UN METODO ILLEGITTIMO E INCOSTITUZIONALE NON PUO’ ESSERO EQUO

di Felice Besostri | AVESSERO FATTO LA RIDUZIONE E CONTESTUALMENTE ABROGATO  LA LEGGE DEL 1965 POTEVO DARE UNA CREDIBILITA’ A QUELLO CHE SI E’ FATTO. La sovranità del Parlamento che invoca il Zorzetto si esprime solo con la legge è questo che ho sempre sostenuto in sede di audizione parlamentare, quindi non ho cambiato opinione. L’autodichia come  è stata estesa dal 1996 è contro la Costituzione come ha deciso La Corte Costituzionale nel 2017 con la sentenza Lorenzoni. Le indennità e gli altri ammennicoli compresi i vitalizi sono regolati in violazione dell’art. 69  Cost. Gli artt. 23 e 53 Cost, sono norme cardine, specialmente il primo che ha le sue radici nell’abbattimento delle monarchie assoluto, con il RE ex legibus solutus. Non voglio restaurarlo con gli Uffici di Presidenza  delle Camere, perché non potremmo liberarcene più. Con un Re basta una ghigliottina una sola volta. L’Ufficio di Presidenza della Camera è presieduto dal Presidente della Camera ed è composto da quattro Vicepresidenti, dai tre Questori, da almeno otto deputati Segretari ora sono 10. Il Consiglio di Presidenza del Senato eguale, in totale 36: una strage! Gli Uffici di Presidenza non sono espressione dl Parlamento ma dei partiti che li hanno composti; partiti contro o quantomeno al di fuori dell’art. 49 Cost. Constitutio suprema lex esto  la sua violazione è l’inizio della degenerazione democratica anche se il risultato rende felice Zorzetto, che non ne è il custode o il supremo regolatore: proprio la lettura della sentenza da lui invocata, gli da torto, tanto che stata invocata nei ricorsi. Ci sono vari modi per attentare alla Costituzione: alla Berlusconi, alla Renzi-Boschi e con la demagogia. Auguri, chi si accontenta gode e non è prevista l’esecuzione in pubbliche piazze degli ex parlamentari e dei loro coniugi superstiti. SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

LA CONSULTA DECIDE SULLA SOGLIA DI SBARRAMENTO

di Andrea Fabozzi | Oggi (ieri ndr.) per la quarta volta in otto anni arriva davanti alla Corte costituzionale la soglia di sbarramento che esclude dalla rappresentanza nel parlamento europeo le liste italiane che non raggiungono il 4% dei voti validi. Una soglia introdotta nel 2009 (accordo Veltroni-Berlusconi a tre mesi dal voto) e subito messa in discussione, perché considerata un inutile sacrificio della rappresentatività – inutile perché non c’è un vincolo fiduciario tra il parlamento europeo e la commissione europea. Non vale, cioè, per le istituzioni europee quel richiamo alla «governabilità» che in Italia è considerato un obiettivo da tutelare anche dalla Corte costituzionale, che infatti ha giudicato legittimo il «sacrificio» della rappresentatività nel sistema di voto nazionale. Né lo sbarramento può servire per limitare la frammentazione a Strasburgo e Bruxelles, perché a far questo ci pensa il regolamento delle assemblee: i gruppi sono solo otto per 751 europarlamentari. Nel 2010 la Corte costituzionale giudicò inammissibile un ricorso che però riguardava non lo sbarramento direttamente ma il diritto delle liste rimaste sotto la soglia a partecipare all’assegnazione dei seggi con i resti. Nel 2015 la Corte ha respinto invece un ricorso del tribunale ordinario di Venezia (e l’anno successivo, con ordinanza, quelle dei tribunali di Cagliari e Trieste) senza però entrare nel merito, Disse allora che solo chi ha un interesse diretto – perché candidato non eletto a causa dello sbarramento – può far valere i suoi diritti, in prima istanza davanti al Tar. E così oggi, a quasi quattro anni di distanza dai fatti, arriva alla Consulta, attraverso un’ordinanza del Consiglio di stato, il ricorso della lista Fratelli d’Italia, che nel 2014 fu esclusa dal parlamento europeo per appena 90mila voti. Gli interessati al ripescaggio sarebbero Giorgia Meloni, Gianni Alemanno e Sandro Pappalardo (ai danni di due eurodeputati Pd e un 5 Stelle). Ma a questo punto, quando ormai la euro legislatura sta per concludersi, nel caso prima la Consulta e poi il Consiglio di stato (nel merito) dovessero dar loro ragione, potrebbero solo chiedere un risarcimento. L’aspetto più interessante è quello di principio. «Chiederò l’annullamento della soglia o quanto meno il rinvio alla Corte di giustizia Ue», dice l’avvocato Besostri, che oggi interverrà in udienza oltre agli avvocati di Fd’I. «La soglia è incompatibile con il trattato di Lisbona» che ha stabilito che il parlamento rappresenta «i cittadini della Ue» e non più «i popoli degli stati». I ricorrenti (nel 2014 ci avevano provato anche i Verdi, ma si sono fermati dopo una prima sconfitta al Tar) citano due sentenze della Corte costituzionale tedesca che tra il 2011 e il 2014 ha prima cancellato la soglia di sbarramento al 5% e poi anche quella al 3%. In replica, l’avvocatura dello stato ha confermato per conto del governo 5 Stelle-Lega gli stessi argomenti in difesa dello sbarramento già presentati nell’originario atto di costituzione, firmato nel luglio 2017 da Maria Elena Boschi per conto del governo Gentiloni. Solo aggiungendo un tocco di «sovranismo», citando a suo favore e contro le due sentenze dei giudici costituzionali tedeschi, la decisione della corte costituzionale di Praga che nel 2015 ha salvato la locale soglia del 5%. A luglio di quest’anno, il parlamento europeo ha invece approvato una raccomandazione agli stati per cercare di uniformare le leggi elettorali. Suggerisce una soglia di sbarramento dal 2% al 5% per i paesi o le circoscrizioni che eleggono almeno 35 deputati (da applicare nel 2024). In Italia l’anno prossimo gli eletti saranno 76, tre in più del 2014 per effetto della Brexit. La cancellazione della soglia potrebbe consentire l’approdo nell’eurocamera di una rappresentanza della sinistra, ma d’altro canto potrebbe risolversi in un incentivo alle divisioni. La conferma della soglia invece riaprirebbe la tentazione di Lega e 5 Stelle di alzarla in extremis al 5%, così da provare a tenere fuori, ancora una volta, proprio Fratelli d’Italia. Ma le soglie in un periodo di astensionismo elevato non fanno che mortificare ulteriormente la rappresentanza. Nel 2009 votarono alle europee 65 elettori su 100 e non parteciparono al riparto dei seggi oltre 4 milioni di voti. Nel 2014 i votanti scesero a 57 su 100 e lo sbarramento cancellò due milioni di voti. Fonte: Il Manifesto SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

