REDDITO DI SALUTE: E NON E’ ELEMOSINA DI STATO

di Aldo Ferrara – Socialismo XXI Lazio | Anche il pensionato ha diritto al suo reddito d’inclusione che, data l’età avanzata e le possibili precarie condizioni di salute, non può che avere una sola definizione: Reddito di Salute. In tema di diritto alla Salute, lo scenario dal quale l’Agenda Politica non esce, è il teorema della Bindi che, da Ministro della Sanità, volle chiudere i piccoli centri ospedalieri di Provincia, atti comunque a fornire una minima offerta di salute e con l’Aziendalizzazione ha trasformato il Servizio in Sistema Sanitario Economico-finanziario-Amministrativo e Politico. Lo step successivo, il Modello Formigoni, consegna la Sanità in mano alle Assicurazioni e Banche, rendendolo semi-privatizzato. Al contrario la posizione, più autentica in difesa dei meno abbienti è chiara: intendiamo sviluppare un concerto di proposte nelle quali siano contemperate le esigenze della domanda sanitaria e il deficit statale poiché, se mai si dovesse pervenire a un riassetto dei sistemi di gestione, questo potrà ridursi. Ridimensionare la spesa per la salute è in controtendenza con altri Paesi, ove essa è in crescita (negli Usa di ben 5 volte quella italiana). Ciò significa che una posizione politica possibile è quella di una ristrutturazione globale dell’assistenza che comporti risparmi e non tagli. A fronte delle proposte tipo “elemosina di stato” (Reddito di cittadinanza, reddito di inclusione et affini) https://www.glistatigenerali.com/occupazione_partiti-politici/dalla-rivoluzione-verde-allelemosina-di-stato-il-tradimento-m5s/ noi proponiamo una misura a costo zero che consiste in un riequilibrio delle risorse economiche del lavoratore, peraltro già esistenti. Solo che ne modifichiamo, a suo vantaggio, la destinazione. Se dunque assumiamo che assistenza e previdenza presentino profili d’intreccio e poiché il dibattito odierno verte anche sul TFR (o TFS  a seconda del Contratto di Lavoro), la cui cifra complessiva si aggira sui 22.5 miliardi/anno, la nostra proposta può se non altro contribuire al dibattito sul tema. Le ipotesi di lavoro sono lo slittamento del TFR in busta paga (scenario A) ovvero la capitalizzazione ai fini contributivi (scenario B), ciò che comporterebbe utilizzo di un fondo pensione integrativo. Indipendentemente dalle forme di previdenza complementare cui è destinato il TFR a far tempo dal gennaio 2007 (fondi negoziali, fondi aperti o piani individuali previdenziali) la nuova proposta riguarda l’istituzionalizzazione di un Fondo Sanitario complementare. Un ex Ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, un tempo allievo del socialista Franco Reviglio ed egli stesso nel PSI, sembra favorevole a una proposta del genere. Secondo l’ex Ministro, (dichiarazione alla trasmissione televisiva “Piazzapulita” de La7, 3 maggio 2012 e note nel suo volume “Uscita di Sicurezza”, Rizzoli, 2012) sarebbe uno dei progetti per il rilancio istantaneo dell’economia. E questa volta “dal basso”! A ciò si aggiunga che si tratterebbe di istituzionalizzare quanto previsto dal Codice per il lavoratore in costanza di rapporto. L’art. 2120 del codice civile, comma 8, disciplina l’anticipazione del TFR: i lavoratori dipendenti con almeno 8 anni di servizio possono chiedere al datore di lavoro un’anticipazione del trattamento di fine rapporto fino al 70% nei seguenti casi: spese sanitarie per terapie e interventi straordinari; acquisto della prima casa, anche per i figli; astensione facoltativa per maternità; congedi per la formazione. Un’idea per far ripartire micro e macro-economia perché quando i lavoratori hanno più soldi, certamente ne mettono in banca una parte, ma spendono il rimanente riattivando il volano dei consumi. L’idea non è nuova, ne fu propugnatore Mussolini, quando aveva ancora idee socialiste, nell’Italia in crisi del primo decennio del XX secolo. Una sorta di ammortizzatore sociale allora, che adesso potrebbe avere benefici effetti sulle attività commerciali. La nostra idea è più orientata verso i numerosi aspetti sociali: dedicare parte del TFR non solo ai consumi ma soprattutto alle agevolazioni sanitarie, (e non in busta paga, soluzione demagogica e plausibile solo per aumentare la tassazione) significherebbe andare incontro alle necessità immediate degli anziani, e dei pensionati, affetti da svariate patologie. Non ultima motivazione è quella politica, perché il destino del TFR è di essere accantonato dalle Aziende, che poi usufruiscono di congrui interessi attivi. Ma questo è un concetto padronale che poco si sposa con gli interessi dei lavoratori, ancorchè anziani. Tuttavia riteniamo che esista un terzo scenario (scenario C) cui si perviene per una serie di passaggi logici:l’età media è in continua ascesa: l’ISTAT ci fornisce il novero di 15.219.074 ultrasessantenni al 2017, 86% dei quali in fase di pensionamento o prepensionamento. Malgrado i continui progressi, ben il 74% degli ultrasessantenni presenta uno stato di malattia e quindi la necessità di ricorso alla spesa ospedaliera o farmaceutica. Se gran parte dei pensionati capitalizzasse il TFR per ottenere un plus agevolativo e aggiuntivo ai fini sanitari o farmaceutici, si potrebbe modificare il plafond di spesa per redistribuzione individuale diretta, e quindi con un miglioramento del deficit dello Stato. In pratica, la proposta è quella di una capitalizzazione di almeno il 50% del TFR complessivo (11 miliardi) ai fini contributivi assistenziali con un Fondo Assicurativo Statale ad hoc. Lo Stato si comporterebbe da buon padre di famiglia, assicurando al proprio cittadino una certa cifra, ma destinandola direttamente alla contribuzione assistenziale, almeno nella sua quota capitalizzata. I vantaggi assicurati sarebbero i seguenti: • resterebbe nelle casse dello Stato il 50% del TFR capitalizzato ai fini assistenziali; • il pensionato godrebbe effettivamente di un 50% in meno di TFR, ma si vedrebbe corrisposta una quota parte in trattamento assistenziale, le cui forme possono essere suddivise in fondi assicurativi o esenzioni dai ticket sanitari; • tale agevolazione sanitaria si riverserebbe sui pensionati nel loro complesso, assicurando un maggior benefit per i pensionati al minimo pensionistico; • capitalizzando il TFR nel suo 50% (11 miliardi), si otterrebbero mediamente circa 100 milioni di interessi attivi a beneficio dell’attuale capitolo di spesa della sanità, riversandosi tra la spesa farmaceutica e quella ospedaliera. In pratica, attraverso una destinazione già prefissata, non si farebbe altro che investire in assistenza senza mortificare i diritti e le necessità del cittadino. Questo verrebbe addirittura sollevato da ogni problematica relativa all’investimento del TFR, evitando così il trasferimento di questi fondi a enti privati (banche, assicurazioni) ai quali si rivolgerebbe per investire il suo TFR. Un altro elemento positivo sarebbe …

