L’ESCALATION CONTINUA

Sulla Repubblica di domenica 5 maggio si legge che “la NATO studia i piani per l’intervento diretto”, e vengono identificate due linee rosse che, se oltrepassate, darebbero il via ad un intervento NATO. Questa notizia segue all’ulteriore intervento di Macron che prevede l’intervento diretto di truppe se Mosca si avvicinasse a Kiev e se Zelensky lo richiedesse. Le due linee rosse da non superare sarebbero: a) una provocazione militare contro i baltici o la Polonia, oppure un attacco contro la Moldavia e b) una penetrazione della Russia che sfondasse a Nord-Ovest creando un corridoio tra Kiev e la Bielorussia. Indubbiamente la situazione sta peggiorando giorno dopo giorno ponendo l’Ucraina in condizioni sempre più difficili tali da comprometterne il potere contrattuale in eventuale tavolo di trattative per concludere “l’operazione speciale” russa. Ma occorre, a mio parere, essere molto cauti e realisti nell’affrontare questa situazione. Mi chiedo anzitutto quale sia la partecipazione italiana in queste riunioni della NATO e se questa partecipazione sia conforme all’art. 11 della nostra Costituzione e all’articolo 5 della Nato che riporto: “le Parti convengono che un attacco armato contro uno o più di loro in Europa o Nord America sarà considerato un attacco contro tutte le parti” Ora è ovvio che azioni militari russe in Ucraina o in Moldavia non sono un presupposto per l’applicazione dell’art. 5 della NATO, mentre lo sarebbero azioni militari contro i paesi baltici o la Polonia. Quindi le linee rosse individuate dalla NATO, tranne nel caso di attacco ad un membro NATO, non comporterebbero l’attivazione dell’art.5 della NATO. C’è da chiedersi poi se l’intervento della NATO, per esempio in Moldavia, scatenasse una reazione russa che coinvolgesse un paese NATO ci porterebbe all’applicabilità dell’art. 5 NATO. Infatti, in quel caso non si tratterebbe di “un attacco armato” contro un paese membro dell’alleanza, ma di una reazione ad un attacco NATO contro la Russia. Purtroppo, non vedo, nell’azione del nostro governo, l’applicazione dell’art. 11 della nostra Costituzione che ripudiando la guerra come strumento per la risoluzione dei conflitti internazionali, obbliga i nostri governanti a privilegiare l’azione diplomatica tesa a raggiungere una situazione di pacificazione. Su questo fronte si muove la Cina (estremamente significative le parole di XI nel recente incontro con Macron) con i suoi 12 punti, si muove quasi ogni giorno papa Francesco, e si muove anche quel dittatorello turco di Erdogan. Nei nostri partiti solo i 5 stelle e AVS hanno posizioni più rispondenti al dettato dell’art. 11, sarebbe interessante che anche il PD prendesse una posizione più coraggiosa, forse una massa significativa di voti di preferenza per Tarquinio Marco possono aiutare a questo passo. SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

LA NOSTRA SOLIDARIETA’ AL COMPAGNO DELLA SOCIALDEMOCRAZIA TEDESCA MATTHIAS ECKE

COMUNICATO STAMPA Venerdì sera a Dresda Matthias Ecke, candidato di punta della SPD, è stato violentemente aggredito mentre affiggeva dei manifesti, da un gruppo neofascista collegato all’AFD, molto presente in Sassonia, tanto da essere ricoverato in ospedale e sottoposto ad intervento chirurgico. La vicenda ripropone il tema della difesa della democrazia. Un pericolo reale, concreto. In Italia e in Europa che ci indigna profondamente. SOCIALISMO XXI esprime solidarietà al compagno Matthias Ecke e condanna la vile aggressione, una minaccia per la DEMOCRAZIA e la nostra LIBERTA’ che difenderemo strenuamente per evitare che l’Europa ripiombi negli anni bui del suo triste passato. SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