EUROPORCELLUM – QUESTIONI GENERALI SBARRAMENTO – UDIENZA PUBBLICA CONSULTA 23.10.2018

Avv. Luca Campanotto Ricordo a me stesso (come dicono gli avvocati) che l’udienza pubblica costituzionale sulla normativa elettorale europea è stata rinviata di quindici giorni al 23.10.2018 (ALLEGATO) Non risulta ancora pubblicato il ruolo della prossima udienza pubblica costituzionale 23.10.2018; per il momento si sa che su questo incidente costituzionale nominata Relatrice è la Prof.ssa DE PRETIS (ALLEGATO) I video della discussione orale in Corte Costituzionale saranno pubblicati a questo link https://www.cortecostituzionale.it/jsp/consulta/giurisprudenza/home_udienze.do In considerazione delle più varie forme di connessione coi nostri più diversi contenziosi elettorali ordinari di questo distretto Vi informerò anche sui prossimi provvedimenti costituzionali non appena verranno adottati A mio modo di vedere questa volta la Consulta entrerà nel merito (a differenza dei precedenti 110/15 e 165/16, questa volta impugna EUROPORCELLUM il Consiglio di Stato, ergo i presupposti processuali dell’incidente costituzionale da ultimo instaurato risultano completamente diversi rispetto al nostro recente passato – ALLEGATO); se vi sarà decisione meritale immediata o interlocutorio rinvio pregiudiziale interpretativo comunitario a Lussemburgo dipende dagli esiti dei diversi e potenzialmente concorrenti giudizi di ragionevolezza sulla legislazione interna impugnata (se per l’invocato annullamento basta il giudizio alla stregua dei parametri costituzionali interni il rinvio comunitario non serve per economia processuale; se viceversa si ponesse in subordine un problema di compatibilità con la Carta di Nizza – es. artt. 20 e 21 uguaglianza e non discriminazione degli effetti del voto tra tutti gli elettori cittadini comunitari – e la Consulta si ritenesse vincolata al rinvio in ragione della novità di tale parametro comunitario allora potrebbe darsi che si dia vita a un incidente comunitario nell’incidente costituzionale); l’esito della prossima udienza costituzionale ovviamente lo possono intuire con maggiore certezza solamente i Giudici Costituzionali (recentemente integrati nel loro PLENUM – LA CONSULTA HA QUINDICI MEMBRI E FUNZIONA CON ALMENO UNDICI GIUDICI – grazie alla recente nomina del Prof. Viganò – Presidenza della Repubblica – e alla recente elezione del Prof. Antonini – Parlamento in Seduta Comune) https://www.cortecostituzionale.it/actionCollegio.do ANCHE QUEST’ANNO SI TIENE AVANTI LA CORTE COSTITUZIONALE UNA IMPORTANTE UDIENZA PUBBLICA NELLA MATERIA ELETTORALE: DOPO IL 24 GENNAIO 2017 (ITALICUM) NEL 2018 TOCCA DI NUOVO A EUROPORCELLUM LE UDIENZE SUL ROSATELLUM BIS TENUTESI FINO AD ORA (CONFLITTI INTERORGANICI) ERANO INVECE IN CAMERA DI CONSIGLIO E QUINDI PIENAMENTE SEGRETE. RINGRAZIO E SALUTO TUTTI P.S.: ricordo una bella pubblicazione illustrativa e divulgativa sulla Consulta e sulla Giustizia Costituzionale: https://www.cortecostituzionale.it/documenti/download/pdf/Cc_Checosa_2016.pdf   Allegato: EUROPORCELLUM Consulta fiss ud pubb 23.10.2018 quest inc 93-17 sbarramento SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

