SOCIALISMO CRITICO

di Fausto Fareri Ringrazio i compagni dell’incontro franco alla Garbatella sabato scorso e sarò franco ancora nel pormi in sintonia con loro. Il germe socialista ha certamente” infettato” la nostra cultura già centanni orsono, ma deve rinnovarsi e mutare non Dna, ma modi di aggredire la oligarchia. Per aggredirla, fuor di metafora, non è pensabile non ritrovare una via italiana al riformismo che è però priva di senso storico e politico se non si radica nella matrice resistenziale. Nel pensiero dei Galli, Bobbio, Ruffolo si è spesa la migliore intelligenza socialista, ma questo percorso si è arenato nella opinione pubblica, complice non solo la crisi economica ma la crisi morale e sociale del nostro modello di sviluppo ed integrazione in Europa. L’Europa è un percorso oggi difficile, imbriglia un mercato allargato saturo che ha delle “ingessature” burocratiche consone al perpetuarsi di una weberiana burocrazia che non fa autocritica perchè non ha il pungolo della cultura d’opposizione. Cultura di ascendenza mazziniana, per la quale ben si comprende un Nenni ed il suo lungimirante operato negli anni’60, tenne il timone per evitare la svolta autoritaria, opposizione essenziale attraverso la dialettica cooperazione di Mancini e Lombardi, nonchè la lucidissima analisi critica demartiniana. Oggi nel post-fallimento non solo del Psi degli ultimi dieci anni ma nello sperpero di consenso che il Pd, vera oligarchica macchina, sta attuando del suo elettorato, la nostra avventura d’impegno politico ha due alternative concrete: o riprendersi il partito, malconcio ma presente, oppure colpire al cuore il Pd con una iniezione di critica per far emergere i dissuasi dall’impegno interno. Ma entrambe le strategie (breve e lungo termine ) sono condizionate da una svolta all’azione, una serie di iniziative sul territorio per ostacolare con dissenso attivo le scelte del Governo Conservatore. Il Governo Conte muterà pelle, presto, attraverso un rabbonimento dell’autocratico Salvini, che dovrà fare un passo indietro (vedi critiche Ministro Trenta), dovrà modulare il Decreto Dignità per non far leva sul ricatto imprenditoriale, dovrà rispondere ai partners europei su due questioni: quale futuro per i Fondi Ue in Obiettivo 1 e quale riperimetrazione della sovranità. E lì, come insegnava il Prof. Bruno Conforti, uomo lungimirante e certamente poco aduso alla propaganda culturale, la nostra Carta è insuperabile nei principi cardine di ordine sociale e politico ed internazionale, solo va adeguata con leggi-quadro attuative. Infatti il nocciolo, insisto sempre, è potenziare la 300/70 attraverso una serie di provvedimenti legislativi per settori-macro, unitamente ad una legge sulla rappresentanza sindacale attuativa del disposto art. 39 Cost, tempi maturi per rilanciare la dialettica sindacale. Da lì ricostruire, lentamente, un percorso con le realtà socialiste e laiche italiane e non trascurare un board internazionale su quattro macro-aree: cultura, difesa, migrazione, lavoro. Migrazione come confronto-ricchezza, migrazione che è la necessità di non lasciare esplodere l’Africa ma chiamare i Governi del Magreb ad un patto di civiltà. Il modello di integrazione però deve rispondere al concetto di autodeterminazione di quelle etnie (nulla di nuovo) ma certamente non attraverso un a nuova colonizzazione già in atto da parte del modello capitalista del 2000. E’ una nuova schiavitù, è un nuovo dominio che non ha solo l’esigenza delle fonti energetiche, ma anche la necessità di creare un grande mercato potenziale nelle classi medie in ascesa, in quei paesi, lentamente conformato su modelli da tribali ad oligarchici. E’ il dramma dell’Africa, è il dramma dei nostri errori. Un Fronte Laico riformista è auspicabile, ma come scelta federata e naturalmente lenta, progressiva, ma mediata da un elite intellettuale che elabori una formula politica flessibile ma coerente con auspicabile cogestione aziendale, autogestone locale di servizi sociali essenziali, fiscalità con zone franche (vedi ZES) e reddito d’inclusione ancorato al contratto collettivo ultimo applicato. Azione Socialista che potremmo porre come nuovo soggetto politico federato, per una sintesi tra pensiero azionista e socialismo critico. SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

