RINO GIULIANI: GIOVANI EMIGRATI TORNANO IN ITALIA COL LAVORO DI QUALITA’

Rino Giuliani Disoccupazione e precarietà del lavoro, due mali gravi divorano l’Italia. In particolare le vittime sono i ragazzi. Così i giovani hanno ricominciato da anni e continuano ad emigrare in massa verso l’estero. Su come affrontare e risolvere il problema pubblichiamo una intervista a Rino Giuliani, portavoce del Faim (Forum delle associazioni italiane nel mondo). Il governo con i suoi provvedimenti ha annunciato una stagione di sviluppo e di crescita dell’occupazione trainata dall’attuazione del “reddito di cittadinanza”. Tutto ciò può essere attrattivo anche per giovani emigrati all’estero sempre più alle prese con un ambiente lavorativo precario? La situazione della nuova emigrazione italiana e le condizioni generali degli italiani all’estero esigono interventi che le istituzioni italiane non affrontano in modo organico, nei diversi aspetti già da tempo emersi ed evidenziati. Manca infatti una idea che dal costante presente in cui si colloca l’intervento pubblico faccia spostare l’azione dagli aspetti particolari ad una visione d’assieme, con lo sguardo al futuro dei singoli e delle nostre comunità all’estero. Questa situazione interroga tutti ed interroga in specie l’associazionismo e le forme di rappresentanza sociale in cui lo stesso svolge un ruolo essenziale. Come Comitato di Coordinamento Faim abbiamo evidenziato le tematiche di maggior rilievo e le problematiche più urgenti nel convegno tenutosi in Senato nel 2017 sulla base di indagini svolte insieme alle associazioni aderenti in diversi paesi europei. La particolare attenzione in quella occasione prestata alla nuova emigrazione, soprattutto in paesi dell’Unione Europea (compresa la Gran Bretagna e la Svizzera), ha fatto emergere la complessità delle questioni legate al movimento migratorio di giovani che ininterrottamente da dieci anni si sta producendo dall’Italia verso l’estero. La composizione del movimento migratorio – ripreso ormai da quasi un decennio – è molto complessa e ancora costituita largamente da giovani che emigrano per lavoro. Oltre un quarto dei giovani pur con un’alta scolarizzazione (titolo di studio superiore, università) trasferiscono la loro precarietà occupazionale all’estero. Una precarietà e una diversità di condizione dagli altri lavoratori, cittadini dei paesi di accoglienza, indotta sia da scelte pubbliche che dai comportamenti dei datori di lavoro. Ambedue le cause meritano di essere affrontate nei diversi piani di intervento e da diversi soggetti collettivi, pubblici e privati, che vi devono intervenire. Ciò vale per i cambiamenti continui nel mercato del lavoro e per le sopracitate politiche dette di “flessibilizzazione” e ciò vale appunto per la riduzione della sicurezza dell’impiego portate avanti dai diversi paesi. Quanto sta avvenendo nei singoli paesi europei, la destrutturazione del mercato del lavoro, sta creando, in forme diverse e per diverse ragioni, un progressivo peggioramento che colpisce in primo luogo gli immigrati ivi compresi quelli europei e italiani. I governi che in Italia si sono succeduti in costanza del fenomeno migratorio giovanile italiano hanno mostrato una più che modesta attenzione limitata ad iniziative mirate a provvidenze per quanti usciti per esperienze, quali Erasmus, sono stati invogliati a tornare per promuovere impresa nelle diverse regioni di provenienza. La verità è che i giovani non tornano se non c’è lavoro di qualità (non quello precario che nel frattempo è aumentato). Cosa occorre perché i giovani che sono all’estero, risorsa umana sulla quale famiglie e Stato hanno investito, tornino in Italia? Ci vogliono nuovi contratti di lavoro, una riduzione del loro numero (troppi sono solo capestri che servono a creare un mercato selvaggio nella contrattazione in dumping). Imprese e sindacati, da diversi punti di partenza, convengono che la via principale per creare il lavoro, quello vero, sono gli investimenti pubblici, cospicui, insieme a quelli privati. Va aggiunto che gli incentivi alle imprese elargiti in modo tanto generoso non sempre sono tornati nelle tasche dei lavoratori ma hanno preso la strada della speculazione finanziaria e delle scelte immobiliari. Il lavoro povero, il lavoro precario e poco remunerato è cresciuto in assenza di investimenti in innovazione, per il miglioramento dei processi produttivi e dell’organizzazione, nelle tecnologie digitali, così da essere in grado di garantire una sfida produttività cui già oggi sta partecipando, ma con costi troppo elevati, il mondo del lavoro. La condizione del paese, oggi in recessione e con un sistema produttivo di beni o di servizi pubblici e privati bloccato dall’assenza di investimenti, induce i giovani a restare nel paese di accoglienza ed a scommettere per il proprio futuro legandosi alle prospettive di quel paese che li ospita. Come sono seguiti dalle istituzioni italiane i nostri giovani all’estero? Quali soluzioni ai problemi cui vanno incontro possono essere date con il contributo di associazioni e con l’autorganizzazione dei giovani? I giovani emigranti non seguiti e tutelati all’estero dalle proprie istituzioni hanno, in generale, scarsi rapporti anche con le nostre associazioni. Pochi sono i casi d’intervento proattivo di associazioni rivolte a giovani che, comunque, in forme diverse, stabiliscono fra loro contatti “in rete” per forme di autotutela e per mutuo soccorso. Occorre dare una dimensione programmatica ed una capacità operativa concreta non casuale, al ruolo sociale delle associazioni in tema di diritti dei giovani emigrati (lavoro e welfare). È un dato di fatto l’indebolimento delle strutture associative “storiche”. Il che rende difficile svolgere una funzione di supplenza rispetto alle carenze dell’intervento governativo nei confronti dei nuovi emigrati ma anche dei più vecchi. La situazione dell’ emigrazione italiana nel quadro  nuovo determinato dai cambianti economici e politici non solo italiani (ad esempio Brexit e respingimenti avviati in alcuni paesi europei) ha implicazioni sulla condizione degli emigranti italiani vecchi e soprattutto nuovi  che non vengono affrontati ma che come FAIM riteniamo debbano essere nell’agenda del governo e nell’iniziativa dell’associazionismo che da un lato intende essere di stimolo verso le istituzioni e dall’altro intende promuovere strumenti concreti per una  partecipazione attiva, concreta, nei diversi paesi e in Italia, alla soluzione delle questioni aperte quanto irrisolte dei nostri giovani emigrati. La tendenza presente in diversi paesi europei in cui vive la nostra giovane emigrazione per scelte che puntano sulle identità nazionali con intenti escludenti pari condizioni per quanti stranieri “presenti”, pone con una certa urgenza la sistematizzazione degli interventi (diversi) di tutela. Si tratta, tra l’altro, …