MANIFESTO DEL PSE PER LE ELEZIONI EUROPEE 2024

Congresso Pse – Roma 2 marzo 2024 L’EUROPA CHE VOGLIAMO Sociale, democratica, sostenibile II Partito del Socialismo Europeo, la più grande forza progressista in Europa, va incontro alle elezioni europee del 2024 determinato come sempre a trasformare le nostre società e migliorare le vite delle cittadine e dei cittadini europei.Vogliamo un’Europa democratica libera, giusta e sicura. Crediamo nell’Europa in quanto forza per garantire i diritti per tutte e tutti e con tutte e tutti. Scegliamo di lavorare insieme per mantenere il nostro pianeta vivibile, per realizzare la giustizia sociale e per offrire nuove opportunità a tutte e tutti. Stiamo costruendo un’Europa di sostenibilità e democrazia. Un’Europa femminista. Un’Europa inclusiva fondata sui diritti umani universali. Un’Europa in cui il progresso sociale, economico e ambientale vanno di pari passo. Un’Europa che sostiene le sue giovani e i suoi giovani. Un’Europa che promuove la cultura in tutta la sua diversità. Per noi, l’Europa è sempre stata un progetto di pace e prosperità condivisa. Un progetto di solidarietà che consente ai nostri Paesi di affrontare sfide a cui da soli non potrebbero far fronte. Unendo le forze, stiamo costruendo un’Europa capace di grandi cose di cui possiamo essere orgogliose e orgogliosi. Il periodo intercorso dalle elezioni europee del 2019 è stato segnato dal susseguirsi di crisi e da minacce emergenti. Eppure, in circo-stanze difficili, abbiamo dimostrato che un’Europa che protegge le persone e infonde speranza in un futuro migliore è possibile. Ci siamo impegnate e impegnati a fondo per mettere in campo risposte progressiste all’aumento del costo della vita, all’emergenza climatica, per il passaggio all’energia pulita, alla pandemia da Covid-19 e all’aggressione russa contro l’Ucraina.Oggi, sono ancora molte le sfide che ci attendono. In un contesto di guerra e conflitti nel nostro continente e vicino a noi, nonché di autoritarismo crescente nel mondo, l’Europa dev’essere garante di pace, promuovere il rispetto del diritto internazionale e relazioni internazionali eque, e con al centro la Carta delle Nazioni Unite e la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani. L’Europa dev’essere pronta a garantire la propria sicurezza e difesa. L’Unione europea deve anche affrontare le disuguaglianze al proprio interno, la perdita del potere d’acquisto dovuta all’aumento del costo della vita, l’attacco ai diritti delle donne, le difficoltà sempre maggiori con cui si scontrano le giovani e i giovani, e l’indebolimento della democrazia e dello stato di diritto. Vogliamo un’Europa più unita che protegga la nostra sovranità, i nostri sistemi di welfare e investa in posti di lavoro verdi di qualità, nel benessere sostenibile e in un’economia dinamica. L’estrema destra è una minaccia per le cittadine e i cittadini e per il progetto europeo. Avvelena la democrazia. I nostri valori sono inconciliabili con i loro. L’estrema destra vuole mettere le persone le une contro le altre, mentre noi vogliamo unirle. La nostra famiglia politica ha una chiara linea: non coopereremo mai e non formeremo mai coalizioni con l’estrema destra. Un più forte Gruppo dei Socialisti e Democratici al Parlamento europeo significa più forza per assicurare rispetto, giustizia e un futuro migliore. Più forza per garantire alle cittadine e ai cittadini pari opportunità, senso di sicurezza e quella qualità della vita che tutte e tutti meritano. Siamo il principale attore progressista ed europeista, che combatte l’estrema destra, mobilitando le forze sociali, ambientali e progressiste per governare cambiamento.In questo Manifesto, definiamo 20 impegni per il nostro candidato comune e i nostri partiti, per un’Europa basata su: ● Il diritto al lavoro di qualità e alla giusta retribuzione, garantendo i diritti delle lavoratrici e dei lavoratori, rafforzando la contrattazione collettiva, la democrazia sul lavoro e sostenendo le lavoratrici e i lavoratori autonomi. ● Un nuovo patto verde e sociale per una transizione giusta, attraverso energia pulita, sicura ed economicamente accessibile, nuovi posti di lavoro di qualità in un’economia circolare verde a emissioni zero, e un pianeta vivibile. ● Una democrazia forte, dove lo Stato di diritto viene da tutte e tutti rispettato e difeso. ● Un’economia europea forte e competitiva che prepara le proprie industrie e piccole e medie imprese al futuro. ● Un’Europa protettiva che difende le persone dal carovita, difende i loro posti di lavoro dalla concorrenza sleale e difende la loro salute e il loro ambiente. ● Un’Europa femminista che promuove la parità dei diritti, il controllo delle donne sulle proprie vite e i propri corpi, e la fine della violenza e della discriminazione di genere. ● Un’Europa per le giovani e i giovani che garantisce progresso, autonomia, opportunità e sradica la precarietà nel lavoro. ● Il diritto a un alloggio adeguato ed economicamente accessibile per tutte e tutti. ● Un’Europa strategicamente indipendente che difende la propria libertà, sicurezza e integrità territoriale. ● Un’Europa forte nel mondo che promuove la pace, la sicurezza, la cooperazione, i diritti umani e lo sviluppo sostenibile. 1. ASSICURARE POSTI DI LAVORO DI QUALITÀ PER TUTTE E TUTTI Con i tassi occupazionali in crescita in Europa, più posti di lavoro deve significare posti di lavoro migliori e retribuzioni giuste. I salari devono crescere e sostenere il potere d’acquisto delle lavoratrici e dei lavoratori per contrastare l’inflazione e il maggiore costo della vita. Ci siamo battuti al fianco dei sindacati per salari minimi dignitosi, per la trasparenza retributiva, per i diritti delle lavoratrici e dei lavoratori delle piattaforme e la contrattazione collettiva. Il mondo del lavoro sta cambiando. Il malessere e lo scontento crescono, sull’onda dell’insicurezza occupazionale, dell’aumento del lavoro precario, dei salari bassi e dell’imprevedibilità dell’orario lavorativo. ● Agiremo con un programma che ha per obiettivo il lavoro di qualità e ben retribuito. ● Le nostre battaglie vertono sul contrasto alla povertà lavorativa, sul superamento dei divari di genere entro il 2030, sulla regolamentazione dell’intelligenza artificiale, sul contenimento del divario salariale tra lavoratrici e lavoratori, sul raggiungimento dell’obiettivo zero morti sul lavoro, sulla garanzia del diritto alla disconnessione, sulla riduzione dell’orario di lavoro, sulla fine dello sfruttamento sul lavoro e dell’illegalità nella sfera occupazionale, sullo sviluppo di garanzie occupazionali a livello locale e sull’introduzione di un Protocollo sul progresso sociale nei Trattati. ● Continuiamo …