LA STORIA SOCIALISTA E’ DI NUOVO IN CAMMINO

di Alessandro Risi Cara Compagne e compagne, vi ringrazio per avermi dato l’occasione di intervenire. Ho ascoltato con grande attenzione il dibattito svoltosi questa mattina e gli interventi che si sono tenuti. Mi chiamo Alessandro Risi sono un compagno di Milano, la città di Bettino Craxi e di Turati. La mia provenienza è quella delle lotte sociali per cui sono un insegnante che si è battuto a lungo contro la precarietà nella scuola e nella ricerca. Mi sono avvicinato al vostro percorso grazie al compagno Antonino Martino con cui ho organizzato delle iniziative a Torino e ho in particolare partecipato all’incontro di Livorno. Mi occupo di antropologia, questioni di antropologia culturale che mi hanno portato a interessarmi al socialismo che è una verità  che non è nata ieri, ma le cui radici affondano profondamente nell’intera storia umana. Per iniziare il mio discorso penso però che sia necessario partire dall’oggi e dall’analisi della situazione odierna in cui vedo una realtà preoccupante e che spaventa per molti aspetti, caratterizzata come è da un profondo degrado per cui invece di esserci un progresso morale o etico assistiamo invece a un reale regresso morale etico e politico, fatto che smentisce la convinzione dei socialisti dell’ottocento di ispirazione positivista che reputavano il progresso un fatto ineluttabile e irreversibile, mentre purtroppo invece possiamo regredire e anche rapidamente. Questa situazione determinatasi a causa della grande crisi economica decennale che il paese ha attraversato porta esaltare i sentimenti negativi rifiutando tutti i principi di solidarietà umana e di accoglienza per cui persone che sfuggono da situazione di povertà umana e attraversano un enorme deserto vengo identificate con soggetti portare di chissà quali pericoli in modo del tutto irrazionale. In particolare ormai si esalta la violenza fisica e morale per cui si assiste a un vero decadimento etico a cui fa da contraltare quello politico per cui la sinistra si dimostra debole divisa e ininfluente. Di fronte a questa situazione emergono  soprattutto diverse questioni che sono state già sottolineate nel dibattito di questa mattina. Intanto la questione generale di senso per cui siamo qui a parlare di socialismo oggi per cui si diceva che bisognava cercare un nuovo linguaggi, quale verità o ideale porre al centro della proposta del socialismo del 21°secolo. L’altra questione è quale assetto politico e istituzionale vogliamo costruire come forza politica e sociale, questione ineludibile se vogliamo crescere e affermarci come soggetto attivo. L’ultima questione pure fondamentale è infine quello dell’assetto organizzativo che ci vogliamo dare all’interno del quadro ideologico e politico che abbiamo posto a principio del nostro agire. Per quanto riguarda la prima questione, a mio avviso questa verità che è da porre a fondamento del socialismo del nostro tempo deve essere l’umanesimo inverando una riflessione di Carl Marx che affermava nei suoi scritti giovanili dei  Manoscritti economico-filosofici del 1844 l’idea che il Socialismo doveva essere una forma di Umanesimo. Pensiero che non ebbe seguito nel socialismo scientifico e di indirizzo positivistico del diciannovesimo secolo, ma anche nella tradizione leninista che impropriamente chiamiamo comunismo che si affermò nel ventesimo secolo. Al contrario di quanto avvenuto precedentemente l’umanesimo deve essere oggi al centro del socialismo del ventunesimo secolo, Umanesimo che riguarda tre questioni fondamentali che sono state già poste negli interventi precedenti: quella del lavoro, quella dei migranti e quella ecologica. Il lavoro deve diventare una forma di liberazione dell’uomo dall’alienazione  e l’asservimento al salario, e venire inteso quindi come strumento di valorizzazione e di implementazione della sua dimensione etica e morale,  che dia all’uomo la dignità, e ciò sia reso possibile attraverso un percorso superamento della divisione della sua struttura tipica del modello capitalista. L’uso delle nuove tecnologie e dell’industria  4.0 a questo fine su cui si sono soffermati alcuni interventi di questa mattina sono importanti e condivisibili. Anche la questione dei migranti è fondamentale come costruzione di una società plurale, multietnica e multiculturale dove la differenza non sia più sentita come un limite, ma come una ricchezza. La terza grande questione è quella ecologica, un problema fondamentale nel mondo moderno per cui s’afferma che il cambiamento climatico è la prima causa di migrazione dai paesi più poveri. Per quanto riguarda la seconda questione, quello dell’assetto politico e istituzionale a cui tendere, riprendo le affermazioni di Antonino Martino e Felice Besostri a favore di un Socialismo costituzionale come inveramento della Costituzione, sia nella Difesa che nella sua Attuazione. La nostra posizione deve rifiutare l’idea della grande Riforma, per cui la Costituzione va snaturata, ma invece le correzioni e integrazioni devono riguardare solo singoli aspetti e non il disegno complessivo che deve restare inalterato, ma anche la posizione Sovranista come concezione che vede nella volontà popolare  e nella Sovranità qualcosa di diverso e altro della Difesa e Attuazione della Costituzione stessa. La Sovranità invece consiste proprio nella Difesa e Costituzione della Costituzione come realizzazione di un progetto di Democrazia avanzata o Repubblica. Il terzo punto è quello dell’assetto che ci vogliamo dare come socialisti ora in questo e in questo momento, aspetto su cui si è soffermato l’intervento introduttivo relativo alla costituzione di un’associazione. Questa associazione deve avere carattere culturale e politico, e insisto sull’aspetto culturale visto il grave degrado in cui versa il paese dobbiamo riprendere la vocazione pedagogica che è stata alla base della migliore tradizione socialista. L’obiettivo di  insegnare alle persone a saper stare bene assieme e a convivere dovrebbe essere un obiettivo fondamentale in questo contesto così frammentato e caratterizzato da conflitti sociale e personali così forti. L’aspetto politico quindi sarebbe un naturale sviluppo di questo aspetto culturale del socialismo rivolto al tentativo di far stare “un po’ meglio le persone” per riprendere l’espressione di Nenni. Care compagne e compagni concludendo, penso che la  Storia sia di nuovo in cammino e che noi socialisti non dobbiamo avere paura di metterci in marcia per i suoi percorsi spesso tortuosi, ma nei quali potremo scoprire molte cose preziose.   SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti …

