DAL CAOS AL SOCIALISMO

di Dario Allamano | Negli scorsi giorni un autorevole compagno socialista che stimo ha pubblicato sulla pagina del gruppo Liberalsocialisti una riflessione sul socialismo, in quel testo c’è una frase che mi ha colpito molto:  “E poi, tutti quei gruppi e tutta quella orgia di sigle socialiste, niente non sono che una Babele da utilizzare per soddisfare interessi personali e di gruppo.” E’ una frase che non condivido. Dopo dieci anni di vita del Gruppo di Volpedo, che detto per inciso è stato il primo gruppo socialista nato al di fuori del PSI, ho seguito con attenzione tutta la diaspora socialista e posso dire posso dire di conoscerla molto bene. E’ vero che alcune sigle sono nate per soddisfare l’egocentrismo di alcuni compagni, utili per contrattare il proprio interesse immediato, quasi controfigure del PSI nenciniano, ma la gran parte dei gruppi e delle associazioni, dei circoli che sono sorti sono invece figli di un bisogno profondo di molti socialisti e socialiste, mantenere viva la memoria e tenere alta la bandiera del socialismo in Italia, senza interessi personali. E’ un movimento un po’ caotico, privo di un Progetto Comune, ma è un caos positivo, dal quale, se si vogliono comprendere le motivazioni, si può giungere ad una sintesi politica in grado di ricostruire l’Idea di un Socialismo innovativo e rinnovato. La politica dei cento fiori non può essere liquidata con parole sprezzanti, è la politica di chi, con sforzo continuo e disinteressato, ha provato a costruire tanti piccoli villaggi per dare ricovero a chi casa non aveva. Il nostro lavoro deve essere quello di portare a sintesi le riflessioni che questi piccoli villaggi hanno sviluppato in questi anni. Rimini 2019 ha questo obiettivo, e gli organizzatori della Conferenza Programmatica non mirano ad un seggio ma alla COSTRUZIONE di un nuovo grande villaggio del Socialismo nel XXI secolo, e chiedono la collaborazione di tutti coloro che saranno disponibili a condividere questo sforzo. Tutti noi che abbiamo tenuto alta la bandiera del Socialismo in Italia, e quando dico tutti intendo anche i compagni e le compagne del PSI, dobbiamo essere consapevoli di un fatto, a sinistra c’è un vuoto e nessuno sa come riempirlo, solo i socialisti hanno gli strumenti, la storia e la cultura per dare vita ad un qualcosa di antico ma molto, molto moderno, il Partito del Socialismo in Italia, unico argine vero alla deriva individualista, conservatrice e reazionaria, che è cresciuta in questi anni. Sempre Avanti verso Rimini e poi verso la Epinay del Socialismo Italiano. SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

SI PUO’ FARE A MENO DELL’UOMO?

di Paolo Mastrolilli – New York per La Stampa | «Quindi la sua soluzione preferita sarebbe fare a meno degli esseri umani?». Quando gli faccio questa domanda, il premio Nobel Daniel Kahneman resta un momento interdetto. Sorride, perché capisce che si tratta di una provocazione, ma poi l’accetta: «Sì, in un certo senso, sì. Naturalmente gli esseri umani restano al centro del nostro universo, e hanno ruoli insostituibili da svolgere. Però non c’è dubbio che gli algoritmi siano più saggi e più bravi di noi quando si tratta di prendere delle decisioni». Kahneman è una delle menti più brillanti in circolazione, incaricato di illuminare il futuro e la strada da seguire per favorire l’innovazione.  Siamo al Lincoln Center di New York, invitati a partecipare al World Business Forum. Poi Kahneman sale sul palco ed esordisce: «Ho conosciuto una ragazza che sapeva leggere in maniera fluente a 4 anni, E ora è all’ultimo anno del corso di laurea ad Harvard. Secondo voi qual e il suo grade point average?» (ossia lo strumento con cui si misura quanto va bene in media uno studente nei suoi corsi). Dopo qualche secondo arrivano le prime risposte dalla platea, e Kahneman si mette a ridere: «Avete sbagliato tutti. E sapete perché? Avete espresso un giudizio istintivo, senza possedere o usare alcun dato. Nessuno di voi, ad esempio, sa quale incidenza statistica abbia sul rendimento universitario di una persona it fatto che sapesse leggere già a 4 anni. E’ un errore molto comune, che noi esseri umani commettiamo in continuazione. Forse un marito può capire l’umore della moglie dopo la prima frase di una conversazione telefonica, questo ve lo concedo. Ma per il resto le nostre intuizioni sono quasi sempre sbagliate, anche se ci piace credere il contrario».  La platea dei manager rumoreggia, ma sotto sotto si consola nella certezza che se fosse stata provvista dei dati necessari, avrebbe scelto la risposta giusta. Allora Kahneman infierisce: «Abbiamo studiato anche questa ipotesi, che aveste i dati a disposizione. Ebbene, quando fornisci gli stessi dati a un algoritmo e a un essere umano, nel 70% dei casi l’algoritmo dà la risposta giusta, negli altri c’è il pareggio, e in rarissime occasioni l’essere umano prevale. La verità scientifica oggettiva è che l’algoritmo è più saggio e più bravo di noi nel prendere le decisioni.  Naturalmente ci sono scelte che competeranno sempre agli umani, ma sono destinate a diminuire con l’avanzare dell’intelligenza artificiale. E sarà un bene per tutti». Andate a spiegarlo a chi oggi mette in discussione il ruolo degli esperti, e quindi della conoscenza, affidandosi invece al proprio istinto. Anche perché la ragione di questa carenza nel giudizio da parte degli esseri umani, oltre all’incapacità di elaborare i dati, è sorprendente. «Sapete perché la gente non cambia idea su cose fondamentali come la politica o la religione?».  La platea risponde sicura: «Per la solidità degli argomenti su cui basa le proprie convinzioni». Allora Kahneman sferra il colpo finale: «No, gli argomenti non c’entrano nulla. Lo abbiamo studiato. In genere prima prendiamo le nostre posizioni, e poi andiamo a cercare i motivi per giustificarle. Ciò accade perché le nostre convinzioni non sono radicate nella logica degli argomenti, ma nella nostra comunità, la nostra storia, i nostri affetti e le persone di cui ci siamo sempre fidati. Non riusciamo mai a liberarci da questo rumore di fondo. Perciò noi sbagliamo, e l’algoritmo invece ha sempre ragione. Dobbiamo mantenere il controllo, ma in futuro diventerà sempre più difficile non ascoltarlo». SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