FINANZA ETICA E SALUTE: OSSIMORO AL QUADRATO

di Aldo Ferrara – Socialismo XXI Lazio | Milano. Il Forum per la Finanza Sostenibile è nato nel 2001. È un’associazione no profit multi-stakeholder: Ne fanno parte operatori finanziari e altre organizzazioni interessate all’impatto ambientale e sociale degli investimenti. Gli investimenti nelle infrastrutture sociali svolgono un ruolo fondamentale nella salute e nella crescita delle comunità locali: con l’apporto del capitale privato e delle risorse pubbliche, le infrastrutture sociali possono essere considerevolmente migliorate. Così si esprime il portale di finanza sostenibile.it che  il 20 marzo 2019 ha dedicato il suo appuntamento seriale, Breakfast, a “Finanza Sostenibile e infrastrutture sociali” in cui le Società di investimenti, e particolarmente Franklin Templeton, hanno approfondito progetti in infrastrutture sociali – quali strutture sanitarie e abitative, scuole e studentati – quali asset interessanti per investitori istituzionali che intendano conseguire sia un ritorno finanziario, sia un impatto sociale positivo. Questo duplice obiettivo aiuterebbe a raggiungere rendimenti stabili anche in virtù del beneficio che l’investimento apporta alla comunità. Tradotto in termini semplici, andiamo a vedere dove sono le strutture territoriali pubbliche dismesse e le ristrutturiamo per farle funzionare e attivare i profitti. Insomma la sanità privata più che un  bene comune diventa sempre di più un investimento. Il 10 maggio a Cernobbio si terrà l’Assemblea AIOP (Associazione italiana ospedalità privata) con all’ordine del giorno “accelerare e facilitare l’introduzione di soluzioni innovative nelle case di cura e favorire la contaminazione tra startup e aziende ospedaliere private”. StartAiop, in collaborazione con ComoNExT e Digital Magics si rivolgono a tutte le startup idonee a sviluppare soluzioni innovative applicabili al settore della sanità, coagulando un network di open innovation, tra le 550 strutture sanitarie e sociosanitarie. Saranno selezionate 10 startup per incontri diretti con rappresentanti delle strutture ospedaliere associate presenti. ComoNExT, nominerà una start-up Follower dell’Innovation Hub comasco, per usufruire di alcuni dei servizi di accelerazione: assessment, networking con le aziende, supporto alla realizzazione del progetto. In poche parole la sanità, l’offerta di salute sembra divenire un bene da profitto, certo nell’interesse del malato, che tuttavia potrebbe entrare nei mercati quale strumento da cui trarre profitto appunto. Un tempo si diceva plusvalore, ora è termine demonizzato ( gergo vetero-comunista). Salute come bene comune sembra un miraggio che si allontana sempre di più. Per curarsi dunque la strada sembra in salita e lastricata da dollari. Una sanità per ricchi perché inevitabilmente gli investimenti privati andranno ricoperti. Le Assicurazioni faranno il resto, ma quel che è certo che la finanza etica, la nuova impostazione che sembra dominare i mercati, dovrà trovare soluzioni davvero innovative per dimostrare la sua essenzialità. SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

25 APRILE ANTIFASCISTA

di Franco Astengo | “Violenze e sopraffazioni di minoranze etniche. Fanatismi. Nazionalismi galoppanti. Clamorose retromarce persino rispetto ad assodate verità scientifiche, oscurantismo e bigottismo”. Questo è il quadro di vero e proprio deterioramento culturale e morale dentro il quale ci troviamo a vivere in questa drammatica fase della storia. Il ritorno di un’ideologia di tipo fascista fa parte oggettivamente di questo vero e proprio “ arretramento storico.” E’ il caso, allora, di rammentare non semplicemente cosa è stato il fascismo ma di sottolineare quanto ne persista nella realtà. Veri e propri rigurgiti fascisti si avvertono anche a livello di schemi culturali, di comportamenti a livello di massa, di opzioni politiche concrete. Rigurgiti fascisti che avanzano senza ricevere quel contrasto che meriterebbero. La situazione attuale, nella quale si stanno riproducendo soprattutto i temi deteriori del razzismo, deve essere affrontata attraverso l’indicazione costante della negatività assoluta dei principi che il fascismo ha rappresentato, comparando con grande attenzione ciò che avvenne allora con la realtà di oggi. E’ necessario ricordare che la Resistenza non è stata il derby tra fascisti e comunisti. Serve allora un 25 aprile non ecumenicamente “afascista” di generica unità nazionale, ma un 25 aprile antifascista. Ricordando prima di tutto chi ha costruito l’antifascismo nell’Italia del ventennio. Rammentando allora: 1)     Quale era la composizione sociale e politica di gran parte dei condannati dal Tribunale Speciale; 2)     La composizione sociale e politica dei 135.000 eroi che votarono contro nel plebiscito fascista del 1929. Erano quelli tempi nei quali il popolo purtroppo aveva ancora bisogno di eroi; 3)     La composizione sociale e politica degli italiani che combatterono in Spagna nelle brigate internazionali dalla parte della Repubblica; 4)     I luoghi dove si alimentò ancora, anche nei momenti più duri e del delirante consenso al regime, l’antifascismo militante; 5)     La composizione sociale e politica delle migliaia di deportati a Mauthausen dopo lo sciopero del 1 marzo 1944 e giorni seguenti fino alla razzia di Genova del 16 giugno 1944 6)     Ancora la composizione sociale e politica delle brigate partigiane, dei GAP, delle SAP, dei gruppi di difesa della donna, del Fronte della Gioventù. 7)     Di fronte a chi si arresero i tedeschi a Genova: unica città d’Europa dove avvenne quel fatto straordinario dell’arrendersi delle truppe germaniche davanti ai partigiani. Soprattutto è necessario ricordare come la ricchezza dei contenuti e delle forme di lotta espressa in quel momento dalla classe operaia risultò assolutamente determinante per conseguire l’obiettivo primario dell’abbattimento del fascismo e della vittoria sul nazismo. Da quella classe operaia sorse la Resistenza e nacquero la Repubblica e la Costituzione. Una Costituzione inapplicata per lunghi anni: anche questo è un dato da ricordare. Nella fase dell’immediato dopoguerra durante il complesso periodo della riconversione dell’industria bellica, della ricostruzione del Paese, dei tentativi di consolidamento della democrazia, la classe operaia e contadina pagò ancora un tributo di sangue, nell’occupazione delle fabbriche e delle terre: da Portella della Ginestra a Modena, da Melissa a Montescaglioso, da Avola a Battipaglia fino all’estate del ’60, quando a Reggio Emilia, Licata, Palermo, Catania furono uccisi dalla Polizia operai antifascisti scesi in piazza per protestare contro un governo sostenuto dagli eredi del fascismo. Tutto questo itinerario storico non può essere confuso dentro accenni generici. La Resistenza va ricordata nella sua realtà e nell’interezza della dimensione sociale e politica. Per fare questo efficacemente serve la memoria: occorre coagulare  il ricordo in storia, il radicarsi della memoria nel vivo dei processi sociali e politici. La nostra forza, infatti, nel voler riaffermare i valori di una Comunità è rappresentata dalla memoria attiva. Quella memoria attiva che ci consente ancora di affermare come il 25 aprile sia la data più importante della storia d’Italia. SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