DELBENE: LA SINISTRA CHE GUARDA AL FUTURO NON E’ QUELLA DEGLI ULTIMI ANNI !

Cari compagni, a tutti voi un ringraziamento per il genuino impegno e l’inesauribile passione con cui state cercando di contribuire alla costruzione di una nuova forza del Socialismo italiano. Di una grande forza del Socialismo democratico vi è forte necessità nel nostro paese (così come in Europa e nel mondo intero) per garantire una sempre maggiore giustizia sociale. Il percorso che ci attende e la forza che dovremo andare a costruire avrà bisogno del contributo di tutti, ma non potrà vedere nei propri protagonisti attivi coloro che sono stati, a vari livelli e a vario titolo,i dirigenti delle formazioni politiche della sinistra italiana degli ultimi vent’ anni. Non perché qualcuno ponga dei veti su di loro, ma perché mancherebbero della necessaria credibilità. Come si può essere credibili nella costruzione di una nuova prospettiva quando si è accettata passivamente o si è stati promotori di quella che si vuole soppiantare? Come si può proporre nuove soluzioni alle grandi questioni del nostro tempo, se pur avendo avuto la possibilità concreta di porle in essere non lo si è fatto, o addirittura si è stati gli artefici di strade opposte? Il malessere della sinistra (nel nostro paese e non solo) è da imputare all’incapacità di comprendere i nuovi e profondi mutamenti sociali che hanno segnato la nostra epoca e vede la più significativa responsabilità in coloro (“intellettuali” e “dirigenti politici” della sinistra) che hanno voluto esserne interlocutori ed interpreti. L’incapacità di comprendere le esigenze del nuovo millennio e di immaginare (in risposta) nuovi modelli di società per il futuro ha portato le organizzazioni tradizionalmente di sinistra ad un grande “disorientamento politico”. La necessità di una crescente emancipazione socio-economica, che è la vera libertà dell’uomo e la via maestra da perseguire, è stata spesso confusa e scambiata con la mera proposta di sempre nuovi “diritti civili”, in taluni casi fino ad eccedere nella “mortificazione” della stessa natura umana (considerato l’attuale diffuso stato di consapevolezza della “natura umana”). Per le medesime ragioni, la sinistra è rimasta (spesso volutamente) cieca e sorda dinanzi a grandi e sentite “questioni” (vedi tra le altre l’immigrazione), limitandosi, nella sua maggioranza,         ad una semplice giustificazione ed a una ignorante accettazione “dogmatica” dei fenomeni. Al contrario, andava spesa la dovuta attenzione per comprenderne le radici profonde e per elaborare nuove e lungimiranti risposte. La sinistra che guarda al futuro non è quella degli ultimi decenni ! Non ha nulla in comune con quella che ha accettato passivamente la supremazia dei mercati su quella della politica e che spesso ha anteposto gli interessi di pochi grandi gruppi finanziari a quelli di tutti gli altri (sarebbe limitativo riferirsi ai soli “più deboli”). Il Socialismo è altro! E’ comprensione e, attraverso l’uso della ragione, capacità di visione di un nuovo mondo che tenda ad essere (il più possibile) migliore per tutti! Sono sicuro che tutti voi, oggi riuniti nella storica sede del Partito Socialista della Garbatella, saprete essere parte propositiva e protagonista di una nuova e imminente sfida. Nei prossimi mesi getteremo tutti insieme le basi per una nuova e grande forza del Socialismo Italiano. Daniele Delbene SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

DECRETO DIGNITA’: ECCO LE CONSEGUENZE DI UN FALLIMENTO INEVITABILE