L’INTELLIGENZA ARTIFICIALE E IL LAVORO

di Luciano Trapanese | UN’OPINIONE CATASTROFICA L’evoluzione dell’intelligenza artificiale, quale si può prevedere già adesso, è semplicemente esplosiva. Spariranno prima i lavori di routine. Ma questo non è il futuro. E’ già oggi. Entro il 2040 i software faranno la metà dei nostri compiti. Nel 2060, tutto. Tra qualche anno questo articolo verrà scritto da un robot. Non è solo un mio problema: l’intelligenza artificiale sarà a breve in grado di fare qualsiasi tipo di lavoro. Anche il vostro. Molto presto. Il World Economic Forum ha previsto che entro due anni cinque milioni di posti saranno andati in fumo nel mondo occidentale. Mentre entro il 2030 la metà dei lavori di routine (dalla commessa di un negozio, all’impiegato di banca, al conducente di bus e così via), non avrà più bisogno di umani. Nel 2040 spariranno altri mestieri: chirurghi, scrittori, ingegneri, operai edili, avvocati, giudici, operai edili, agenti di polizia…). Nel 2060 l’intelligenza artificiale sarà in grado di svolgere qualsiasi tipo di attività. Sarà l’anno zero. Nel frattempo, in questo passaggio, e nell’attesa che si realizzi un nuovo tipo di società (evidentemente non più basata sul lavoro), sarà una apocalisse di disoccupazione. Sarà inevitabilmente un passaggio traumatico, assai più doloroso e definitivo della rivoluzione industriale. Eppure, il dibattito politico – in Italia soprattutto – ignora la questione. In fondo, che ci frega: è il futuro, conta il presente. Il problema è che gli effetti della IA sono già qui. Il resto è dietro l’angolo. Anzi, c’è chi si spinge anche oltre. Kai Fu Lee, ex dirigente di Microsoft e Google e importante investitore in start up di IA, pensa che in dieci anni sarà sostituito dai software il 50 per cento dei lavori umani. Dieci anni… Una corsa folle: chi vince prende tutto Direte: è fantascienza. Vi sbagliate. L’evoluzione degli ultimi anni è stata impressionante. E gli investimenti per l’intelligenza artificiale sono aumentati in modo esponenziale. In prima linea Stati Uniti (tutta la Silicon Valley) e la Cina (in primis il governo), hanno stanziato centinaia di miliardi. L’Unione Europea conta di investire nei prossimi anni trenta miliardi. La sola Francia tre. L’Italia zero. E Putin ha dichiarato: . E infatti, chi arriva primo o più avanti, vince il banco. Un business da 6mila miliardi di dollari, tre volte il Pil italiano. A proposito di reti neurali e apprendimento automatico: in un interessante articolo il collettivo americano Mother Jones spiega gli stupefacenti progressi di questa tecnologia. Lo riassumiamo e semplifichiamo per i profani (noi per primi). Molti di voi avranno usato in questi anni Google traduttore. Fino a pochi mesi fa le traduzioni erano infarcite da frasi senza senso. Bisognava tradurre il traduttore. Provate ora: sono al limite della perfezione. Il motivo? L’intelligenza artificiale. Ma cosa è accaduto? Per anni l’hardware ha seguito una curva di crescita precisa: potenza ed efficienza sono raddoppiate ogni due anni. I recenti miglioramenti nello sviluppo di algoritmi software ha reso questa evoluzione esplosiva. Nei primi 70 anni dell’era digitale siamo passati da un software per la contabilità a uno capace di prenotare treni, aerei e monitorare le condizioni atmosferiche. Ma tutto questo, rapportato alle capacità di un cervello umano era davvero poca cosa. Nel 2025, inizieremo però a vedere progressi consistenti. Nel 2035 le macchine avranno la capacità di un quinto del nostro cervello. E dopo un decennio la corsa sarà finita. Il salto di qualità nella corsa all’intelligenza artificiale è arrivato qualche anno fa, con le reti neurali artificiali e l’apprendimento automatico. Un altro esempio, per capirci: nei primi computer che hanno battuto a scacchi maestri come Kasparov e Fisher venivano inserite le strategie di migliaia e migliaia di partite diverse. In base a quelle poi affrontavano gli umani. Con l’apprendimento automatico i nuovi software giocano da soli, per giorni, elaborando schemi, tattiche e partite. E diventano molto più forti e lo fanno molto più in fretta dei loro predecessori. Ora applicate questo schema su tutto e avrete un piccolo squarcio sulle possibilità di evoluzione dell’intelligenza artificiale. Molto più radicale della rivoluzione industriale Molti esperti continuano a sostenere che le evoluzioni della tecnologia hanno sempre portato una riduzione dei posti di lavoro per crearne subito dopo molti di più, migliorando le condizioni di tutti. Sarà vero, ma quello che preoccupa è la fase di passaggio: questi trenta, quaranta anni di “apocalisse occupazione”. Cosa accadrà, come verrà gestita? E inoltre, l’affermazione non è del tutto esatta. Con la rivoluzione industriale i treni hanno sostituito i cavalli, i telai i tessitori a mano, e così via. Ma poi c’è sempre stato bisogno dell’uomo, che con quelle macchine ha solo incrementato la capacità produttiva e il benessere. Invece in questo caso l’intelligenza artificiale sostituirà del tutto l’attività umana. I software saranno più efficienti, instancabili, non pretenderanno stipendi e diritti sindacali e non commetteranno errori (o comunque saranno meno fallibili degli uomini). La soluzione possibile è il reddito universale, che in pratica non modifica il nostro lavoro, lo esclude del tutto. Una rivoluzione che impone un completo ripensamento dello stato sociale, della nostra etica, della nostra completa esistenza. E che ripropone un tema sollevato, ma in una versione completamente antistorica, in questa campagna elettorale: il reddito universale (e non di cittadinanza). E non a caso proprio i più importanti capitalisti di questi anni, i colossi della tecnologia della Silicon Valley, sono i più grandi sostenitori del reddito universale. Sanno bene, evidentemente, che il contraccolpo delle loro innovazioni avrà come vittime tutti noi, loro consumatori. Ci sembra che il tema sia di una rilevanza assoluta. Eppure la nostra classe dirigente si spacca su articolo 18, Jobs act, Legge Fornero (tutta roba presto archeologica), ma non ha la minima visione del futuro prossimo, che riguarda noi, i nostri figli, le future generazioni. Quello che preoccupa non è solo l’assenza di una qualsiasi discussione pubblica su questi temi, ma il sospetto che la questione venga del tutto trascurata. E non per scelta, ma per ignoranza. Fonte: nuovatlantide.org SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia …

DIRITTI UMANI E GUERRA

di Franco Astengo | In un momento di grande smarrimento generale sul piano etico, culturale e politico può valer la pena cercare di suscitare attenzione verso il settantesimo anniversario della Dichiarazione Universale dei diritti umani adottata dalle Nazioni Unite il 10 dicembre 1948. In questi giorni si sono moltiplicate le celebrazioni e gli interventi su questo tema ma pare essere stato posto in secondo piano il senso critico con il quale ci si dovrebbe confrontare con questa ricorrenza notando che: 1) Appare in sicuro ribasso (proprio per dirla con un eufemismo) proprio il ruolo delle Nazioni Unite, ormai ridotte a pallida comparsa in una fase in cui le idee universalistiche appaiono dimenticate e si sta ricomponendo con violenza il primato della geopolitica con tutti i rischi che ben si possono prevedere e ricordando come la guerra sia rimasta comunque presente ininterrottamente sulla scena della storia ; 2) Si rileva una evidente discrasia tra alcune delle proposizioni che sono espresse nella dichiarazione e la mancata applicazione di norme adeguate sul piano legislativo nei vari Paesi . Non pensiamo soltanto a quelli giudicati come governati da regimi illiberali senza dimenticare che siamo giunti al punto di teorizzare la “democrazia illiberale”. Non solo gli USA stanno tenendo atteggiamenti ostili, ma anche Cina e Russia, alcuni membri dell’Organizzazione per la cooperazione islamica, l’Arabia Saudita, alcuni paesi dell’Unione africana e nell’Unione Europea a Polonia, Austria, Ungheria si sta aggiungendo anche l’Italia dopo l’approvazione della cosiddetta “legge sicurezza”. Nel nostro Paese si è anche riaperto, in negativo, il dibattito sul reato di tortura la cui regolamentazione legislativa era arrivata a compimento soltanto nel 2017. L’Italia, ricordiamolo è anche il paese di Genova G8 2001; 3) Emergono, nel quadro generale, le limitazioni nel campo delle libertà pubbliche dalle norme antiterrorismo e il totale mancato rispetto dei diritti dei migranti; 4) Si mantengono ancora in quasi tutti i campi evidenti disparità nel rapporto tra donna e uomo nonostante che il preambolo della dichiarazione sancisca definitivamente l’uguaglianza tra i sessi. 5) A questo va aggiunto che l’incipiente crescita economica nei cosiddetti paesi del terzo mondo ha dissodato le società contadine portando a 244 milioni i migranti internazionali nel 2018. Il 3,3% della popolazione mondiale risiede in un paese diverso da quello in cui è nata, per la maggior parte priva dei diritti elementari. Tornando alla Dichiarazione appaiono di particolare interesse gli articoli dal 4 al 21, dedicati ai diritti civili e politici, divieto della schiavitù (vedi migranti raccoglitori nel Sud Italia ad esempio), della tortura (caso Cucchi), di ogni trattamento inumano e degradante (Abu Grahib, Guantanamo), diritto di ciascuno ad avere una personalità giuridica e una cittadinanza, a non essere detenuto arbitrariamente (Cile, Argentina, Grecia, Turchia, Spagna come esempi nel corso del tempo), a un processo equo davanti a un tribunale indipendente e imparziale. Questa parte della dichiarazione stabilisce anche il diritto di cercare asilo fuori dal proprio Paese: l’Italia recepì questo punto attraverso l’articolo 10 della Costituzione, oggi violato dal già citato “decreto sicurezza”. Gli articoli dal 22 al 27 sono dedicati, invece, ai diritti economici, sociali e culturali: se pensiamo, sotto quest’aspetto, alle condizioni materiali di vita e di lavoro nella quale versa la maggior parte della popolazione mondiale non possiamo che constatare il clamoroso fallimento della Dichiarazione. Soprattutto però sono mancati i due presupposti fondamentali per poter sviluppare una strategia di adempimento del quadro di diritti enunciato nella Dichiarazione: 1) Il primo punto si colloca attorno al tema dell’uguaglianza posto sul piano delle dinamiche economico- sociali. Se si scindono le due questioni, dei diritti e dell’eguaglianza, si rischia di cadere, come spesso accade, in un’astrattezza indeterminata che finisce con il giustificare il perpetuarsi dell’ingiustizia e dello sfruttamento. 2) Il tema della guerra è rimasto all’ordine del giorno dell’agenda internazionale nel corso di questi anni e adesso si presente come punto dirimenti di una situazione quanto mai delicata a livello planetario. La spesa militare mondiale nel 2017 ha raggiunto il nuovo record di 1.739 miliardi di dollari, il 2,3% del PIL mondiale. Le grandi potenze sono in prima fila a mostrare i muscoli con parate e proclami che vent’anni fa sarebbero sembrati parte di un romanzo su di un futuro distopico. In questo 2018 la Russia ha schierato 300.000 uomini in una esercitazione militare che è risultata la più imponente dal 1981,dai tempi cioè della “dottrina Breznev”, ed era l’URSS. XI Jinping chiede alle forze armate cinesi di “essere in grado di vincere qualsiasi guerra”. Attraverso la PESCO l’Unione Europea chiede di “aumentare periodicamente e in termini reali i bilanci per la difesa”. Gli USA stanno ragionando su testate nucleari a basso potenziale: un’arma della potenza pari alla metà di quella sganciata su Nagasaki che fece 70 mila morti. Non tira proprio una bella aria, insomma, se la prima economia del mondo s’interroga sul come dotarsi di un’arma “estrema ma credibile” com’è stato definito un ordigno capace da solo di massacrare 35.000 persone. E’ quello della guerra il vero nodo scorsoio al quale è impiccata qualsiasi possibilità di strategia dei diritti. In conclusione l’elenco dei teatri di guerra presenti nel pianeta: (Aggiornato dall’autore rispetto a quello pubblicato da warnews.it e da hiik.de) Aceh Aceh è una provincia autonoma dell’Indonesia, situata nell’estremità settentrionale dell’isola di Sumatra. Dal 1976 è teatro di una guerra tra i ribelli del Movimento Aceh Libero (GAM) e l’esercito indonesiano. I morti, secondo le fonti più accreditate, sono almeno 12mila ma altre fonti parlano di 50mila, o addirittura 90mila. Afghanistan Osama Bin Laden è stato giudicato il responsabile degli attentati dell’11 settembre 2001 contro le Twin Towers e il Pentagono. La reazione degli USA e dei loro alleati è stata di abbattere il regime del Mullah Omar e dei Talebani, accusati di nascondere Bin Laden. Nonostante la morte del leader talebano, il conflitto procede da 17 anni, e i morti sono più di 110.000, la maggior parte dei quali civili. A oggi metà della popolazione afghana vive sotto il controllo dei talebani oppure in un’area contesa al governo di Kabul dagli estremisti islamici. …

