SOSTENERE LA LOTTA DEL POPOLO UCRAINO

Documento Politico Unitario sottoscritto da già Dirigenti CGIL, CISL, UIL ed Esponenti politici della 1^ Repubblica. La Russia ha invaso l’Ucraina, bombardando le città e causando vittime civili. Dobbiamo tutti pretendere la tregua immediata e chiedere alle Istituzioni nazionali e internazionali di tentare in ogni maniera di far dialogare la vittima e l’aggressore per ottenere una pace duratura. Ma non si può stare con le mani in mano. Indeboliremmo la resistenza ucraina e consentiremmo all’aggressore russo di produrre ulteriori perdite di vite umane, distruzione di città e persino minacce nucleari. Le conseguenze sarebbero drammatiche, anche per lo sviluppo, il lavoro e la pacifica convivenza in Europa. In ragione di questo, riteniamo sbagliato aggregare il sincero pacifismo di migliaia e migliaia di persone attorno alla parola d’ordine “né con Putin, né con la Nato”, che ricorda altri inaccettabili neutralismi degli anni ‘70. È un orientamento che non ha basi di verità perché l’invasore è Putin e non la Nato. È un neutralismo che non riconosce e quindi non valorizza il fatto che tutti i popoli delle democrazie liberali hanno conquistato l’obiettivo che nessun soldato della Nato o di qualsiasi altra alleanza possa oltrepassare i confini delle proprie nazioni in assetto di guerra. È un neutralismo che abbandona l’Ucraina a un destino di sudditanza già deciso da Putin, in oltraggio alle decisioni dell’ONU, alle rassicurazioni delle maggiori potenze del mondo, agli appelli di autorità politiche e morali, a partire da Papa Francesco. Tutto ciò non può prevalere. Deve invece affermarsi un’unica parola d’ordine, intorno alla quale mobilitare le persone, al di là delle idee politiche e del credo religioso di ciascuno: SOSTENERE LA LOTTA DEL POPOLO UCRAINO potenziando l’aiuto umanitario dentro e fuori quella Nazione; rifornendo le strumentazioni militari nei limiti decisi dall’Europa in risposta alla richiesta dei suoi legittimi rappresentanti per difendersi fino allo stremo; utilizzando le sanzioni economiche e soprattutto colpendo in modo sempre più selettivo le ricchezze di persone e di imprese che fanno parte delle oligarchie russe. Nello stesso tempo, va intensificata una tenace ricerca del dialogo diplomatico tra le grandi potenze del mondo, l’Ucraina e la Russia per porre fine al conflitto in corso e alle sue disumanità. Tutte le altre questioni – a partire sia dall’usura delle alleanze militari e delle istituzioni internazionali definite alla fine della seconda guerra mondiale, che dalla necessità di nuove regole di convivenza pacifica globale – andranno affrontate dopo la conclusione di questa tragica vicenda. Firmatari: Aldo Amoretti, Sandro Antoniazzi, Pier Paolo Baretta, Giorgio Benvenuto, Cecilia Brighi, Pino Campidoglio, Mimmo Carrieri, Gian Piero Castano, Mario Colombo, Cesare Damiano, Paolo Feltrin, Anna Maria Furlan, Franco Lotito, Bruno Manghi, Renato Matteucci, Enzo Mattina, Raffaele Morese, Bruno Perin, Luciano Pero, Sandro Roazzi, Gaetano Sateriale, Giorgio Santini, Tiziano Treu, Lucia Valente, Silvano Veronese, Gigi Viviani. SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