ROSATELLUM, NO DELLA CORTE AL CONFLITTO DI ATTRIBUZIONE LEGGE ELETTORALE

Besostri si rivolge ai 5 Stelle che avevano firmato il ricorso: la Consulta indica una via per allargare i poteri dei cittadini. Sarebbe grave ipotizzare adesso una nuova normativa su misura con coalizioni e premio alla prima lista di Andrea Fabozzi La Corte costituzionale ha deciso di non ammettere il ricorso per conflitto di attribuzione contro la legge elettorale che, messo a punto dall’avvocato Felice Besostri, era stato firmato da oltre cento tra cittadini e parlamentari in rappresentanza del «corpo elettorale». Nel sistema italiano è precluso il ricorso diretto alla Corte costituzionale da parte dei cittadini, hanno ricordato i giudici, aggiungendo che nei ricorsi «numerose censure sono riferite indistintamente a tutti i ricorrenti, una parte dei quali, tuttavia, si presenta nella veste di semplice cittadino elettore, mentre altri ricorrono nella loro qualità di cittadini elettori e, insieme, di parlamentari, alcuni dei quali deputati e altri senatori». Da qui la decisione di dichiarare la non ammissibilità, anche perché secondo la corte un senatore non può lamentare presunte violazioni nel procedimento di approvazione della camera, e viceversa un deputato non può farlo per quanto accaduto al senato (l’oggetto principale dei ricorsi era la decisione del governo Gentiloni di far passare il “Rosatellum” con la fiducia). E inoltre, scrivono i giudici, «il singolo parlamentare non è titolare di attribuzioni individuali costituzionalmente protette nei confronti dell’esecutivo». «Per liquidare l’iniziativa sarebbero bastati cinque minuti e non ventitré giorni (la camera di consiglio della Corte si era tenuta il 4 luglio, ndr) se si fosse deciso negativamente sulla novità del ricorso, fatto non da singoli elettori e parlamentari in quanto tali, ma collettivamente quali esponenti del “Corpo elettorale”, il potere con il quale si esprime il popolo, cui appartiene la sovranità, nel procedimento elettorale per l’elezione del parlamento», è il commento all’ordinanza di Felice Besostri. In una nota firmata con Paolo Maddalena, ex presidente della Consulta e presidente adesso dell’associazione «Attuare la Costituzione», l’avvocato si rivolge direttamente ai parlamentari 5 stelle, molti dei quali firmavano questo ricorso (tre senatori e sette deputati della scorsa legislatura, tra i quali Toninelli, adesso ministro): «Se si crede nell’allargamento dei poteri dei cittadini, l’ordinanza contiene uno spunto per un’iniziativa legislativa. Un accesso diretto alla Corte costituzionale in materia elettorale è necessario, in privato persino auspicato da autorevoli membri della Corte. Con questo ricorso si era fornito uno strumento, come riconosciuto dalla ordinanza, nel passaggio in cui correttamente si riporta che i ricorrenti “affermano che il ricorso diretto da parte del popolo sovrano deve essere ammesso soltanto quando di leggi elettorali si tratti”». Non solo, secondo Besostri e Maddalena «i difensori della Costituzione hanno da oggi uno strumento in più, seguendo la traccia dell’ordinanza: ricorsi promossi da singoli parlamentari, ciascuno nella propria camera, contro, per esempio, l’apposizione del voto di fiducia su una legge elettorale», ciascuno nella propria camera». Ammesso che sia sempre questa l’intenzione dei 5 Stelle. Altrimenti, concludono Besostri e Maddalena, «è chiaro che sarebbe grave se questa ordinanza fosse percepita dalla maggioranza parlamentare come il via libera per l’approvazione di una legge elettorale su misura, magari con voti di fiducia nell’imminenza di elezioni per caso anticipate. Per esempio una legge che prevede le coalizioni insieme a un premio di maggioranza alla lista più votata». L’ideale per 5 Stelle e Lega. Fonte: Il Manifesto SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

IL ROSATELLUM E L’ALTERNATIVA IMPOSSIBILE AL GOVERNO GIALLO-VERDE

[avatar user=”Felice Besostri” size=”thumbnail” align=”left” link=”http://www.felicebesostri.it/” target=”_blank” /] di Felice Besostri La vita politica, la dialettica maggioranza opposizione, e all’interno della compagine governativa, è inquinata dalla mancanza di soluzioni praticabili, perché non è possibile proporre l’unica alternativa ad un governo, che non piace: nuove elezioni. La ragione è semplice, la legge sarebbe il Rosatellum. E sarebbe la quinta elezione con una legge di sospetta costituzionalità. La quinta dopo dopo le tre con la legge n.270/2005 nel 2006, 2008 e 2013 e quella del marzo 2018. Una prospettiva che fa gioco soltanto alla Lega di Salvini, perché o gli fanno fare quel che vuole ovvero è l’unico che possa trarre vantaggio dalla Legge in vigore e proprio grazie ad una norna di sospetta costituzionalità: il vantaggio accordato alle coalizioni tra liste, rispetto alle liste singole, come quella del M5S. Le coalizioni sono avvantaggiate dal voto congiunto, quindi non libero e personale, sia nei collegi uninominali maggioritari che in quelli plurinominali proporzionali, perché possono beneficiare delle liste coalizzate sotto il 3%, quindi della violazione del voto uguale. Questi vantaggi sono irragionevoli, perché le coalizioni del Porcellum, dovevano avere un programma unico, che giustificava il vantaggio di candidarsi ad un premio di maggioranza, per assicurare una stabilità del governo. La coalizione di centro-destra è divisa tra governo ed opposizione. Il successo del M5S ha impedito, con la Lega al 17%, che la coalizione di destra-centro raggiungesse o superasse il 40%. Con una tale percentuale si assicurerebbe la maggioranza dei seggi nelle due Camere. Non è vero che non ci sia un premio di maggioranza nel Rosatellum: è nascosto nella quota maggioritaria, che è pari al 38% dei seggi. Questi seggi, teoricamente, potrebbero essere tutti conquistati da una forza politica di maggioranza relativa. Un successo della coalizione di destra-centro e dentro alla coalizione della Lega, in parte sarebbe un ridistribuzione interna alla coalizione, ma le ultime elezioni amministrative hanno dimostrato che la Lega prende voti anche al M5S: ha vinto il confronto diretto per il Sindaco di Terni. Inoltre il destra-centro ha sconfitto il M5S a Ragusa. Altri punti critici di legittimità costituzionale della legge elettorale sono la soglia nazionale del 3% per il Senato, eletto su base regionale ex art. 57 Cost., le liste bloccate e corte e le candidature plurime, che hanno prodotto il fenomeno degli eletti fuori collegio plurinominale al Senato e addirittura fuori circoscrizione alla Camera. Viene meno ogni lega-me diretto e personale tra il voto degli elettori e i parlamentari proclamati eletti grazie ad un algoritmo. I voti non sono neppure uguali perché i collegi beneficiari eleggono più parlamentari rispetto a quelli rigorosamente assegnati in base alla popolazione residente, come impongono le nonne costituzionali, per la Camera l’art. 56 Cost. e per il Senato l’art. 57 Cost.. L’emigrazione di seggi tra una circoscrizione e l’altra era la regola per le elezioni europee fino a quelle del 2009, ma è stata dichiarata illegittima dal Consiglio di Stato nel 2011 ed ora è la regola applicata a partire dalle elezioni europee del 2014. Le prossime elezioni europee 2019 pongono problemi. Sono decisive per la tenuta dell’Ue, se non risolve i suoi problemi maggiori, tra i quali per insipienza ha assunto il maggior rilievo quello dei migranti, rispetto alla crescita delle diseguaglianze. Il tentativo di farne una specie di referendum tra europeisti e populisti è già fallito in partenza, quando alla testa dei populisti abbiamo Orban della Fidesz e Seehofer della Csu, sostenuti da Kurz della Ovp, tre esponenti di rilievo di partiti del Ppe. La Lega si presenta alle Europee con una linea chiara, anche se contraddittoria rispetto agli interessi italiani al ricollocamento dei migranti accolti in questi anni in altri paesi Ue, e il loro esito sarà un altro segno di un mutamento dei rapporti di forza all’interno del governo. La stessa legge elettorale europea presenta problemi come la soglia del 4%, che sarà discussa in Corte il 23 ottobre 2018 e la questione delle liste delle minoranze linguistiche, che sono limitate alla francese, tedesca e slovena, quando quelle riconosciute sono molte di più dalla legge n. 482/1999 e la regolamentazione per le elezioni nazionali è differente nelle Regioni a Statuto speciale. La Lega anche su questo terreno ha preso un’iniziativa eleggendo con i suoi voti un esponente del partito sardo d’Azione e formando una giunta con gli autonomisti valdostani espressione della minoranza linguistica francese. Il vantaggio della Lega dei «due forni», governo sulle sue posizioni o elezioni anticipate, può essere annullato soltanto se la leg-ge n. 165/2017 fosse sottoposta al vaglio di costituzionalità grazie ad una decisione della Consulta il 4 luglio prossimo e se il M5S riprendesse le sue posizioni di principio sulle leggi elettorali e ne investisse il Parlamento. Pubblicato anche su Il Manifesto SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

