CORONAVIRUS: IL PUNTO DELLA SITUAZIONE IN TRE REGIONI DEL NORD

A cura del Comitato Salute provincia del Verbano-Cusio-Ossola | In questi giorni, ritenendo superata la fase acuta, si parla di “fase 2” per far “ripartire” il Paese. Riteniamo perciò che sia giunto il momento di confrontare la gestione della pandemia nelle tre Regioni del nord governate dalla Lega: Veneto, Lombardia e Piemonte per capire i motivi che hanno prodotto risultati così diversi fra loro. Partiamo dall’architettura del sistema sanitario regionale: VENETO – Presenza di Aziende locali socio sanitarie, con alcune funzioni sanitarie integrate con il sociale. Sanità territoriale articolata, distretti “forti” e Conferenze dei Sindaci con ruolo chiave di programmazione e controllo. Rete ospedaliera pubblica. Privati presenti ma non strategici e con attività marginali. LOMBARDIA – Aziende sanitarie svuotate di poteri e Conferenze dei Sindaci non più coinvolte. Sanità territoriale inesistente, politica sociosanitaria frammentata e separata dal sanitario. Sistema sanitario “ospedalocentrico”. Forte presenza dei “privati”, che assorbe quasi il 50% delle risorse disponibili. La riforma del 1997 mette in assurda competizione “pubblico” e “privato”, pur sapendo che a differenza del “pubblico” il “privato” non ha vincoli. PIEMONTE – Presenza di ASL a copertura provinciale.  I distretti sono i luoghi di integrazione socio sanitaria. Sanità territoriale in itinere, in accordo con i Medici di famiglia, ma in questa legislatura non si registra alcun progresso. Politica sociale distinta da quella sanitaria, ma sulla via dell’integrazione. Privati presenti ma non strategici. GESTIONE DELLA CRISI VENETO – La grave crisi di VO’ Euganeo, dichiarata “zona rossa” insieme a Codogno è stata superata grazie ad una rete territoriale efficiente che è servita anche a mantenere più a lungo la tracciabilità dei contatti da parte dei contagiati, ma anche di effettuare, dallo scorso marzo, un numero di tamponi più elevato rispetto a Lombardia e Piemonte, che invece lo hanno incrementato solo ad aprile. Il Veneto però è riuscito ad evitare che il contagio si propagasse verso i grandi centri urbani, contenendo così il numero dei contagiati e dei morti. La struttura ospedaliera non è sta messa sotto pressione e la crisi ha potuto essere governata senza patemi. Con legittimo diritto oggi si chiede di passare alla fase 2. LOMBARDIA – La crisi iniziata a Codogno è stata sì superata ma, l’assenza di una rete sanitaria  territoriale non ha consentito la tracciabilità dei contatti avuti dai contagiati e quindi tutto è ricaduto sul sistema ospedaliero che però, per sua natura cura le acuzie ma non fa prevenzione. In mancanza di queste informazioni si è rimasti senza bussola ed è risultato impossibile contenere il contagio che si è inevitabilmente diffuso nei grandi agglomerati urbani. Solo l’ASST di Lodi ha limitato i danni grazie al presidio del territorio affidato a “Medecine sans frontière”. La crisi scoppiata a Bergamo che stranamente non è stata dichiarata “zona rossa” ha probabilmente contribuito a contagiare la vicina Valle Seriana e il territorio bresciano. Il sistema ospedaliero è entrato in crisi rivelando i limiti della sanità privata per affrontare le emergenze verso le quali invece il “pubblico” è sempre obbligato ad intervenire. Ciò ha portato alla decisione aprire nell’ex Fiera di Milano un nuovo ospedale dedicato al “corona virus” e a Bergamo un ospedale da campo preparato dagli Alpini. Un errore madornale è stato poi commesso con la decisione di inviare nelle RSA  i pazienti “post Covid” dimessi dagli ospedali. I risultati del contagio sono stati drammatici. Una gestione “isterica” che in alcuni momenti è arrivata ad addossare al potere centrale delle responsabilità che la Costituzione affida  in esclusiva alle Regioni. Aldilà del valore delle persone coinvolte, appare in tutta evidenza l’assoluta inadeguatezza di “questo” sistema sanitario che ha tolto molto al “pubblico” e ha lasciato il territorio senza una adeguata copertura sanitaria. PIEMONTE – Nella gestione della crisi pandemica, vi sono alcune cose che meritano di essere valutate in base ai risultati che hanno prodotto.  Questa Amministrazione si è fatta trovare impreparata all’urto della pandemia, nonostante ci si attendesse da almeno 15 giorni il suo arrivo. Questo lasso di tempo non è stato adeguatamente utilizzato. Il Presidente della Regione si è più volte giustificato addossando al potere centrale responsabilità solo sue, ma anche addebitando alla amministrazione precedente le difficoltà incontrate, come se questo disastro si poteva prevedere.   Che dire però della ridicola e dispendiosa vicenda delle mascherine acquistate a milioni e buttate perché inutilizzabili, della scomparsa delle mail dei medici di famiglia e ancora peggio della scomparsa di una serie di tamponi che dovevano essere ancora analizzati, che hanno messo in cattiva luce una gestione già di per sé non certo brillante. Che dire poi delle mascherine rese obbligatorie (che ancora non ci sono) fra l’altro acquistate anche con i soldi dei cittadini e che un Partito politico, senza pudore e vergogna, se ne attribuisce il merito per alimentare la sua scandalosa campagna elettorale permanente. E che dire delle delibere e delle ordinanze del Piemonte uguali a quelle lombarde emesse solo qualche giorno prima? Questo spiega anche il disastro a cui sono andate incontro le Case di riposo di cui nessuno si è occupato sino all’esplodere dei contagi e dei decessi. Tutto questo mentre l’Assessore regionale alla sanità che in piena crisi pandemica procede ad una sostituzione di posizioni apicali nella sanità piemontese. Ma dai! Non si è mai visto che mentre infuria una battaglia si sostituiscano i comandanti delle truppe che stanno combattendo. E’ il metodo migliore per perdere una battaglia. Geniale! Qui facciamo nostra la frase che lo stesso Assessore ha pronunciato in un momento di disperazione: “siamo stati sfortunati”, e non è difficile capire perché lo diciamo anche noi. Anziché inseguire il disastroso modello lombardo, era molto meglio ispirarsi al virtuoso Veneto perché, come a scuola, il compito è meglio copiarlo dal primo della classe anziché dall’ultimo.  CONCLUSIONE VENETO: il sistema sanitario della Regione si è rivelato il più adatto ad affrontare sia la normalità che l’emergenza. LOMBARDIA: si conferma la pericolosità del suo sistema a gestione mista pubblico – privato. E’ il “pubblico” che è stato gravato dal peso della crisi, ma con una organizzazione inadeguata per …