L’assenza di una politica estera in Italia come in Europa

di Luigi Ferro – Socialismo XXI Campania | La crisi Ucraina rappresenta un monito per l’Europa e per il mondo. I confini territoriali, non negoziabili, sono stati messi in discussione in queste settimane. E’ il ritorno prepotente della guerra fredda. Certo, con questo non vogliamo giustificare la Russia che ha aggredito un Paese libero e indipendente come l’Ucraina. Ma l’azione politica di Putin non puo’ non essere questa, approfittando di un certo declino politico ed economico dell’Europa e degli Stati Uniti, particolarmente evidente prima in Cecenia, poi in Crimea, e successivamente ad Aleppo in Siria. Senza addentrarci oltre in una crisi che segnerà inevitabilmente un nuovo corso mondiale e creerà nuovi equilibri tra le Nazioni, la debolezza dell’Europa è la debolezza della sua politica estera. Dapprima subalterni agli Stati Uniti, l‘U.E. non è stata in grado, dopo la caduta del muro di Berlino e dopo la nascita dell’euro, di dotarsi di una politica estera comune ed efficace, attenta ed equilibrata, che andasse oltre i normali orizzonti di veduta. Sicuramente ciò è dipeso anche da fattori quali la scelta politica di ogni nazione di muoversi con un certo grado di autonomia su questioni di massima e di puntare su ministri degli esteri poco brillanti e piuttosto opachi. Deboli, poco lungimiranti, con scarsa preparazione. La scelta dei singoli paesi  di muoversi in perfetta solitudine ha avuto ricadute devastanti. E’ di queste settimane, per esempio, prima dell’invasione dell’Ucraina, la condotta del ministro degli esteri russo Lavrov che sbeffeggiava pubblicamente gli omologhi di Gran Bretagna e Italia, accusando il primo di non conoscere la geografia; e il secondo di non conoscere un minimo di diplomazia in campo internazionale. L’Europa Unita ha bisogno di maggiore peso internazionale. Piu’ volte chiedevo, dalla mia scrivania, di superare  gli steccati della unificazione monetaria e di andare oltre fino a raggiungere una politica estera comune degna di questo nome. Il balletto di questi giorni diretto a fermare Putin (Macron, Jonshon, Scholtz etc. etc.) è la prova lampante di una Europa che si muove in maniera a dir poco disomogenea finendo per rafforzare involontariamente l’ aggressore russo. Le sanzioni, peraltro poco efficaci come sappiamo, non possono essere additate come la massima espressione di coesione dell’UE posto che, circostanza peraltro prevedibile ai piu’, in questi giorni  alcuni Paesi (Ungheria, Polonia, Germania) hanno iniziato a sfilarsi da queste per timore di crisi economiche o politiche interne, o peggio, di una “vendetta” russa. Non solo. Le sanzioni votate dall’UE hanno con molta probabilità escluso l’Europa dai negoziati di pace per risolvere un conflitto tutto europeo. Insomma, l’Europa ha perso la sua centralita’ ancora una volta. Certo, gli Stati Uniti  non sono messi meglio con Blinken che percorre l’Europa su e giu’ con poca lucidità, visione , ma soprattutto con molta pericolosità. La politica estera pretende alti rappresentanti della diplomazia internazionale. Negli ultimi anni i responsabili della diplomazia di ogni singolo Paese hanno mortificato e imbarazzato con le loro azioni prive di logica e di obiettivi da raggiungere l’Europa e tutti noi. Hanno danneggiato e conseguentemente indebolito l’Europa come sistema. In Italia, tanto per fare un esempio, cinquant’anni di politica estera per collocare l’Italia al centro del Mediterraneo sono andati in fumo in soli due anni : siamo spariti dal medio oriente, dal corno d’Africa, dall’ Africa settentrionale. Oggi la Farnesina si scopre europeista e atlantista. Due anni prima il suo rappresentante era contro l’Europa e l’euro. Era filo-russo e filo- cinese. Sfilava con i gilet gialli a Parigi contro Macron. Oggi è il nemico giurato di Putin. Ma siamo ovviamente in campagna elettorale. Siffatte condotte mortificano tutta l’Europa. In questa ottica occorre ragionare superando i propri confini nazionali. Dobbiamo andare oltre i tanti pollai che ci sono in Europa e mettere concretamente l’Europa al centro dell’azione politica dei suoi organismi comunitari (dalla difesa alla immigrazione). Occorre ripensare agli assetti dell’Europa attraverso una politica estera comune, forte, all’altezza delle sfide presenti e future. Per evitare una “nuova Ucraina”. Per restituire all’Europa la sua centralità in un mondo sempre piu’ globalizzato. Costruire concretamente una casa comune senza mettere in discussione l’alleanza con gli Stati uniti e l’appartenenza alla NATO. Quei “pazzi” confinati a Gaeta, come Spinelli, Rossi, Colorni, avevano sognato una Europa così costruita. Avevano visto lontano. Loro. Non possiamo piu’ muoverci unilateralmente indebolendo l’eurozona e il suo peso storico, culturale, politico ed economico nel mondo. Occorre smetterla con gli incontri bilaterali o trilaterali tra Paesi UE che dividono non uniscono. La globalizzazione ci impone questo. In caso contrario, l’Europa rischia di finire sul banco degli imputati, come timidamente sta gia’ accadendo in questi settimane. Rischia di essere messa in discussione in quanto entita’ politica ed economica rafforzando inevitabilmente il sovranismo e il populismo che non sono spariti. Riconsiderare l’Europa e il suo ruolo nel mondo e nelle nostre vite non significa non credere nell’Europa Unita. Sono un europeista convinto, ma occorre necessariamente “cambiare rotta”. Adesso. Per il bene di tutti. Prima che l’Europa diventi un terreno fertile per nuovi conflitti. SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