LA RISPOSTA DI SOCIALISMO XXI AI COMPAGNI MARAIO E IORIO

Cari compagni,  abbiamo letto con grande attenzione le vostre cortesi risposte alla lettera aperta con la quale  abbiamo chiesto la vostra opinione sulla proposta di una Epinay del socialismo italiano. Ci sembra di poter affermare che, sia pure con le prevedibili differenze, dalle due risposte emerga la volontà di imprimere un deciso cambiamento rispetto alle politiche sinora sostenute dal PSI, e che non sia sfuggita la novità della nostra proposta che non intende ripercorrere esperienze già vissute in tempi diversi e, purtroppo, del tutto insoddisfacenti (la Costituente di 12 anni fa), ma pone l’obiettivo della costruzione di un nuovo grande soggetto politico di ispirazione socialista, moderno ed aperto a disponibilità individuali e collettive anche di chi non  è appartenuto alla storia e alla cultura riformista del vecchio PSI. Quindi è pur comprensibile ed auspicabile che questo impegno nasca, senza pretese egemoniche di nessuno, prioritariamente da una riunificazione dei compagni socialisti oggi dispersi in diversi movimenti ed associazioni, ma non deve trattarsi di una pura e semplice confluenza in un piccolo soggetto esistente. Si tratta di un impegno per la costituzione di un NUOVO soggetto politico di orientamento socialista, come fu nel 1971 ad Epinay, in cui tutte le forme organizzative, che in questi anni si sono costituite in modo indipendente e ritengono che il Socialismo sia l’unica risposta possibile alla deriva verso destra dell’Italia, possano partecipare con pari dignità. Attendiamo, quindi, le conclusioni del vostro congresso, pronti a valutare e cogliere positivamente le risposte  che si muoveranno nella direzione di una AUTONOMA proposta  politica  e verso una nuova forma del socialismo italiano. A voi e a tutti compagni e compagne inviamo i nostri migliori auguri per un proficuo congresso, nella speranza che segni davvero una svolta del e nel PSI. Per Socialismo XXI Il Presidente Aldo Potenza Il Coordinatore della Segreteria Nino Martino SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