DISPUTA SUL MES E SUGLI EUROBOND: NON ESISTONO MOLOK

  di Luigi Ferro –  Socialismo XXI Campania |   Il buon senso deve prevalere sempre. Anche quando si scontra con posizioni più o meno ideologizzate. La politica è una scienza pratica, cioè, deve rispondere alle esigenze dei cittadini, mettendo da parte, alle volte, vecchie posizioni o pregiudiziali quando diventa primario l’interesse del Paese. L’emergenza sanitaria ed economica che attraversa tutta l’Europa ci sta insegnando tutto questo, ovvero, adottare quelle scelte finanziarie necessarie per superare la crisi ed evitare una “nuova grande depressione” come nel 1929, pur sacrificando o rinunciando a dei molok, per il bene di una intera Nazione. La disputa, per esempio, sul MES (fondo salva-stati), in queste ore sta lacerando il governo in due fazioni: a favore del MES, si sono schierati PD e IV (ma anche FI); contro, i 5 STELLE, e parte delle opposizioni. In un momento di grave difficoltà, il rischio è di spaccare il Paese se le forze politiche non dovessero ritrovare quello spirito di unità, specie quelle di maggioranza, per archiviare al più presto la doppia crisi sanitaria ed economica. Ma cerchiamo di fare chiarezza. L’oggetto della contesa è il MES. Sempre il MES. Ebbene, il meccanismo di stabilità europea nato nel 2012 in questi giorni è stato modificato. Si è passati da uno strumento finanziario con regole stringenti ad uno strumento di sostegno incondizionato, ciòè senza una troika e senza influenzare politicamente ed economicamente negli anni a venire quei Paesi che dovessero ricorrere al fondo, come avvenne per la Grecia. Si tratta di circa 35 miliardi di euro per l’Italia da spendere nella sanità e nella ricerca. Insomma di una misura di sotegno per superare la sola emergenza sanitaria. Di fronte ad una proposta del genere, francamente appare incomprensibile sventolare molok o, peggio, farsi trascinare da assurde battaglie ideologiche che nuocciono al Paese. Rifiutare i 35 miliardi di euro del MES, non più lo strumento finanziario del 2012, non consentirebbe all’Italia di investire a dovere nella sanità pubblica e nella ricerca in questo momento così drammatico, ma neanche di migliorarla e di ammodernarla. In Italia, per esempio, abbiamo circa 6000 posti letto in terapia intensiva a fronte dei 28000 in Germania. Il dato ha pesato inevitabilmente sul numero dei decessi nei due Paesi: 21000 le vittime in Italia; 3000 circa in Germania. Allora, quale occasione migliore di questa per spendere, si spera bene, tutti questi soldi, senza i vincoli e i lacciuoli del 2012, per rendere la nostra sanità pubblica più efficiente e competitiva? Non possiamo perdere questa opportunità che potrebbe finire nelle mani di altri Paesi dell’UE, se l’Italia dovesse rinunciarvi. Certo, non basta solo questo strumento per superare l’emergenza. Ma l’Europa c’è. E grazie all’Europa, l’Italia potrà attingere anche dal piano SURE , circa 100 miliardi di euro stanziati dalla BCE per la cassa integrazione. Non solo. Sempre la BCE nel mese di marzo ha acquistato titoli italiani per un valore di circa 13 miliardi di euro, e continuerà a farlo nei prossimi mesi. Ed infine, non dimentichiamo la sospensione del patto di stabilità. L’Italia è in Europa a pieno titolo, non è una sorta di mina vagante, ed è sempre grazie all’UE se arriveranno (“e arriveranno”) ulteriori risorse utili per risolvere la doppia emergenza sanitaria ed economica. Da soli non andremo lontano, non possiamo farcela. Lo sa benissimo Conte e lo sanno anche i nostri partners europei. Nelle ultime ore sono emersi, pare, piccoli spiragli di apertura al MES, ma non basta. Allora spogliamoci di assurdi molok come il MES e lavoriamo nell’interesse generale di tutti, senza pensare alla “fazione”. Si chiede all’Europa solidarietà e di mettere da parte egoismi che invece proprio da Noi stanno dettando condotte censurabili tese alla ricerca perenne del consenso. Non è il momento di iniziare la campagna elettorale. Ciò vale anche per gli eurobond. Difficile sul punto trovare una intesa tra i Paesi dell’UE. Molto meglio al consiglio europeo del 23-4-2020 sostenere la proposta francese per la costituzione di un fondo di circa 500 miliardi di euro  a sostegno della crescita economica nell’eurozona, meglio noto come recovery found, senza aspettare il prossimo piano di bilancio quinquennale dell’UE 2021-2027. La Merkel ora deve dimostrare tutta la sua solidarietà ed è su questo punto che dovremo misurare i Paesi del Nord Europa, per non rischiare come durante la crisi del 2008 che nazioni come Olanda e Germania, con più risorse finanziarie e  meno debito, ripartano meglio di altri Paesi superata l’emergenza sanitaria da COVID-19. Recenti studi economici condotti da alcuni istituti di ricerca teutonici ritengono che quest’anno il PIL tedesco crollerà del 4,2% per poi rimbalzare al 5,8% nel 2021. Nonostante ciò, lo studio  ritiene che il debito pubblico tedesco per il 2020 si attesterebbe intorno al 70% del PIL. In altri termini, grazie al bilancio pubblico solido la Germania è in condizioni migliori di altri per risponedere alla crisi. E lo stato attuale dell’economia italiana? I dati sulla nostra economia sono impietosi. Molte imprese rischiano di chiudere. Lo spettro di una lunga disoccupazione è dietro l’angolo. I consumi in Italia, dati di Confcommercio, nel mese di marzo sono calati di circa il 32%. Per il FMI  quest’anno la recessione nel nostro Paese sarà più grave rispetto ai nostri partners europei. Peggio di noi  solo la Grecia. Per il 2020 è previsto in Italia un aumento del debito pari al 150% del nostro PIL (contro il 70% tedesco).  Si tratta di numeri impressionanti. E allora cosa fare? Al consiglio europeo del 23-4-2020 occorre presentarsi uniti e con le idee chiare. Il Governo deve accettare i 35 miliardi di euro del Mes, senza condizioni, di non intestardirsi sugli eurobond e di sostenere con decisione la costruzione di un fondo per la crescita economica per avere da subito liquidità. Abbiamo bisogno di tutte le risorse possibili, all’incirca tra i 100 e i 200 miliardi di euro, per superare la doppia emergenza scatenata dal COVID-19 e per rilanciare il nostro Paese dando liquidità alle imprese e alle famiglie ed investendo, senza commettere gli errori del passato, …