RIFLESSIONI SULL’ECO-SOCIALISMO NON NATO

di Antonino Martino | Si è tenuta il 16 u.s., l’assemblea di “Ricostruzione”, lanciata da Articolo Uno Mdp a Roma che ho seguito con parecchio interesse.Le prospettive erano infatti molto interessanti per un fautore del Socialismo del XXI Secolo: si parlava di un partito eco-socialista da costruire partendo dal basso, al di là delle elezioni Europee. Parole che parevano echeggiare le nostre dichiarazioni programmatiche enunciate a Livorno il 24 Marzo scorso e che ribadiremo a Rimini dall’8 al 10 Febbraio prossimi.Dall’ascolto della lunga assemblea sono uscito però davvero sconcertato, essendosi purtroppo realizzate le previsioni più fosche di compagni che erano, oggi dico a ragione, molto più pessimisti di me sull’iniziativa. A cominciare dalla relazione di Arturo Scotto, passando per l’intervento di Perluigi Bersani e la chiusura di Roberto Speranza ho sentito utilizzare il termine “eco-socialista” poche volte e soprattutto l’ho sentito utilizzato per proporre un restyling di ciò che già c’è, una “minestra riscaldata”, con una classe dirigente reduce da 20 anni di errori oggettivi e soggettivi che si ripropone tal quale. Si è parlato, sul palco e nei corridoi, tanto di elezioni, di quanto male stia facendo questo governo all’Italia, di grandi temi di geopolitica, ma ciò che è emerso è una linea politica confusa, abbastanza subalterna a ciò che succede nel Partito Democratico, con i continui appelli a questa forza politica che dovrebbe decidere se essere liberale o socialista. Una subalternità che ha fatto assomigliare i protagonisti dell’assemblea di ieri ad innamorati respinti di fronte ad un interlocutore che, anche nella sua versione più progressista rappresentata da Nicola Zingaretti, non mette in alcun modo in discussione il Partito Democratico per com’è ora configurato, del resto basta guardare i sostenitori di quella mozione per averne conferme, da Franceschini a Gentiloni, per fare solo due esempi.  Vorrei concludere rivolgendomi a quei compagni e a quelle compagne che dentro Articolo Uno davvero si sentono socialisti e credono in una prospettiva di un partito Eco-socialista del XXI secolo, da costruire al di là delle scadenze elettorali, perché strumento di trasformazione politica dei prossimi decenni e non mero cartello elettorale: ve lo dico con il rispetto dovuto compagne e compagni, con quel rispetto che si deve avere quando si parla di ciò che succede in altre organizzazioni non proprie, però questo è davvero il tempo delle scelte.  E’ il tempo di scegliere da che parte stare, è il tempo di avere il coraggio di costruire insieme una prospettiva Socialista nel XXI Secolo.Capiamo i timori, collettivi ed individuali, come Socialismo XXI siamo consapevoli di essere una forza piccola e non certo sufficiente, ad oggi, a questa impresa di ricostruzione del Socialismo Italiano, ma altrettanto sappiamo che in questi mesi molte compagne e molti compagni si sono avvicinati a noi, hanno cominciato a percorrere con noi una strada che sempre meno sembra una traversata nel deserto e che sempre di più appare la costruzione di un primo villaggio, sempre più solido ed accogliente, verso la città del Socialismo del XXI secolo. Da Livorno a Rimini è stato un percorso intenso ma pieno di soddisfazioni, capace di intercettare energie ormai disperse nel grande mare dell’astensionismo o della rassegnazione.  Da Rimini, inizierà un percorso nuovo con un chiaro manifesto politico programmatico ed una classe dirigente nuova, capace di coniugare l’esperienza dei compagni che questo processo hanno meritoriamente aperto con quella dei tanti giovani che si sono avvicinati e meritano di partecipare alla gestione di questo processo. Noi compagne e compagni, a Rimini non lanceremo un partito, ma un movimento politico che sappia intercettare tutti coloro che pensano che occorra un momento costituente, quello che chiamiamo la Epinay del Socialismo italiano, perché un partito non si costruisce a tavolino o in assemblee più o meno manovrate. Un partito si costruisce nella proposta politica, nella battaglia delle idee, nella limpidezza e nel coraggio delle posizioni, nell’apertura vera a tutte le sensibilità politiche socialiste e su tutti i temi, nella garanzia di processi veramente democratici e dal basso. Io penso, compagne e compagni, che Rimini 2019 sia anche casa vostra e spero di incontrarvi in questa nostra tre giorni. SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