CONSIDERAZIONI SUL REGIONALISMO DIFFERENZIATO

di Felice Besostri | Ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia, concernenti le materie di cui al terzo comma dell’articolo 117 e le materie indicate dal secondo comma del medesimo articolo alle lettere l) limitatamente all’organizzazione della giustizia di pace, n) e s), possono essere attribuite ad altre Regioni, con legge dello Stato, su iniziativa della Regione interessata, sentiti gli enti locali, nel rispetto dei principi di cui all’articolo 119. La legge è approvata dalle Camere a maggioranza assoluta dei componenti, sulla base di intesa fra lo Stato e la Regione interessata. Cominciamo ex art. 12 preleggi “Nell’applicare la legge non si può ad essa attribuire altro senso che quello fatto palese dal significato proprio delle parole secondo la connessione di esse, e dalla intenzione del legislatore.” Eppure si son sentite strane affermazioni, per le quali il testo dell’intesa tra Governo e Regione sarebbe immodificabile e che la legge non sarebbe sottoponibile a referendum una volta approvata dalle Camere. Come se l’ultimo periodo dell’art. 116 Cost. fosse del seguente letterale tenore: “L’intesa fra il Governo e la Regione interessata. è approvata con legge dalle Camere a maggioranza assoluta dei componenti.” Le parole “sulla base” indicano una proposta, non un testo da prendere o lasciare, come fosse una proposta di referendum propositivo nella prima versione. Neppure si può applicare per analogia l procedura per la modificazione delle Regioni/Province autonome ex l. c. n. 2/2001. La modificabilità è suffragata dall’art. 11 della stessa legge cost. n. 3/2001: Art. 11 1. Sino alla revisione delle norme del titolo I della parte seconda della Costituzione, i regolamenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica possono prevedere la partecipazione di rappresentanti delle Regioni, delle Province autonome e degli enti locali alla Commissione parlamentare per le questioni regionali. 2. Quando un progetto di legge riguardante le materie di cui al terzo comma dell’articolo 117 e all’articolo 119 della Costituzione contenga disposizioni sulle quali la Commissione parlamentare per le questioni regionali, integrata ai sensi del comma 1, abbia espresso parere contrario o parere favorevole condizionato all’introduzione di modificazioni specificamente formulate, e la Commissione che ha svolto l’esame in sede referente non vi si sia adeguata, sulle corrispondenti parti del progetto di legge l’Assemblea delibera a maggioranza assoluta dei suoi componenti. La norma non è stata attuata: il Regolamento Camera non è stato adeguato e quello del Senato ampiamente novellato nel dicembre 2017, ma entrato in vigore con la XVIII legislatura, non la ha recepita. Quindi il procedimento legislativo è quello ordinario, anche in ossequio all’art. 72 c. 4 Cost., che recita” La procedura normale di esame e di approvazione diretta da parte della Camera è sempre adottata per i disegni di legge in materia costituzionale ed elettorale e per quelli di delegazione legislativa, di autorizzazione a ratificare trattati internazionali, di approvazione di bilanci e consuntivi.” La legge, prevista dall’ultimo comma dell’art. 116 Cost., non è una legge costituzionale, ma sicuramente in materia costituzionale. Non venga, quindi, in mente al Governo di porre la questione di fiducia sulle intese.  Fosse stata attuata comunque la bozza che doveva essere approvata dalla Commissione referente, cioè la Commissione Affari Costituzionali era quella della Commissione Affari Regionali integrata, comunque modificabile con un voto a maggioranza assoluta dell’assemblea parlamentare. La legge è comunque tra quelle sottoponibili a referendum abrogativo ex art. 75 Cost., in quanto non appartenente a quelle escluse dall’art. 75 c. 2 Cost. (“Non è ammesso il referendum per le leggi tributarie e di bilancio, di amnistia e di indulto, di autorizzazione a ratificare trattati internazionali”). La mancata attuazione dell’art. 11 l.c. n. 3/2001 impone di tenere conto D.Lgs. 16 dicembre 1989, n. 418- Riordinamento delle funzioni della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano e degli organismi a composizione mista Stato-regioni, in attuazione dell’art. 12, comma 7, della legge 23 agosto 1988, n. 400 (D.Lgs. 16 dicembre 1989, n. 418) come norma di buona amministrazione, anche se non rientra nei casi di consultazione obbligatoria. La prima applicazione dell’autonomia differenziata crea aspettative nelle altre regioni e regolare il procedimento corrisponde all’esigenza di assicurare il buon andamento e l’imparzialità dell’amministrazione, come richiede l’art. 97 Cost.  Vista la delicatezza occorrerebbe anche disciplinare anche la previsione che impone di sentire gli enti locali, che visti i pericoli del neo-centralismo regionale non può essere ridotta ad una formalità.  Accanto ai problemi procedimentali vi sono quelli politici. Sarebbe un errore politico impostare l’opposizione in termini di “ Sud contro Nord” o di “Secessione dei ricchi” , la risposta a chi minaccia l’unità e l’indivisibilità dell’Italia (art. 5 Cost.), l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale(art. 2) e a chi invece di rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale(art. 3 Cost.), ne  vuole creare altri secondo la regione di residenza, non può essere la denuncia dei misfatti delle truppe savoiarde o la politica protezionista dell’industria del Nord a danno dell’agricoltura meridionale, ma una difesa dei valori costituzionali e delle prescrizioni dettate appositamente per le Regioni dall’art. 119 Cost. quali il fondo perequativo per i territori con minore capacità fiscale per abitante (comma 3) o le risorse aggiuntive e gli interventi speciali in favore di determinati Comuni, Province, Città metropolitane e Regioni per promuovere lo sviluppo economico, la coesione e la solidarietà sociale, per rimuovere gli squilibri economici e sociali, per favorire l’effettivo esercizio dei diritti della persona (comma 5). Tutte queste disposizioni impediscono che le entrate fiscali siano vincolate ai territori dove sono prodotte. La prima battaglia comune a Nord Sud è che tutti, proprio tutti siano tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva, grazie a un sistema tributario informato a criteri di progressività (art. 53 Cost.): senza i costi nascosti della corruzione, del clientelismo e del crimine organizzato staremmo tutti meglio. Chi sta al Nord ha migliori condizioni e occasioni di guadagno, ma contrapporre i ricchi del Nord ai poveri del Sud serve solo a rafforzare le caste politiche al potere. Impedire lo …