IL NEO MILAZZISMO DI OGGI

di Aldo Ferrara |Socialismo XXI Lazio A 60 anni dall’avvento del Milazzismo in Sicilia. Enrico Mattei in Sicilia L’iconografia mediatica colloca Enrico Mattei a Gagliano Castelferrato per il suo ultimo discorso 6 ore prima della morte a Bascapè. Un discorso alla folla in attesa, parole forti e cariche di passione, come era nel suo stile. “…È vero. Noi lavoriamo con convinzione. Con la convinzione che il nostro paese, la Sicilia, e la vostra provincia (Enna), possano andare verso un maggiore benessere. Che ci possa essere lavoro per tutti. E si possa andare verso una maggiore dignità personale e una maggiore libertà…”. La presenza di Mattei nell’Isola ha una lunga storia. Così come da lungo tempo, sin dalla liberazione, nell’Isola c’era una presenza anglo-americana, neanche invisibile con British Petroleum (BP), Gulf Oil e Standard Oil of New York per l’estrazione di petrolio nelle aree di Gela e Ragusa e per la costruzione di impianti di raffinazione (Augusta e Priolo). I Governi DC di Restivo e La Loggia sin dal 1951 fino al 1958, nulla o poco fecero per agevolare la presenza dell’Ente di Stato in Sicilia. Lo testimonia il lungo pressing che Mattei fece all’Assessore all’Industria, il monarchico Annibale Bianco, almeno fino al 1954. Nel marzo del 1950, l’Assemblea Regionale Siciliana (ARS) vara una legge (LR30/50) sulla disciplina delle ricerche petrolifere, a tutto vantaggio delle Compagnie Private senza nessuna norma sul regime monopolistico. 700 mila ettari vengono concessi ai privati, Compagnie americane soprattutto come la Gulf Oil, concentrata sul territorio di Ragusa, 200 mila alla Montecatini e solo 4.600 all’Agip, Ente di Stato. Ma c’era il petrolio? C’era e infatti nella sola area di Ragusa si passò da un’estrazione di 2550 tonn di petrolio a più di un milione di tonn complessivamente dal 1953 al 1957, pari al 12% del fabbisogno nazionale (Basile P.L., 2011).[1] Nondimeno l’ENI riesce ad ottenere nuove concessioni per complessivi 400 mila ettari di area da trivellare e strappa un accordo con la Regione per istituire Società Joint fino al 25% di partecipazione della Regione. Il Governo DC, a guida La Loggia, fanfaniano, sembrava ostacolare Mattei. E nel 1958 viene eletto a sorpresa Silvio Milazzo, Assessore Regionale sin dal 1951, con l’ibrido politico di una maggioranza MSI, post-fascisti e comunisti. Un ibrido che passerà alla storia come l’epoca del milazzismo. Un intreccio tra affari e politica di cui fu testimone siciliano il veneto Graziano Verzotto, collaboratore di Mattei sin dalla Resistenza e poi eletto in Senato proprio in Sicilia. In sintesi la Sicilia fu l’ultimo e sinistro territorio di scontro tra Mattei, le Sette Sorelle e l’allora fiduciaria italiana Montecatini. La vicenda Milazzo è ben lungi dall’essere chiarita. Dei protagonisti, molti, anzi quasi tutti, sono deceduti tranne Emanuele Macaluso che era, all’epoca, segretario regionale del PCI. E fu uno tsunami che si abbattè sull’Isola. E la Sicilia viene avvolta nel suo tragico e continuo mistero anche a causa del petrolio. La vicenda risale alla primavera del 1959. Su Palermo incombe il Monte Pellegrino che sovrasta la città, imponente come un sultano arabo che controlla il suo harem, il monte osserva il dinamismo della città e la protegge. Dagli anni venti è arricchito di una Aziz, una gemma, un Castello costruito dall’architetto Utveggio da cui prende il nome. Un maniero incombente eppure rassicurante quando ti svegli al mattino e lo vedi lì fisso, sempre dello stesso colore, dello stesso umore, sempre privo delle nuvole a pennacchio. In quella primavera il panorama cambiò. Un enorme pannello illuminato, visibile a notevole distanza, lo ricopriva tutto e ne toglieva l’aspetto rassicurante. Il pannello infatti sembrava dire minaccioso: attento, d’ora in avanti le cose cambiano, è arrivato un nuovo partito, l’U.S.C.S. Sigla orrenda, poco pronunciabile, inquietante. L’Unione Siciliana Cristiana Sociale, ecco svelato l’acronimo, era volgarmente conosciuto come il partito di Silvio Milazzo. Deputato regionale democristiano, di Caltagirone come Don Sturzo e Scelba, era divenuto nel 1958 una clava per la DC, aveva mandato a casa il Governo La Loggia e si era insediato con un’anomala maggioranza di estremi confluiti, PCI e MSI. Cosa c’entra con il petrolio? E’ proprio quello che cercheremo di svelare; la politica siciliana era strumentalizzata o padrona del gioco petrolifero? E il grande Enrico Mattei e il suo ENI che ruolo ebbero, solo 2 anni dopo la crisi di Suez? E negli anni a venire, che ci faceva in Sicilia il suo uomo di fiducia, Graziano Verzotto, poi senatore DC nei collegi orientali dell’Isola? Ecco è da quel cartellone illuminato a giorno e inquietante che prendiamo le mosse. La ricerca delle vie petrolio è continua, le vicende umane e politiche che esso determina forse non avranno mai fine, neanche con l’avvento dell’energia rinnovabile o sostenibile e il Mediterraneo è stato anche sua culla. Ai giorni nostri Perchè dunque rievocare sessant’anni dopo quello che viene considerate un incidente di percorso preliminare alla politica inclusiva e allargata del centro-sinistra moroteo? Le motivazioni risiedono nel fatto che la Sicilia per decenni ha espresso il cosidetto “Laboratorio politico” l’anticipazione di quello che poi sarebbe avvenuto a livello nazionale. Infatti la stabilità governativa siciliano dopo Milazzo fu assicurata da Peppino D’Angelo, moroteo che introdusse i social-comunisti, nel Governo regionale. Una chiara anticipazione del I Governo Moro del 1963 che fino al 1968, governò con i socialisti. A distanza di sessant’anni,  Milazzo, come la salamandra, si rigenera e si ripropone con altri protagonisti. Il governo attuale, 5S e Lega, ha una connotazione assolutamente tattica e strumentale. Nulla infatti accomuna i due partiti di Governo, sensibilità politiche diverse, obiettivi spesso in rotta di collisione, ma la tattica di non aggressione, alla Molotov-Ribbentrop, che funzionerà fino al risultato delle europee e di cui Conte è garante, consente ai due leaderini di assicurarsi fette di elettorato. In attesa e in vista dello scontro finale che avverrà alle politiche future, specie se la Legge di Stabilità 2020 dovesse evidenziare crepe profonde nella maggioranza. Una maggioranza dunque tattica, all’insegna della eliminazione dei partiti tradizionali di cui il PD rappresenta l’ultimo epigono. Attraverso il sovranismo o il populismo, la …