L’INVASIONE DELL’UCRAINA

di Renato Costanzo Gatti – Socialismo XXI Lazio | Premessa E’ con molta cautela che affronto il tema in esame e con molta prudenza cerco di chiarire, almeno a mio parere, alcuni punti importanti, talora di difficile soluzione. Condanno senza riserve l’azione militare, l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, ciò non toglie che condannare il comportamento di un paese (rectius di un despota) non significa aver risolto il problema e neppure derivarne una reazione da prendere senza sciogliere i problemi cui facevo cenno più sopra. I principi di una sana convivenza vs. la real politik. Per una sana convivenza tra i popoli sono sicuramente saggi ed equi, tra gli altri, a) i principi di sovranità di ciascuno stato e quindi la sua libertà di scegliere le sue alleanze e b) di integrità dei propri confini. Non ritengo rientri tra questi principi quello per cui un paese debba essere democratico al suo interno in presenza dei due principi cui ho fatto cenno. A fronte di detti principi, nel campo della real politik, esiste, almeno per i paesi a vocazione imperialista, c) il principio o megli la prassi  che definirei come “la dottrina di Monroe”, dottrina per cui nell’area di influenza di un paese esiste una specie di diritto di allontanare interferenze di altri paesi potenzialmente pericolosi. Ora i principi a) e b) cozzano con la prassi c), per cui, per impostare il proprio comportamento nel caso di crisi quale quella che stiamo vivendo, dobbiamo senz’altro proclamare i valori di a) e b) ma non dobbiamo dimenticare la potenza del fattore c) e quindi tenerne conto per sperare di sviluppare una politica di pace che possa avere un successo. Vedo, quindi, positivamente quanto riportato in un documento NATO  che riporta: ”We made it clear during the 2+4 negotiations that we would not extend NATO  beyond the Elbe (sic). We could not therefore offer membership of NATO  to Poland and the others. We might however consider referring to our interest in these countries in future NATO declarations. (…) About the eventual danger of a revanchist Soviet Union or Russia, instability in the Soviet Union with possible spill-over and the risk of conflicts between eastern European countries, our aim should be for the east European to become prosperous, democratic and western orientated states, with their own military forces strong enough to deter intimidation but not to present a threat to their neighbors. Many of the things we could do for them would be in the economic and political  field, and were not in the gift of NATO or the weu.(…) It would be important in our response not to ostracize the Russians.(…) Nor would NATO have a peacekeeping role in the region (…)”. Le cose sono andate ben diversamente e la sindrome da accerchiamento può aver seriamente preoccupato la Russia al di là della irresponsabilità di Putin, anche l’allargamento ad est della UE può aver contribuito a questa sindrome. La risposta che l’Europa ha dato con l’acquisto di armi da fornire all’Ucraina confligge con lo spirito del documento NATO e va in un verso di escalation piuttosto che nel verso di stringere Putin alle sue responsabilità e inammissibilità logica se rifiuta la prospettiva di una finlandizzazione dell’Ucraina. Sdraiandosi soltanto sui principi a) e b) l’Europa si sbilancia su un versante idealistico che al contrario non ha adottato quando a infrangere quei due principi sono stati gli USA. Nella mia memoria di quando ero ventenne, rimane viva l’invasione che gli USA fecero a Santo Domingo dopo che il Partito Rivoluzionario Dominicano guidato da Juan Bosch vinsero le elezioni del dopo Truillo col 63% dei voti, ma purtroppo casi simili sono molto di più ed anche recenti (ricordo le bugie di Colin Powell). Chiudo ritenendo controproducente l’insistenza di Zelensky per un immediato ingresso dell’Ucraina nella UE.             SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

LA SITUAZIONE NEL DONBASS

  COMUNICATO STAMPA |   Sconcerto e forte preoccupazione esprime l’Associazione nazionale Socialismo XXI secolo per la nuova situazione determinatasi nei rapporti militari e politici relativamente alle regioni ucraine del Donbass. Le decisioni di ieri del Presidente russo Vladimir Putin si caratterizzano negativamente sul piano militare e su quello del rispetto dell’autonomia ed indipendenza degli Stati sovrani. Il comportamento del governo ucraino è stato reticente nell’elaborare un progetto di autonomia delle due regioni del Donbass secondo gli accordi di Minsk del 5 settembre 2014. L’insistenza di voler far aderire l’Ucraina alla NATO è stata una mossa di tipo espansionistico che ha offerto appigli e non ha aiutato a rasserenare i rapporti distensivi in Europa. Gli interessi in gioco pongono in condizione di enormi difficoltà le economie e le condizioni sociali di tutti gli europei per l’inflazione inevitabilmente in crescita e la carenza di approvvigionamenti di gas e petrolio. Le sanzioni che verranno applicate alla Russia saranno causa di probabile penalizzazione dell’economia italiana. Non è solo in atto il dramma delle popolazioni locali, ma si sta svolgendo una lotta internazionale per l’approvvigionamento di materie prime energetiche che mette in pericolo la solidità delle stesse istituzioni europee. L’Unione Europea é una realtà che interessi economici non europei e russi vogliono rendere debole e, purtroppo, tale si sta mostrando la sua politica internazionale. Sconcerto è anche causato dal mancato esame nelle settimane scorse della situazione da parte del Parlamento italiano, composto da partiti e movimenti non in grado di sviluppare una visione della politica internazionale e militare adeguata rispetto ai principi di pace della Costituzione; altrettanto sconcerto causa la posizione del Governo, apparso inefficace e quasi estraneo all’incendio in corso in Europa. I socialisti dell’Associazione nazionale Socialismo XXI secolo chiedono al Governo di assumere all’interno dell’Unione europea e della NATO iniziative concrete di proposte che blocchino ulteriori pericoli bellici e aiutino con decisione e senza tatticismi l’assunzione di soluzioni che riportino pace e distensione in Europa. 22 Febbraio 2022 SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