QUANDO UNO STATO MUORE

di Daniele Balicco | “Domani, venerdì 15 febbraio, il governò firmerà l’intesa per l’autonomia differenziata di Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna. Si tratta di una richiesta di devoluzione pressoché totale, una secessione mascherata da autonomia. Sono moltissime le ragioni per cui non c’è stata alcuna discussione pubblica su questa trattativa “privata” fra Stato e Regioni. Nessun giornale, nessuna radio, nessuna trasmissione televisiva nazionale (a differenza di quanto accade da mesi in Veneto) ne ha approfondito la portata, tecnica e politica. Difficile farlo, del resto, anche perché l’intesa siglata fra la ministra per gli Affari Regionali e le Autonomie, la leghista Erika Stefani, e i governatori di Lombardia, Veneto ed Emilia, è tutt’ora segreta. Una volta firmata dal governo, questa proposta dovrà passare in parlamento. Non potrà però essere discussa: solo approvata o respinta, a maggioranza assoluta. Se passerà, non potrà più essere modificata in alcun modo, neppure attraverso referendum abrogativo, per dieci anni. La ministra Erika Stefani parla di vera e propria rivoluzione. E ha ragione. La Lega, l’unico vero “partito gramsciano” rimasto, con tanto di intellettuali organici, una strategia lucidamente perseguita e una visione ideologica complessiva, sta per riuscire ad ottenere l’obiettivo per cui è nata: separare il Nord dal resto d’Italia. Non si tratta di federalismo; ma, questa volta, con indubbia intelligenza politica, di secessione mascherata da autonomia. Nell’intesa, Veneto e Lombardia (e, solo in un secondo tempo, Emilia Romagna) chiedono infatti l’attribuzione di 23 aree di competenza su 23, vale a dire su tutte quelle previste dall’articolo 117 della Costituzione. Una devoluzione totale di potestà, compreso fisco, demanio e istruzione. Le questioni centrali sono due. La prima è ovviamente legata alle risorse finanziarie. L’obiettivo ultimo è quello di trattenere sul territorio i 9/10 del gettito fiscale. Il tutto mascherato da una procedura tecnica: da ora in avanti, infatti, per gestire le risorse che le Regioni potranno trattenere, verranno stabiliti dei bisogni standard parametrati sul gettito fiscale. L’idea è semplice: se un territorio è più ricco ha diritto ad avere più servizi e di miglior qualità. In questo modo, come ben spiega Giancarlo Viesti nel pamphlet Verso la secessione dei ricchi. Autonomie regionali e unità nazionale (il testo si può scaricare gratuitamente dal sito dell’editore Laterza) si fa tranquillamente passare il concetto che i diritti di cittadinanza “a cominciare da istruzione e salute, possono essere diversi fra i cittadini italiani; maggiori laddove il reddito pro-capite è più alto”. La seconda questione è però ancora più spinosa: l’istruzione. Qui, duole dirlo, si vede all’opera l’intelligenza politica di questa classe dirigente leghista, per quanto oscena, in nulla improvvisata. È la vecchia battaglia per l’egemonia. Si vuole una scuola regionale, con in insegnanti dipendenti dalle Regioni e assunti secondo criteri discrezionali stabiliti dalle stesse. Fra cui, anzitutto, la residenza. Ma è solo il punto di partenza; la volontà politica è quella di intervenire direttamente sui curricula. L’avvio di questa trattativa “segreta” fra Stato e Regioni si deve al bellunese Gian Claudio Bressa: il 28 febbraio del 2018, in qualità di sottosegretario di Stato dell’ultimo governo Gentiloni, concluse con Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna un’intesa preliminare. E così, mentre Renzi aveva avanzato, nel suo progetto di riforma costituzionale, un’ipotesi di ristrutturazione dello Stato, con una nuova centralizzazione delle competenze strategiche affiancata da un federalismo regionale equilibrato – e va detto: era l’unico aspetto di valore della riforma, per il resto pessima – ; il governo Gentiloni fa la mossa esattamente opposta, aprendo alla possibilità di una concreta disgregazione dello Stato, di una devoluzione pressoché totale che fu sempre osteggiata perfino da Berlusconi. Forse la lunghissima transizione italiana è arrivata al suo compimento. In silenzio, e quasi di nascosto, il 15 febbraio 2019 potrebbe diventare una data storica. La data in un cui uno Stato, l’Italia, muore.” Fonte: Le paroleelecose SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

SEMINARI LASST

Nasce il progetto dei Seminari monotematici su argomenti di attualità politica e sociale. Ogni Tavolo di Lavoro si comporrà di 4/5 Esperti del settore, italiani e stranieri che porranno lo stato dell’arte sugli argomenti in oggetto e periodicamente si aggiorneranno telematicamente per verificare l’evoluzione del settore. I temi Lavoro, Ambiente, Sanità, Scuola, Trasporti sono scelti quali tematiche emblematiche del concetto di “pubblico” applicato alla Società in atto, sempre più sospinta verso nuove forme atipiche di privatizzazione che favoriscono le leggi del profitto e del mercato. LAVORO: individuazione delle frontiere odierne del lavoro; sviluppo del lavoro telematico, del terziario e della digitalizzazione nell’evoluzione dell’occupazione. Come è cambiata la società del lavoro, dal contado e dai contadini alla Green Economy; la fine del Fordismo e il terziario avanzato; la flessibilità lavorativa e l’occupazione instabile. AMBIENTE: la crisi dei fossili: mito o utopia?; la transizione verso nuove vere fonti rinnovabili: progetto industriale o espressione delle cultura che cambia?; incidenza dello stile di vita nel mondo digitale e recupero dei materiali “perduti”; il trasporto come fonte di flessibilità economia e produttiva; come integrare la risorsa turistica con le infrastrutture e come concia lire sviluppo economico e salvaguardia dell’ambiente urbano. SANITA’: la privatizzazione in atto del SSN e il welfare controllato; come redistribuire nell’ambito territoriale l’offerta sanitaria in funzione delle necessità epidemiologiche del territorio; il controllo della spesa sanitaria e la preve3nzione della corruzione; l’offerta sanitaria ai migranti nello “ius soli”. SCUOLA: ridurre la divaricazione della qualità d’insegnamento tra scuole pubbliche e private; incentivare le iniziative dei docenti verso una migliore qualificazione e retribuzione; spalmare sul territorio l’offerta culturale adeguata; render più fruibile l’offerta culturale basica ai nuovi cittadini immigrati; favorire l’integrazione fondamentale Scuola-Famiglia. TRASPORTI: rendere efficienti le infrastrutture e riqualificare lo spostamento delle merci materiali e immateriali; Le Autostrade del Mare in Italia e i Corridoi di Van Miert; Efficienza dei trasporti nel territorio quel risorsa economica. Il difficile transito verso coniugazione di flessibilità economica urbana e congestione stradale. Ridare i Centri Storici ai cittadini e la centrifugazione dei mezzi privati. SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

GIAMBATTISTA COLTRARO NUOVO COORDINATORE DI GIOVANE FIUMANA

I compagni e le compagne di Giovane Fiumana presenti a Rmini, nel corso dell’assemblea programmatica di Socialismo XXI, hanno eletto il compagno Giambattista Coltraro nuovo coordinatore nazionale di Giovane Fiumana. L’attuale coordinatore della segreteria nazionale di Socialismo XXI e coordinatore uscente di Giovane Fiumana Antonino Martino, unitamente ai compagni Greta Moretti, Elena Iannuzzi, Antonio Dolce e  Andrea Silvestrini eletti nella segreteria nazionale dell’associazione stessa, formulano i migliori auguri al compagno Coltraro, certi che proseguirà il suo lavoro politico brillantemente, sull’onda di quanto fatto per radicare Giovane Fiumana in ogni regione Italiana, dando il sostegno necessario a Socialismo XXI per quanto riguarda idee, proposte, energie provenienti dal mondo giovanile.   SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