LA CONFERENZA PROGRAMMATICA DI SOCIALISMO XXI SI TERRA’ L’8-9-10 FEBBRAIO A RIMINI

Chiediamo scusa  a tutti, ma abbiamo dovuto anticipare le date perché la settimana successiva a Rimini si terrà una grande fiera eno-gastronomica che ha reso molto difficile reperire sale e camere d’albergo, ed anche i costi erano ovviamente più alti. I lavori della Conferenza saranno concentrati soprattutto nei giorni di sabato 9 e domenica 10. Il venerdì sera si terrà una riunione per definire gli ultimi dettagli organizzativi,  che sarà comunque aperta a tutti coloro che vorranno partecipare. Il sabato si faranno dei tavoli tematici (una dozzina) perchè, sulla base della prassi già adottata a Livorno,  riteniamo sia utile ed importante ascoltare innanzitutto le riflessioni di  compagne e  compagni di base sui temi sociali, economici  e politici presenti e futuri e sulle prospettive del Socialismo nel XXI secolo in Italia. La domenica  sarà invece in seduta plenaria. Durante la sessione del mattino verranno presentate le conclusioni dei gruppi di lavoro, a seguire verrà discusso ed adottato il documento politico conclusivo della Conferenza, predisposto dal Comitato dei Garanti, il quale, come stabilito a Livorno, concluderà la sua attività con Rimini 2019. Infine si procederà alla costituzione dell’Associazione Socialismo XXI ed alla nomina dei gruppi dirigenti pro tempore. Sia l’associazione che i suoi gruppi dirigenti, regionali e nazionale, resteranno in carica sino alla conclusione dei lavori della Epinay del Socialismo Italiano, che ci auguriamo possa svolgersi l’estate del 2020. Fraterni saluti e Sempre Avanti verso Rimini!!!   P.S. Dalla prossima settimana sarà possibile iniziare a prenotare le presenze a Rimini presso il compagno Giuliano Sottani.  In questi giorni stiamo definendo gli ultimi dettagli della convenzione con gli alberghi a prezzi molto interessanti.  SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

IDENTITA’ E AUTONOMIA PER L’UNITA’ DEL SOCIALISMO ITALIANO

di Dario Allamano | «È al socialismo umanitario che bisogna guardare per gettare le basi di una sinistra credibile e competitiva. Non da soli, ma con la disponibilità a costruire una rete di forze democratiche e di movimenti civici» La frase sopra riportata è tratta da un documento approvato dal Consiglio Nazionale del PSI dello scorso 17 novembre e pomposamente definito: “Manifesto per l’Unità dei Socialisti”. In quel documento di un migliaio di parole ho cercato invano le parole IDENTITA’ E AUTONOMIA SOCIALISTA, non le ho trovate, manco con la ricerca avanzata di Word. Poi arrivo verso le ultime righe e leggo quella frase. A quel punto mi sono reso conto che quelle parole, fondamentali per la ricostruzione di un Movimento per il Socialismo in Italia, non potevano esserci, sarebbero state in contraddizione con le tre parole che iniziano la seconda parte del capoverso: “Non da soli…” mi verrebbe da aggiungere “ma male accompagnati”. Ma come si può pensare di lanciare un appello all’Unità dei socialisti quando sin dal documento c’è la precisa indicazione di quale sarà lo sbocco del Congresso del psi “costruire una rete di forze democratiche…”. Se si rinuncia da subito al grande lascito di Nenni e Craxi, padri dell’autonomismo socialista nel dopoguerra, come si potrà costruire, come diceva Riccardo Lombardi, una Alternativa Socialista alla destra incombente e come si potrà affermare che noi non siamo solo DI sinistra, ma che noi siamo LA SINISTRA! Oggi, di fronte ad un centro sinistra privo di radici e di progetti solo un Partito con una forte Identità ed una grande Autonomia politica potrà dare vita ad un Progetto per Governare il Cambiamento economico, sociale e politico che è in atto, e potrà farlo esplicitamente nell’interesse di chi fa del lavoro la propria ragione di vita. Fraterni saluti  SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