QUALCHE NUMERO DAL PORTOGALLO

di  Franco Astengo | Di seguito alcuni primi dati propedeutici ad una analisi compiuta che dovrà essere svolta nei prossimi giorni sull’esito delle elezioni portoghesi del 30 gennaio. Turno elettorale legislativo generale che ha visto il Partito Socialista di governo conseguire la maggioranza assoluta, al contrario di quanto sembravano indicare sondaggi e pronostici: 1) Anche se di poco è cresciuta la partecipazione al voto. Nel 2019 i votanti erano stati 5.237.484 saliti a 5.389.705, di conseguenza in percentuale dal 54,50% al 57,96%; 2) La maggioranza assoluta conseguita dal Partito Socialista appare soprattutto frutto di uno spostamento nella coalizione di sinistra (e anche al di fuori rimanendo però nel perimetro dell’esquerda). Vediamo i dati: Il Partito Socialista (che afferma il suo ruolo di governo) passa da 1.866.511 voti ottenuti nel 2019 a 2.246.483 voti nel 2022 con un incremento di 379.972 suffragi, in percentuale sui voti validi dal 36,65 al 41,68 (più 5,03%). Nel 2019 il partito Socialista aveva ottenuto 106 seggi saliti nel 2022 a 117. Il Bloco de Esquerda aveva ottenuto nel 2019 492.507 voti (9,67%) scesi nel 2022 a 240.257 (4,46%). In sostanza una flessione di 252.250 voti (in percentuale meno 5,21%) con un dimezzamento dei seggi da 10 a 5. Il glorioso Partito Comunista Portoghese che ebbe come segretario Alvaro Cunhal aveva ottenuto nel 2019 329.241 voti (6,46%) diminuiti nel 2022 a 236.630 (una flessione di 92.611 voti) pari al 4,98% (meno 1,48%) con perdita di 6 seggi da 12 alla metà. In sostanza il BE e il PCP hanno ceduto esattamente il numero di seggi acquisiti dal PS. Anche lo stesso Partito Comunista dei Lavoratori Portoghesi pur collocato all’opposizione e privo di rappresentanza parlamentare ha ceduto 23.833 voti passando da 34.578 a 10.755. A destra, invece, netta avanzato dalla forza estremista di Chega ! (Basta!) nato nel 2019 da una scissione del PSD su posizioni sovraniste. L’estrema destra è passata da 66.448 voti (1 seggio) a 385.498 voti (più 319.05o voti) con 12 seggi invece del solo mandato ottenuto nel 2019. L’avanzata di Cegha! Non ha corrisposto però completamente al calo del PSD, storico rappresentante della destra portoghese che ebbe come leader Cavaco Silva: il PSD infatti è salito in cifra assoluta da 1.420.644 voti a 1.498.605 ( più 77.691) cedendo però 6 seggi (l’assegnazione dei seggi avviene a livello circoscrizionale con il metodo d’Hondt: sistema che favorisce le concentrazioni locali anche se in misura minore del sistema elettorale spagnolo suddiviso in un maggior numero di circoscrizioni, 50). Il successo della destra è da attribuire soprattutto al crollo del Partito Popolare sceso da 216.454 voti nel 2019 (4,25%) a 86.578 voti nel 2022 (1,61%) con un calo di 129.876 voti con la perdita totale dei 5 seggi presenti nel Parlamento precedentemente eletto. Flessione netta anche per gli animalisti – ambientalisti di PAN: nel 2019 166.858 voti e 4 seggi, nel 2022 82.250 voti e 1 seggi. Da ricordare ancora 5 seggi ottenuti da alleanze locali di centro – destra e il mantenimento dell’unico seggio dello storico Partito Repubblicano Portoghese (cresciuto da 55.680 voti a 68.971). Nella sostanza i numeri indicano chiaramente: 1) un piccolo incremento nella partecipazione al voto; 2) uno spostamento a sinistra sulle posizioni di governo del Partito Socialista che potrò governare usufruendo di 117 seggi su 230; 3) avanzata dalla destra sovranista che usufruisce soprattutto del calo del Partito Popolare e della mancata “spallata” dal PSD. Tutto questo come prime indicazioni numeriche. SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

GABRIEL BORIC NEO PRESIDENTE DEL CILE

di Franco Astengo | Dal martoriato Sud America arriva un messaggio importante a tutta la sinistra e alle forze progressiste. Un messaggio che riguarda tutti coloro che pensano che la storia non sia finita e che ci sia ancora spazio per un cambiamento radicale ed efficace dello “stato di cose presenti”. Il leader della sinistra Gabriel Boric ha vinto le elezioni presidenziali in Cile al ballottaggio contro il neo-pinochettista José Antonio Kast: il numero uno della coalizione Apruebo Dignidad diventa così a 36 anni il più giovane presidente della storia del paese andino, quello in cui si consumò la tragedia (indimenticabile) del golpe made in USA e dell’assassinio del presidente Allende. Apruebo Dignidad (Approvo la Dignità) è la coalizione di sinistra formata dal Partito Comunista Cileno, da Convergencia Social (socialismo libertario) e da altri gruppi (Revolucion Democratica, Comunes, Federazion Rgionalista Verde Social, Fuerza Comun, Movimento Unir, Accion Humanista, Sinistra Cristiana del Chile, Izequerdia Libertaria). Erede del Frente Amplio, Apruebo Dignidad ha ottenuto 1.070.361 voti alle elezioni per la Costituente nel 2021, pari 18,74% e 18 seggi, mentre al primo turno Boric aveva avuto 1.814.809 voti (25,83%) saliti a oltre 4 milioni nel turno di ballottaggio svoltosi ieri. Questa coalizione di sinistra definisce così il proprio perimetro ideale e progettuale: socialismo democratico, giustizia sociale, femminismo, ecologismo, antineoliberismo e il Partito Comunista del Cile non ha ammainato la propria bandiera. SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