LA “TERZA” REPUBBLICA E IL SOCIALISMO DEL III MILLENNIO: COME FARE LA DIFFERENZA

di Giambattista Coltraro* | La vita che scorre ogni giorno sotto i nostri occhi, ci vede crescere, maturare, cambiare, trasformare: non si ferma, ci avverte invece che comunque vada, sarà domani, si andrà Avanti in un modo o in un altro. In questo nostro tempo, che scivola via più veloce che mai, il modo con cui si procede, però, non è irrilevante: il modo fa la differenza fra stare bene o finire male, salvarci tutti o lasciarci abbandonare, vivere in pace o combattere in guerra, rischiando la morte. L’esperienza pratica ci dice infatti che, quando si vuole ottenere qualcosa da se stessi o da qualcun altro, perché si ha in testa di raggiungere un obiettivo preciso, un risultato concreto, non è importante soltanto determinare l’oggetto della richiesta, cioè quello che si intende conquistare, ma anche e soprattutto il modo con cui ci si propone, insomma come lo si domanda. Spesso sentiamo parlare con buon senso di “meriti e bisogni”, come cardini di un sistema democratico, economicamente efficiente e politicamente efficace. Sulla scorta della riflessione di Dworkin, forse sarebbe però il caso di centrare il focus della discussione sul rapporto fra abilità (o talenti) e necessità (o bisogni).  Il termine merito indica una soluzione a prima vista ragionevole, ma sostanzialmente fuorviante rispetto alla visione complessiva di una società solidale, che non si basa esclusivamente sulla competizione darwiniana, ma che si fa carico di chi è rimasto indietro, degli ultimi e dei più poveri soprattutto.La logica meritocratica infatti è eminentemente retributiva e quindi conservatrice, disconosce la mera casualità che governa la distribuzione dei talenti e delle opportunità. Proprio per questi motivi sarebbe maggiormente significativo considerare la virtuosità del talento, del suo riconoscimento, della sua promozione, della sua particolare posizione nell’organizzazione del lavoro, la cui preminenza rispetto alla generalità delle competenze va associata ad una maggiore responsabilità politica, economica e sociale.Nel cuore di questa premessa pulsa l’anima di una collettività equilibrata, armoniosa e pacifica, che riconosce il valore dell’intelligenza, premia l’impegno, consente lo sviluppo integrale della personalità e perciò si ispira ad un principio di partecipazione alle spese dello Stato antitetico alla flat-tax, perchè retto razionalmente dalla progressività delle imposte sulla base di un’effettiva capacità contributiva. Il flusso delle notizie che ci travolge costantemente ci avvisa dell’imminente avvento di un mondo altro, denso di trasformazioni e di peggioramenti, una sorta di anticipo dell’altro mondo, cui siamo tutti ineluttabilmente destinati. Immersi in questa corrente che ci spinge verso l’alto mare, sembra che la pavida cautela dell’indifferenza stia guidando la rotta di una navigazione a vista, incerta se l’approdo più prossimo sarà nel porto chiuso dell’autoritarismo, protetto dalla violenza, dalle forzature e dal silenzio complice del terrore, oppure nel porto sicuro del diritto, sorretto dalla volontà popolare e dalla ragionevolezza delle istituzioni pubbliche. In tale clima di tempesta che volge alla burrasca si profila all’orizzonte il pericolo di un incontro mostruoso che lega le insidie dei rancori con i movimenti della rabbia, minacciando quell’ordinario svolgersi della vita quotidiana, che ci fa considerare normali molte possibilità acquisite con la fatica del tempo e la stabilità della pace, e altrettante libertà combattute contro il pregiudizio bugiardo e la cattiveria dell’ignoranza. La realtà dei nostri giorni è una storia che si ripete come quando sotto il ventennio disgraziato del fascismo l’urlo della massa si accordava col culto della nuova casta, fondendo cesarismo e populismo nel gusto vigliacco della crudeltà. Quando pure il cambiamento non rappresenta che un modo come un altro per nascondere la vergogna del tradimento, quando anche i vaffanculi sembrano vestiti con l’abitino dei paraculi, quando persino gli ebetini hanno lasciato il posto agli abatini del progresso, nuovi don Abbondio di una vecchia religione, ciò che marca la differenza sta nella fedeltà ai valori comuni, alla tradizione dell’impegno, alla terra di uno Stato, che non è una patria di nessuno. Essere patrioti oggi vuol dire innanzitutto sentirsi fieri perché cittadini della Repubblica e responsabili del nostro futuro collettivo, che poggia la propria base nella partecipazione e nell’adempimento dei doveri inderogabili stabiliti dalla Costituzione sin dal suo art. 2, che ci richiama tutti alla solidarietà nazionale, politica, economica e sociale. La difesa della nazione, come luogo della nascita e culla dello sviluppo, passa prima di tutto dal contributo indispensabile di ogni suo abitante e quindi dal mantenimento della legalità, di quel valore per cui tanti hanno pagato il prezzo del loro sangue nel contrasto alla criminalità da parte dell’antimafia in tempi recenti, nella lotta partigiana dell’antifascismo e prima ancora nei conflitti per la liberazione dal dominio straniero e l’unificazione del territorio italiano. Per questo onorare la conquista dell’indipendenza e della sovranità popolare è già patrimonio saldamente condiviso dalle comunità locali e dai singoli, che non hanno messo in dubbio l’esistenza dell’Unità d’Italia, né la sua tutela e protezione, garantita inoltre dall’adesione a organismi internazionali come l’Onu e il Consiglio d’Europa e dal sogno di una possibile Federazione Europea più democratica e attenta ai bisogni dei suoi cittadini. Di fronte alla concretezza delle difficoltà dei nostri tempi servono perciò risposte più giuste, ossia adeguate a risolvere necessità che sono complesse e delicate da trattare senza abbandonare nessuno nel deserto degli esodati, dei diseredati e dei reietti. Occorre però allo stesso tempo rimanere consapevoli che queste soluzioni si ottengono con la fatica e le intelligenze già presenti in Italia, che non è una mera espressione geografica ma una realtà vivente e un attore politico che sa stare al pari degli altri sullo scacchiere internazionale, senza bisogno di facili asservimenti all’uno o all’altro leader del momento, ma con tutta la dignità di un Paese libero e di una nazione che è prima di tutto uno Stato di diritto in uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia. È perciò attraverso una rigorosa applicazione del tenore delle norme, nella piena padronanza del sistema giuridico, che si rafforza e vivifica la natura delle nostre istituzioni, adattandole con sensibilità e tatto alle modificazioni dell’ambiente circostante in una metamorfosi e osmosi continua che muta l’aspetto della loro forma senza stravolgere le ragioni della loro …