DEMOCRAZIA E DITTATURA DELLA MAGGIORANZA

di Renato Costanzo Gatti “In questo articolo voglio scagliarmi con estrema durezza contro il ragionamento, che apre le porte a quella che Alexis de Tocqueville definiva “dittatura della maggioranza“ o se vogliamo anche a quella che Polibio definì Oclocrazia cioè governo degenerato della massa. Sostenere che chi rappresenta il 50% dei consensi abbia piena legittimità a decidere tutto quello che vuole, è un ragionamento estremamente immaturo che dimostra come tra i cittadini sia confuso il significato stesso di democrazia. Aprire le porte al concetto di democrazia come mero esercizio del voto e come mera determinazione di una presunta maggioranza onnipotente vuol dire spianare la strada all’oppressione delle minoranze che inevitabilmente poi sfocia nell’oppressione anche degli stessi cittadini maggioritari. “(Hescaton) La presentazione al Quirinale, avvenuta prima delle elezioni, di un elenco di ministri da parte dei 5 stelle e la pretesa di Salvini di imporre al Presidente della Repubblica un elenco immodificabile di ministri pena l’immediata convocazione di nuove elezioni, sono evidenti e palesi espressioni di tentata dittatura della maggioranza in quanto invadono senza ritegno aree che la Costituzione riserva a specifici organi costituzionali. Uno dei limiti al principio di maggioranza è oggi costituito dalla separazione dei poteri, e l’art. 90 della Costituzione riservando il diritto di nomina dei ministri solamente al del Presidente del consiglio incaricato che propone e al Presidente della Repubblica che nomina, è la lampante dimostrazione di quella separazione dei poteri posta a tutela della nostra democrazia. La maggioranza parlamentare è esclusa da questa procedura costituzionale, così come ne è escluso il Parlamento che si pronuncerà successivamente in sede di voto di fiducia. La funzione del Presidente della Repubblica è quella di esprimere il suo parere sulla costituzione del Governo e di trovare con il Presidente incaricato in una corretta e rispettosa dialettica un comune sentire senza interferenze e intrusioni di alcuno. A mio parere il presidente Matterella è criticabile per aver sentito in questa fase irritualmente i due capi dei partiti rappresentanti la maggioranza; infatti mi pare che con quelle consultazioni informali, forse dettate da una estrema cortesia, si sia chiaramente screditata la (o constatata l’irrilevanza della) figura del Presidente incaricato che evidentemente non si sentiva in grado di negoziare con il Presidente della Repubblica senza il consenso, autorizzazione, placet dei due capi politici. I casi di sostituzione di ministri nella lista proposta dal Presidente incaricato non sono rari, si citano i casi di Previti, Maroni e Gratteri. Affermare che quelle sostituzioni erano legittime perché non avevano alla loro base una ragione politica, come invece ci sarebbe stato nel caso della sostituzione del nome di Paolo Savona, è una osservazione che ritengo infondata, quasi che le altre sostituzioni non avessero motivazioni politiche ma fossero dovute al capriccio del Presidente, il che evidentemente non è. Il Presidente della Repubblica svolge in questa fase il suo compito di supremo custode della Costituzione, compito che gli deriva dai poteri che gli sono attribuiti dalle prerogative costituzionali. Ma anche se le motivazioni non fossero condivisibili o addirittura sbagliate, la responsabilità delle sostituzioni concordate non sarebbero attribuibili al Presidente della Repubblica ma, ai sensi dell’art. 89 della Costituzione, al Presidente incaricato che controfirma i decreti di nomina, assumendosene la responsabilità. Ai sensi dell’art. 90 della Costituzione il Presidente della Repubblica non è responsabile degli atti compiuti nell’esercizio delle sue funzioni, tranne che per alto tradimento o per attentato alla Costituzione. Se la controproposta della sostituzione fatta al Presidente incaricato non trova il suo assenso, questi rimette il mandato, causando quindi il fallimento della formazione del governo. Non è quindi il Presidente Mattarella che ha bocciato la formazione del Governo ma è il Presidente incaricato che rimette l’incarico. La visita a Pomeriggio 5 di Di Maio e Salvini, rende poi attuale le preoccupazioni espresse da Bonetti che ha messo in guardia dai pericoli cui le nuove tecnologie dell’informazione, talora di segno opposto, possono dar luogo quando entrano nel dominio della politica: “c’è il rischio di una dittatura della maggioranza e conseguente emarginazione delle minoranze, e, al tempo stesso, la possibilità che si apra la strada a «processi di controllo e di manipolazione operati da oligarchie o da gruppi ristretti di persone». La comunicazione diretta fra cittadinanza e leadership politica, senza le tradizionali mediazioni, la personalizzazione spinta fino a forme di vero e proprio «divismo» politico, l’esibizione ostentata e furbesca dell’intimità per dare agli elettori un’ingannevole sensazione di prossimità, sono tutti fenomeni non troppo rassicuranti per l’avvenire delle nostre democrazie liberali”. Manifestare contro quanto accaduto portando a motivo la pretesa che la democrazia sia stata negata è la più lampante dimostrazione di ignoranza costituzionale e tentativo eversivo di voler modificare la Costituzione (senza alcun referendum) instaurando la dittatura della maggioranza, che annulla il fondamento della democrazia, fondamento costituito dalla divisione dei poteri, per portarci a pericolose derive autoritarie. SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