RINO FORMICA: «LA GLOBALIZZAZIONE ERA UN’ILLUSIONE. SERVE UN PENSIERO NUOVO»

di Daniela Preziosi – Il Manifesto | Intervista all’ex ministro . Il socialista: la provvidenza del mercato non ci ha salvato. Si dovrà ripartire per blocchi solidali. L’Europa? Forse non tutta. La Germania dimostri che l’autoritarismo non serve al riordino globale. Sento dire: ‘rinazionalizziamo tutto’. Ma cosa? Dobbiamo ripartire dalla Costituente, da La Pira e da Basso «Il problema sarà il dopo» e quando dice «dopo» un socialista doc, uno che di «dopo» ne ha vissuti molti, e tutti vedendoli prima con il dono dell’analisi raffinata cui segue la sentenza spietata (celebri i suoi «la politica è sangue e merda», il Psi del ‘91 «una corte di nani e ballerine»), si capisce che non sta parlando delle risse sulla fine del lockdown né degli stili di vita dei cittadini – anche se, concede, «ci sarà qualche modifica dei comportamenti sociali, come dopo le guerre. In Italia nel ‘46 si aprirono le balere. Nel ‘21 forse non si chiuderanno le discoteche». Ma per Rino Formica – classe ‘27, già ministro delle finanze nella Prima Repubblica – il cimento del «dopo» è cruciale perché «si è rotto l’ordine istituzionale, politico economico e sociale, sia nelle dimensioni nazionali e sovranazionali che in quelle globali». IL RAGIONAMENTO PARTE da un esempio. «Quando si costruirono i primi grattacieli si fecero gli ascensori, ma nessuno pensò di abolire le scale. Nessuno ovviamente le prendeva per arrivare al 50esimo piano, ma chi progettava le inseriva comunque. Per sicurezza, nel caso in cui gli ascensori si bloccassero». «Pensiamo alla nostra sanità: anche nei sistemi funzionanti non era prevista la riserva disponibile per il primo assorbimento di un’evenienza nuova. Infatti si è verificato un degrado curativo di tutte le altre malattie. Negli ospedali sono stati dedicati al virus reparti destinati ad altro, in un sistema in cui dovevi prenotarti mesi prima per avere un’analisi, un intervento. Non c’era una riserva per il rischio». «COSÌ È ANDATA anche con la globalizzazione, un’innovazione politica che non ha trovato la preveggenza delle classi dirigenti. Non hanno valutato i rischi. L’errore è stato credere che dall’oggi al domani il mondo diventasse unito. Ma non poteva. La globalizzazione totale è una prospettiva più lontana persino del socialismo». Lo si è visto nella pandemia, frontiere chiuse, tutti nemici di tutti, geopotenze a rango di pirati per sottrarsi l’un l’altra le mascherine, una giungla globale. «Si è teorizzato che, nella lotta tra il mercato e lo statalismo, il crollo del comunismo avesse assegnato la vittoria al virtuoso mercato. Il quale, con la sua mano invisibile, avrebbe sistemato sempre tutto». «In fondo perdurava l’illusione delle due ideologie fondative del 900, il liberismo e il socialismo reale. Entrambe sostenevano che era possibile imporre con tempi accelerati – stakanovisticamente nel campo comunista e in maniera virtuosa nel campo liberale – un sistema di equilibrio automatico». Caduto il Muro «abbiamo eretto l’illusione che il comunismo potesse essere sostituito dall’avvento delle virtù della mano invisibile ma anche riequilibratrice del mercato. L’idea era che in caso di disgrazia sarebbe intervenuta la mano della Provvidenza. È il ‘provvidenzialismo del mercato». Non è andata così. Nella pandemia il libero mercato globale non ha aiutato. Anzi. «L’EQUILIBRIO NEL MONDO non è possibile se non attraverso le lotte, i conflitti», continua Formica, dunque «dobbiamo ricominciare da capo. Immaginare una globalizzazione per blocchi solidali. Forse più piccoli di un continente». L’Europa rischia di non uscirne unita? «È importante che l’Europa sia capace di coesione. Ma c’è l’eventualità che non sia tutta l’Europa, almeno in una prima fase. Per la riorganizzazione dei blocchi serve una base teorica, una prospettiva ragionata, possibile, a dimensione umana, in tempi non astrattamente futuribili. E c’è bisogno di una forza capace di assumere la guida del processo politico. Dovrà venire dall’interno degli stati che più hanno sofferto e pagato la lacerazione secolare». QUI IL DISCORSO SCARTA in netta controtendenza rispetto alla vulgata di queste ore. «Nessuno ha la forza di dirlo, ma questa forza è la Germania. La Germania ha consumato al suo interno le due tragiche esperienze del 900: il nazismo e il comunismo di Stalin. Nessun altro paese ha avuto, in sequenza stretta, SS e Stasi. È un paese vaccinato dalle tragedie del 900. Deve essere la Germania a dimostrare che l’autoritarismo non è la soluzione per il riordino mondiale, in sintonia con le tradizioni culturali, politiche, sociali ed umane delle altre grandi storie europee». DUNQUE SOSTIENE FORMICA che, comunque vada la trattativa fra i governi, in Europa «si apre la strada a un pensiero nuovo». Il ritorno allo stato? «Certo la sanità dimostra che solo il pubblico può investire sulla riserva di rischio, non è nella natura del privato». Ma il ritorno al pubblico «è un’idea semplicistica. Sento dire: rinazionalizziamo tutto. Ma cosa rinazionalizzi? Senza un chiarimento di fondo si brancola nel buio. Concetti come socialismo, comunitarismo, solidarismo, fratellanza, hanno come sottofondo una visione, una ideologia. E solo dopo un’applicazione pratica». «SERVE UN PENSIERO NUOVO. E per cercarlo bisogna tornare alla Costituente. Il vero compromesso alla base della Costituzione fu quello fra due pensatori autonomi, uno del mondo cattolico e uno del mondo laico-socialista, La Pira e Lelio Basso, che si confrontarono nella Prima Sottocommissione. Fra loro vi fu un compromesso fondato su un’ideologia nuova. Che poi però fu imbrigliata dal pragmatismo politico-istituzionale, da Dossetti e Togliatti, le due chiese». Ecco, per Formica si può ripartire da lì. «Mi dicono che l’emergenza sarà economica, che primum vivere deinde filosofari. È vero il contrario: primum filosofari. Altrimenti non si saprà quali scelte fare per vivere». SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

