise) che dispongono di un numero fisso di senatori, previsto in Costituzione, è garantito dal 1963 un numero minimo di sette senatori ad ogni altra regione. Di questo vantaggio hanno beneficiato sempre le stesse cinque regioni: Abruzzo, Friuli, Trentino. Umbria e Basilicata. L’adeguata rappresentanza deve tenere conto sia del pluralismo politico che della rappresentazione territoriale, la riduzione media del 36,50 delle due Camere, invece, non rispetta alcun principio di adeguata rappresentanza politica e territoriale da questo punto di vista è un capolavoro, unico nel panorama delle democrazie. Questo Parlamento, eletto nel 2018 con una legge incostituzionale – come i precedenti votati nel 2006, 2008 e 2013 stabilirà un record, quello di aver approvato una legge costituzionale incostituzionale. Un caso teorico e pertanto previsto dalla giurisprudenza della Corte costituzionale (vedi la sententi n. 1146 del 1988) e inconsapevolmente anticipato dalla mia tesi di laurea di 51 anni fa, con i professori Paolo Biscaretti di Ruffia e Valerio Onida, futuro presidente della Consulta. L’incostinizionalità deriva dalla violazione di un principio supremo di ogni democrazia con qualunque forma di Stato e di governo: l’uguaglianza dei cittadini (art. 3 della Costituzione), del loro diritto di voto (art. 48) e di candidatura (art. 51). La dimostrazione è semplice: con la riforma costituzionale che taglia il numero dei parlamentari, il numero minimo di senatori garantito in Costituzione (art. 57) viene ridotto del 57.14%, da 7 a 3, per Umbria e Basilicata, una riduzione grande oltre una volta e mezza quella media nazionale. Ma con un gioco di prestigio, il tremino Alto Adige passa da 7 a 6 senatori, con una riduzione del 14,28% meno della metà di quella media nazionale. Si consideri inoltre che il Trentino potrebbe contare sullo stesso numero di senatori di Umbria e Basilicata messe insieme, ossia 6, ma mentre il Tremino conta su una popolazione di 1.029.475 abitanti,le due Regioni del Centro-Sud ne hanno 1.462.304 (884.268 +578.036), cioè il 40% in più. Il Sud viene punito ancora di più in Calabri, che aveva 10 senatori e ne avrà 6, un bel 40% in meno, ma con 1.959.050 abitanti, il 90,29% in più del Trentino. Per sempliflicare, per il Senato un elettore calabrese vale la metà di un trentin-sudtirolese. Come è possibile in Italia, nel XXI secolo, con il voto universale e diretto, libero e eguale? Qualcuno, per giustificare la sperequazione, si è inventato la scusa dell’Accordo De Gasperi Gruber Abkommen, dove si definì la questione della tutela della minoranza linguistica tedesca della Provincia di Bolzano e di parte dell’allora provincia di Trento (un abuso del fascismo). Se fosse davvero così, per assurdo, al Trentino Alto Adige si sarebbero dovuti assegnare 5 senatori e non 6, cioè 3 a Bolzano e 2 a Trento, italianissima provincia redenta grazie ai patrioti Cesare Battisti e Damiano Chiesa, dimenticati per un senatore in più. L’incosituzionalità della legge costituzionale è sicura, c’è solo una corsa contro il tempo. A partire dal 20 luglio si dovranno pronunciare i giudici amministrativi e civili investiti da una serie di ricorsi, che ho coordinato, con i quali si richiede che vengano sollevate questioni di costituzionalità sul taglio del Parlamento, sul relativo referendum confermativo e sull’election day. Arriverà prima la Corte costituzionale, il referendum oppure un cambio della Costituzione dopo elezioni anticipate, con una nuova maggioranza e magari con l’elezione diretta del Presidente della Repubblica, bandiera delle opposizioni, non disdegnata neppure tra settori della maggioranza di governo? In questo quadro, la proposta di legge elettorale denominata Brescellum depositata dal pentastellato Giuseppe Brescia, prevede un proporzionale ispirato al modello tedesco, con uno sbarramento al 5% – è più che altro uno “speculum allodorum“. uno specchietto per le allodole. Perché non potrà venire approvata prima del referendum, se verrà corfermata la tornata elettorale unica, nome italiano dell’election day, prevista probabilmente per il 20-21 settembre: un’altra incostituzionalità per violazione doppia dell’art. 72 della Costituzione perché fissata con legge di conversione di decreto legge e con voto di fiducia, vietati in materia costituzionale ed elettorale. Il Brescellum ha un merito, mette fine alla truffa delle coalizioni avvantaggiate nel conteggio dei voti dopo che La legge 165/2017, il cosiddetto Rosatellum, non prevede più un programma e un capo politico unico delle coalizioni, ma non mette fine al furto del diritto di voto al popolo italiano, cui è stato rubato nel 2005 col Porcellum e mai più restituito. Con le liste bloccate e il voto congiunto obbligatorio a pena di nullità tra collegio uninominale maggioritario e liste plurinominali proporzion e di multi candidature, sarà il quarto Parlamento di nominati, non di eletti. Per un tale Parlamento seicento parlamentari sono troppi, perché essi non rappresentano la nazione, come vuole l’art.67 della nostra Carta fondamentale, ma i capi-partito e in tale sudditanza è impossibile che esercitino la funzione con disciplina, cioè rigore morale e onore, come pretende l’art. 54. Tornando dal Brescellum al Rosatellum ho sempre pensato che se il destino avesse spinto Rosato …