L’ESTRAZIONE DEL VALORE, OVVERO IL FURTO

di Claudio Bellavita | Dispensa per la Conferenza di Rimini “Nuovi Meriti e Bisogni” Ha avuto molto successo l’edizione italiana del libro di una brillante economista inglese dal nome italiano, Mariana Mazzuccato, “il valore di tutto”, in cui spiega che oggi il capitale si moltiplica non tanto con il plusvalore ricavato sottopagando i lavoratori, come da analisi di Marx, quanto con operazioni finanziarie, nazionali  e internazionali, che “estraggono il valore” dagli azionisti. Cioè lo rubano, come avrebbe detto mia nonna, che non aveva studiato molto ma era intelligente. Non che non fosse un furto sottopagare i lavoratori dopo averli ridotti alla fame, in Inghilterra con le enclosures, cioè l’appropriazione delle terre comuni che esistevano nei paesi, e oggi nei paesi del terzo mondo con una crescita eccessiva della popolazione: sicuramente ciascuno di noi, oggi, ha addosso una maglietta fatta in Bangladesh, che ha più abitanti della Russia, ma ci sono i teorici dell’equilibrio del mercato che spiegano filosoficamente che  il prezzo determinato dall’incontro tra domanda e offerta è sacro, e guai a chi si permette di notare che il venditore sta per morire di fame…non insegnerà mai più neanche alle elementari.   La Mazzuccato fa notare che è molto più redditizio il furto ai risparmiatori, che non essendo abbastanza in gamba per aprire un’azienda ne sottoscrivono le azioni, o gli prestano soldi, in genere con l’intermediazione di una banca, la quale deve pure campare, e ci sono gli americani che glielo insegnano, dopo aver imbottito la stessa banca di loro titoli fasulli (derivati, cds, titoli rappresentativi dei crediti in sofferenza USA sul  credito al consumo e immobiliare, e via inventando: adesso ci sono i cinesi, che, con l’intermediazione della Compagnia delle Opere, svaligiano gli enti locali offrendosi di fare lavori senza appalto ma con pagamento rateale a lunga scadenza, in modo che tra i debiti del comune si possa iscrivere solo la rata in scadenza).  Noi in Italia, che siamo dotati di un ceto politico retorico e ignorante, abbiamo anche avuto la variante del saccheggio delle aziende pubbliche e private, celebrato in mezzo ai peana dei liberisti, radicali compresi, che si sono fatti incantare dall’Istituto Bruno Leoni, creato apposta per spiegare a questi italiani diffidenti che non c’è niente di meglio che farsi derubare dalla finanza angloamericana. Adesso, che quando arriva un americano a vendere nuovi titoli la banca italiana tende a chiamare i carabinieri, è di moda comprare i crediti in sofferenza della stessa banca a un prezzo rovinoso perchè la Banca d’Italia e la BCE ordinano di liberarsene al più presto, minacciando sfracelli. Il guadagno previsto è di circa il 100%: certo, ci vuole un po’ di tempo per realizzarlo, ma i tassi di interesse sono così bassi, addirittura negativi in molti paesi, da rendere molto redditizia questa operazione: gli italiani, alla lunga, sono solvibili, hanno tutti almeno un immobile. In Italia abbiamo poi avuto due importanti varianti:   –La privatizzazione delle municipalizzate, che sono tutte diventare s.p.a, con azionisti privati che han comprato al ribasso da comuni famelici perchè ormai privi di risorse per far fronte ai loro compiti istituzionali. Il tutto in mezzo a canti di giubilo dei nostri liberal, e del partito radicale. Nessuno dei giubilanti si è ricordato che il primo a sostenere che la municipalizzazione dei servizi era un’ottima cosa è stato quel pericoloso comunista di Luigi Einaudi. La cosa è andata così scandalosamente avanti da provocare la reazione del referendum sull’acqua pubblica, che ha avuto uno strepitoso successo in Italia (come anche in Europa) nonostante le convulsioni di “liberali” e anche dei nostri radicali, che adesso si sono dati come segretario un liberale DOCG (anche se con un fastidioso marchio di transito Berlusconi) come Della Vedova. –La svendita delle partecipazioni statali, iniziata da Prodi che tentò di svendere la Buitoni a De Benedetti, ma fu bloccato da Craxi. Che non c’era più quando i “capitani coraggiosi” si comprarono la Telecom a spese degli stessi azionisti di minoranza Telecom, grazie alla complicità della Consob, che consentì la fusione con Telecom della società privata acquirente e carica dei debiti fatti per pagare all’IRI il pacco di maggioranza  della società acquistata. Un furto epico, superato forse solo sempre da Prodi, ma con un aiutino di D’Alema, dalla svendita delle autostrade ai Benetton, che erano i soli a sapere che il governo aveva finalmente deciso l’aggancio automatico delle tariffe al costo della vita, e quindi furono gli unici a fare un’offerta. In pratica si comprarono tutto il sistema pagando solo il valore della catena degli autogrill. Il resto del mondo era ancora fermo all’odissea per l’adeguamento delle tariffe che non arrivava mai e comportava la distribuzione a pioggia di mance non si sa bene a chi, e, come succede in Italia, facendosi derubare anche dall’incaricato della distribuzione delle mance allevato alla scuola di Gelli (uno come Bisignani, per esempio..) Uno si potrebbe chiedere con quali soldi i privatizzatori facevano queste operazioni: e allora bisogna parlare dell’eurodollaro, cioè delle riserve occulte fatte sovrafatturando gli acquisti dall’estero e sottofatturando le vendite, cosa che è andata avanti per decenni, e, per esempio, spiega come mai c’era tanta gente che voleva acquistare la Montedison, cronicamente in perdita per gli azionisti di minoranza ma non per il gruppo di controllo, che faceva la cresta sugli investimenti. Tutte queste operazioni erano dei furti legalizzati dalla norma italiana che prevede che l’appropriazione indebita sia perseguibile solo su denuncia in tempi brevi del rappresentante legale del derubato, rappresentante che nel nostro caso è il capo della banda dei ladri. Il gruppo FIAT, che aveva gli avvocati più intelligenti, queste operazioni le faceva solo con società estere sempre di proprietà della stessa FIAT, che così esportava capitali nell’interesse complessivo del gruppo, ma non dell’Italia. PS. il nome italiano della Mazzuccato mi fa pensare che sia uno dei tanti brillanti giovani universitari che ci siamo fatti portare via (in questo caso, suppongo dalla prof. Robinson a Cambridge) mentre da noi andavano avanti i figli dei docenti insieme a quelli dei politici che aiutavano a costituire …