UMBRIA OH CARA

di Aldo Ferrara – Socialismo XXI Lazio | Dal volume  ” Quinto Pilastro, il tramonto del SSN” L’introduzione del concetto di “aziendalizzazione” non ha certamente giovato, perché non ha saputo creare all’interno della dirigenza e degli operatori sanitari il concetto di allocazione delle risorse in modo adatto a produrre la maggior quantità di salute ma ha invece ridotto coloro che con le tasse sostengono il SSN a divenire anziché “azionisti” dei “clienti”. L’introduzione di elementi estranei alla gratuità ha di fatto reso impossibile agli strati più poveri della popolazione di ottenere con tempestività i trattamenti necessari. Infatti, l’introduzione dell’intramoenia e delle assicurazioni integrative ha determinato la divisione della popolazione in due grandi categorie: i privilegiati che possono pagare ed avere rapidamente i servizi richiesti e i poveri, che devono spesso affrontare lunghe liste d’attesa. Se a questa situazione si aggiunge l’introduzione del pagamento del ticket per farmaci, visite ed interventi diagnostici, si perde il concetto di gratuità, uno dei pilastri dell’istituzione del SSN. Infine, la gestione regionale ha creato grande disparità e discriminazione nei servizi disponibili per i cittadini italiani. In un sistema traballante e con regole spesso contraddittorie, dovute all’interferenza politica, diviene quasi automatica la corruzione. Se è giusto condurre un’analisi critica dei problemi che esistono nel SSN, bisogna evitare che prendano piede soluzioni che contrastino il concetto di SSN. Queste parole sono la cronaca di un “misfatto” annunciato e sono di Silvio Garattini, tratte dalla sua Prefazione al Volume “Quinto Pilastro, il tramonto del SSN”. Il prof. Garattini, per chi lo conosce, da persona di livello superiore, ha una visione a tutto campo e non si sarebbe spinto fin qui se non ci fossero stati gli estremi. Gli estremi sono 14 milioni di italiani che non possono curarsi, 7 milioni che non accedono alle cure odontoiatriche, 8 milioni che sono costretti a visite specialistiche private pagando out of pocket, 6 miliardi di corruzione documentata, 1 Azienda Ospedaliera o ASL su 3 in cui sono accertati fatti corruttivi. Le strutture ( tra ASL e Aziende Ospedaliere) sono 225 quindi 75. In media 3,75 per regione italiana. Venti anni di aziendalizzazione sono stati sufficienti per svelare il volto duro e cinico di una strutturazione che ha trasformato il malato in cliente. Così da Servizio è assurto a Sistema, e come tale lo chiameremo in avanti, una macrostruttura amministrativa, politica, finanziaria, che ha perso la sua connotazione originaria. Figlia di questi ultimi tempi è la presenza politica che avviluppa il Sistema, una prerogativa ben poco virtuosa, forse anche nefasta. Sporadica un tempo, oggi è diventata di stretta osservanza da parte di forze politiche all’assalto di un plafond di ben 111 miliardi di euro, il più elevato capitolo di spesa tra i Dicasteri della nostra struttura governativa. La nuova fase che si profila è quella della privatizzazione, più o meno malcelata, in cui chi può crearsi un ombrello assicurativo è parzialmente protetto, chi non può resta condannato. Mentre nei Paesi OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico) aumenta la quota di PIL destinata alla Health Spending, in Italia la fase restrittiva è già in atto da tempo. Ma soprattutto è la mutazione del SSN che preoccupa gli italiani: da sistema pubblico, vanto europeo fino agli anni ottanta, a sistema semi-privatizzato, con un baricentro squilibrato a favore dei privati imprenditori della Medicina. Ed i cittadini divisi in intoccabili perché possono pagare e bistrattabili perché indigenti. Così assistiamo a fatti documentati come quelli circa l’elusione o evasione del DRG (Diagnosi Related Group, Registro che determina il costo di ogni attività sanitaria) avvenuti e passati in giudicato in Lombardia (Poggi Longostrevi, S. Rita, Istituto Maugeri di Pavia, alla fine parte lesa, per finire a Formigoni). E come quelli da accertare in sede giudiziaria avvenuti di recenti in Umbria. E come quelli che potrebbero essere svelati anche in altre regioni, assai viciniori all’Umbria. Sono note vicende che coinvolgono Professori Universitari, colpiti da conventio ad excludendum nelle Aziende Ospedaliere Universitarie, malgrado sentenze favorevoli del TAR, del Consiglio di Stato, e addirittura di ricorsi straordinari al Capo dello Stato. Ciò evidenzia la tendenza di alcune Regioni a: –         Demonizzare l’Accademia e metterla in un angolo; –         Atrofizzare la Ricerca e la Didattica privilegiando il profitto da prestazione sanitaria aziendale; –         Occupazione sistematica del potere, in mano, malgrado i Decreti Balduzzi alla Amministrazione Assessorile e alle sue ramificazioni amministrative. Indipendentemente da fatti corruttivi già accertati e quelli comunque da accertare, l’Azienda, anche in ossequio alla stessa normativa vigente,  si rivela fallimentare nell’assicurare l’offerta di salute avendo trasformato il malato in cliente, quando è esso stesso azionista dell’Azienda Sanità. Non è forse questa la vergogna: chiedere al cittadino tassazioni dirette, indirette, ticket e costringerlo alla cura privata, malgrado egli abbia già pagato a monte? E’ come se avessimo già pagato l’anticipo della nostra vettura che poi viene regalata ad un altro cliente. Fonte A.Ferrara, Quinto Pilastro, il tramonto del SSN, 2016, Prefazione di Silvio Garattini Ferrara A., De Giacomo L., Costanzo M. Guida al SSN, in press, 2019 SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