di  Walter Galbusera – Fondazione Anna Kuliscioff Il grave deficit di cultura industriale dei provvedimenti del governo rischia di fare imboccare ai 5 Stelle un vicolo e di ridare fiato a campagne liberiste per rivedere Statuto dei lavoratori e articolo 18. A tutto beneficio della Lega Il decreto “dignità” rischia,  e non solo per i suoi contenuti intrisi di superficialità, pressapochismo e demagogia, di far imboccare ai 5Stelle un vicolo cieco al fondo del quale è facile intravvedere il coagularsi di un movimento liberalconservatore di ampie dimensioni sociali che potrebbe ridare fiato ed argomenti ad una nuova e più incisiva campagna contro “i lacci e i lacciuoli” del mercato del lavoro. Le statistiche ci dicono che, in primo luogo per effetto della pur modesta crescita economica, l’occupazione (che il Job’s Act non ha creato ma “solamente” incentivato)  ha raggiunto e superato i livelli del 2008 . E’ vero che si registra un importante utilizzo di contratti a termine (15% del totale) ma val la pena di sottolineare non solo che in fase di ripresa questo è un fenomeno naturale, che lo stesso accade in Europa (Germania 13%, Francia 15%, Olanda 18%) e che comunque i contratti a tempo indeterminato costituiscono nel nostro paese più dell’85 % del totale, anche qui senza grandi differenze con gli altri paesi UE. Il grave deficit di cultura industriale dei provvedimenti  del Governo sta nel fatto di fare affidamento su normative che, in quanto tali non solo non sono in grado di produrre  meccanicamente i risultati desiderati,   ma se indirizzati male possono provocare danni seri. La scelta di affidarsi al  dirigismo per governare il mercato del lavoro, in completa assenza di un confronto con le parti sociali e, più ancora l’incertezza e  l’imprevedibilità che ne deriva, non può  che amplificarne gli effetti negativi. Per di più non siamo di fronte ad uno scenario di forte crescita (a parte le incognite del commercio mondiale) e la dolorosa ipotesi che la politica del governo, al di là delle buone intenzioni, di cui come è noto è lastricata la via dell’inferno, coincida con una frenata (se non con un calo) della produzione e dell’occupazione non è del tutto irrealistica. A quel punto i primi a ribellarsi sarebbero probabilmente i sindacati (anche se Di Maio ha fatto proprie parti di documenti ufficiali della Cgil) ma soprattutto  il mondo dell’imprenditoria, che tra l’altro teme con qualche fondamento il riaffacciarsi di un patologico e oneroso contenzioso giudiziario. Per Matteo Salvini  sarebbe un’ottima occasione da cogliere per allargare le basi sociali della Lega, ben al di là della realtà pur importante delle piccole e medie imprese, cavalcando un disagio reale e “scaricando” oggettivamente l’incauto Di Maio.  Torna inevitabilmente ad emergere l’enorme difficoltà di far convivere forze politiche per molti aspetti alternative, per cui non è sufficiente un contratto di governo, evidentemente non ben definito. A ben guardare, se il decreto dignità significa “fare una cosa di sinistra” che controbilancerebbe la linea dura sull’immigrazione clandestina saremmo di fronte ad una grottesca versione di un inedito Governo di unità nazionale che si regge su provvedimenti apparentemente asimmetrici che hanno l’obiettivo di soddisfare di volta in volta una parte dell’elettorato: ma non  tutti vengono valutati con la dovuta diligenza sulla base dei possibili effetti reali. In ogni caso il fallimento (probabile) del decreto “dignità” e la campagna ideologica contro il precariato rischia di creare solo frustrazioni e di ridare fiato alle campagne liberiste per ulteriori “manutenzioni” dello Statuto dei lavoratori, a partire dall’articolo 18. SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