LA QUESTIONE ENERGETICA

di Aldo Ferrara | Intesa come prioritaria la Questione Energetica riassume una serie di problematiche di stretta attualità. Premessa Se negli anni cinquanta, la ricerca disperata di Enrico Mattei verso nuovi approvvigionamenti lo portò fino in Russia aprendo gli scenari geopolitici che poi si consolidarono negli anni successivi, anche in Italia la spinta alla ricerca dei fossili ha creato sussulti anche politici, basti pensare al Governo di Milazzo, alla lotta di fazioni democristiane chi per favorire Mattei chi per installare, come poi avvenne in Sicilia, Gulf Oil e British Petroleum ossia le maggiori compagnie del Cartello anglo-americano. Il dopo-Mattei gestito da Cefis fu abilmente controllato dal PSI finchè Craxì non impose Mazzanti alla presidenza ENI. Il prof. Giorgio Mazzanti, persona illuminata e socialista fervido, fu al centro di uno scandalo, l’ENI-Petromin, in cui fu agnello sacrificale. Da allora ai socialisti fu assegnata l’etichetta di usurpatori per fini opachi del problema Energia. Oggi gli scacchieri geopolitici, quello artico, dove l’ENI gioca una partita importante con il gigante Goliat, superpiattaforma e vanto italiano, quello mediorientale che, dopo aver creato la guerra siriana a causa dell’Oleodotto Islamico che doveva trasferire il gas del maxigiacimento quatarino North Dome/South Pars, vede una guerra pseudo religiosa e invece dominata dagli interessi petroliferi di trasferimento, da un lato l’Oleodotto Sciita, con il fronte Qatar – Iran – Russia – Turchia e dall’altro l’Oledotto Islamico con gli Emirati Arabi -USA – Europa. Ma in realtà il danno italiano che si sta profilando è tutto lo scenario mediterraneo dove la questione migranti sottointende quella energetica, con la costruzione di Poseidon, alla cui partecipazione l’Italia concorre con l’IGI, consociata Montedison, come ha voluto nel 2017 il Ministro Calenda. Il Poseidon con i suoi 1900 km di tubature mediterranee che sfioreranno le coste cipriote, turche, greche e sfocierà a Otranto, verserà gas & oil provenienti dai mega giacimenti Zohr, egiziano scoperto dall’ENI, circa 15 mld di m3, Aphrodite, Tamar e Leviathan di pertinenza israeliana, con copertura USA. Una nuova Melendugno, dopo la TAP, si approssima e il tutto avviene, guarda caso, nelle acque del Mar Nostrum che diventerà Mar Mostrum, scenario di lutti e morti dei migranti in un fango di petrolio. Ed infine lo scacchiere eurasiatico, dove Putin sta cingendo con una morsa (North Stream e TANAP) l’Europa, costringendola a patti inverecondi cui si sono ribellati i Paesi di Visegrad. Scacchiere che vede coinvolta l’Italia, per la presenza di imprenditori, politici e quanti altri hanno allungato la filiera produttiva, portando i prezzi alle stelle, malgrado la riduzione costante del barile fino al minimo storico di 26 $/barile nel gennaio 2016. Qui ci inseriamo noi con una nuova concezione di Energia che deve diventare alternativa per liberarci dall’ossessione petrolio, fonte di arricchimento, accaparramento e morti per inquinamento. Una nuova politica estera, visto che in Italia la fa l’ENI e non il Governo, una nuova concezione di Energia Sostenibile verso le rinnovabili gestendo la transizione con Energie Compatibili. Spendere circa 100 miliardi di euro/ l’anno per il fabbisogno energetico è giustificazione idonea per dare al nostro Movimento un asset politico e programmatico di larghissimo spessore. Non cogliere questo argomento sarebbe esiziale per il Paese, espressione di miopia politica e perdere un’occasione vincente per dimostrare quanto ai socialisti stia a cuore la preservazione dell’Ambiente modulata con la crescita economica e la salvaguardia occupazionale. Fabbisogno Energetico Malgrado la fase attuale sia post-fordista, con ridotta potenziale di produzione industriale, la principale risorsa di reddito, non finanziaria, è legata al terziario avanzato che obbliga la società a grandi spostamenti di merci materiali e immateriali. Dunque il trasporto rende ragione della necessità di grandi investimenti europei come ipotizzati da Karel Van Mierte con i Corridoi Europei, per lo più legati al trasporto su ferro, da cui poi discende la TAV. Lo spostamento su gomma rende ragione di un grande assorbimento di carburante di cui l’Italia dispone sono per importazione. Soltanto il 7% del carburante utilizzato è estratto e lavorato in Italia. Detta dipendenza, nota sin dai tempi di Mattei, ci porta ad una spesa corrente che varia a seconda delle contingenze di crisi ma che si aggira su una forbice che va dai 35 ai 50 mld/anno. Vedi Fig. 1. Spesa legata all’Inquinamento da Fossili Da circa 35 anni assistiamo impotenti alla devastazione dell’aria che respiriamo nelle nostre città, specie le piccole, che presentano una minore offerta di TPL (Trasporto Pubblico Locale). 8 milioni nel mondo! Tanti i decessi, ogni anno, per i cambiamenti climatici. E sono stimati per difetto. A cosa attribuire infatti l’aumento della morbosità della malaria per effetto dello spostamento negli emisferi subtropicali dell’Anopheles? Come dimostrare che aumenta la mortalità degli anziani per gli effetti dovuti all’estremizzazione del clima? Estremizzazione non tropicalizzazione come i media erroneamente affermano. Come spiegare che la mortalità italiana per Ca polmonare, oggi attestata a circa 90 casi ogni 100 mila abitanti, mentre nel primo dopoguerra (1951), era di soli 7 casi /100 mila? Sono e saranno sempre di più queste le conseguenze della vita basata sul petrolio? Inquinamento e cambiamenti climatici stanno modificando la geofisica planetaria e ci costano un’enormità in termini di malattie e dissesto territoriale. Se la dominante del XX secolo è stata la dipendenza dai derivati del petrolio, impiegati in ogni attività umana da quelle industriali alle domestiche e quotidiane, nel XXI il teorema post-capitalistico è un altro: maggiori sono i consumi, maggiore è la potenza contrattuale. Così l’oro nero ridisegna i confini della geopolitica, diventa sempre più foriero di guerre, malattie da inquinamento, causa di forti sperequazioni, generatore da una parte di grandissime ricchezze, dall’altra di sconfinate povertà. Circa la spesa corrente per i danni da inquinamento (diagnosi, cure, riabilitazione, giorni di lavoro perduti, riabilitazione etc, siamo assestati su circa 5 mld di euro l’anno che derivano dal Capitolo di Spesa del Sistema Sanitario nazionale. Prospettive sulle rinnovabili Le prospettive sono ancora carenti, abbiamo a malapena raggiunto un 15% di rinnovabili vere, includendo però nel computo anche le fonti naturali come idro-elettrico e geotermico che utilizziamo da sempre. Un percorso lontanissimo se si pensa …