ANNA LINDH                                                 

di Ferdinando Leonzio | Il socialismo, inteso sia come corrente di pensiero, sia come gruppo poltico organizzato, é stato variamente definito, in base alle posizioni teoriche dei molti pensatori che vi si sono richiamati e alle diverse situazioni storiche e geopolitiche in cui esso si é trovato ad operare. Il tutto comunque unificato peró dalla comune volontá di perseguire la massima democrazia, che altro non é che la socializzazione del potere. Ció, accentuato dallo spirito libertario che ovunque aleggia nel movimento socialista, ha dato vita a diverse scuole di pensiero e quindi a diversi „modelli“ di socialismo;  modelli comunque intesi come strade diverse per raggiungere la meta comune: il socialismo, come connubio indissolubile di libertá e di giustizia. Possiamo quindi storicamente annoverare il modello cileno di Salvador Allende, quello di Lula in Brasile, quello di Dubcek in Cecoslovacchia, quello jugoslavo dell´autogestione, quello israeliano dei kibbuz. Ma quello che qui ci interessa é il “modello svedese“ (o scandinavo, in quanto adottato anche da altri paesi del Nord Europa), cosí ben riassunto dall´autorevole esponente del socialismo svedese e mondiale, Olov Palme[1]: Per noi la democrazia è una questione di dignità umana. Ciò include le libertà politiche, il diritto di esprimere liberamente le nostre opinioni, il diritto di criticare e influenzare l’opinione pubblica. Abbraccia il diritto alla salute e al lavoro, all’istruzione e alla sicurezza sociale. Il “modello svedese“, realizzato gradualmente attraverso i governi socialisti, é riuscito ad ottenere la piena occupazione, un sistema di servizi e di assicurazioni sociali che assiste il cittadino „dalla culla alla bara“, una costante redistribuzione della ricchezza,  mediante una giusta fiscalitá, nel  rispetto delle regole democratiche e con una politica estera di neutralitá[2], che ha assicurato alla nazione scandinava un secolo di pace e di prosperitá[3]. Questa originale costruzione del socialismo, alternativa al capitalismo e al comunismo di stampo sovietico, é dovuta essenzialmente al Partito Socialdemocratico dei Lavoratori di Svezia (SAP). Esso, fondato il 23 aprile 1889[4], pose fra le prime rivendicazioni il diritto di voto, ottenuto nel 1918 per tutti, e le otto ore di lavoro (1919). Il SAP ottenne il suo primo seggio[5] nel Riksdag (parlamento) nelle elezioni legislative del 1896. Nel 1917 subí la scissione che diede vita al partito comunista. A partire da quell´anno é stato spesso al governo, con qualche interruzione, sia in coalizione con altri partiti che da solo. Esso ha costruito un sistema del benessere fra i piú avanzati del mondo ed ha espresso grandi leader come Albin Hansson[6], Tage Erlander[7] ed Olov Palme. Le prime donne socialiste elette al Riksdag furono, nel 1921, la sarta Agdag Ostlund e la fotografa Nelly Thuring, Dal 2021 leader del SAP é una donna: Magdalena Andersson. Nei tempi moderni é presente nel socialismo svedese una forte istanza femminista, un perseguimento dell´uguaglianza in tutte le sue forme e una forte opposizione a tutte le forme di discriminazione, a cominciare da quella razziale. Molte cose sono successe da quando si sono formati i socialdemocratici nel 1889. Il lavoro dei socialdemocratici ha portato la Svezia a diventare una democrazia e una delle nazioni del benessere più importanti del mondo. Per oltre cento anni, i socialdemocratici hanno difeso la libertà, l’uguaglianza, la solidarietà e la democrazia in Svezia e nel resto del mondo. (dal sito del SAP). Ylva Anna Maria Lindh nacque a Enskede-Arsta (Svezia) il 9 giugno 1957 dal noto pittore Staffan Lindh (1931-2017), attivo socialdemocratico, e dalla maestra elementare Nancy Westman (1932-2005), ma visse a Enkoping, una cittadina nella contea di Uppsala, di cui il padre fu anche consigliere comunale. Cresciuta dunque in un ambiente politicamente orientato, caratterizzato da creativitá, impegno sociale e culturale, Anna entró in politica ad appena 12 anni, nel 1969, iscrivendosi alla locale sezione della Lega Giovanile Socialdemocratica svedese (SSU) e partecipando alle manifestazioni di protesta contro la guerra del Vietnam. Terminati gli studi medi nel 1976, si iscrisse alla facoltá di Giurisprudenza dell´universitá di Upssala e nel 1982 conseguí la laurea, dopo la quale, per circa un anno, lavoró come cancelliere presso un Tribunale  distrettuale di Stoccolma. Il 19 settembre 1982 si tennero le elezioni per il rinnovo del Riksdag[1], che registrarono una grande affermazione dei socialisti (166/349 seggi) e portarono Olov Palme, leader del SAP dal 1969, per la seconda volta alla guida del governo, che manterrá fino alla morte, col sostegno esterno del Partito della Sinistra[2](20/349 seggi). In quell´occasione Anna Lindh entro´ per la prima volta in Parlamento, a soli 25 anni[3]. Nel 1984, in occasione del congresso giovanile, fu eletta segretaria della SSU, prima donna a ricoprire questo incarico in Svezia. Tale carica le consentí di allargare il suo orizzonte internazionale. Nel corso del suo mandato, durato sei anni, fu molto attiva nella lotta contro la corsa al riarmo e si adoperó per affrontare le problematiche internazionali della questione palestinese, del Sudafrica, del Nicaragua e del Vietnam. Pose anche le questioni ambientali all´interno dell´organizzazione, anche per l´impatto che esse potevano avere, ed avevano, sullo sviluppo della societá e dell´economia in particolare. Nel 1990 fu eletta nel Comitato Esecutivo del Partito. Nello stesso anno lasció la segreteria giovanile, per trascorrere piú tempo col suo primogenito David. L´anno dopo sposó il padre del bambino, il politico socialdemocratico Bo Holberg[1], da cui nel 1994 ebbe il secondo figlio Filip. Nello stesso 1991 e fino al 1994 Anna Lindh fu Commissaria per la Cultura e l´Ambiente, nonché vicesindaco di Stoccolma. Nello stesso periodo fu anche Presidente del Consiglio di Amministrazione del teatro di Stoccolma. Si batté molto perché Stoccolma fosse scelta come capitale della cultura europea. Cosa poi realizzatasi nel 1998. Tuttavia il suo impegno nella politica municipale di Stoccolma non duro´ a lungo. Infatti, in seguito alla vittoria socialista[2] nelle elezioni del 18 settembre 1994, il Primo Ministro Ingvar Carlsson[3], la chiamo´ a dirigere il Ministero dell´Ambiente. In tale veste la Lindh si prodico´ per ottenere leggi piú severe a tutela dell´ambiente e maggiore impegno da parte delle aziende per ridurre gli scarichi e limitare l´uso di sostanze chimiche pericolose e additivi per gli alimenti. In Europa si batté per una comune strategia contro le piogge acide. Quando Goran Persson[4], subentrato al …