MEMORIA COLLETTIVA E POTENZIAMENTO DEL SISTEMA DI PROTEZIONE SOCIALE

  di Alberto Leoni –  Coordinatore Socialismo XXI Veneto |   Ci sono eventi spartiacque, tra una fase storica ed un’altra. Questo lo è! Nulla sarà come prima, in ogni campo. Non c’è nulla di idilliaco in questo, ma tutti i cambiamenti imposti, intanto quelli piccoli che vediamo, sono figli della straordinaria capacità umana di riadattarsi alle situazioni. Molti cominciano a capire il valore del dedicare più tempo a se stessi, alla vita personale e familiare (cosa non sempre facile…) riscoprendo le difficoltà di fare i coniugi, i padri e le madri quasi a tempo pieno; per altri stare in casa è una pena indicibile, come gli arresti domiciliari, magari alle prese con rapporti difficili destinati al divorzio a fine pandemia. E stare in casa è diverso per chi si sente garantito economicamente rispetto a chi vive l’angoscia di non riaprire la propria attività o di perdere il lavoro. Pesa, un po’ su tutti, la mancanza dello stare insieme agli altri. Un amico da guardare negli occhi è qualcosa di più di un amico su Fb o di un follower. Una partita di calcio allo stadio, un film al cinema, un dibattito in una sala piena ti danno una adrenalina ed un senso di contatto che mai, nel salotto di casa, da soli, potranno darti. Finisce il mito dello spettacolo a chilometro zero. Forse rinascerà, dopo questo choc, la memoria collettiva oggi affievolita nel qui ed ora: un dramma come questo ti cambia. Sentiamo che abbiamo vissuto un momento straordinario e noi c’eravamo, con le nostre paure: la memoria ritrovata ci aiuta, però, a discernere le paure vere da quelle “false”, indotte da mercanti senza scrupoli. Ci aiuta ad avere una idea nuova del mondo e dei confini: capiamo che la chiusura è inutile, che il mondo è un unico grande Paese dove tutto si tiene. Apprezzeremo, dopo quello che abbiamo visto negli ospedali, il nostro sistema sanitario ed il personale (uno dei più preparati al mondo), a partire dai medici neo laureati che torneranno a fare la specializzazione lavorando in corsia (Bergamo insegna); capiremo che il sistema di protezione sociale che gli efficienti cinesi nemmeno si sognano, richiederà qualche correzione e soprattutto una generosa ed inevitabile dose di mutualità (tradotto: contribuire tutti con qualche euro in più se vogliamo mantenerlo). La Scuola e l’Università alterneranno insegnamento in aula ed insegnamento a distanza con effetti straordinari nella qualità dell’apprendimento. Giorno dopo giorno, ci renderemo conto che dovremo modificare il nostro sistema economico (questa la grande e preoccupante sfida): una grande occasione, ma anche un trauma. E dobbiamo aver chiaro, tutti, ma proprio tutti, che la sofferenza creata da questa riconversione dovrà essere sopportata da tutti e non dai “colpiti”, perché ci si salva assieme e mai da soli. E non si risolve questo dramma con una donazione una tantum. Il cambiamento più probabile? Una maggiore consapevolezza che siamo fragili e la presunta onnipotenza una follia che ci ha accompagnato per troppi anni.   SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

EI FU SICCOME IMMOBILE

  di Renato Costanzo Gatti – Socialismo XXI Lazio |   Chi non conosce l’ode il 5 maggio di Alessandro Manzoni? Quell’ode celebrava la morte di Napoleone primo e lasciava ai posteri l’ardua sentenza. Ma il 5 maggio che ci attende potrebbe celebrare un’altra morte, quella dell’Europa. Per quel giorno, infatti, è previsto che la Corte costituzionale tedesca debba pronunciarsi sulla legittimità del quantitative easing della Bce. La Corte si è già pronunciata altre volte su questo argomento, ma limitandone la liceità solo per periodi eccezionali, importi limitati e che comunque non prefigurassero l’uso dei fondi tedeschi a favore di altri paesi. Se la nuova pronuncia dovesse essere negativa, la Germania non sarebbe più tenuta a rispettare le politiche della BCE.   Il blocco dei Bund, infatti, automaticamente dovrebbe bloccare tutti gli altri titoli di stato dovendo rispettare il principio del “capital key”, una sentenza in tal senso di Karlsruhe delegittimerebbe l’operato di Christine Lagarde, ponendo fine ai suoi piani di sostegno ai bond nella lotta contro la crisi. I titoli dei paesi più deboli (pensiamo a Italia e Spagna) verrebbero esposti alla speculazione dei mercati e la sopravvivenza dell’euro verrebbe messa in serio dubbio. Si evidenzia così una ulteriore contraddizione, oltre a quelle già esaminate quali la gestione dei surplus commerciali, l’incancrenimento del target 2, la non funzione di ultima istanza della BCE, la libera circolazione dei capitali, il fiscal dumping etc. Nella nostra Costituzione l’art. 10 stabilisce che “l’ordinamento giuridico italiano si conforma alle norme di diritto internazionale generalmente riconosciute”, l’art. 11 consente le limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le nazioni, l’art. 80 richiede per la ratifica dei trattati  l’autorizzazione del Parlamento e infine all’art. 117 che stabilisce che “La potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione, nonchè dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali.” Per il diritto tedesco, invece, il dettato della Costituzione federale è considerato prevalente sui trattati europei. Questa stridente contraddizione indebolisce la struttura di una comunità che, ricordiamolo, ha rifiutato una comune Costituzione grazie al voto contrario di Francia e Olanda. Quindi, quella del 5 maggio potrebbe essere così importante come quello celebrato dal Manzoni.       SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