UNA SOCIETA’ PIU’ RICCA

di Carlo Patrignani | Dato per morto, il socialismo, idea che sopravvive ai rovesci elettorali più o meno drammatici, che invece decretano la morte di un partito, ricompare motuproprio smentendo i de profundis malamente intonati. Perché? Perché il socialismo è un tutt’uno con la vita umana, è il progetto dell’uomo che per natura è essere sociale: vive, lavora, sta insieme a tanti altri nella società di cui fa parte. Il dogma di Margaret Thatcher ‘la società non esiste’ ma esistono Gerhard, Tony, Bill, Therese, per cui ‘there is non alternative’ – non c’è alternativa alla società neoliberista – è seccamente smentito dal ‘for the many, not the few’ – la società per i molti, non per i pochi – di Jeremy Corbyn. Se si alza lo sguardo Oltreoceano si scopre che Bernie Sanders, Alexandria Ocasio-Cortez, Julia Salazar, hanno reso la parola socialismo non più una bestemmia. Jeremy e Bernie hanno saputo coniugare, in due paesi culla del capitalismo industriale e finanziario, socialismo e società con l’interlocutore naturale: l’essere umano che esige libertà e uguaglianza, senza disconoscere però la diversità né per sesso, colore della pelle e lingua parlata. Si sono incamminati in direzione della società socialista, quella capace di dare a ciascuno/a la possibilità massima di influire sulla propria esistenza e sulla costruzione della propria vita. Ci si sta dirigendo verso un’altra società: quella che il presbite acomunista Riccardo Lombardi chiamò agli albori del ‘68 una società più ricca perché diversamente ricca, emancipata dalla cultura capitalistica e neoliberista. È il tipo di consumi che vogliamo cambiare; sono le basi delle aspirazioni, delle preferenze e delle soddisfazioni che vogliamo cambiare, perché il socialismo è il progetto dell’uomo; dell’uomo diverso che abbia diversi bisogni e trovi il modo di soddisfare questi bisogni. Dove andiamo a ricavare gli elementi per soddisfare meglio bisogni più elevati? Li a andiamo a prelevare dall’eliminazione delle rendite, dalla limitazione dei consumi voluttuari e affluenti: la nostra lotta è contro la società affluente e il benessere non già perché non vogliamo il benessere, ma perché vogliamo un certo tipo di benessere, non quello che domanda tremila tipi di cosmetici o una dispersione immensa di risorse, ma quello che domanda più cultura, più soddisfazione dei bisogni umani, più capacità per gli operai di leggere Dante e apprezzare Picasso perché questa che preconizziamo è una società in cui l’uomo diventa diverso a poco a poco e diventa uguale; diventa uguale all’imprenditore non perché ha l’automobile ma perché è capace di studiare, di apprezzare i beni essenziali della vita.  In un’epoca di diseguaglianze, di impoverimento non solo materiale, ma di tutele e garanzie universali: istruzione, salute, qualità della vita, lavoro, formazione, l’idea di una società più ricca perché diversamente ricca è quanto mai attualissima: il miglior antidoto al virus del populismo di destra e di sinistra. SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it