L’ARBITRO CONTESTATO

di Stefano Betti Dipanare la matassa che si è improvvisamente attorcigliata nella questione Governo della Repubblica non è cosa da poco. Anche perché un vento di follia sembra aver investito i protagonisti e i loro tifosi, lasciando peraltro ampi margini a retro pensieri d’ogni genere. Complottisti, doppiogiochisti. Tutto e il suo esatto contrario. Oscuri Poteri europei e internazionali dietro, ovviamente, gli altri. Mai, dico mai, fu così Roma Lazio nelle cose politiche d’Italia. Andiamo con ordine. Facendo chiarezza però anche in linea di diritto e proviamo a far funzionare il cervello. L’art. 92 della Costituzione recita: “Il Governo della Repubblica è composto del Presidente del Consiglio e dei Ministri, che costituiscono insieme il Consiglio dei Ministri. Il Presidente della Repubblica nomina il Presidente del Consiglio dei Ministri e, su proposta di questo, i Ministri.” La norma, scarna, è accompagnata da una prassi consolidata da settant’anni che vede il Presidente del Consiglio incaricato mediare col Presidente della Repubblica i nominativi dei ministri. La Costituzione assegna al Presidente la loro nomina, su proposta del Presidente incaricato, perché in questa Repubblica, che è e resta Prima, giacché la seconda non è mai esistita (vi risulta che sia stata cambiata negli ultimi 25 anni la forma di Stato o di governo, a parte il valzer isterico delle leggi elettorali?) la decisione spetta al Presidente. Non è un atto formale, ma sostanziale. Si può non concordare sulle motivazioni per un eventuale diniego, come è corretto che sia in democrazia, ma alla fine l’arbitro è uno solo, secondo Costituzione. Di conseguenza, se il Presidente ha delle perplessità su un nome e le motiva, nei colloqui fra il Colle e il Presidente incaricato in questa settantina d’anni la soluzione del problema non usciva che da due ipotesi. O era il Presidente della Repubblica a modificare avviso, magari convinto dalle argomentazioni a contrario o era il Presidente incaricato a sottoporre un nuovo nome e ottenere il consenso del Presidente. D’altro canto, una coalizione che esprime un Presidente incaricato vuole in primo luogo governare per dimostrare la giustezza dei propri intenti tramutati in azioni e se non è il programma di governo concordato il problema, figuriamoci la sostituzione di un ministro pur nel dicastero più importante. Mai è accaduto che un nominativo proposto fosse senza alternative. Al punto di rimettere l’incarico. A questo punto iniziano i retro pensieri. Ecco il primo. Che cosa è che non sappiamo? Nel contratto di Governo non si parla d’uscita dall’Euro. Il Ministro dell’economia, secondo quanto espresso dal Presidente, deve essere necessariamente “un esponente che – al di là della stima e della considerazione per la persona – non sia visto come sostenitore di una linea, più volte manifestata, che potrebbe provocare, probabilmente, o, addirittura, inevitabilmente, la fuoruscita dell’Italia dall’euro. Cosa ben diversa da un atteggiamento vigoroso, nell’ambito dell’Unione europea, per cambiarla in meglio dal punto di vista italiano… L’incertezza sulla nostra posizione nell’euro ha posto in allarme gli investitori e i risparmiatori, italiani e stranieri, che hanno investito nei nostri titoli di Stato e nelle nostre aziende. L’impennata dello spread, giorno dopo giorno, aumenta il nostro debito pubblico e riduce le possibilità di spesa dello Stato per nuovi interventi sociali. Le perdite in borsa, giorno dopo giorno, bruciano risorse e risparmi delle nostre aziende e di chi vi ha investito. E configurano rischi concreti per i risparmi dei nostri concittadini e per le famiglie italiane.” La motivazione, resa pubblica dal Presidente, può essere, come già detto, non condivisa, ma va comunque presa in considerazione. MI chiedo: possibile che solo Il prof. Savona avrebbe interpretato e realizzato gli obiettivi di politica economica indicati nel contratto di governo? E, a contrario, possibile che l’ottantaduenne prof. Savona da solo sarebbe riuscito a trascinarci fuori dall’euro, in barba al rispetto dei trattati? Allora, pare logico ritenere che era il contratto di governo messo in pratica a finire per trascinarci fuori dalla moneta unica, figlio di due progettualità estremistiche, più che l’artefice del dicastero economico. Se così fosse, il Presidente avrebbe dovuto interrompere immediatamente il tentativo di formare un governo giallo verde, sciogliendo le Camere. Ma questo non è stato mai eccepito dal Quirinale. Resta soltanto il niet sul prof. Savona. I tifosi ci dicono che è diventata una questione di principio, che l’Arbitro è dalla parte degli Altri, i Cattivi, l’élite che ha governato da sempre sulla pelle del popolo. Savona o morte.  Prendere o lasciare. Se no che democrazia è? E non sono disposti a ascoltare nessuno, né tanto meno l’autogoal d’aver rinunciato a governare. Ecco l’ipotesi di attivare la messa in stato d’accusa del Presidente per attentato alla Costituzione. Singolare l’intento e privo di fondamento giuridico, visto che il Presidente non ha certo messo un veto a priori sul governo giallo verde, ma solo su un ministro proposto. Si scatena la gogna mediatica. Insulti e minacce al Capo dello Stato, senza valutare le conseguenze sul piano penale. Giusto, come si fa ogni domenica sera quando si perde e la colpa è sempre dell’arbitro. Assistiamo, forse per la prima volta nel ventunesimo secolo, a una sorta di parossistica e grottesca guerra civile mediatica fatta di tweet, sproloqui su facebook, hastag, raccolte di like pro o contro. Già, perché anche chi è dalla parte del Presidente finisce nel tranello della guerra civile mediatica. Che mi auguro resti solo mediatica e in qualche modo faccia riflettere. La rabbia di molti che speravano in un cambiamento delle cose è forse l’elemento che deve far pensare. Se liquido il populismo come mera orgia di pancia egoica del ceto medio, come si è tentati, non mi rendo conto di quanto sia necessario cambiare le cose nel nostro paese. Che nello scenario politico manca un interlocutore socialista per il corpo elettorale, a sinistra, che i trent’anni dalla caduta del muro di Berlino hanno impedito, anche per responsabilità non solo degli altri, che emergesse. Ma questa è la medicina al male. Oggi dobbiamo fare i conti con la realtà, preparando il domani. Le televisioni, pubbliche e private, che avevano fatto a gara …