CONGRESSO DEL PSOE: SÁNCHEZ RESTA A SINISTRA

In Spagna c’è oggi il governo più avanzato in Europa, e la biografia politica del suo leader, soprannominato “el guapo”, è un modello di coerenza. di Aldo Garzia – www.terzogiornale.it | È stato il congresso del consolidamento della leadership di Pedro Sánchez e della ritrovata unità tra le diverse componenti del Partito socialista spagnolo (Psoe), quello numero 40 che si è svolto lo scorso fine settimana a Valencia. Il premier e segretario del partito ne esce rafforzato politicamente, dopo che dal gennaio 2020 guida l’esecutivo formato da socialisti e Podemos – il più avanzato e a sinistra d’Europa –, dopo aver gestito per due anni un monocolore. Sánchez ha potuto rivendicare i buoni risultati ottenuti contro la pandemia (“stiamo tornando con precauzione alla normalità”) e quelli nelle politiche sociali (riduzione del precariato, salario minimo, patrimoniale sui redditi alti e riforma del mercato del lavoro), dando un giudizio molto positivo della collaborazione (all’inizio sofferta) con Podemos, il partito nato dal movimento degli indignados del 2011. Da qui la richiesta di uno slancio per confermare governo e alleanza nelle prossime elezioni del 2023. Per questo obiettivo ha potuto sfoggiare l’ottima collaborazione con Yolanda Díaz, ministra del lavoro, vicepremier, comunista fin dagli anni Ottanta, molto rispettata dagli organi di informazione, coordinatrice di Podemos (ha sostituito dal marzo 2021 in questo ruolo Pablo Iglesias). L’immagine che rimarrà impressa di questo congresso è tuttavia l’abbraccio tra Felipe González (quattro volte premier dal 1982, fautore della modernizzazione spagnola e del superamento del franchismo in una società democratica) e Luis Rodríguez Zapatero (premier dal 2004 al 2011, ispiratore del “socialismo dei cittadini” e della ulteriore democratizzazione della Spagna). Il primo aveva osteggiato in tutti i modi la collaborazione con Podemos, preferendo quella con Ciudadanos (una formazione centrista dalle effimere fortune); il secondo aveva appoggiato fin dall’inizio Sánchez con convinzione nel suo tentativo di sperimentare la formazione per la prima volta in Spagna di un governo di sinistra e non monocolore Psoe. Nei loro applauditissimi interventi al congresso si sono fatti qualche reciproca puntura di spillo, trovandosi tuttavia d’accordo nel segnalare i successi del governo e nel confermarne la prospettiva. Dietro i due leader hanno siglato una tregua le varie anime del Psoe, a iniziare da quella forte e radicata dell’Andalusia che guarda di solito più al centro del sistema politico che alla sua sinistra. Sánchez, da parte sua, ha molto insistito con orgoglio sull’identità socialista del Psoe: “Anche il recente voto tedesco dimostra che la tradizione socialdemocratica è viva e alle prese con il tema del suo rinnovamento che passa da più coraggiose politiche ambientaliste e dall’incontro con altre componenti della sinistra”. Per il premier e segretario, non esistono alternative alla collaborazione con Podemos, semmai si tratta di rilanciare l’azione riformatrice del governo a iniziare dalla spinosa questione catalana (come rendere più autonomi i rapporti tra Barcellona e Madrid senza cedere al separatismo unilaterale, problema che può diventare centrale da qui alla fine della legislatura nel 2023).   “El guapo” (“il bello”) è il nomignolo popolare di Sánchez, nato a Madrid il 29 febbraio 1972 da genitori militanti socialisti, sposato con Maria Begoña Gómez esperta di marketing, padre di due figlie (Ainhoa e Carlota), alto un metro e novanta, iscrittosi al Psoe già nel 1993, tifoso dell’Atletico Madrid, immagine sportiva e accattivante (un passato da giocatore di basket), abile politicamente, ottimo oratore. È stato facile per lui dare la spallata decisiva a Mariano Rajoy, leader stanco e opaco di un Partito popolare (Pp) in declino sotto i colpi delle sentenze giudiziarie per i molti casi di corruzione. Sánchez è riuscito nel suo tentativo anche perché è tornato a proporre un’idea di Spagna giovane e dinamica con il suo governo valorizzando il rapporto con Podemos e l’eredità del movimento degli indignados. Sánchez ha fatto ottimi studi. Parla correttamente inglese e francese. Ha frequentato le scuole superiori presso il prestigioso istituto Ramiro de Maeztu di Madrid. Si è laureato in Scienze economiche presso l’Università Complutense della capitale spagnola e ha conseguito la specializzazione presso l’Università Camilo José Cela, dove ha ricoperto l’incarico di professore associato di Storia del pensiero economico. Si dichiara femminista da sempre. È stato consulente presso il parlamento europeo e poi per l’Onu in Kosovo. La sua carriera politica inizia nel 2004 come consigliere comunale a Madrid (siamo all’inizio della leadership di Zapatero nel governo e nel Psoe). È diventato deputato per la prima volta nel 2009 in sostituzione del dimissionario Pedro Solbes, ex ministro dell’Economia. Nel suo ufficio di segretario del Psoe, in Calle Ferraz a Madrid, ha attualmente le fotografie di Felipe González e Bob Kennedy, il che farebbe pensare a una specie di veltroniano di casa nostra per il mix delle culture di provenienza, ma la tradizione socialdemocratica resta la sua stella polare. Come definire Sánchez? È un socialdemocratico del 2021. Conosce bene il bagaglio della storia del socialismo europeo (ha una passione particolare per Eduard Bernstein, il primo “revisionista” del marxismo ortodosso, ha studiato le biografie di Willy Brandt e Olof Palme). González gli ha trasmesso il culto per le conquiste del welfare e per l’Unione europea, che in Spagna hanno modernizzato il paese negli anni ottanta dopo quattro decenni di dittatura franchista. Zapatero ha aggiunto in seguito a questa cultura quella dei diritti civili, indicando l’esigenza di ridisegnare una più ampia democrazia politica nelle società europee avanzate. La carriera di Sánchez non è stata tutta in discesa. Farà scuola la sua elezione in due casi distinti al vertice del Psoe. Pur non avendo mai fatto parte in passato del comitato esecutivo del partito, Sánchez è stato uno dei candidati nelle primarie del novembre 2014 indette per la prima volta dai socialisti con l’obiettivo di eleggere il segretario generale al posto del dimissionario Alfredo Pérez Rubalcaba (che aveva perso le elezioni contro Rajoy). Sánchez le vinse con il 49% dei voti. Il congresso straordinario del Psoe, il 26 e 27 luglio 2014, ne ufficializza l’elezione a segretario. La sua leadership non riesce però a rivitalizzare il Psoe nelle elezioni politiche del …