STUPITO E INDIGNATO

Felice Besostri | Comunicato Così non va! Ho appreso con stupore, che un governo, per la cui durata fino al 2023, abbia con notevole anticipo fissato la data per la celebrazione del referendum costituzionale per il 20 e 21 settembre insieme a 7 elezioni regionali, elezioni comunali e due suppletive senatoriali in Sardegna e Veneto.Evidentemente sono poco sicuri della linea di difesa innanzi al TAR Lazio, che si deve pronunciare sul ricorso, da me curato, di undici cittadini elettori tra cui due professori di diritto costituzionale, Costanzo e Colaianni, su questioni strettamente connesse. In quella sede ha sostenuto che si tratta di atti non impugnabili quelli relativi alle procedure referendarie. Con la decisione odierna tenta di far dire che bisogna fare un nuovo ricorso o che comunque il TAR non possa pronunciarsi. “Un governo che abbia paura dei cittadini che difendono Costituzione è comprensibile -ha dichiarato l’avvocato Besostri, già protagonista dell’annullamento di due leggi elettorali- meno che non abbia fiducia nell’Avvocatura Generale dello Stato e nei Tribunali della Repubblica“ L’altra volta aveva convocato con deliberazione del 27 gennaio le votazioni per il 29 marzo, stavolta con deliberazione del 15 luglio per il 20/22 settembre, senza traccia dell’opuscolo informativo che l’11 giugno si era impegnato davanti alla Camera a fare. “Le preoccupazioni del prof. Cassese, presidente emerito della Corte Costituzionale sono assolutamente giustificate” ha concluso l’avv. Besostri del Comitato NO al taglio del Parlamento. SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

RICORSO CONTRO IL TAGLIO DEI PARLAMENTARI. ‘BOMBA’ SUL PARLAMENTO. ESCLUSIVO

di Alberto Maggi – Affaritaliani.it | “Sabato 23 maggio ho notificato a Roma un ricorso contro il taglio dei parlamentari. Un ricorso al Tar del Lazio notificato alla presidenza del Consiglio, al ministro dell’Interno e al ministro della Giustizia per ragioni procedurali: è chiaro che non sono loro i responsabili”. Lo annuncia ad Affaritaliani.it l’avvocato Felice Besostri, che è stato protagonista delle battaglie sui profili di costituzionalità delle leggi elettorali italiane, insieme agli avvocati del gruppo Avvocati Antitalikum, un centinaio in Italia, che promossero 22 ricorsi. Quattro di essi approdarono in Corte Costituzionale insieme con quello promosso sa a Messina dall’avv. Palumbo. La Consulta annullò parzialmente la legge elettorale cosiddetto Italicum del 2015 con sentenza n. 35/2017. “Ho presentato la notifica in questi giorni – spiega Besostri – perché è il settimo anniversario, 17 maggio 2013, della decisione con cui la sezione prima della Cassazione civile mandò il Porcellum alla Corte Costituzionale con ordinanza 12060. Non solo, nel mese di giugno è il 51esimo anniversario della mia laurea con i professori Biscaretti di Ruffìa e Valerio Onida dal titolo ‘Il controllo materiale di costituzionalità sulle norme formalmente costituzionali nella Repubblica Federale Tedesca’. In alcuni casi le norme costituzionali possono essere incostituzionali, ed è proprio questo l’oggetto del mio ricorso al Tar del Lazio”. Quanto ai tempi del pronunciamento del Tar, Besostri non si sbilancia: “Dipende dall’andamento della pandemia e dall’organizzazione dei lavori del tribunale, sicuramente entro la fine dell’anno. Non so se il ricorso verrà respinto o accolto, ma certamente siamo davanti a una novità assoluta. Il taglio dei parlamentari votato in base a una legge costituzionale è incostituzionale. Esistono alcuni casi eccezionali nel mondo e questo è uno di quelli”. Nel caso in cui il suo ricorso venisse accolto, le elezioni politiche anticipate sarebbero più vicine? “Qui entriamo nelle menti dell’oligarchia politica che è ormai molto distaccata dal popolo. I ragionamenti se andare o no alle elezioni seguono criteri che mi sfuggono. Tra il primo e il secondo governo Conte quasi tutto il Parlamento ha votato il taglio, è un problema loro. Spetta a loro trarne le conseguenze. Io resto fedele alla mia guida politica socialista Pietro Nenni, quest’anno è il 40° anniversario della morte: ‘fai quel che devi, succeda quel che può’”, conclude Besostri. SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