DIFENDERE LA COSTITUZIONE SEMPRE

[avatar user=”Felice Besostri” size=”thumbnail” align=”left” link=”http://www.felicebesostri.it/” target=”_blank” /] di Felice Besostri O si agisce in modo informale, ma allora i nomi dovevano essere mere indiscrezioni stampa finché non si realizzava il consenso, così nessuno avrebbe vinto il braccio di ferro o perso la faccia, cosa comunque negativa.   Ovvero si seguiva la Costituzione alla lettera e il Quirinale doveva conoscere i nomi solo se fatti direttamente da un Presidente del Consiglio nominato. Salvini e Di Maio non sono figure costituzionalmente rilevanti se non come capi della formazione politica, che in assenza di una legge sui partiti politici è niente di più di un mero adempimento richiesto dall’art. 14 bis del dpr. 361/1957 o come firmatari di un contratto di governo, che comunque la si pensi non aveva impedito l’incarico al prof. Conte. Il Presidente della repubblica non è un notaio, ma l’osservanza della Costituzione è sua e l’art. 92 è chiaro nomina i ministri su Proposta del Presidente del Consiglio non di un tizio incaricato di tentare di formare un governo. Sempre nell’informalità doveva il Presidente chiedere all’incaricato se era in grado di proporre autonomamente la lista dei ministri, Se rispondeva di NO, ma che era vincolato ad un mandato allora doveva non dargli la nomina perché non aveva i requisiti ex art. 95 Cost., che è chiaro: ART. 95. Il Presidente del Consiglio dei ministri dirige la politica generale del Governo e ne è responsabile. Mantiene l’unità di indirizzo politico ed amministrativo, promovendo e coordinando l’attività dei ministri. I ministri sono responsabili collegialmente degli atti del Consiglio dei ministri, e individualmente degli atti dei loro dicasteri. La legge provvede all’ordinamento della Presidenza del Consiglio e determina il numero, le attribuzioni e l’organizzazione dei ministeri. Con la decisione di Mattarella la nostra non è più una forma di governo parlamentare. A parte il fatto che c’è il diritto di avere idee diverse dalle sue e di cambiarle in seguito alla fiducia che è accordata collettivamente al Governo dal Parlamento, che risulta espropriato, per questo dico che non siamo più in una democrazia con forma di governo parlamentare. La Costituzione è stata violata da Conte e Mattarella. Solo il Presidente del Consiglio nominato poteva fare i nomi dei ministri. Mattarella non l’aveva nominato quindi non c’erano nomi di ministri, sui quali pronunciarsi. Se si temeva la crescita dello spread oggi è a 230 mentre venerdì’ 25/5 era a 205 Il rendimento del decennale italiano era il 2,45%. Oggi 2,66%, chi ci deve mettere la differenza? Alla luce di quanto sopra e dell’art. 90 Cost,. la questione della messa in stato d’accusa del Presidente, per favore non chiamiamola impeachment da parte del Parlamento in seduta comune va approfondita e non detta alla leggera. Spetterebbe a Fico convocarla, ma a questo punto di disgregazione delle istituzioni, non mi meraviglierei che la Casellati si rifiuti di aderire. SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