TURCHIA: IN RICORDO DI EBRU TIMTIK

Se n’è andò in silenzio il 27 agosto 2020, in una stanza d’ospedale, dove era stata trasferita dal carcere in seguito al precipitare delle sue condizioni. Se n’è andò al 238esimo di uno sciopero della fame con cui chiedeva un processo equo in un Paese, la Turchia, in cui l’equità e la giustizia sono concetti inesistenti. Specie se sei donna. Specie se sei un’avvocata per i diritti umani. Specie se non pieghi la schiena di fronte a un potere che vorrebbe tapparti la bocca. È morta così, Ebru Timtik, di fame e di ingiustizia. Il suo cuore si è fermato semplicemente perché non aveva più nulla da pompare in un corpo scarnificato dall’inedia. È morta per difendere il suo diritto ad un giusto processo, dopo essere stata condannata a 13 anni, insieme ad altri 18 avvocati come lei, detenuti con l’accusa di terrorismo, solo per aver difeso altre persone accusate dello stesso crimine. È morta come Ibrahim e come Helin e come Mustafa del Grup Yorum, morti dopo 300 giorni di digiuno per combattere la stessa accusa. È morta combattendo con il proprio corpo, fino alle estreme conseguenze, una battaglia che nella Turchia di Erdogan non è più possibile combattere con una parola, un voto, una manifestazione di piazza. È morta come fanno gli eroi, sacrificando la propria vita per i diritti di tutti. C’è solo un modo per celebrare la memoria di questa grande donna: non restare zitti. Far arrivare la sua voce il più lontano possibile, dove lei non può più arrivare. Ci sono idee così forti capaci di sopravvivere anche alla morte. Addio Ebru. Viva Ebru. SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