PARTITA A SCACCHI NEL MEDITERRANEO: IL POSEIDON

di Aldo Ferrara | Mentre il Presidente Trump sposta a Gerusalemme l’Ambasciata USA, con tutte le implicazioni politiche che ciò comporta, l’Alto rappresentante Ue Federica Mogherini si affretta a dichiarare di aver “… rassicurato sulla ferma posizione dell’Ue, che lo status finale di Gerusalemme come capitale futura di entrambe gli stati, sia decisa con negoziati che soddisfa(i)no le aspirazioni delle parti”. Lo zoom politico ci riporta dunque, dal triangolo del Nord-Irak curdo verso quel versante da decenni condizionato da eventi bellici. La nostra interpretazione geopolitica vede anche nel petrolio una delle cause, neanche nascosta, di quanto si apprende nei media. Il petrolio genesi di nuovi equilibri nel MO Lo scacchiere del mediterraneo orientale si arricchisce di un nuovo evento. Cipro, Grecia, Italia e Israele hanno concertato il progetto di un gasdotto idoneo a ridurre la dipendenza dell’UE dalla Russia. La progettazione e costruzione sono di competenza della IGI Poseidon, joint venture della società italiana Edison e della società greca Depa. Il gasdotto, denominato EastMed, al termine della costruzione avrà una portata di ben 16/20 miliardi di metri cubi di gas/anno dal bacino levantino. Avrà la sorgente nel tratto di Mediterraneo tra Libano, Israele e Cipro in direzione Grecia e Italia. L’anno di esercizio definitivo è fissato nel 2025. La sua portata a regime consentirà l’afflusso di gas & greggio pari al 5% del consumo annuale dell’UE, ma ciò significa anche compensare i 100 miliardi di metri cubi all’anno che l’UE acquista dalla Russia (Andrew Rettman, EuObserver.com, 6 dicembre 2017). Il gasdotto presenta costi elevati, pari a oltre 4 miliardi di euro, sia pure con un contributo della UE di 2 miliardi di euro in conto della sicurezza energetica. Beninteso, non è dato sapere i prezzi con cui gas e petrolio saranno immessi nel mercato. Con i suoi 1.900 km è, al momento, la più lunga pipeline sottomarina al mondo e quindi presenta pari problematicità di tipo ambientale, basti immaginare un lunghissimo tunnel in fondo al Mediterraneo a rischio quotidiano di sversamenti. Le implicazioni politiche È il tragitto del nuovo gasdotto che induce a riflessioni di ordine geopolitico. Il tragitto sembra evitare le coste turche, quasi a conferma che il fascio degli oleodotti che attraversa quella nazione sia considerato a “rischio politico”. Inoltre questo gasdotto sembra la risposta politica al suo omologo del Nord, il North Stream II, il cui tragitto evita accuratamente le coste del Nord Europa, specie quelle polacche e danesi nella sua traiettoria verso lo sbocco tedesco, nel distretto di Greifswald. La seconda considerazione riguarda i Paesi promoters. Appare evidente che nella situazione attuale del MO, nessuno dei Paesi promotori avrebbe sviluppato questo progetto, senza l’approvazione tacita o esplicita dell’amministrazione statunitense. Inoltre si evidenzia come sia interessata anche l’Italia in questo progetto. Il gasdotto, infatti, dopo aver percorso l’intero Mediterraneo orientale in senso trasversale, dovrebbe sfociare nelle coste pugliesi. È prevedibile dunque una nuova sollevazione della popolazione già in lotta per la foce del gasdotto TAP nella spiaggia salentina di S. Foca. La terza considerazione è che appare improbabile che il Governo italiano non ne fosse a conoscenza. Tuttavia l’Ente nazionale di riferimento, l’ENI, non è interessata nel progetto, affidato a una struttura, la IGI Poseidon, società in joint al 50% tra Edison e la greca Depa. Il beneplacito arriva indirettamente da una dichiarazione governativa italiana. Il ministro dell’industria italiano, Carlo Calenda ha dichiarato a Roma: “Siamo la seconda economia manifatturiera in Europa, la diversificazione e la qualità delle nostre fonti energetiche sono fondamentali per il Paese e la sua competitività”. Il ministro, che nella compagine governativa attuale è forse colui il quale gode di maggior credito, sembra quasi voglia dire: Diversifichiamo le fonti e con esse le industrie italiane coinvolte… Ciò significa che il ruolo dell’ENI resta universale, ma per questo progetto forse era più adatta una Compagnia privata, quasi che questa possa essere sganciata dagli obblighi internazionali italiani. Che sia un’operazione ormai decisa lo dimostra la firma apposta a un memorandum d’intesa sul progetto EastMed, a Nicosia, martedì 5 dicembre 2017, dai ministri dell’Energia cipriota, greca e israeliana con l’ambasciatore italiano a Cipro, in previsione di un accordo intergovernativo per il prossimo anno: Il Progetto …”La capacità di progettazione del progetto è stata aggiornata fino a 20 miliardi di metri cubi all’anno, al fine di consentire il trasporto di più fonti di gas, dalla Turchia / confine greco e dalla regione del Mediterraneo orientale. La strada Il punto di partenza dell’oleodotto è la stazione di compressione, situata nell’area di Florovouni a Thesprotia (regione dell’Epiro) dove si prevede che sia collegata ad altre infrastrutture di approvvigionamento di gas come EastMed e / o IGI Onshore. Dalla stazione di compressione, il gasdotto continuerà verso l’approdo greco da dove attraverserà la piattaforma greca, discenderà il pendio nel bacino settentrionale dello Jonio, ascenderà il versante italiano e infine raggiungerà la terraferma italiana, a est di Otranto. Il gasdotto proseguirà poi fino alla stazione di misurazione entro i confini del comune di Otranto, dove sarà collegato al sistema nazionale di trasporto del gas nazionale. Stato europeo Lo sviluppo del progetto Poseidon è coperto da un accordo intergovernativo tra la Grecia e l’Italia, ratificato dai parlamenti competenti. Nel 2015, a seguito del contributo del progetto agli obiettivi europei, il gasdotto Poseidon è stato confermato come Progetto di interesse comune (PCI), incluso dalla Commissione UE nella seconda lista PCI tra i progetti del Corridoio meridionale del gas. Il gasdotto Poseidon è stato incluso anche nell’ultimo piano di sviluppo decennale (TYNDP), in linea con l’obiettivo degli ENTSOG (European Network Transportation System Operators) di creare un mercato unico europeo per il gas e una rete di trasmissione affidabile e sicura in grado di soddisfare le esigenze attuali e future dell’Europa. Il gasdotto Poseidon ha beneficiato di sovvenzioni europee di ca. 9 milioni di euro attraverso i programmi del piano europeo di ripresa economica (EERP) e dell’energia transeuropea delle reti (TEN-E).” Conclusioni Sotto il profilo politico, è un progetto che non riduce certo le frizioni tra UE e la Russia. Ciò porterà a un’ulteriore divaricazione tra Paesi dell’Europa tradizionale e …