IL DUMPING FISCALE IN EUROPA

  di Renato Costanzo Gatti – Socialismo XXI Lazio |   Tre paesi europei stanno attuando dumping fiscale all’interno dell’Unione europea, attraendo anche holding extraeuropee. Il dumping fiscale opera esclusivamente a favore dei gruppi multinazionali, cioè verso quelle holding (ovvero capogruppo) che hanno il controllo su società localizzate in altri paesi europei e/o extraeuropei. Il vantaggio fiscale di collocare la sede fiscale della capogruppo nei “paradisi” europei consiste nella pratica esenzione da imposta di dividendi dalle partecipate, plusvalenze, royalties e ritenute sui dividendi. Vediamo come funziona. Prendiamo ad esempio una società che abbia sede in Lussemburgo; in quel paese grazie all’allora ministro delle finanze Juncker (presidente della commissione UE fino all’anno scorso) i proventi da royalties sono esenti da imposte. Ecco allora che una multinazionale trasferisce in Lussemburgo tutta la sua attività di ricerca, e fattura pesantemente le consorelle italiane, francesi etc. per l’utilizzo dei suoi brevetti e delle sue invenzioni. Gli imponibili fiscali delle consorelle italiane, francesi etc. vengono quindi abbattuti dalla fatturazione delle royalties ricevute dal Lussemburgo. Vengono quindi sottratti imponibili fiscali in Italia, in Francia etc. a favore degli imponibili fiscali lussemburghesi dove tuttavia questi proventi non sono tassati. Praticamente la multinazionale abbatte il suo carico fiscale, i paesi delle controllate perdono imposte che avrebbero potuto riscuotere e il Lussemburgo non guadagna molto in termini di imposte, ma guadagna nel senso di creare valore aggiunto nel suo paese, avere più occupati, più stipendi (questi sì tassati), insomma avere più PIL e un saldo target 2 positivo. Che dimensioni ha il fenomeno? Verso l’Olanda, ad esempio, si calcola che i paesi dell’UE perdano 10 miliardi di dollari per imposte che avrebbero potuto incassare senza il dumping : la Francia perde più di 2,7 miliardi di $, l’Italia perde oltre 1,5 miliardi di $, la Germania perde oltre 1.5 miliardi di $, la Spagna perde circa 1 miliardo di $. Il Tax Justice Network riporta che le multinazionali statunitensi operanti nei paesi europei hanno utilizzato il fiscal dumping olandese spostando in quel paese milioni di profitti (44 miliardi nel 2017) riuscendo ad abbattere l’incidenza fiscale sui loro profitti consolidati, danneggiando i paesi dove quei profitti sono stati generati. Quali sono le imprese italiane che hanno scelto di localizzare la sede fiscale in Olanda? Elenchiamo 10 tra le società italiane che hanno fatto questa scelta, notando che tra esse ci sono anche società partecipate dallo Stato italiano: SAIPEM, CEMENTIR, ENI, ENEL, MEDIASET, CAMPARI, EXOR, FCA, FERRARI, ST MICROELECTRONICS. Ma è così difficile per gli altri 24 stati europei intervenire per far cessare questa concorrenza sleale da membri della stessa Comunità? E se i 24 paesi non riescono a mettersi d’accordo, perché il governo italiano rende, ad esempio, indeducibili i costi di royalties provenienti da quei paesi?                  SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