LO SBLOCCA-CANTIERI CHE ARRIVERA’ E LE OPERE CHE INTANTO LANGUONO

di Giuseppe Scanni – Socialismo XXI Lazio | Il CNEL, nella Audizione a Commissioni congiunte Camera e Senato per riferire l’opinione maturata dalle parti sociali, sindacali e datoriali del lavoro, in generale dalla rappresentanza della società intermedia, sul Documento di Economia e Finanza finalmente in arrivo nelle Aule, si è soffermato sui “Fattori-chiave indispensabili per impostare le necessarie politiche di crescita che devono muovere il Paese attorno a grandi temi aggreganti: l’innovazione come motore di sviluppo, la sostenibilità ambientale/sociale, la mobilità” specificando che purtroppo , se è vero che “le 12 ZES possono rappresentare laboratori di sperimentazione, è anche vero che il Documento “non prevede risorse che diano fiato a una nuova politica industriale, in un quadro che sia ritenuto dagli operatori stabile e affidabile. Le misure per la crescita sono rinviate al “decreto crescita” e al decreto “sblocca cantieri”, il sistema di governance è basato su cabine di regia che non prevedono né forme di integrazione istituzionale, né la partecipazione delle Parti sociali”. Gran signori il presidente Treu ed il segretario generale Peluffo, che dopo aver osservato la incongruenza delle attese per i decreti crescita e sblocca cantieri si sono limitati ad osservare che “per contrastare le disuguaglianze” si deve ”rispettare il principio costituzionale di equa contribuzione basata sulla capacità economica”, e che l’intervento urgente e condivisibile “sul cuneo fiscale sul lavoro, come richiesto anche dalla Commissione europea, non può avvenire mediante lo spostamento dalla fiscalità diretta a quella indiretta”. Piuttosto che ascoltare le serie ed articolate osservazioni che il CNEL ha posto, nell’ambito delle sue prerogative costituzionali, il Governo continua a non ascoltare e ad eludere i problemi. È opinione dello stesso esecutivo, che spesso ne ha parlato, indicare nei lavori infrastrutturali una leva indispensabile per superare il blocco della crescita ed intraprendere strade sicure e non fantasiose per creare sviluppo e lavoro. A questo scopo non c’è stata dichiarazione nelle sedi più diverse che non si siano richiamate alla volontà dell’Esecutivo di superare l’attuale stasi nell’avanzamento delle opere ricorrendo ad un provvedimento che non esiste ancora, cioè il Decreto Legge ‘Sblocca Cantieri’. Tanto è vero, ha sottolineato nel suo blog lestanzediercole.com, l’ingegner Ercole Incalza che nello stesso “DEF si fa presente che in un Decreto Legge, da approvare entro il mese di aprile, sarà necessario affrontare e risolvere, tra l’altro: il superamento delle Linee Guida dell’ANAC e la sostituzione con il nuovo Regolamento unico recante disposizioni di esecuzione, attuazione e integrazione del Codice, in fase di predisposizione; il superamento delle Linee Guida dell’ANAC e la sostituzione con il nuovo Regolamento unico recante disposizioni di esecuzione, attuazione e integrazione del Codice, in fase di predisposizione”. Incalza specifica bene tutte le misure necessarie e qua e là promesse da questo o quell’altro esponente della maggioranza giallo verde. Qui non riprendiamo le pertinenti osservazioni di Incalza su tutto quello che c’è da fare per rendere competitiva la macchina inceppata delle costruzioni, perché quello che ora importa è mettere in rilievo che al di là dell’evidente guerra guerreggiata per ottenere un voto in più prima della probabile crisi dopo le elezioni europee, i due partiti di maggioranza non sono animati da reale volontà di cambiamento. Il che non è una supposizione, ma una certezza: è scritto nella premessa del paragrafo sulla “Razionalizzazione del Codice dei Contratti Pubblici e al Decreto Sblocca cantieri” che “tra le deleghe approvate dal Consiglio dei Ministri a febbraio 2019 vi è anche quella per la semplificazione, la razionalizzazione, il riordino, il coordinamento e l’integrazione della normativa in materia di contratti pubblici. La norma dovrà portare alla riforma del Codice dei contratti pubblici nel termine di due anni”. La emergenza del comparto delle costruzioni è posticipata nelle soluzioni possibili di due anni! Ed è emergenza vera: 120.000 imprese fallite negli ultimi dieci anni e 600.000 unità lavorative perse. Il Governo non è riuscito o non ha voluto mettere mano al Codice degli Appalti, di cui si vantava coautore assieme al dottor Cantone e, soprattutto, regista politico per la sua approvazione, il senatore Riccardo Nencini, già vice ministro delle Infrastrutture e segretario del PSI. Il mistero si accresce se ci chiediamo cosa intendano fare i gialli e verdi, che in questi giorni si becchettano, se dopo quasi un anno non hanno annullato o modificato il Codice Appalti; e soprattutto perché non facciano partire interventi già approvati per oltre un valore di 20 miliardi di euro. Tutto è fermo e se qualcosa si muove è subito bloccata. Di ieri la notizia dello stop imposto ad un’opera già finanziata dal CIPE, il Corridoio tirrenico in provincia di Grosseto, nonostante le proteste (legittime) del presidente della Regione Toscana Rossi, che ha anche evocato il purtroppo scomparso senatore Mattioli come il Ministro ed il parlamentare che si era speso generosamente per la realizzazione di un’opera necessaria ed urgente. La TAV, la tratta AV/AC Brescia – Verona – Vicenza Padova, o il Corridoio Genova – Rotterdam, dove l’analisi costi benefici, voluta sempre dall’attuale Governo, ha dato parere negativo, sono là assieme ad altre opere ferroviarie fermate a testimoniare non che non ci sono soldi ma che non si vogliono realizzare lavori finanziati e per alcuni dei quali occorrerà restituire fondi alla Commissione. Il tutto nel vuoto pneumatico che avvolge la strana vicenda Anas, costretta nelle Ferrovie con la scusa che occorreva farla uscire dal perimetro della Pubblica Amministrazione: ora l’ISTAT pretende che le stesse Ferrovie tornino nella Pubblica Amministrazione. Le promesse da marinaio d’acqua dolce di Toninelli si scontrano con una realtà di stasi aggravata da un nuovo gruppo dirigente dell’Anas di cui nulla si sa e forse non per pecche della comunicazione aziendale, peraltro diretta nelle sue esternalizzazioni più importanti dalle Ferrovie. Forse niente si sa perché non c’è niente da sapere, il che fa presupporre, con il prossimo, ragionevolmente vicino nuovo governo, altri scossoni che si sarebbero potuti evitare. Siccome l’ottimismo è l’unico sprone comprensibile per le Rivoluzioni, speriamo che in Parlamento qualcuno si alzi a difendere il lavoro ed i bisogni del paese e non si limiti ad indentificare …