DICHIARAZIONE DELLA PRESIDENZA PES

  Traduzione a cura di Renato Costanzo Gatti | Socialismo XXI Lazio |   Salvare vite umane, salvare posti di lavoro – strategia PES per contenere e riprendersi dalla crisi COVID-19 Adottata dalla presidenza del PSE il 25 giugno 2020 Tre mesi fa, nessuno si sarebbe aspettato che la pandemia di COVID-19 sarebbe stato il più grande stress  delle società europee negli ultimi decenni. La vita pubblica fu improvvisamente messa in pausa, e solo i servizi essenziali poterono continuare. Questo stato di emergenza e quello degli effetti drammatici del virus ha portato a una crisi sociale, economica e sanitaria. La famiglia PES si è rapidamente mobilitata a diversi livelli, con i nostri leader, i primi ministri, Ministri, Regioni, Sindaci, Commissari, Parlamentari, membri e organizzazioni affiliate, per combattere le conseguenze del virus. Accogliamo con favore il lavoro di tutte le reti PES coinvolte nel coordinamento della reazione della nostra famiglia politica e del “piano di PES per contenere lo shock covid-19 e recuperare ”. Siamo di fronte a un momento storico, in cui è in gioco il progetto europeo. Abbiamo chiesto una mobilitazione ambiziosa e su larga scala per istituire un fondo di risanamento per far fronte alla crisi e creare le condizioni per un futuro verde, sociale, digitale, di parità di genere, inclusivo e sostenibile per le economie le società europee. La proposta presentata dalla Commissione europea il 27 maggio chiaramente porta il timbro della nostra famiglia e lo abbiamo accolto con favore. Lodiamo lo sforzo collettivo e il lavoro dei nostri Commissari PES, dei primi ministri, in particolare il ruolo di Pedro Sánchez e Antonio Costa, dei nostri partiti al governo, in particolare il ruolo determinante dell’SPD nella definizione della posizione della Germania, dei nostri deputati nel gruppo S&D del Parlamento europeo. Insieme, hanno spinto per una risposta progressiva a questa crisi. Il pilastro europeo dei diritti sociali adottato sotto la guida del primo ministro svedese Stefan Löfven, il Green Deal europeo promosso dal vicepresidente della Commissione Frans Timmermans e la strategia dell’UE sulla parità di genere presentate dal commissario Helena Dalli sono risultati importanti e devono rimanere il quadro per la nostra azione collettiva europea. Gli obiettivi di sviluppo sostenibile che abbiamo imposto come cultura e il riferimento politico nella campagna dell’UE del 2019 ha creato le condizioni economiche, sociali e politiche ecologiche da considerarsi reciprocamente solidali. Vogliamo anche garantire il rispetto dello stato di diritto, della democrazia e dell’uguaglianza in ogni fase del processo. 1. L’Europa deve proteggere i posti di lavoro e rilanciare un’economia sociale, sostenibile e femminista L’impatto socio-economico di COVID-19 è enorme. Mentre quasi tutti ne sono stati colpiti in un modo o nell’altro,  questa crisi, ha anche messo in evidenza le disuguaglianze delle nostre società che sono state trascurate molto spesso da così tanti per così tanto tempo. Ha rafforzato ancora una volta la nostra profonda convinzione che combattere le disuguaglianze e sostenere le persone più bisognose debba essere il nostro fondamentale obbiettivo. Dopo quasi tre mesi di blocchi straordinari, le nostre città e regioni sono gradualmente tornate alla vita. Restano sfide molto difficili e delicate. Dobbiamo proteggere la salute pubblica e allo stesso tempo garantire anche che i lavori siano protetti. Licenziamenti massicci e licenziamenti violenti debbono essere prevenuti. L’obiettivo principale è mantenere i lavoratori occupati, compresi quelli a breve termine, per garantire condizioni di lavoro adeguate e sicure e rispettare tutti i diritti dei lavoratori, tra cui anche i lavoratori migranti. Dato che alcuni lavoratori potrebbero essere già stati licenziati, gli Stati membri in accordo con le parti sociali dovrebbe fornire un “diritto a essere riassunti”. In questo contesto, la politica di coesione e i fondi strutturali e di investimento europei svolgono un ruolo fondamentale. Il PES ha accolto con favore fin dall’inizio l’iniziativa dei commissari Paolo Gentiloni e Nicolas Schmit di creare uno strumento europeo di sostegno temporaneo per mitigare i rischi di disoccupazione in emergenza (SURE). SURE deve essere accessibile al fine di preservare l’occupazione e la protezione dagli esuberi. Deve spianare la strada verso uno schema di sussidio di disoccupazione europeo, come proposto nel  Manifesto del PES alle elezioni europee del 2019. In tempo di crisi, la solidarietà non è solo necessaria per garantire che nessuno rimanga indietro, ma anche un fattore economico stabilizzatore chiave che è molto necessario in periodi di recessione. Nel rispetto delle specificità nazionali, tale regime dovrebbe fornire una stabilizzazione macroeconomica comune nell’area dell’euro e un livello di investimenti sociali e verdi che consentiranno all’UE di affrontare meglio gli shock straordinari come COVID-19. La ripresa deve spianare la strada a una società più equa ed uguale. Deve contribuire a disegnare un modello sociale ed economico più sostenibile e inclusivo per l’UE in linea con gli SDG. Esso deve fornire una convergenza sociale verso l’alto, anche in termini di condizioni di lavoro e convergenza salariale, promuovere la contrattazione collettiva, il rispetto dei diritti dei lavoratori e dei sindacati e offrire una solida protezione sociale per tutti, rispettando i modelli nazionali del mercato del lavoro. Questi devono rinforzare e mai minare i sistemi nazionali ben funzionanti. Deve essere costruito su salari minimi equi già fissati in sede di Commissione europea, con priorità su una rivista garanzia per i giovani, e sulla preannunciata garanzia per i minori. Per tutti coloro che non hanno altre fonti di reddito sufficienti in questo periodo impegnativo, un regime di reddito minimo europeo, deve essere un tema prioritario per l’imminente presidenza tedesca, tenendo conto delle situazioni economiche, pratiche nazionali e tenore di vita in ciascun paese. Fornirà il supporto necessario per i più poveri, tra cui le famiglie a rischio di povertà e le famiglie monoparentali, e lo farà offrendo inoltre nuova fiducia alle imprese per mantenere posti di lavoro e recuperare la produzione. Più di mai è necessario stendere un piano d’azione sociale completo per attuare tutto il pilastro europeo di Diritti sociali e attuazione della strategia dell’UE sulla parità di genere con obiettivi ambiziosi e vincolanti. Con tassi di occupazione mediamente più bassi, più lavoro a tempo parziale, lavori …