CORONAVIRUS ED EUROBOND: CON UN’EUROPA ASSENTE L’ASSO NELLA MANICA DELL’ITALIA E’ IL RISPARMIO

  di Beppe Scanni –  Vice presidente di Socialismo XXI |   Il previsto nulla di fatto nell’Eurogruppo per la Finanza, presieduto dal portoghese Mario Centeno, ha confermato come l’Europa “sovranista” delle Nazioni non sia in grado di rispondere ai bisogni nuovi, urgenti, straordinari e simmetrici che coinvolgono la UE, a cominciare dai paesi più popolati ed importanti (Germania, Francia, Italia e Spagna) e quelli come la Gran Bretagna attualmente in un limbo che rischia d’avere effetti ancora peggiori di quelli previsti. Il presidente del CNEL, Tiziano Treu, a conclusione dei lavori in conference call dell’Assemblea dell’organo costituzionale, delegato a studiare e consigliare il potere esecutivo e quello legislativo sui temi dell’Economia e del Lavoro, ha dichiarato che il Consiglio non ha – giustamente – dubbi. Qualsiasi soluzione si voglia proporre per rispondere alla domanda di cambiamenti che il maledetto virus impone, il primo dei problemi da risolvere è evitare il fallimento delle aziende e il crollo nel baratro della povertà dovuta a licenziamenti obbligati dalla cessazione di attività per milioni di lavoratori. Ciò significa che pur comprendendo le ragioni di chi si preoccupa degli strumenti scelti per legiferare sugli aiuti, decreto legge anziché legge ordinaria, l’ostacolo da superare è la de burocratizzazione del sostegno ai lavoratori ed alle aziende. Non c’è tempo da perdere. Le Banche, grazie alla garanzia dello Stato, debbono trasformarsi negli “eroi” della ripresa e della salute economica della nazione. Il soccorso deve arrivare in giorni e non settimane, se non mesi. È assai difficile che il rinviato ad oggi Eurogruppo possa prendere decisioni incidenti e veloci. Il fallimento della riunione dell’altro ieri ha provocato diverse reazioni. Il commissario europeo all’Economia, Paolo Gentiloni, che ha invitato i paesi membri a mostrare senso di responsabilità, è sembrato affidarsi a misteriosi influssi astrologici sospirando: “Domani è un altro giorno”. Su Twitter, come prevede il nuovo galateo della comunicazione politica, i ministri delle Finanze francese e tedesco, rispettivamente Bruno Le Maire e Olaf Scholz, hanno lanciato un appello congiunto: “Facciamo appello a tutti gli Stati europei di essere all’altezza delle sfide eccezionali per arrivare a un accordo ambizioso”; come se Francia e Germania, che quasi sempre procedono su posizioni allineate a livello europeo, questa volta non si trovassero su fronti opposti. Parigi, infatti, ha sposato la posizione dei paesi mediterranei a favore dei cosiddetti “coronabond”, come strumento privilegiato da impiegare rispetto al Meccanismo europeo di stabilità (Mes). La posizione del ministro delle Finanze olandese, Wopke Hoekstra, è sostanzialmente coerente alla rozza cultura bottegaia dei Paesi Bassi che erano e resteranno contrari all’ipotesi di eurobond. Secondo Hoekstra, questo strumento “aumenta i rischi in Europa invece di ridurli. Oltre a essere poco saggio, non è nemmeno ragionevole”. Il ministro, sul suo profilo Twitter, fa emergere chiaramente la posizione olandese specificando che, con dei titoli obbligazionari comuni europei “i Paesi Bassi dovrebbero garantire i debiti contratti da altri”. Hoekstra ha definito il Mes, invece, come “il rimedio definitivo” per le situazioni in cui un paese rischia “di affrontare seri problemi finanziari ed economici”. I Paesi Bassi sono disposti “a utilizzare il Mes per le spese sanitarie del coronavirus in queste circostanze eccezionali”. La Germania, che fa finta di accedere ad una possibilità di mediazione assieme alla Francia, resta sostanzialmente sulle sue posizioni. A Berlino è viva la speranza di ripetere l’en plein del 2008, quando dopo aver provocato, con la crisi del proprio sistema bancario accompagnato dalla debolezza di quello francese, il crollo della economia ellenica- non in grado di rientrare immediatamente dei debiti contratti con il sistema finanziario dei due paesi- costrinse la Grecia a subire l’etero direzione della Troika. Il governo tedesco promise nel contempo di studiare nuovi meccanismi di garanzia che non videro mai la luce. Se le pressioni si faranno più stringenti per mettere in funzione i Fondi Salva Stati proposti dalla Francia è probabile che la Germania voglia attendere il suo semestre di Presidenza del Consiglio Europeo, che inizierà a giugno, per profittare: a) del tempo nel quale il suo apparato produttivo riprenderà l’attività mentre altri paesi resteranno al palo; b) contrattare al meglio sul piano bilaterale la sua centralità nel sistema. La Cancelliera Angela Merkel ha dimostrato ancora una volta la severa legge della politica, secondo la quale se perdi la faccia quel che di buono hai fatto nel passato viene riproposto ad osservazioni critiche e quello che farai nel futuro sarà sospetto. È un fatto che autorevoli voci tedesche, all’interno dello stesso partito della cancelliera, come il presidente della Fondazione Konrad Adenauer (Kas), Norbert Lammert, già Presidente del Bundenstag dal 2005 al 2017, nonché membri del suo governo, come il ministro degli Esteri, socialdemocratico, e dell’Ambiente, verde, hanno pubblicamente preso le distanze dalla sua ristretta visone utilitarista dell’Unione. In un’intervista rilasciata al quotidiano “Sueddeutsche Zeitung”, Lammert ha dichiarato che “il rifiuto categorico di titoli del debito comuni dell’Ue da parte della Germania ha causato più danni di natura politica di quanto ci si aspetti da un piano per il sostegno all’economia”. In considerazione della situazione “estremamente eccezionale” causata dalla crisi e dalla “disperazione che monta in importanti paesi” membri dell’Ue, ha evidenziato il presidente della Kas, “l’impressione di una solidarietà limitata è tanto economicamente rischiosa quanto difficile da sopportare in termini umanitari”. Secondo Lammert, molte obiezioni agli eurobond sono “in linea di principio giustificate”. Al tempo stesso, “è sorprendente che ora vi siano voci di spicco della politica e degli affari in Germania” favorevoli agli eurobond “orientati allo scopo e a tempo limitato”. L’ex cancelliere tedesco, il socialdemocratico Gerhard Schroeder ha posto il debito tedesco verso gli alleati europei nella sua prospettiva storica. In una intervista al “Corriere della Sera” Schroeder si pronuncia in favore del pacchetto di aiuti in discussione a Bruxelles, ma apre anche sui coronabond, o in alternativa su una obbligazione europea comune una tantum, sia pure come “necessario strumento della fase successiva” e questo perché “se c’è un Paese che deve capire come dopo una crisi esistenziale occorra un sostegno finanziario paneuropeo alla ricostruzione di chi l’ha subita, questo è …