POLONIA/EUROPA

di Franco Astengo | L’atteso risultato delle elezioni polacche ha fornito un impulso positivo a chi ritiene imperativo categorico fermare l’ondata di destra in Europa: pericolo presentatosi in particolare dopo i segnali arrivati dalle tornate elettorali in Baviera e in Assia. Un risultato quello ottenuto dalle forze europeiste variamente collocate presenti in Polonia in grado di varare una formula di governo appare tanto più da rimarcare perché realizzato con una partecipazione al voto del 74,38% degli aventi diritto e quindi in crescita del 12,68% rispetto al 2019. In precedenza alla possibilità di disporre di dati più affinati da utilizzare per analisi maggiormente approfondite mi permetto un solo spunto di riflessione. Le elezioni polacche, infatti, hanno avuto quale oggetto del contendere il tema europeo in una sorta di bipolarismo tra la concezione sovranista – populista degli Stati e quella – interpretiamola in questo modo – più significativamente europeista. Sarà questo il tema delle elezioni dei rappresentanti dei 27 paesi al Parlamento Europeo che si svolgeranno tra il 5 e il 9 giugno 2024. Si tratterà, in ogni evenienza, di un confronto dai tratti bipolari che impegnerà anche lo schieramento politico italiano e sarà difficile sfuggirvi: tanto più che in ballo ci sarà la formazione della maggioranza a Strasburgo che dovrà eleggere la presidenza della Commissione ed è nota la propensione a destra di formare una coalizione diversa da quella denominata “Ursula” che ha portato a suo tempo all’elezione della tedesca Von der Leyen. A sinistra allora il punto da affrontare mi pare dovrebbe essere quello del come affrontare, almeno per quel che riguarda l’Italia,la necessità di rappresentare efficacemente un punto di articolazione dello schieramento europeista (con un occhio rivolto agli equilibri interni e alle proporzioni che assumeranno le dimensioni di voti dei maggiori contendenti nel quadro proporzionale). I punti di caratterizzazione della sinistra pensabili come nell’ambito appena definito 1) quello della situazione internazionale che potremmo definire “della pace” che passa attraverso la non identificazione tra Unione Europea e NATO; 2) quello istituzionale interrogandoci se non possa essere il caso di riprendere in mano il progetto di Costituzionalizzazione Europea e di revisione dei Trattati; 3) il tema economico – sociale che deve essere portato avanti avendo come punto di partenza della proposta l’enorme crescita delle disuguaglianze verificatosi nel periodo e il tema dell’accoglienza ai migranti. Su queste basi potrebbe anche essere avviato un discorso – che sarà molto complicato – sugli schieramenti. SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

LA LEZIONE DEL CILE

di Giustino Languasco – Coordinatore Socialismo XXI Liguria | Il valore di un uomo di vede da come conduce la sua vita, come si comporta con i suoi simili, in particolare i suoi sottoposti, i valori che coltiva ogni giorno; dalla coerenza nel cercare di metterli in pratica. E da come muore. Ogni anno, un giorno triste. Bisogna ricordare Salvador Allende, l’uomo, il politico, il socialista, il fratello massone, il Presidentte del Cile eletto alla guida del raggruppamento delle sinistre storiche di quella nazione, presentatesi alle elezioni in una unica lista denominata “Unidad Popular”. Lo faccio ogni anno e lo faro’ fino a che campo. Lo faccio per i miei cari, per i nipoti che verranno e i figli che dovranno educarli. Nella vita si incontrano tante persone, poche di esse alla fin fine non ci deludono. Su molti nutriamo aspettative positive e si rivelano poi, alla prova dei fatti, non all’altezza. Molto spesso, se siamo persone coscienziose, non saremo soddisfatti di noi stessi, tanti sono i difetti che sono insiti nella nostra natura e tante sono le occasioni per non essere all’altezza del nostro meglio. Salvador Allende non mi ha mai deluso. Posso dirlo di pochi altri, politici, socialisti e massoni come me. Ha fatto sempre del suo meglio, ha cercato di portare il popolo alla emancipazione civile, economica, sociale e politica. E’ stato umile e premuroso per tutta la vita, fino alla fine. Non si e’ piegato al disonore dei ricatti, non e’ fuggito dalle sue responsabilita’ e dai doveri del suo ruolo quando era facile e vantaggioso, egoisticamente, farlo. E’ stato fedele alla legge del suo popolo, come Leonida re di Sparta, fino al sacrificio individuale per difendere la giustezza del diritto, la indipendenza del suo popolo, i progetti socialisti e solidaristici che aveva progettato e stava realizzando. Le forze del male, sempre attive ove il bene si presenta, lo hanno sopraffatto. Hanno sottratto la sua vita , il suo pensiero, la sua azione, il suo affetto al suo popolo che lo stimava e lo amava. Ai suoi fratelli sparsi su tutto il globo terracqueo, ai suoi allievi. Lo hanno tradito i suoi stessi fraterni amici, venduti anima e corpo ai dollari Usa. Cosi’ e’ andata, a eterna ignoranza dei traditori e dei conservatori del Gop che hanno voluto la sua testa per impedire che il rame cileno giovasse al suo popolo e non alle multinazionali. Questa e’ la lezione che abbiamo appreso: sono gli amici che tradiscono, da cui piu’ ci si deve guardare. Portano maschere difficili da rimuovere. Sono servi che non vogliono diventare liberi, ma solo cambiare padrone. Come per Matteotti e Pertini: l’idea non puo’ morire, ma molti gioiscono nel poterla infangare. COMMEMORAZIONE DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA CILENA SALVADOR ALLENDE (Sandro Pertini 1973) Onorevoli colleghi, ricordiamo il capo di Stato Salvador Allende caduto per la libertà. Suo padre, sempre vicino ai contadini del suo paese e che per riscattarli dalla loro antica miseria si era battuto tutta la vita, fu lasciato morire nella più triste solitudine. Salvador Allende, ventenne, era in carcere per aver manifestato in favore degli operai delle miniere sfruttati da società straniere. Gli fu negato di assistere il padre agonizzante; gli fu solo consentito di visitarne la tomba. Sulla tomba del padre Salvador Allende fece un giuramento: «Non potrò vivere, se non mi sforzerò di fare qualcosa per cambiare questo paese». Allende non aveva che ventidue anni. Da allora ha inizio la sua lotta per sollevare dalla miseria la sua gente. Il Cile era il paese più ricco in materie prime dell’America latina e tra i più miseri per reddito individuale. Dominavano una borghesia agraria dalla mentalità feudale; funzionari avidi di privilegi; dirigenti di miniere assoldati dalle società sfruttatrici statunitensi. Salvador Allende, laureatosi in medicina, divenne il medico dei poveri. Uomo politico, ministro in un governo del fronte popolare, considerò quale primo problema da risolvere quello dell’indipendenza economica del suo paese «capace – affermava – di arricchire gli altri, mentre restava sempre più povero». Assunse la Presidenza del Senato lanciando questa parola d’ordine, cui resterà sempre fedele: «Con la ragione, democraticamente, ma senza cedimenti». Era un socialista che aspirava al socialismo dal volto umano. Non volle mai ricorrere alla forza, perché pensava che non vi può essere socialismo senza libertà. Vinse le elezioni presidenziali del 1970 e Presidente della Repubblica fu confermato dal Congresso. Fedele ai princìpi che informarono tutta la sua vita e che mai volle rinnegare si trovò contro anche i suoi amici, rappresentanti della media borghesia, pronti a scendere a compromessi, e i militanti di movimenti di estrema sinistra, che organizzarono la guerriglia. Nel suo discorso di insediamento alla Presidenza della Repubblica, dinanzi al Congresso, disse: «Vogliamo sostituire il regime capitalista. Sappiamo che ciò non è stato possibile fino ad ora democraticamente. Ma adesso ci proveremo». Salvador Allende nazionalizza le miniere di rame. Le compagnie minerarie statunitensi pagavano il rame al Cile meno della metà di quanto lo vendevano sul mercato mondiale. Realizza una radicale riforma agraria. Ridistribuisce il reddito nazionale per elevare le condizioni di vita dei ceti più poveri. Costruisce case per i baraccati. Solleva dalla nera miseria un vasto strato della popolazione. Tutto fa con il consenso del Congresso. Dicevano le donne del popolo: «Oggi possiamo dar da mangiare ai nostri figli. Prima, quando il Cile era “il paese dell’abbondanza” e i negozi del centro erano pieni, dovevamo ingannare la fame dei nostri figli con la “segatura di osso”, quella poltiglia che si suole formare ai lati della segatrice a nastro che usano i macellai». Errori sono stati commessi? Ma quando si devono spezzare incrostazioni create in lunghi anni dallo sfruttamento e dall’egoismo di caste privilegiate e di società straniere, non è opera facile ed errori sono non solo possibili, ma anche inevitabili. Ma un errore Salvador Allende non ha mai commesso; egli non ha mai tradito la democrazia e la classe lavoratrice del suo paese. Non errori resero vana l’opera d’Allende, bensì l’ostilità accanita delle società statunitensi e della borghesia agraria, che …