COMITATO DI CONCILIAZIONE

[avatar user=”Felice Besostri” size=”thumbnail” align=”left” link=”http://www.felicebesostri.it/” target=”_blank” /] di Felice Besostri Partiamo da concetti elementari di democrazia come potrebbe essere la sua definizione nell’Enciclopedia Treccani:  Forma di governo che si basa sulla sovranità popolare e garantisce ad ogni cittadino la partecipazione in piena eguaglianza all’esercizio del potere pubblico (Enciclopedia Treccani). Già questa definizione va, però, adattata alla nostra Costituzione, che dice, anche se Riotta non lo sa, che la sovranità appartiene al popolo, ma questo non significa che ogni cittadino partecipa “in piena eguaglianza all’esercizio del potere pubblico”, che presupporrebbe una democrazia diretta di tipo assembleare, che sopravvive in alcuni cantoni della Svizzera interna. La nostra Costituzione, infatti, aggiunge che il popolo esercita la sovranità che gli appartiene ” nelle forme e nei limiti della Costituzione”: quindi essenzialmente, in una democrazia rappresentativa con forma di governo parlamentare, con l’esercizio del voto. Questo diritto è stato sottratto con due leggi elettorali dichiarate incostituzionali in parti essenziali, la 270/2005, per il premio di maggioranza e le liste bloccate e la 52/2015 per il premio di maggioranza attribuito con ballottaggio. La sorte della  legge n. 165/2017 sarà di fatto decisa il prossimo 4 luglio, se fosse dichiarato ammissibile un conflitto di attribuzione tra il corpo elettorale e il potere legislativo e quello esecutivo. Oltre che per il contenuto, il primo motivo è la stessa procedura di approvazione grazie a 8 voti di fiducia, chiesti dal Governo. e, purtroppo, accordati dalle presidenze delle Camere in violazione dell’art. 72.4 Cost.. Questo governo può non piacere per diffidenza  nei confronti dei suoi componenti  o per parti del suo programma, ma è il primo che dispone per voto popolare della maggioranza dei seggi in parlamento e della maggioranza assoluta dei voti validi per liste sopra la soglia: non succedeva dal 1992, quando le liste del pentapartito, pur subendo perdite ebbero il 53,24% del consenso  popolare.  Dal Mattarellum in poi non ha mai governato la maggioranza del voto popolare. Se la democrazia è il governo dei poteri visibili (Ruffini), poiché, a differenza della democrazia, il potere autocratico non solo si occulta aspirando a divenire invisibile e onniveggente (Panopticon – Foucault), ma anche occulta, il Comitato di conciliazione non è incostituzionale, per il solo fatto, che non sia previsto dall’ordinamento.  Nelle società libere a differenza di quelle autoritarie è lecito tutto ciò, che non sia vietato. Una condizione deve, però, essere osservata la composizione del Comitato di Conciliazione deve ubbidire a criteri prestabiliti e il funzionamento essere trasparente per consentire il controllo  da parte dell’opinione pubblica. Non mi convince la tesi che fosse più costituzionale la decisione affidata a vertici di maggioranza, che in assenza di accordo conducevano a crisi extraparlamentari. Men che meno erano costituzionali le crisi, quando erano provocate da dissensi interni ai partiti di maggioranza. Senza l’attuazione  dell’art. 49 Cost. i partiti sono associazioni di diritto privato dominati da un leader o addirittura da un padrone ovvero, nei migliore dei casi da un’oligarchia. Là dove il potere è invisibile, lo è anche il contropotere. Il confronto con la democrazia reale deve tener conto della tendenza di ogni dominio alla segretezza (occultare) e al mascheramento (occultarsi), secondo gli insegnamenti del Cardinal Mazarino. Bisogna non far capire i propri obiettivi, per impedire agli avversari di ostacolarli ovvero mascherarli dietro promesse, che, come diceva Clemenceau, in politica impegnano soltanto chi le ascolta. Se chi governa ha il consenso della maggioranza degli elettori, questo è un bene in sé, ma non basta bisogna anche essere capaci di mantenere le promesse e particolarmente quelle, che hanno prodotto consenso dal reddito di cittadinanza alla flat tax, che allo stato non hanno coperture, anche con la vecchia formulazione dell’art. 81 Cost. e ne avranno sempre meno, se dovessero aumentare gli interessi sul debito pubblico, che continua a crescere, malgrado l’avanzo primario. Dobbiamo imparare a misurare le parole e per esempio, per quanto i confini siano labili, non confondere la xenofobia con il razzismo, come la critica dura alla politica israeliana all’antisemitismo. I piccoli e medi imprenditori dl Nord est e gli artigiani di tutta Italia non sono il blocco sociale del nuovo fascismo. Gli attentati alla nostra Costituzione sono stati fatti non da plebi aizzate da demagoghi populisti, ma da personaggi presenti nelle istituzioni e ricevuti nei salotti buoni della finanza italiana ed internazionale, con la complicità di tecnici e esperti accreditati in Europa  e da professori universitari al servizio del potere. Sconfitti dal popolo nel referendum costituzionale del 4 dicembre e nelle elezioni del 4 marzo cercano la rivincita con una sistematica disinformazione mediatica, per la quale la legge elettorale va cambiata con premi di maggioranza, per consentire alle minoranze di governare, invece di togliere le incostituzionalità più evidenti come il voto vincolato e congiunto per candidati uninominali e liste bloccate o le follie di votare in Campania per il M5S ed eleggere una grillina  in Piemonte (un caso vero).   SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