LETTERA AI SOCIALISTI E ALLA SINISTRA

di Gioacchino Assogna Voglio segnalare che SABATO 7 LUGLIO 2018, alla Sezione della Garbatella-Roma, Via Edgardo Ferrati n.12, si svolgerà un importante SEMINARIO “PER L’UNITA’ E L’AUTONOMIA DEL SOCIALISMO ITALIANO” in continuità con la riunione Nazionale a Livorno del marzo scorso e in previsione di quella di Rimini in autunno. Si tratta di un importante appuntamento “PER DISCUTERE DELL’AVVENIRE DEL SOCIALISMO“, partendo dalla necessità di Progettare il futuro di una Società in continuo e profondo cambiamento. “C’E’ CHI PENSA AL SUO PRESENTE E CHI PROVA A COSTRUIRE LA CASA DEL SOCIALISMO IN ITALIA“, sono l’assunto di fondo per lo svolgimento di un Seminario di discussione e approfondimento. Vi invito ad essere presenti perchè dopo la batosta elettorale causata dal Renzismo, abbiamo bisogno di costruire un nuovo soggetto SOCIALISTA-RIFORMISTA ancorato alla migliore tradizione e alle esperienze di progresso e di Riforme degli anni ’70 con Nenni e Lombardi. Sempre forza Socialismo con l’impegno di unire e riaggregare le forze Socialiste disperse in tante Associazioni e Movimenti. Uniamoci per realizzare uno schieramento in cui non ci siano remore per chiamarsi SOCIALISTI. Auguri di Buon Lavoro. Ostia Antica, 3 luglio 2018 Gioacchino Assogna iscritto al Partito dal 1956 SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