ARRIBA ESPAÑA

di Franco Astengo | Nelle elezioni spagnole del 23 luglio le dichiarazioni di maternità, cristianità, nazionalità non hanno portato fortuna all’estrema destra di Vox, già indicata dai sondaggi come il futuro partner di governo di una coalizione con il PP. Vox è scesa da 3.656.979 voti ottenuti nel 2019 ai 3.033.744 del 2023 cedendo 19 seggi e fermando la propria rappresentanza al Congreso a 33 deputati. E’ questo il dato di sicuro maggior rilievo della competizione elettorale del 23 luglio, al di là della prospettiva di governo che si presenta quanto mai complessa con l’evidente rischio di un ritorno alle urne. Almeno dal nostro punto di vista rispetto alle previsioni della vigilia il risultato spagnolo è sicuramente migliore anche di quanto in queste ore non stiano facendo rilevare dagli analisti. E’ il caso allora di verificare che cosa è capitato in quest’occasione analizzando specificatamente la particolarità spagnola della formula elettorale: il meccanismo di traduzione dei voti in seggi. Sotto quest’aspetto la formula elettorale spagnola presenta caratteristiche molto particolari: il “Congreso” (erede delle antiche Cortes) viene eletto, infatti, attraverso collegi di diversa (e in gran parte ridotta) dimensione. All’interno del collegio i seggi in palio sono attribuiti con il metodo d’Hondt, dei quozienti successivi, senza utilizzo dei resti e senza riporto a un collegio unico nazionale. In questo modo oltre a favorire i partiti più grandi risultano privilegiate le concentrazioni locali. Il dato più interessante da esaminare diventa allora quello del “costo” di ogni seggio per ciascun partito, comparando questo elemento con quanto accaduto nelle elezioni precedenti per comprendere meglio la “localizzazione” o l’eventuale (per i grandi partiti) estensione o riduzione nel “peso nazionale” del voto. E’ evidente che un’analisi ancor più approfondita in questo senso dovrà essere svolta nei prossimi giorni esaminando i dati collegio per collegio: adesso, però, a poche ore di distanza dall’esito del voto ci si dovrà accontentare di una valutazione di carattere generale. Prima di tutto dovrà essere fatto rilevare un ulteriore aumento nella partecipazione al voto: la presenza alla urne è salita da 24.041.001(2019) a 24.743.612 elettrici ed elettori con un incremento di oltre 700.000 presenze alle urne (le/gli aventi diritto erano 35.606.532 esclusi gli iscritti all’estero). Come primo dato registriamo il cambio nel ruolo di partito di maggioranza relativa tra il PP e il PSOE. Il PP “sorpassa” il PSOE con 8.091. 840 voti: nel 2019 5.047.040. Un incremento di oltre 3 milioni di voti che va però analizzato tenendo presente la “sparizione” di Ciudadanos: i voti già appartenenti al gruppo centrista -liberale hanno sicuramente rappresentato la maggior riserva di caccia del PP. avendo messo a disposizione 1.650.318 voti ottenuti nel 2019; se sommiamo questi voti ai 623.235 perduti da Vox otteniamo un totale di 2.273.553 voti la maggior parte dei quali presumibilmente andati al PP che ha -complessivamente – aumentato il proprio bottino di 3.044.800 voti. Il netto tra sparizione di Ciudadanos e perdite di Vox per il PP diventa di 771.247 voti : una crescita inferiore a quella ottenuta dal PSOE. In sostanza lo spostamento a destra dell’elettorato spagnolo è risultato alla fine abbastanza contenuto. Proseguendo nell’analisi della formula elettorale spagnola si segnala come il “prezzo” unitario dei seggi per il PP sia stato di 59.498 voti per deputato. IL PSOE ha ottenuto 7.760.970 voti con un incremento di 968.122 voti (i socialisti hanno avuto la maggioranza relativa a Girona, Barcellona con il 35,74% e 18 seggi, Tarragona, Huesca, Navarra, Araba, Burgos, Siviglia, Badajoz e Caceres). Per ogni deputato il PSOE ha dovuto ottenere 63.614 voti. Esaminiamo il comportamento di SUMAR che ha raccolto l’eredità a sinistra dopo le difficoltà e le divisioni di Podemos. Nel 2019 Podemos alleata con Izquerda Unida ebbe 3.118.191 voti e 35 deputati: passata sotto le forche caudine del governo SUMAR esce dalle elezioni 2023 con 3.014.006 voti e 31 deputati, una flessione di 104.185 suffragi e 4 deputati. Un risultato che deve essere considerato come positivo nei numeri e nella prospettiva politica unitaria a sinistra. Per ogni deputato ci sono voluti 97.226 voti (1 deputato a Girona, 1 a Coruna, 1 Alicante, 1 Asturie, 5 Barcellona, 1 Cadice, 1 Cordoba, 1 Granada, 1 Baleari, 1 Las Palmas, 6 Madrid, 1 Malaga, 1 Murcia, 1 Pontevedra,1 Tarragona,2 Siviglia, 3 Valencia, 1 Vyzcaia, 1 Saragozza). Esaminiamo allora il comportamento delle principali liste rappresentative delle nazionalità. L’Esquerra Repubblicana di Catalogna ha perso 6 seggi scendendo da 13 a 7 con 462.883 voti (874.859 nel 2019: in pratica un dimezzamento: con circa 300.000 voti persi a Barcellona, più o meno l’incremento avuto nella regione dal PSOE). 66.126 voti per ogni deputato (se si guarda ai dati di SUMAR – 97.226 voti a deputato – risalta immediatamente la distorsione provocata dalla formula elettorale spagnola sull’attribuzione degli “scagno”). Jxcat Junts, partito catalano indipendentista, ha perso un solo deputato scendendo da 8 a 7 con 392.634 voti (2019: 530.225). Voti per deputato: 56.090: 3 eletti a Barcellona, 2 a Girona, 1 a Lleida, 1 a Tarragona. I due partiti baschi il PNV e Bildu si scambiano un seggio: Bildu sale da 5 a 6 (333.662 voti) e il PNV scende 6 a 5 (275.582). In sostanza i due partiti baschi assommano 11 seggi per 609.244 voti, con una flessione rispetto al 2019 quando ebbero 807.846 voti ( 55.385 voti a seggio ottenuti in sole 4 province: Alava, Guizpucoa, Vizcaya e Navarra). Hanno ottenuto seggi anche il Blocco Nazionale Gallego (1 seggio 152.327 voti) la Coalicion Canaria ( 1 seggio 114.718 voti, perdendo 10.000 voti e 1 seggio rispetto al 2019), l’unione del Popolo Navarro (1 seggio 51.674 voti). Perde i 2 seggi la CUP catalana scendendo da 246.971 voti a 98.794 nel 2023 (determinante la flessione a Barcellona da 179.041 voti a 66.656 nel 2023). Perdono il seggio le rappresentanza di Cantabria e Turuel. Si è così esaminato in modo molto sommario l’esito delle elezioni spagnole per quel che riguarda i principali partiti sottolineando, com’era nello scopo di questo lavoro, il tipo di distorsione che la formula elettorale realizza oggettivamente nella sua …