IL DECRETO LIQUIDITA’

  di Renato Costanzo Gatti – Socialismo XXI Lazio |   Quello che è forse il decreto più importante tra quelli emessi per la crisi del coronavirus, è stato varato dal governo. Esso prevede: ● Rinvii nei pagamenti di scadenze fiscali ● Crediti d’imposta per spese connesse al coronavirus ● Finanziamenti alle imprese Sul primo punto Si tratta di provvedimenti condivisibili perché vengono incontro alle difficoltà delle imprese rinviando le scadenze dei pagamenti dovuti. Non sono cioè accolti gli appelli di Salvini di cancellare tutte le imposte del 2020 indipendentemente dal fatto che le imprese abbiano subito dei danni oppure no (si pensi ad esempio ai supermercati che non perdono, giustamente, neppure un giorno di fatturato e d’altro canto tutto il settore turistico per il quale si prospetta un anno intero senza ricavi). La misura del danno viene determinata dalla perdita di fatturato dei mesi di marzo e aprile inferiore a quello dei corrispondenti mesi del 2019, nella misura del 33% per le imprese con fatturato fino a 50 milioni annui nel 2019 e nella misura del 50% per le imprese con fatturato superiore a 50 milioni annui sempre nel 2019. Poiché è prevedibile un minor fatturato e quindi un minor utile delle imprese, invece di azzerare l’acconto di imposte di giugno come chiedeva Salvini, si azzerano sanzioni e interessi per acconti basati su imponibili finali presuntivi che non siano inferiori all’80% dell’imponibile effettivo. Sul secondo punto Le uniche agevolazioni fiscali previste sono relative all’acquisto di dispositivi di sanificazione, di sicurezza, di materiali anti virus (mascherine, guanti, visiere, occhiali, detergenti e disinfettanti); tali spese effettuate nel corso del 2020 genereranno un credito d’imposta pari al 50% del totale speso. Sul terzo punto La SACE SpA operante all’interno della Cassa Depositi e Prestiti fornirà garanzie a favore di banche, istituzioni finanziarie nazionali e internazionali per finanziamenti, concessi alle imprese aventi sede in Italia, sotto qualsiasi forma. Lo stanziamento è di 200 miliardi di cui 30 destinati alle piccole e medie imprese. L’importo del finanziamento può arrivare fino al 25% del fatturato annuo ed è garantito da SACE fino al 90%. Le uniche condizioni previste per le imprese che richiedono questo aiuto sono: il divieto di distribuire dividendi nei successivi 12 mesi e la destinazione del finanziamento per sostenere le spese ad attività produttive localizzate in Italia. Garanzie similari sono concesse per l’internazionalizzazione delle imprese e per ampliare il fondo di garanzia per le piccole e medie imprese. Non sono previsti finanziamenti a fondo perduto ma gli interessi (anche se non ancora specificati) dovrebbero aggirarsi sul 0.5% e il tempo di restituzione dovrebbe aggirarsi sui 6 anni. Osservazioni Il bazooka predisposto dal governo è condivisibile e di ammontare riguardevole (400 miliardi in toto); esso ripercorre il documento Draghi apparso sul Financial Times anche se in quella sede si introduceva l’indicazione per cui occorreva “concentrarsi per tenere in piedi il massimo delle imprese produttive e, soprattutto, le imprese che si impegnano a mantenere i livelli occupazionali che avevano prima della crisi.” Nel concedere garanzie, il decreto non si propone di cogliere l’occasione per, se non condizionare, almeno indirizzare gli aiuti verso un assetto più innovativo dell’azienda Italia. La struttura del nostro paese è caratterizzata da una eccessiva presenza di micro-imprese che, al contrario di quanto molti sostengono, non sono il punto forte della nostra economia ma, al contrario, ne costituiscono il punto debole. Infatti la piccola dimensione non permette di avere quella struttura critica per poter essere innovativi e produttivi, dovendo per ciò contare su un basso costo della mano d’opera. Quindi non si incentiva l’aggregazione di filiera, come non si incentiva la digitalizzazione, la robotizzazione, l’industria 4.0. Si lascia, ancora una volta, agli animal spirits il compito di trovare quell’assetto che essi ritengono migliore, nella filosofia della libertà imprenditoriale e del cadente liberismo. Diverso, ad esempio, il provvedimento preso in Germania dove si prevede un fondo (WSF) a favore delle imprese che prevede l’assunzione diretta di partecipazioni societarie. Quindi, a conclusione di questa analisi, niente fondo perduto a carico dei contribuenti, ma anche nessuna Irizzazione come invece si era ventilato ma che scompare dopo il veto di Carlo Bonomi, presidente di Assolombarda, che in una intervista su Repubblica afferma: “ Una nuova Iri? No, non è quella la strada – risponde -. Non mi convince affatto l’idea che da questa crisi si uscirà con lo Stato protagonista dell’economia. Lo stato deve restare regolatore, non gestore”. SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

CRONACA DELLA CRISI. UN GOVERNISSIMO? PER FARE COSA?