LO STRABISMO GOVERNAMENTALE VS CENTRALITA’ DEL PARLAMENTO

[avatar user=”Felice Besostri” size=”thumbnail” align=”left” link=”https://www.felicebesostri.it/” target=”_blank” /] di Felice Besostri Per poter ragionare bisognerebbe estraniarsi dai condizionamenti, ma i condizionamenti sono fatti effettivi e, quindi, paradossalmente bisognerebbe prescindere dalla realtà. Tuttavia la cosiddetta realtà è una rappresentazione, quindi non è una certezza oggettiva. La nostra forma di governo è parlamentare, cioè il Governo deve godere della fiducia dei due rami del Parlamento, che deve essere ottenuta entro 10 giorni dalla sua formazione (art. 94 Cost.), ma “ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato.” ci ricorda l’art. 67 Cost.. La formazione del Governo non esaurisce i compiti del Parlamento, che, come ci ricorda la sentenza n. 1/2014, la prima di annullamento, sia pure parziale, di una legge elettorale la n. 270/2005, cui seguirà quello della legge n. 52/2015 con la sentenza n. 35/2017, poiché “le assemblee parlamentari sono sedi esclusive della «rappresentanza politica nazionale» (art. 67 Cost.) si fondano sull’espressione del voto e quindi della sovranità popolare, ed in virtù di ciò ad esse sono affidate funzioni fondamentali, dotate di «una caratterizzazione tipica ed infungibile» (sentenza n. 106 del 2002), fra le quali vi sono, accanto a quelle di indirizzo e controllo del governo, anche le delicate funzioni connesse alla stessa garanzia della Costituzione (art. 138 Cost.) (cap. 3.1§ X, sent.1/2014). Quando si parla di centralità del Parlamento di questo di parla. Questo bene non è un dato acquisito per sempre, se in concreto non c’è una maggioranza parlamentare, che condivida questo valore. Non è stato il caso della XVIIa legislatura quella non soltanto terminata con le elezioni dello scorso 4 marzo, ma politicamente sconfessata dai risultati elettorali. Nella scorsa legislatura non solo la sentenza n. 1/2014 della Corte Costituzionale è stata ignorata con l’approvazione di un’altra legge elettorale incostituzionale, ma un Parlamento eletto con una legge incostituzionale ha tentato senza successo di stravolgere la Costituzione e, non pago, ha adottato una nuova legge elettorale a colpi di fiducia e alla vigilia del suo scioglimento. Il corpo elettorale italiano è stato ignorato, grazie alle leggi con premio di maggioranza si poteva prescindere dal goderne la fiducia, e i risultati elettorali sono un segno tangibile della sua insoddisfazione nei confronti della maggioranza parlamentare uscente. La fiducia nelle istituzioni va ricostruita, perché senza di essa non sarà una maggioranza di governo raccogliticcia e improvvisata a risolvere i problemi del paese ed assegnare un ruolo di rilievo all’Italia nell’Unione Europeo e nel concerto internazionale. Senza fiducia nelle istituzioni non vi è senso di appartenenza ad una comunità solidale retta da valori condivisi. Non si tratta di buoni sentimenti, ma di una scelta costituzionale ben precisa e contenuta in uno dei primi articoli della nostra Costituzione, cioè un Principio Fondamentale, e precisamente nell’articolo 2 “La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale.” Abbiamo diritti inviolabili riconosciuti e garantiti, ma è richiesto di adempiere un dovere inderogabile di solidarietà: si faccia attenzione agli aggettivi inviolabili e inderogabili, che escludono ogni supremazia dell’uno sull’altro. La nostra Costituzione individua anche il soggetto, cui spetta un compito specifico “Per promuovere lo sviluppo economico, la coesione e la solidarietà sociale, per rimuovere gli squilibri economici e sociali, per favorire l’effettivo esercizio dei diritti della persona, o per provvedere a scopi diversi dal normale esercizio delle loro funzioni, lo Stato destina risorse aggiuntive ed effettua interventi speciali in favore di determinati Comuni, Province, Città metropolitane e Regioni.”(art.119 c.5 Cost.). Nelle istituzioni, a cominciare da quelle rappresentative, ci si deve poter riconoscere, quale che sia la nostra opinione politica, che, invece, è importante quando si tratta  di compiere scelte politico-programmatiche, cioè formare un governo. La distinzione spesso sfugge ai cittadini, specialmente, quando l’opinione pubblica è condizionata dai mezzi di comunicazione di massa, che rispondono a precisi interessi dei gruppi di potere, che non cercano e non hanno bisogno di una legittimazione democratica, ma di creare consenso, finché si vive in uno stato di libertà formali. E’ una tendenza in atto da tempo la tendenza a rafforzare gli esecutivi a costo delle assemblee elettive e rappresentative. Gli esecutivi sono più facilmente controllabili e condizionabili, specialmente quando siano sempre meno organi collegiali, che rispondono ad un’assemblea elettiva, ma l’espressione di un premierato forte o di un presidente direttamente eletto, anche se nei regimi presidenziali, la divisione dei poteri e un sistema di pesi e contrappesi, non riduce gli organi elettivi a dipendenze del capo di governo, come nei sistemi sperimentati nel nostro paese con i premi di maggioranza e le liste bloccate, capo politico di una maggioranza artificiale. La legge elettorale, con la quale si è votato, era nella linea di continuità delle precedenti incostituzionali di precostituire la composizione delle Camere con le liste bloccate e corte, le candidature multiple e il voto vincolato e confusione tra uninominale maggioritario e plurinominale proporzionale, che nasconde un premio di maggioranza per le formazioni più votate, la coalizione di centro destra, con la supremazia al suo interno della LEGA, e la lista M5S. Non ci sono dubbi su chi abbia vinto le elezioni  il M5S (32,68%) e la LEGA (17,37%) insieme hanno il    50,05%, la maggioranza assoluta amplificata in seggi alla Camera 222 M5S e 125 LEGA con 347 seggi hanno il 55,07% del Parlamento, 7 seggi in più del premio previsto dalla legge 270/2005 e dalla 52/2015. Questa maggioranza si è fatta valere  per le questioni istituzionali quali le presidenza della Camere e delle due Commissioni speciale, cioè  per far funzionare le assemblee rappresentative in un tempo breve , nelle more della formazione del governo. Per la presidenza della Camera un decisione opportuna, impossibile se si fosse seguita la strada di sperimentare una maggioranza governativa. Non a caso il presidente Fico nel suo discorso d’insediamento ha sottolineato la centralità del Parlamento, una conquista da non sacrificare sull’altare del governo, quale che sia la conclusione. Se M5S e LEGA credono nella centralità del Parlamento saranno imprescindibili, anche se …