VOTO EUROPEO

di Franco Astengo | In previsione della necessità di organizzare momenti di approfondimento attorno ai diversi temi proposti dal voto europeo 2024 mi permetto di sintetizzare in alcuni punti-chiave un possibile elenco di questioni che dovranno essere affrontate: 1) Mutamento di senso dell’elezione di rappresentanti dei diversi paesi (nello specifico la dizione originaria a partire dal 1979 è quella di “Rappresentanti dell’Italia al Parlamento Europeo”) in una fase di transizione come quella che stiamo attraversando dominata dal tema della coincidenza NATO/UE e dal rapporto tra Governi e Commissione sul PNRR. Tutto questo all’interno di un quadro generale caratterizzato dalla crisi della globalizzazione , dal rallentamento del processo di cessione di sovranità dello “Stato – Nazione”, dell’emergere di rinnovati nazionalismi con la guerra presente nel teatro europeo; 2) Incidenza del parlamento europeo nella formazione della complessiva “governance” dell’ Unione. A questo proposito mi concentro su di un solo aspetto: Il Parlamento europeo elegge il Presidente della Commissione. Dopo le elezioni, uno dei primi compiti del nuovo Parlamento è quello di eleggere il Presidente della Commissione l’organo esecutivo dell’UE. Gli Stati membri designano un candidato, tenendo però conto dei risultati delle elezioni europee. Il Parlamento deve poi eleggere il nuovo Presidente della Commissione a maggioranza assoluta (la metà dei deputati più uno). Se il candidato non ottiene la maggioranza necessaria, gli Stati membri hanno un mese di tempo per proporne un altro (il Consiglio europeo delibera a maggioranza qualificata). In occasione delle elezioni del 2014 il Parlamento ha introdotto il sistema dei candidati capilista: ciascun partito politico europeo presenta un candidato alla carica di Presidente della Commissione e il partito che ottiene il maggior numero di voti può proporre il candidato del Parlamento per tale carica. 3) Dal punto 2 deriva essenzialmente il dibattito in corso sulla formazione di una nuova maggioranza a Strasburgo e sulla “formula Ursula” che presiedette all’elezione di Ursula Von dee Layen (avvenuta con il voto del M5S a sostegno dell’alleanza PPE-Socialisti & Democratici). Appare evidente che saranno i risultati elettorali a determinare il quadro di alleanze: nel concreto non esistono possibilità di prefigurare convergenze che soltanto possibilità numeriche potranno concretizzare vista la conformazione dei gruppi nel nuovo Europarlamento; 4) Risiede nel punto relativo all’elezione del Presidente della Commissione il valore effettivamente sovranazionale del voto espresso nazionalmente (salvo gli inevitabili riflessi sul quadro politico nazionale) perchè sarà soltanto l’esito del voto che ci fornirà l’indicazione per la costruzione delle alleanze: i fondamentali della politica europea, infatti, ci indicano un quadro diverso da quello presentato nel sistema politico italiano da un sistema che esige alleanze preventive e punisce chi non riesce a realizzarle; 5) Questo quadro ci indica come uno spunto di discussione da svolgere sarà quello riguardante la presentazione in campagna elettorale, di una proposta di diversità di compiti del Parlamento Europeo sui gangli decisivi della politica comunitaria (economica, militare, estera, ambientale) e sul rilancio di una ipotesi di costituzionalizzazione dell’UE dopo il fallimento degli anni 2003-2007. Ipotesi da presentare intendendola posta almeno sul piano della formazione di una dialettica intesa come bilanciamento della ferocia sovranista e militarista che contrassegnerà i prossimi mesi di scontro politico. Si tratterà così di indicare ancora con grande precisione l’assoluta proiezione sovranazionale del valore del voto. 6) La qualità della rappresentanza istituzionale che, a sinistra, si intenderà realizzare risulterà assolutamente collegata alla capacità delle diverse forze politiche di esprimere una effettiva rappresentatività dell’intreccio tra le grandi contraddizioni della modernità e della post – modernità, inclusa quella riguardante la crisi della democrazia liberale. Anche l’opzione pacifista avrà bisogno di essere inclusa in un progetto complessivo e non presentata semplicemente come una (pur sacrosanta) esigenzialità immediata. SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