LIBERI DI “QUAGLIARE”

di Carlo Felici L’accordo appena fatto tra il neosegretario del PSI Maraio e +Europa è il punto di arrivo di uno spostamento a destra e del rinnegamento della ragione sociale del Socialismo Italiano. Nencini aveva iniziato dieci anni fa un percorso per spostare il PSI a sinistra presentando con Vendola la lista Sinistra e Libertà, oggi questo percorso si chiude con una lista che potremmo chiamare anche “Destra e Liberismo.” E’ la fine della ragione sociale per cui il PSI è nato nel 1892, e c’è solo da sperare che molti compagni socialisti, finalmente, se la smettano di darsi all’onanismo associazionistico, fondando un partito che rappresenti di nuovo tale ragione sociale e che la rappresenti finalmente nel nome e nel simbolo Socialista. Risorgimento Socialista avrebbe potuto esserlo se non avesse anch’esso inseguito sogni di lista questa volta come gregario dei centri sociali ed affini..legato mani e piedi al suo capo. Ce ne vuole invece uno che rappresenti a tal punto una sinistra che non esiste più nella prassi storica che le è appartenuta in Italia, da far dimenticare persino la parola sinistra.  Questo almeno è l’auspico per la cosiddetta Epinay italiana lanciata da Socialismo XXI. La mia proposta ad un Congresso del PSI a cui ho partecipato etiam spes contra spem et usque ad finem, anche contro ogni speranza e fino ad una fine che inevitabilmente è arrivata, è stata quella di rifondare il Socialismo in Italia con un grande Partito Ecosocialista, largo che includesse tutti coloro che finalmente si rendono conto che nel XXI secolo la questione ambientale e quella sociale sono indissolubili ed interdipendenti, guardando in particolare all’esperienza di Sanders in America. Invece tra i socialisti ormai cronicizzatisi in “sociolisti” e cioè “soci di lista”, permangono le diatribe tra craxiani e filocomunisti, tra radical chic e sostenitori dell’autonomismo a tutti i costi e altre “amenità” che sono più degne di un circolo di pensionati bocciofili che di un partito che vuole davvero rinnovarsi. E’ inutile, non c’è più nulla da fare. Il PSI è finito, è morto e a celebrare la sua illustre storia ormai serve solo un necrologio, come quello che ho già fatto al latere del congresso. Dopo avere assistito allo sganciamento progressivo da parte di Nencini dalla sinistra, e al suo avvicinamento sempre più schiacciato verso il PD, adesso ci accorgiamo che tale sterzata a destra non è bastata, nemmeno quando il PD dà un timido segnale di voler andare più a sinistra con l’elezione di Zingaretti. No, invece il nuovo PSI di Maraio preferisce +Destra +Liberismo +Rigorismo europeo, quale quello ampiamente dimostrato da Alde, nel sostenere la politica della cancelliera Merkel, si cerca la “furbata” di farsi eleggere in un gruppo: Alde, per poi passare ad un altro: il PSE, una volta eletti, sempre che si riesca a superare il quorum del 4% con una lista che si rivolge agli italiani quasi fosse una presa per i fondelli..cari italiani ci vuole +Europa, proprio quando questa Europa vi ha mazzolato di tasse, vi ha costretto alla recessione, vi ha rimpinzato di immigrati, e vi ha dato dei fascisti quando avete deciso di cambiare musica. Vedremo proprio come reagiranno e voteranno questa volta gli italiani. Certamente saranno più propensi a perdonare, ma di poco, un PD che ha cambiato segretario abbandonando il renzismo ma non la vocazione maggioritaria, piuttosto che premiare un partito che vuole per loro più di quello che loro hanno dato all’Europa. E quindi, cari pissini, il quorum non è per niente scontato. Della Vedova ha un passato tutt’altro che socialista, ha fatto parte della lista Monti, da giovane era per lo spinello libero ed è stato condannato per spaccio anche se “gratis”, in Cassazione nel 2003 a 4 mesi di galera ha militato poi per svariati anni nelle file del centrodestra aderendo al Polo delle Libertà, nel 2013 ha aderito alla lista con Monti per l’Italia.  Poi passa a Scelta Civica, poi l’abbandona, si avvicina al centrosinistra, si candida nel 2018 grazie a Tabacci, un ex democristiano e approda infine a +Europa, un movimento che aderisce ad Alde, gruppo europeo che è sponsorizzato da Soros e che mai si è discostato dalle posizioni della Merkel in merito al rigore (che ci è andato a fare allora Nencini poco tempo fa in Europa a contestarlo?), e soprattutto è contiguo alle posizioni di colui che oggi si dimostra nei fatti il peggior nemico dell’Italia, sia sul tema immigrazioni sia sulla questione libica: Macron a cui Della Vedova ha dato esplicitamente il suo consenso proprio nel congresso del PSI. In un momento in cui l’opposizione a questo governo appare del tutto disorientata e frastornata, Della Vedova propone di “marciare divisi per colpire uniti” ma non si accorge che rischia l’esatto contrario e cioè di dividere per essere colpiti meglio. Un Partito Socialista Italiano che dovrebbe piuttosto essere contiguo in Europa alle posizioni di Melenchon, primo antagonista di Macron, ambisce invece ad entrare in una lista di un gruppo che ne è fra i principali sostenitori. Della Vodova vuole in definitiva +Europa contro l’Italia. Tutto questo per entrare nel party europeo di Macron! Si è dichiarato che, in ogni caso, sempre ammesso e non concesso che si sia eletti con +Europa eventualmente i socialisti passeranno nel PSE. Così per far quagliare le cose i salti della quaglia si sprecano. Liberi in Europa quindi, in definitiva si traduce con liberi di andare contro la nostra ragione sociale, magari per sostenere i nemici dell’Italia in Europa, liberi di approfittare di un trenino elettorale, liberi di cercare il solito postarello al sole che però scordatevi pure che sia quello dell’Avvenire. SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