PETROLIO: UNA SPY-STORY RACCONTATA IN DUE VOLUMI

  di Aldo Ferrara | E’ in rotativa il Secondo Volume ERGAM, European Research Group on Automotive Medicine, dedicato alla geopolitica del petrolio. “Oil Geopolitics, quelle insostenibili condotte”. Il primo Volume “ La vita al tempo del petrolio” focalizzava gli effetti sulla salute umana dei cambiamenti climatici. Non è bastata la Conferenza di Parigi, COP 21 del dicembre 2015 per bloccare la febbre del pianeta. Le limitazioni delle emissioni sono state fatte di parole, di carta scritta mai attuata e così perdura la politica ipocrita della stigmatizzazione dei fossili mentre vanno sempre avanti gli accordi per mantenerla. A questo dobbiamo dunque gli 8 milioni di morti l’anno, una città come Londra che scompare ogni anno. Inquinamento, estremizzazione del clima, alluvioni e tsunami hanno in questa febbre del pianeta la giustificazione scientifica addotta nel volume. Nel secondo Volume il target è la definizione della geopolitica del petrolio così dominante nella vita del pianeta da essere magari mascherata quando troppo palese. Gli accordi di Visêgrad tra Paesi Baltici, Ungheria, Polonia, Croazia, Slovacchia e Repubblica Ceka nacquero sulla spinta anti-Russia nella negoziazione dei prezzi del gas. Solo dopo servirono come foglia di fico per bloccare, anche materialmente, il flusso migratorio. La politica di Trump ha un suo perfetto filo logico: vendere lo shale gas & oil, imporre cioè i prezzi americani, in contrasto non più con l’OPEC, ma con il Cartello Russo (Russia, Kazakhstan, Azerbaijan). Anche in Italia questo si ripercuote. Non c’è telegiornale che non accenni alla TAP, Trans-Adriatic Pipeline, che porta il gas azero fino alla spiaggia di S. Foca nel nostro Salento. E anche per scoprire le opacità azere a Malta che è forse stata uccisa Dafne Galizia Caruana. Le politiche migratorie volte al contenimento dei migranti dall’Africa sub-sahariana quasi mai mettono il dito sulla vera piaga: il ruolo della Francia nel Ciad e in Libia e la tendenza a soffocare il nostro ENI per spingerlo oltre il Mediterraneo Africano. A 56 anni dalla morte di Enrico Mattei, ombra di banco che si muove in tutto il percorso dei due Volumi, e senza il quale non avremmo avuto il rilancio della politica industriale negli anni cinquanta e sessanta, la politica planetaria è dominate, soffocata dall’oro nero e gestita da Holding private e che spesso dominano nel proprio Stato di riferimento. Solo che le famose Sette Sorelle ora sono diventate 12. Una proliferazione che ha tratti economico-finanziari inauditi. Come diceva Mattei ognuna di queste ha un bilancio che è pari a quello dello Stato Italiano. Oggi si parla di svariate migliaia di miliardi dollari o Euro, per ciascuna di esse. Alle soglie delle Elezioni Europee, con il cambiamento della Commissione, questi Volumi possono essere anche utili ai non addetti ai lavori, cioè quelli che poi riverseranno nelle urne il loro voto. Beh, almeno si sappia cosa andranno a fare i Parlamentari Europei che spesso di questa materia hanno cognizioni vaghe. Riporto le IV di copertina dei due volumi perchè in sintesi si intuisca la trama di questa spy-story, chiamata petrolio, che avvilisce  il pianeta . Dal Volume “la vita al tempo del petrolio”, Agorà&CO, Lugano 2017. Ricordate il film “I tre giorni del Condor”? Ebbene la realtà di questi ultimi anni ha superato la fantasia cinematografica. In questo volume si analizzano le cause dei guasti ambientali e si propongono possibili soluzioni. L’uso irrazionale di fossili produce, ogni anno nel mondo, milioni di morti per cambiamenti estremi del clima, progressiva desertificazione e diffusione malarica. Allo smog, per esempio, si attribuiscono 30 mila decessi in Italia e 40 mila in UK, aumento delle allergie e progressivo disfacimento del patrimonio monumentale. Di petrolio dunque si muore, perché produce gas tossici, ma anche perché scatena guerre, come quella asimmetrica dell’ISIS che ha per scenario il triangolo del petrolio, Iraq, Iran, Arabia. Un tourbillon di interessi geopolitici e finanziari che avviluppa il pianeta in una spy story senza fine. Dalla IV di copertina del Volume “Oil Geopolitics, le insostenibili condotte”, sempre Agorà&CO Conflitti bellici inspiegabili o attribuiti a tradizionali rivalità religiose, il dramma dei migranti dal Continente Africano, la sostenibilità energetica e la rivoluzione rinnovabile. Non ultima l’indifferenza della nostra pubblica opinione verso la politica estera. Sono queste le principali motivazioni politico-culturali alla base di questo secondo Volume ERGAM (European Research Group on Automotive Medicine) che il Lettore può utilizzare come chiave di lettura, alla ricerca dei meccanismi che governano il mondo e, in specie, il mercato globalizzato dell’energia. Come nel film “Finchè c’è guerra c’è speranza”, fino all’ultima goccia di petrolio, la conversione alle rinnovabili sarà costellata da insormontabili resistenze. Sicché la politica energetica appare come un Giano bifronte che da un lato invoca la rivoluzione, mentre dall’altro tesse accordi per mantenere lo status quo. Non si stupisca il Lettore se nel Volume focalizziamo, neanche velatamente, la dicotomia tra la speranza di avere un mondo privo di fossili inquinanti da un lato e dall’altro l’ipocrita e continua annunciazione di un mondo sostenibile e la presunzione di dare per scontata o prossima la migrazione dal fossile al rinnovabile. dalla Prefazione di Elly Schein, Parlamentare Europeo, al volume “ Oil Geopolitics” …Spinta da grande curiosità, mi sono addentrata nella lettura di questo lavoro, che potremmo definire un piccolo ma prezioso atlante del petrolio sul pianeta, in grado di illustrare in modo chiaro le strategie energetiche dei principali attori nazionali e sovranazionali -tra i quali l’Unione Europea-, i fronti aperti e la trasformazione di giacimenti, gasdotti e oleodotti da oggetto di contesa (anche militare) a sofisticate leve “commerciali” per creare e mantenere egemonia economica e politica. Le tante istantanee che compongono questo libro sono unite da un sottile filo nero, che dai diversi giacimenti arriva sino agli “hub dell’energia”, disegnando una nuova mappa del potere, in grado di determinare le sorti di molti dei Paesi che si trovano su quei tracciati. Confini “energetici” che si sovrappongono a quelli geografici, sollevando riflessioni e criticità sul piano giuridico, come su quello politico. Riflessioni e criticità che investono in modo particolare l’Unione Europea che, in questo enorme scacchiere, ancora stenta ad …