DONNE E SOCIALISMO: ELVIA CARRILLO PUERTO

di Ferdinando Leonzio | Non incolpiamo gli uomini per l’estraniamento in cui ci hanno tenute, tutto è una conseguenza di stantii pregiudizi e dei vecchi modelli in cui sono stati forgiati i nostri costumi, ma è ora che chiediamo agli uomini di sperimentare nuovi metodi. (Elvia Carrillo Puerto) Nel periodo in cui fu Governatore dello Yucatán[1] (1915-18) il generale progressista Salvador Alvarado (1880-1924)[2] mise in atto una serie di riforme talmente incisive e avanzate, da rimanere per sempre nella storia non solo di quello Stato, ma anche dell’intero Messico; del suo operato ci ha lasciato memoria in alcuni scritti[3]. Fra i primi provvedimenti di Alvarado furono la liberazione dei contadini maya[4] e la decisione di impedirne la reclusione, la fustigazione e altre pene e lo sfruttamento. Egli, inoltre, promulgó leggi per tutelare il lavoro, in particolare quello delle donne e dei minori, stabilendo orario massimo di lavoro, retribuzione minima, riposi obbligatori, salute e sicurezza nel lavoro, legalizzazione dell´attivitá sindacale. Istituí anche la figura dell´agente di propaganda, una specie di difensore civico, che aveva il compito di segnalare abusi dei proprietari fondiari contro i cittadini. Uno di essi era Felice Carrillo Puerto, che sará il suo degno successore. Quasi sempre questi funzionari parlavano sia la lingua spagnola sia quella dei Maya, il che era un fatto di democrazia reale, in quanto dava a tutti la possibilitá di chiedere e ottenere giustizia. Particolare attenzione prestó all´istruzione laica, da sempre fonte di libertá: fondó dunque oltre 1000 scuole, 300 biblioteche e avvió un conservatorio di musica. Durante il suo governatorato ebbe luogo anche il primo Congresso femminista del Messico, che si tenne nel 1916 a Mérida, capitale dello Yucatán. Questi progetti e queste realizzazioni avevano un chiaro sapore socialista; le idee politiche che ne costuivano il sottofondo, infatti, nel 1916 trovarono uno sbocco organizzativo nella creazione del Partito Socialista Operaio (PSO). Quando Alvarado fu chiamato dal presidente Carranza ad altri compiti, la guida del partito passó a Felipe Carrillo Puerto, che mutó l´iniziale denominazione in quella di Partito Socialista del Sud-est (PSS). Il PSS puó considerarsi il primo vero partito politico del Messico, organizzato ed attivo in modo continuativo, mentre i precedenti partiti messicani erano piuttosto associazioni che si formavano nei periodi elettorali allo scopo di sostenere qualche candidato. Felipe Carrillo Puerto (1874-1924), secondo di 14 figli, era un giornalista e un rivoluzionario[5], impiegato nelle ferrovie locali. Ma era soprattutto un socialista, nel cui programma punti qualificanti erano la riforma agraria, il suffragio femminile e i diritti degli indigeni maya. Le sue non erano solo enunciazioni teoriche o temi di propaganda del PSS. Quando, il 6 novembre 1921, sostenuto dal suo partito, fu eletto governatore dello Yucatán[6], nei venti mesi in cui rimase in carica diede avvio alla riforma agraria, confiscando le grandi proprietá e restituendo la terra agli indigeni: ne beneficiarono 34.796 famiglie di indigeni; concesse alle donne i diritti politici; aprí 417 scuole pubbliche, fece restaurare i siti archeologici precolombiani e fondó l´universitá dello Yucatán. Catturato dalla fazione reazionaria ribelle, il 3 gennaio 1924 fu fucilato assieme ai suoi fratelli Wilfrido, Benjamin e Adelio e a nove collaboratori. La sua vicenda è raccontata nel film Peregrina del 1974. Sará ricordato come l´Apostolo rosso dei Maya. Il Partito Socialista del Sud-est aveva appoggiato la politica del suo leader Carrillo Puerto ed aveva favorito l´uso della lingua dei Maya nell´istruzione, che egli aveva voluto rigorosamente laica, e la concessione dell´elettorato attivo e passivo alle donne. Soprattutto aveva sostenuto la riforma agraria, il che lo aveva portato a scontrarsi piú volte con i fazenderos[7]. Ma dopo la morte di Carrillo Puerto entro´ pian piano in crisi e alla fine, nel 1944, confluí nel Partito della Rivoluzione Messicana (PRM)[8] di Lázaro Cárdenas[9]. In un certo senso si puó dire che l´ereditá morale di Felipe Carrillo Puerto fu raccolta dalla sua sorella minore Elvia Carrillo Puerto. Elvia nacque il 6 dicembre 1878 a Motul (oggi Motul de Carrillo Puerto, in onore del governatore socialista fucilato), una cittadina yucateca a 44 km dalla capitale Mérida. Era figlia del commerciante di ferramenta Justiniano Carrillo Pasos (1839-1916) e di Adela Puerto Solis (1859-1928), dal cui matrimonio (18-5-1972) nacquero ben 14 figli (9 maschi e 5 femmine), di cui Elvia era la sesta[10]. Una famiglia cosí numerosa aveva certamente bisogno dell´apporto lavorativo di quanti dei suoi membri erano in grado di darlo. All´etá di sei anni, come giá Felipe ed altri fratelli, Elvia cominció a frequentare una scuola laica, dove, oltre la lingua-madre spagnola, imparó la lingua dei Maya, abitualmente parlata dai figli dei lavoratori locali. Da allora cominció a prendere coscienza delle gravi disparitá in atto nella societá del suo tempo: fra ricchi e poveri, fra uomini e donne, fra bianchi e indigeni. Sue fonti di ispirazione per la sua formazione politica e in particolare per l´assimilazione del concetto di uguaglianza di genere fu Rita Cetina Gutierrez (1846-1908), poetessa, educatrice, nonché fondatrice a Mérida di una societá femminista La Siempreviva, che pubblicava una rivista con lo stesso nome[11], che sará dato anche alla prima scuola laica femminile dello Yucatán, di cui Elvia fu allieva, e i cui diplomati in genere si dedicavano all´insegnamento. Da suo fratello maggiore Felipe, futuro leader socialista e poi Governatore, che come primo lavoro aveva dovuto fare il carrettiere e che perció aveva dovuto girare le henequen haciendas[12]della regione, apprese degli abusi disumani a cui i sorveglianti sottoponevano i poveri peones. Un ruolo notevole nella sua formazione ebbe anche padre Serafin Garcia, un prete progressista originario della Catalogna. Elvia capí dunque a quali tristi conseguenze potevano portare la differenza di classe e l´ignoranza, lei che amava cosí tanto la lettura e la musica. La sua innata intelligenza, gli amati studi, l´aspirazione alla propria indipendenza e la sete di giustizia, contribuirono a far crescere in lei il desiderio di emancipazione. In un ambiente in cui erano assai diffusi i matrimoni precoci, e sotto la spinta di un grande amore, a soli 13 anni sposó l´insegnante Vicente Pérez Mendiburo, che peró morí nel 1901, quando lei …