di Filippo Orlando – Città Futura Alessandria | Saranno ormai tre settimane che sulla grande stampa è diventata ossessiva la critica al governo attuale e in particolar modo alla figura del premier. Quasi tutte le uscite pubbliche di Giuseppe Conte sono accolte con acide e corrosive cronache, si lamenta al primo ministro chiarezza, eccessiva esposizione mediatica, di aver fomentato con lo scontro con le regioni, soprattutto Veneto e Lombardia, di non essere in grado di prospettare una condivisione dei provvedimenti con l’opposizione. Eppure, si dimentica con troppa disinvoltura che questa compagine ministeriale ha dovuto affrontare una emergenza sanitaria grave che non è stata valutata con la dovuta tempestività, e soprattutto ha colto impreparati maggiormente altri paesi che hanno sottovalutato il caso in modo più grave del nostro. Inoltre, il ministero Conte ha dovuto verificare immediatamente la insufficienza degli strumenti che il governo centrale può muovere per affrontare una emergenza di tali proporzioni sull’intero territorio nazionale; scarse strutture sanitarie e dispositivi, case di riposo al di sotto della minima decenza che richiede il servizio, personale medico insufficiente, ricerca scientifica sottofinanziata e in difficoltà, apparato della protezione civile e dell’esercito incapace di mobilitare grandi mezzi in poco tempo, mezzi finanziari e apparati burocratici quasi collassati dopo anni di tagli fiscali. In sostanza manca non il senso dello stato, come tromboni improvvisati gridano ai quattro venti, ma semmai manca il senso dell’interesse pubblico e di una struttura statale efficiente che sappia dirigere la società verso la uscita da una crisi così grave. Se aggiungiamo a tutto questo il fatto che il sistema regionalizzato non ha dato buona prova di sé e anzi ha provocato uno scontro istituzionale che rischia di aggravare fratture antiche, e se denunciamo, inoltre, il fatto che un paese industrializzato come il nostro non produce in Italia nessun dispositivo di protezione individuale sanitario, abbiamo allora un quadro completo del peso che qualsiasi governo avrebbe dovuto affrontare in luogo di questo e dovrà affrontare in futuro. Le opposizioni si sono accodate al tam tam dei giornali nazionali, di cui sopra, dimostrando una virulenza nella critica notevole nei giorni dispari, correggendosi poi nei giorni pari, chiedendo collaborazioni fra opposizioni e governo, oppure il costituirsi di un governo ‘istituzionale, come se le due richieste coincidessero perfettamente. Grande confusione sotto il cielo delle opposizioni ma situazione tutt’altro che eccellente! E’ abbastanza chiaro, o almeno dovrebbe esserlo ai più, che chiedere due cose diverse pubblicamente, continuare a modificare la linea politica, da parte dell’opposizione non può che irrigidire la maggioranza e peggiorare la situazione parlamentare. Inoltre non è chiaro che progetto strategico dovrebbe avere questo decantato governo istituzionale. Draghi ha rilasciato un’intervista sul Financial Times questa settimana che è servita a destabilizzare il governo più che ha chiarire i metodi per uscire dalla crisi; va bene la necessità di fare deficit ma non ha specificato, il nostro, se gli investimenti necessari per far ripartire l’economia li fa lo stato o il mercato, se lo stato può avere banche e imprese pubbliche o se dovrà limitarsi a gettare i soldi nella assistenza e finanziare i cantieri. Inoltre, come se non bastasse, le opposizioni si dicono favorevoli a Mario Draghi come capo di un nuovo governo ma inneggiano alla uscita dell’Italia dall’Euro senza tenere conto che il Premier candidato è stato uno strenuo difensore della moneta unica; e ancora, nel conflitto fra esigenza delle imprese di riprendere l’attività e la necessità posta dalle autorità sanitarie di attuare misure più dure di blocco della vita sociale e più estese nel tempo, la destra all’opposizione  furbescamente evita di prendere posizioni nette sfruttando il suo ruolo attuale che la dispensa da responsabilità immediate. Per il momento, chi si oppone al governo attuale, cela in malo modo, la contrarietà a una politica di non contrapposizione pregiudiziale rispetto a paesi come Cina e Iran che il ministero in carica attua, e spera che un nuovo gabinetto rinforzi il legame con gli Stati Uniti e la loro ultima versione strategica di politica estera. Il quadro è confuso, perché di fronte a tale dramma si continua ad agire tatticamente e a pensare che tutto tornerà come un tempo, malgrado molti dicano il contrario, ma solo a parole. Ed è qui il punto che mi premeva: non si tornerà alla fase precedente, non si tornerà ai bei tempi della finanza privata allegra, l’economia ripartirà solo con gradi più o meno intensi di pianificazione diretta pubblica. Infatti, il cuore del conflitto sociale, per lo meno in Occidente, risiede nella controversa scelta di affidare al mercato il rilancio dell’economia dopo il periodo di crisi sanitaria, oppure di richiamarsi ad una vasta pianificazione pubblica, unico antidoto necessario e indispensabile se realmente si vuole uscire dal collasso economico imminente. In gioco, dunque, non ci sono solo grandi equilibri planetari, il futuro dell’impero americano insidiato dallo sviluppo cinese, e le sorti di intere nazioni e dell’unione europea, ma sarà in discussione l’equilibrio delle classi sociali cristallizzato dopo quasi quarant’anni di neoliberalismo. La sinistra e la cultura progressista ha, dunque, un compito preciso di fronte a sé: difendere uno sviluppo civile e egualitario che è stato garantito per molti anni dal welfare e dalle costituzioni antifasciste nate dalla resistenza e fondate sul lavoro. Si tratta di rilanciare la questione socialista e di ripensare alla libertà dal lavoro e nel lavoro. Senza questo sforzo culturale e progettuale sarà impossibile per il progressismo e per la sinistra, italiana ed europea, trovare un ruolo strategico, e per questo non di piccolo momento, e evitare la tentazioni della tattica, del piccolo cabotaggio, del rifugiarsi dietro a improvvisati ‘salvatori della patria’. Per questo la proposta di un governo istituzionale guidato da Mario Draghi, se non ne vengono chiarite le reali intenzioni e le scelte di fondo, non è altro che una trappola per la sinistra e il progressismo italiano e una probabile illusione per il nostro paese che di illusioni ha ormai piena la sua storia, lastricata a sufficienza, lo sappiamo, di immani tragedie e sofferenze. SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di …

LA LOTTA DI CLASSE AI TEMPI DEL CORONAVIRUS

  di Renato Costanzo Gatti – Socialismo XXI Lazio |   Il governo sta predisponendo il Dcpm più importante per la ripresa delle attività economiche, sulla ripresa economica. Si svilupperà in quel decreto in tutta la sua estensione la lotta di classe ai tempi del corona virus. Senza perdermi in lunghe spiegazioni, mi attengo all’essenziale. La ripresa economica causerà un inevitabile aumento del debito pubblico che nel futuro sarà bilanciato con l’aumento del PIL e con l’aumento delle imposte per pagare interessi e rientrare dal debito. La spesa pubblica si allargherà per contenere la preoccupante situazione in cui vengono a trovarsi i più poveri e i più indifesi. La forma sarà come il di RdC o altre forme di assistenza necessaria. Si incide in tal modo sulla spesa corrente. La spesa pubblica tuttavia, basta leggere l’articolo di Draghi, dovrà dar modo alle imprese di riprendere immediatamente la loro attività mantenendo più occupazione possibile; ebbene su questo fronte occorre distinguere “aiuto alle imprese da aiuto al capitale”. Mi spiego con un esempio; le agevolazioni fiscali mutano il riparto dell’utile pre-imposte tra imposte e dividendi; per l’impresa, su 100 di utile dare 24 allo stato e 76 al capitale ovvero dare 10 allo stato e 90 al capitale è indifferente. Per i contribuenti italiani non è per nulla indifferente, sarebbe un trasferimento netto da chi lavora al capitale, così come succederebbe in caso di sussidi a fondo perduto. La gestione di classe dei necessari sacrifici per la ripresa deve essere, a mio parere, uno dei compiti immediati dei socialisti.     SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it