RIMINI 2019 PER NOI

di Claudio Bellavita | G arbatella 2 ha avuto un esito positivo, come ci si era prefissato, nel definire i tavoli di lavoro su cui ci organizzeremo per fare una Conferenza programmatica e non un festival di stantia retorica, rimpianti e velleità  come troppo spesso diventano le riunioni dei socialisti non solo in Italia. Perchè il nostro problema non è di continuare a piangere su tangentopoli, ma di capire come è che i socialisti sono scomparsi oltre che in Italia,  in Grecia e Francia,  stanno riducendosi  velocemente in Germania, Austria e Olanda e non sono neanche comparsi in Polonia. Insomma esistiamo solo in Portogallo e Spagna e per fortuna manteniamo le posizioni in Svezia. Mentre siamo in ripresa in Gran Bretagna e miracolosamente costituiamo una presenza importante in USA.    Dobbiamo capire che questo non è colpa di leader stantii, ma dell’appiattimento sulle posizioni lib-lab fin dai tempi di Blair e Clinton, che hanno svenduto i loro paesi alle multinazionali e all’industria bellica dando in cambio qualche “caritatevole” riforma: la sanità in USA (che oggi Trump vuole smontare e probabilmente cadrà su questo), la scuola in Gran Bretagna. Noi, in Italia, non solo siamo corsi a fare i soldatini ovunque servisse consumare un pò di armi e bloccare la produzione del petrolio più a buon mercato, lasciando guadagnare solo i sauditi che poi spendono in armi USA e sprechi in GB, ma abbiamo lasciato decadere la nostra scuola (per fortuna, salvo alcune università) e consegnata la sanità a affaristi e, nel sud, a mafiosi. Ma qualcuno in Italia si è mai posto il  problema di cosa ci stiamo a fare in Afghanistan? In questi giorni la Francia è in fiamme per il prezzo della benzina, che è meno cara che da noi: avete sentito anche solo un sussurro dei socialisti francesi? Avete mai sentito dei socialisti battersi per l’acqua pubblica? In Francia e Germania si, in Italia solo gite a Hammamet. Avete mai sentito dei socialisti battersi contro le truffe USA sui derivati e sui subprimes? Non sanno neanche cosa siano, eppure hanno inguaiato i loro comuni. Insomma, aggiornarsi o perire. SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it