IL VOTO IN FINLANDIA

Molta stampa italiana, che non brilla certamente per equilibrio, sottolinea “la sconfitta” in Finlandia dei socialisti democratici della premier uscente Marin. Certamente rispetto alle precedenti elezioni, la socialdemocrazia finlandese non è arrivata prima, ma terza a centesimi (in percentuale) in meno  dai primi due. Il partito conservatore ed i partito nazionalista xenofobo, ma obiettivamente i socialisti hanno aumentato in voti, in % ed in seggi. I veri perdenti sono il Partito di Centro che perde sette seggi, i Verdi che ne perdono sette e l’Alleanza di sinistra che ne perde cinque. Stazionario il partito della minoranza linguistica svedese. I due partiti di destra (il vincitore Coalizione nazionale si definisce di centrodestra) non raggiungono insieme la maggioranza del Parlamento che è di 101 deputati su 200, nemmeno se ad essi si affiancasse il piccolo partito di centrodestra la DC finlandese. Non è detto, quindi che il PSD finlandese debba andare alla opposizione perchè avrebbe piu’ possibilità del partito vincitore di “raccogliere” una maggioranza parlamentare, anche perchè un’alleanza di governo con il partito razzista di estrema destra (“Veri Finlandesi”) è indigesta a molti anche fra i moderati. La Finlandia è un Paese che stimo come tutti quelli scandinavi, nei quali – quando stavo in nome della FLM nell’esecutivo della FEM (federazione europea dei “metalworkers”) – avevo molti amici e compagni in sintonia politica e sindacale. Questo Paese da oggi è un nuovo membro della NATO.  Avrei preferito che avesse costituito con altri Paesi confinanti con la Russia una grande zona di interposizione neutrale tra U.E. e il grande Paese ex-sovietico. Se hanno fatto questa scelta, evidentemente, la politica aggressiva russa ha messo loro in allarme ed oggettivamente è una sconfitta politica di Vladimir Putin. Mi auguro che la presenza finnica possa dare un contributo positivo per un rinnovamento della NATO e controbilanciare il bellicismo anglosassone.                                                                                      Intanto, il simpatico Paese finnico con le sue elezioni, è diventato l’ennesimo pretesto di certi commentatori nostrani frequentatori di salotti (o stallotti) televisivi per denigrare il socialismo. Capisco che la destra nostrana stappi lo champagne per il successo (molto di misura e relativo) dei due partiti di centro-dx conservatrice e destra razzista, ma ritengo assurde le critiche del  centrismo laico e della  sinistra-sinistra nostrani. Questi ultimi, commentatori e politici, parlano di sconfitta meritata perchè la socialdemocrazia finlandese è stata punita per aver perseguito politiche liberiste così l’elettorato avrebbe premiato i partiti originali di questa tendenza. Niente di tutto questo! I partiti di destra e centrodestra hanno portato avanti in campagna elettorale una politica di estremo rigore di bilancio pubblico, con riduzione della spesa e del welfare oltre a rincorrere posizioni anti-immigrati. La socialdemocrazia ha proposto il contrario, una politica espansiva, anche sulla spesa pubblica per migliorare il welfare. Comunque i due partiti di destra e centrodestra, anche con l’eventuale supporto della moderatamente conservatrice DC non raggiungono la maggioranza parlamentare dei 101 seggi. Con l’appoggio del Partito di lingua svedese, la vecchia maggioranza di centrosinistra raggiungerebbe i 100 seggi. Se la DC invece di appoggiare un’alleanza xenofoba di destra, in nome del solidarismo cristiano desse l’appoggio esterno ai socialisti democratici ed ai suoi alleati che sono -quest’ultimi- i veri sconfitti di questa elezione. Se fosse così Sanna Marin potrebbe rimanere “premier” con buona pace di chi – qui da noi – sogna un grande centro o all’opposto una grande svolta di sinistra radicale (entrambe uscite malconcie dalle “regionali” del Friuli Venezia Giulia di ieri). SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it