NEW GENERATION EU

  di Renato Costanzo Gatti – Socialismo XXI Lazio |   Grant & loans Quando si esamina una tabella, come quella che appare a pagina 51 degli STAFF WORKING DOCUMENTS della commissione europea è bene accertarsi di ciò che la tabella si occupa, cosa riporta nelle varie colonne e infine quali siano le finalità. A pagina 41 del documento il paragrafo 2.3 illustra l’allocation key come segue: “2.3. The allocation key. The Recovery Instrument implies important redistribution across Member States. The analysis aggregates a detailed allocation key. Table 1 presents the respective shares for each of the three clusters. Table A.1 of Annex 3 provides further details at the Member State level. The simulations assume that the same allocation key applies for all components of package (grants, loans, additional provisioning to InvestEU, see below). The group with a GDP per capital above average receives 24.5% of the package, the “EU below average (low debt)” receives 25.0%, and the “EU below average (high debt)” receives around 50.6%. It is assumed that all Member States contribute according to their GDP shares.” In sostanza il prospetto confronta: da una parte come i 750 miliardi (250 di loans e 500 di granta) vengono ripartiti secondo l’allocation key (basata sui danni apportati dal corona virus) e dall’altra, come si evince dall’ultima frase del paragrafo sopra riportato, come agli stessi 750 miliardi contribuiscano i vari paesi in funzione della loro percentuale sul PIL europeo. Lo scopo della tabella è chiaramente indicato in calce alla stessa : “Explanatory note: illustrative key for the sole purpose of the preliminary estimation of the potential impact of the recovery package using the Commission’s QUEST model presented on p. 43” CHE DICE LA TABELLA   paese all Key group GDP % alloc gdp DELTA BE 1.6 H 474 3.5 12.0 25.5 -13.5 BG 2.0 E 61 0.4 15.0 3.3 11.7 CZ 1.5 E 220 1.6 11.3 11.9 -0.7 DK 0.6 H 311 2.3 4.5 16.7 -12.2 DE 6.9 H 3.436 25.0 51.8 185.1 -133.4 EE 0.3 E 28 0.2 2.3 1.5 0.7 IE 0.4 H 347 2.5 3.0 18.7 -15.7 EL 5.8 S 187 1.4 43.5 10.1 33.4 ES 19.9 S 1.245 9.1 149.3 67.1 82.2 FR 10.4 H 2.419 17.6 78.0 130.3 -52.3 HR 2.0 E 54 0.4 15.0 2.9 12.1 IT 20.4 S 1.788 13.0 153.0 96.3 56.7 CY 0.3 S 22 0.2 2.3 1.3 1.0 LV 0.7 E 30 0.2 5.3 1.6 3.6 LT 0.9 E 48 0.3 6.8 2.6 4.1 LU 0.0 H 64 0.5 0.0 3.4 -3.4 HU 2.0 E 144 1.0 15.0 7.7 7.3 MT 0.1 E 13 0.1 0.8 0.7 0.0 NL 1.7 H 812 5.9 12.8 43.7 -31.0 AT 1.0 H 399 2.9 7.5 21.5 -14.0 PL 8.6 E 529 3.9 63.5 28.5 35.0 PT 4.2 S 212 1.5 31.5 11.4 20.1 RO 4.4 E 223 1.6 33.0 12.0 21.0 SI 0.5 E 48 0.3 3.8 2.6 1.1 SK 2.0 E 94 0.7 15.0 5.1 9.9 FI 0.7 H 240 1.7 5.3 12.9 -7.7 SE 1.3 H 275 2.0 9.0 25.6 -16.6 100 13.723 100 750 750 0 Questa tabella espone in colonna 1 i paesi europei, in colonna 2 l’allocation key ovvero il criterio di allocazione dei fondi in funzione dei danni del coronavirus, in colonna 3 il grado di questo danno, in colonna 4 c’è il PIL paese per paese e in colonna 5 la quota percentuale di detto PIL. La colonna 6 mostra quale è l’allocazione dei 750 miliardi in funzione dell’allocation key ovvero 750*colonna 2. La colonna 7 mostra invece quale sarebbe la ripartizione dei 750 miliardi se fossero proporzionali alla percentuale di PIL ovvero 750*colonna5. La colonna 8 infine evidenzia la differenza tra i due criteri di allocazione. Qualcuno ha inteso che dei 153 miliardi spettanti all’Italia, a fronte degli 81 a fondo perduto, la nostra contribuzione debba essere di 96 per cui l’Italia ci rimetterebbe 15 miliardi, e ha urlato alla “fregatura” o alla “sola”.  E’ evidente che se due colonne danno come totale entrambe 750 miliardi, non ha senso ritenere che i 96,3 spettanti all’Italia siano per la sola parte a fondo perduto. In effetti la tabella trae in inganno perché assume che tuti i 153 miliardi spettantici siano da restituire secondo l’allocation key, è ovvio che i loans vanno restituiti per intero e i grant invece secondo il capital key (ovvero 81+ 11%) Ne deriverebbe che: ITALY MldRicevuti Restituiti Delta Grant 81 56 25 Loan 72 72 0 Total 153 128 25 Ma i numeri sono confusi, perché a noi non spetterebbero 153 mlr ma 172 di cui 102 grant e to di loan. Allora come mostra Milano Finanza di oggi il calcolo dei grant sarebbe: ITALY MldRicevuti Restituiti Delta Grant 102 64 38 Sia chiaro che il prestito va restituito non prima del 2028 e non oltre il 2058 cioè un prestito trentennale, mentre la quota dei grant da restituire sarà decurtata da quanto l’EU recupera a mezzo di nuove imposte sulle multinazionali web e dalla plastic tax. SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it