SE L’UFFICIO ELETTORALE VIENE PROMOSSO A POTERE DELLO STATO

  di Felice Besostri –  Socialismo XXI Lombardia |   Corte Costituzionale. Con l’ordinanza numero 86 viene dichiarato inammissibile il conflitto di attribuzioni sorto nello strano caso di una candidata umbra nominata a riempire un seggio vacante in Sicilia Accontentiamoci finché siamo in tempo. La Corte costituzionale ha depositato, a distanza di un mese dalla camera di consiglio del 6 maggio. l’ordinanza numero 86, con la quale è stato dichiarato inammissibile il conflitto di attribuzioni da me presentato per conto del senatore Gregorio De Falco, avverso una decisione della giunta delle elezioni del senato. La giunta aveva deciso di proclamare eletta una candidata umbra per coprire un seggio rimasto vacante in Sicilia, alla faccia dell’articolo 57 primo comma della Costituzione che prevede che l’elezione del senato della Repubblica sia fatta a base regionale. E alla faccia anche dell’articolo 66 della Costituzione, in base al quale alle camere spetta di convalidare un parlamentare proclamato dall’ufficio elettorale regionale. Ma non basta, perché con la disinvolta operazione sono stati travolti in un solo colpo anche gli articoli 48 e 58 della Costituzione, per i quali il voto è personale e diretto. Gli elettori umbri, che conoscevano la candidata, non le hanno ovviamente dato fiducia. E se il voto è diretto, sorprende che i voti dati in Sicilia abbiano eletto una persona a loro del tutto sconosciuta, che dovrebbe rappresentare in senato la nazione e anche la Regione Sicilia. Altra anomalia è che il collegio sostitutivo non sia stato individuato dall’ufficio elettorale centrale, in analogia con quanto avviene alla camera, con il paradosso che ne ha beneficato una regione con sette seggi in soprannumero rispetto alla popolazione, quando gliene spetterebbero al massimo quattro. L’ordinanza della Corte costituzionale si è però peritata di non dare il minimo avallo all’operazione compiuta dalla giunta. Ha solo eccepito la legittimazione del senatore De Falco a promuovere un conflitto di attribuzione. Questa legittimazione, secondo la Corte, sussisterebbe soltanto quando «siano prospettate violazioni manifeste delle prerogative costituzionali dei parlamentari rilevabili nella loro evidenza già in sede di sommaria delibazione» e, di conseguenza, è necessario che, a fondamento della propria legittimazione, il parlamentare «alleghi e comprovi una sostanziale negazione o un’evidente menomazione della funzione costituzionalmente attribuita al ricorrente, a tutela della quale è apprestato il rimedio giurisdizionale innanzi a questa Corte ex articolo 37, primo comma, della legge numero 87 del 1953». Invece il senatore De Falco non ha contestato la procedura, ma ha contestato il risultato, cioè che entri a far parte del senato chi non ne aveva diritto. Non avrebbe reagito a qualsiasi altra nomina di un candidato siciliano. L’ordinanza, come già l’ordinanza numero 17 del 2019 che ammise in via di principio il conflitto di attribuzione del singolo parlamentare, indica che altri organismi sono legittimati a promuovere il conflitto: l’ufficio elettore regionale siciliano e l’ufficio elettorale centrale nazionale. A pensarci bene si tratta di un bel passo in avanti nello status degli uffici elettorali, che potrebbe portare anche, come sarebbe auspicabile, a riconoscere loro il potere di sollevare questioni di legittimità costituzionale sulle leggi elettorali. In questo modo potrebbe alla fine diminuire il rischio che il prossimo parlamento, cui spetterà di eleggere quattro membri della Corte costituzionale, sia partorito dalla terza legge elettorale incostituzionale che abbiamo dovuto vedere in questo paese. SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it