LA CINA SI AVVICINA SU UN’AUTO ELETTRICA

di Claudio Bellavita | In Canavese ci si ricorda molto bene cosa è successo quando dalla macchina da scrivere meccanica si è passati a quella elettrica, con un’infinità di pezzi in meno e la perdita di un’eccellenza artigiana nella finitura dei pezzi metallici. La stessa cosa, ma molto più ampliata e estesa a tutto il mondo, sta per succedere nella produzione delle auto. Ed è molto probabile che la leadership produttiva verrà presa dalla Cina, che non ha grandi fabbriche di auto meccaniche da smantellare e ha ingegneri a profusione per ogni settore di sviluppo . Sembra che la produzione delle batterie darà grossi problemi di inquinamento, ma non a caso la Cina ha creato da anni un ottimo rapporto con molti paesi africani, dove si trovano anche alcuni materiali rari utili per questa produzione, ma soprattutto dove la sensibilità all’inquinamento a lungo termine è inesistente a fronte di un inizio di occupazione tecnica. E molti paesi africani hanno un problema occupazionale provocato dagli investimenti, per l’appunto cinesi, nelle tecniche agricole produttive, precedute dalla costruzione di dighe che stanno cambiando la distribuzione delle acque, per esempio la portata del Nilo in Egitto quando saranno finite dai cinesi le dighe in Sudan e Etiopia. Insomma, la geografia del mondo sta cambiando, e di questo cambiamento la Cina è protagonista con una programmazione a lungo termine di cui non siamo al corrente. Per ora ci limitiamo a esultare per il passaggio della “via della seta”, di cui sappiamo parlare solo nella direzione Cina-Europa e molto poco del contrario. Dobbiamo ripensare a tutta la nostra programmazione a medio-lungo termine, che finora abbiamo poco pensato, pochissimo parlato e ancor meno applicato SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

SOCIALISMO XXI PER L’OGGI E PER IL DOMANI

di Antonino Martino – Coordinatore Segreteria Socialismo XXI Ieri sono stato, assieme al presidente Aldo Potenza, a nome di Socialismo XXI al congresso di Articolo Uno che si è chiuso oggi. Ho portato i saluti ed il contributo politico della nostra associazione. Ho ascoltato la relazione di Speranza  che ha evidenziato tutti i limiti, fortissimi, della lista in cui si troverà a convergere chi si riconosce nel partito del Socialismo Europeo. Come pure è da apprezzare l’intedimento dei compagni di Articolo Uno di non rientrare nel Pd ed anzi di lavorare ad una forza autenticamente socialista. Quello che mi pare ad oggi manchi però, è l’individuazione esatta della fase politica in cui ci troviamo. Nessuno ha rendite di posizione da far valere, occorre ricostruire tutto da zero, non ci sono forze politiche che da sole possano assumersi l’improbo compito di ricostruire,  una forza politica del Socialismo del XXI secolo. Per dirla con una metafora canora: nessuno può dire Marlena torna a casa, ma piuttosto serve riscoprire Giorgio Gaber con il suo libertà è partecipazione. E’ solo infatti, con un processo costituente, una Epinay del Socialismo Italiano, dove si arrivi ad un congresso di tutti coloro che sono interessati all’obbiettivo, dove tutti i soggetti politici, sociali, associativi, partano con la stessa legittimità, che si può arrivare a costruire un partito dove nessuno si senta ospite e tutti si sentano protagonisti perchè effettivamente sovrani su tutti i processi decisionali, politici ed organizzativi. Socialismo XXI, persegue testardamente questa strada, forte di un programma minimo che abbiamo messo a disposizione di tutta la sinistra socialista e democratica nel nostro paese. Il nostro programma parla anche di Europa, strumento utile a chi voglia oggi portare una voce competente e forte dentro il gruppo a cui anche noi ci sentiamo di riconoscerci, come dice il nostro statuto quello del partito Socialista Europeo. Pse che, come dice Speranza, non è esente da errori, di sicuro non lo è stato negli ultimi venti anni e che deve trovare proposte innovative anche costruendo ponti con le forze migliori che stanno al di fuori di esso nel campo della sinistra socialista democratica e dell’ambientalismo. E’ giusta l’impostazione di Speranza di voler tenere uniti coloro che fanno del Pse il loro riferimento politico, spece in una fase in cui il Psi pare prendere la strada di un accordo con i liberali dell’Alde, ma serve farlo su basi programmatiche solide e partecipate, come abbiamo provato a fare noi a Rimini e come stiamo provando tutt’oggi a procedere, trasformando gli enunciati programmatici in proposta politica quotidiana. Penso che su questa strada, potranno esserci compagne e compagni, che si riconoscono nella lista unitaria di coloro che fanno parte del Pse disposti a lavorare con noi per dare forza ad una prospettiva programmatica che parla di Europa da cambiare in senso Socialista. Lo auspichiamo e ci lavoriamo, sapendo che Socialismo XXI, è oggi soggetto piccolo ma centrale, avendo noi costituito un primo, piccolo, ma importante passo: quello di aver fatto partecipare il popolo Socialista alla costruzione di un programma politico minimo per ricostruire una forza del Socialismo del XXI secolo in questo paese. SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

RAGIONANDO SULLA FINE DI UN’EPOCA

di Pierfranco Pellizzetti | La rimozione delle alternative Alcune domande pregiudiziali: l’America di Franklin Delano Roosevelt ha qualche affinità con quella di Donald Trump? Ancora: l’Europa di Ventotene ha tratti che la accomunano a quella di Juncker (e prima di lui Barroso)? Nel 1989 la Storia è finita con l’instaurazione del regno della Libertà liberale o – piuttosto – si sono rotti i sigilli del vaso di pandora della Guerra Fredda con la fuoriuscita di un Turbocapitalismo ormai privo di contenimenti, che imponeva l’assiomatica cannibalesca dell’interesse avido? Ancora più in generale: possiamo chiamare Capitalismo (cioè la ricchezza che si riproduce attraverso l’investimento) questo presidio accaparrativo dei varchi per sottoporre a balzello il transito dei flussi materiali/virtuali, laddove si accumulano le faraoniche ricchezze odierne? Andando sulla congiuntura: è accettabile che il campo competitivo per le prossime elezioni europee di maggio si riduca a due soli giocatori altrettanto imbarazzanti (seppure in misura diversa), quali i sovranisti, che vanno dal Gruppo di Visegrad ai putiniani padani, contrapposti all’aggregato insalata russa pro tecno-buro-Europa, che dovrebbe imbarcare una ciurma altamente eterogenea che svaria dal fils préféré della banca e della Massoneria parigine Eduard Macron fino a un Tsipras ormai declassato a sguattero dalla Troika? Eppure sull’intera vicenda involutiva, a partire dai suoi lontani pregressi, continua a rimanere calata la cappa del mimetismo a scopo imbonitorio. L’antica tattica del potere illusionistico, che ammanta se stesso nei presunti attestati che ne confermerebbero l’attitudine a incarnare naturalità e verità. L’antico assunto panglossiano del “migliore dei mondi possibili”, trasformato al tempo del fordismo rampante in The Best Way, infine riaggiornato in TINA (There is no alternative, non ci sono alternative) dai ghost writers del duo anglo-americano di profeti e battistrada della restaurazione oligarchico-plutocratica: Margaret Thatcher e Ronald Reagan, i primi massacratori in ordine di tempo degli assetti liberalsocialisti postbellici. Ossia, la rimozione di ogni possibile opzione divergente come estrema difesa di un ordine morente; per confondere la capacità analitico-strategica degli schieramenti avversari, a partire dai loro modelli di rappresentazione. Già dalla definizione del campo competitivo. Con il supporto indispensabile della stra-collaudata tecnica manipolatoria e diversiva con cui si tende a mettere fuori gioco il dissenso colpevolizzandolo. Il primario meccanismo socio-psicologico che induce sottomissione financo ai soprusi. Per cui uno dei principali compiti culturali che si pongono a qualsiasi gruppo oppresso è quello di squarciare il velo di Maya che offusca nelle vittime la percezione della realtà/reale che li opprime; e – dunque – smascherare le giustificazioni autocelebrative del Potere-Verità. Operazione-alibi che questa fase storica vede messa in pratica stressando all’ennesima potenza la leva comunicativa; come conquista, attraverso le definizioni performative, di una posizione previlegiata e potenzialmente vincente nel terreno di scontro tra conservazione e cambiamento. Se – in tutt’altro senso – Voltaire e Diderot si attestavano in maniera vincente attribuendosi la luce (non è certo casuale l’appellativo di “illuministi”) e – così – confinavano gli antagonisti nella scomoda e perdente collocazione sul lato oscuro del campo; mutatis mutandis la proliferazione di neo-lingue create per conto della Reazione hanno – di volta in volta – attribuito etichette denigratorie alla controparte di turno: “giustizialisti” per i propugnatori di legalità, “comunisti” per quanti difendevano la funzione democraticamente redistributiva della leva fiscale, oggi “populisti” per i critici delle politiche antipopolari di questi ultimi decenni (il cosiddetto “keynesianesimo privatizzato”: se nella versione originale l’uscita dalla stagnazione economica si otteneva attraverso l’investimento pubblico in funzione anticiclica, oggi l’onere del prelievo è a carico dell’area centrale della società mediante precarizzazioni e impoverimenti). La fine del patto sociale cementato da coesione e inclusività, già garante della legittima aspirazione alla Giustizia e alla Libertà. Decadenza e caduta dell’ordine americano Qui siamo, «sospesi tra due mondi e tra due ere». Magari lo stato d’animo di chi scruta l’orizzonte, in questa lunga fine da cui non si intravvede un nuovo inizio, assomiglia a quello dei letterati gallo-romani tardo classici – i Rutilio Namaziano, gli Ausonio – che assistevano attoniti all’inarrestabile declino di ciò che per loro era assai più di una città, il luogo dello spirito; la Roma, ritenuta eterna, che irrimediabilmente franava per consunzione endogena, prima ancora che sotto i colpi barbarici. La differenza è che l’odierna decadenza in procinto di degenerare in caduta non è più quella di una città, bensì di un intero sistema-mondo. In piena crisi terminale e a rischio di subire quella vera e propria mutazione genetica che lo storico dell’economia Giovanni Arrighi preconizzava come “caos sistemico”. La perdita di centralità negli equilibri globali come vera e propria catastrofe della capacità egemonica di ricomporre il quadro frantumato offrendo un nuovo paradigma ed esercitando la correlata governance. Come era avvenuto in tutto il mezzo millennio del Moderno, nel susseguirsi di centralità politico-economiche (dalla Genova cinquecentesca dei banchieri di Carlo V e Filippo II alla New York del “secolo americano”, passando per Amsterdam e Londra). Difatti buona parte del Novecento ha parlato anglo-americano. E in tale lingua aveva sancito i principi-guida connotativi valevoli per quella parte del pianeta che definiamo Occidente; il cui vocabolario veicolava valori e modelli democratico-progressisti: New Deal, Welfare State, fino alla Great Society estremo lascito della breve stagione kennediana. Una centralità ormai priva di spinta propulsiva e che si regge su rendite posizionali inette a generare fertili interdipendenze spaziali: il quasi-monopolio del dollaro quale valuta di riserva globale; il presidio dell’ordine mondiale grazie alla più grande macchina bellica mai apparsa nella storia umana (seppure incapace di contrasto delle tattiche di guerriglia, terrorismo in particolare). Sicché – a differenze delle sequenze del passato – non si profilano all’orizzonte nuove centralità sistemiche, per almeno due impreviste modificazioni intervenute nelle condizioni di funzionamento nelle alternanze delle gerarchie planetarie: la crisi irreversibile dello Stato-nazione, che fungeva da placenta protettiva di nuove egemonie in incubazione; questa finanziarizzazione globalizzata dell’economia, che imprigiona nel suo tempo immobile i mondi della vita. Mentre analisti economici attendibili come Larry Summers, Paul Krugman e Joseph Stiglitz ormai prospettano l’avvento di una “stagnazione secolare”. Mentre – come scriveva lo storico Tony Judt nel suo saggio-testamento apparso postumo – nel frattempo “il mondo si …