LA MIA IDEA DI SOCIALISMO 4.0

di Dario Allamano Dopo aver tentato nelle puntate precedenti di analizzare i pregi ed i difetti del socialismo in questi anni, provo a descrivere come potrebbe essere, secondo me, una idea di Socialismo nel XXI secolo in Italia. Ma per farlo debbo tornare indietro al 1993, allo scioglimento del vecchio PSI, quello fu l’atto che diede avvio alla diaspora dei socialisti, una rottura che portò i socialisti a fare scelte profondamente diverse. Ancora oggi mi ricordo cosa disse Gino Giugni nel 1995 a Torino in Corso Palestro 10, sede della ex Federazione del PSI, alla domanda di un compagno “ma perché oggi siamo rimasti così in pochi a difendere l’onore di una bandiera storica”, Giugni rispose con una analisi spietata: “di coloro che votarono PSI fino al 1992, il 30% se ne è andato in Forza Italia, e quelli al massimo possono essere definiti riformisti non più socialisti, un 20% è andato nel PDS, ed avranno qualche difficoltà a definirsi socialisti, è un nome non gradito al gruppo dirigente di quel partito, il resto si disperderà in mille rivoli, solo una piccola minoranza resterà a difendere l’onore e la dignità di una Storia nobile”. Giugni era ancora ottimista, non vedeva, come a maggior ragione non lo vedevamo noi, il disastro che stava per compiersi con la nascita dello SDI di Boselli, una formazione politica subalterna al PDS e con un unico scopo: garantire a coloro che avevano occupato i posti di comando (quella che poi qualcuno definì la cooperativa) l’elezione in qualche istituzione, o la nomina in qualche consiglio di amministrazione. In sostanza l’inizio della fine. Un Partito Socialista che per 20 anni non analizza in modo serio la trasformazione in atto nell’economia, nella politica e nella società abdica al suo ruolo primario, quello di capire la realtà per poter difendere gli interessi dei più deboli, di coloro che sono più esposti all’uragano che il liberismo ha scatenato in Italia, e nel Mondo. Nelle puntate precedenti ho cercato di descrivere molto sommariamente quanto è avvenuto dal lontano 1971. I guasti profondi che l’ideologia liberista, perché di questo si tratta non solo di una teoria economica, propugnata dai Chicago boys di Friedman ha prodotto sono evidenti, un progressivo accentramento in poche mani della ricchezza prodotta, una spaccatura sempre più profonda tra i super-ricchi ed il popolo minuto e la disarticolazione delle società civili. I “corpi intermedi”, che rappresentavano gli interessi di coloro che fanno del lavoro la loro ragione di vita, sono in piena decadenza, esistono tanti individui in guerra l’uno contro l’altro per un tozzo di pane. L’aveva predetto trent’anni fa la Thatcher. La sinistra dopo il crollo del muro di Berlino non ha saputo o voluto capire cosa stesse avvenendo. Il populismo di oggi nasce dalla profonda mutazione genetica di quello che fu il partito più grande della sinistra storica, che lo ha portato a sposare teorie economiche antipopolari ed a giustificare scelte antidemocratiche, ad assumere una forma partitica sempre più fragile e inadatta a fungere da argine al liberismo. E’ per questo motivo che tanti che furono di sinistra hanno sposato tesi di estrema destra? Io penso di si! Oggi siamo di fronte ad un burrone dentro cui rischiamo tutti di cadere. Il Governo che abbiamo è una replica a scoppio ritardato delle peggiori teorie liberiste, che si basano sul “gocciolamento” della ricchezza dall’alto verso il basso, su un sistema di capitalismo “compassionevole”. La flat tax risponde a queste teorie, “i ricchi pagando meno tasse spenderanno di più e questo servirà a rilanciare i consumi e sarà utile a tutti”. Meno imposte ai ricchi significa però meno servizi ai cittadini, in poche parole l’americanizzazione dell’Italia. Ma le pensioni private e le assicurazioni sanitarie servono solo per arricchire i loro gestori, i quali utilizzano i soldi dei cittadini per fare speculazioni finanziarie, lasciando in molti casi quei cittadini senza pensioni e senza assicurazioni. E’ tempo che i socialisti risollevino la testa e che: riprendano in mano la difesa di due loro storiche bandiere, la legge elettorale proporzionale, la progressività delle imposte, necessaria per pagare i servizi pubblici, a partire dalla scuola pubblica e dal welfare. Ma debbono riappropriarsi di tante altre azioni politiche utili per ricostruire una identità ed una forma ad una società disarticolata. E’ tempo che i socialisti – rilancino le teorie di il Keynes, vera alternativa al liberismo, perché solo la domanda aggregata può rilanciare il Progresso, pur nella consapevolezza che il keynesismo oggi deve fare i conti con la limitatezza delle risorse e con la necessità imprescindibile di tutelare l’ambiente; – rialzino la bandiera di Ventotene e dell’Europa federazione di Stati; – tornino ad essere Internazionalisti, guardando, senza paura, oltre le Alpi ed il Mediterraneo, e riscoprano l’Umanesimo socialista, perché il mondo è fatto di uomini e donne, i quali sono nostri fratelli, non nostri nemici; – ritornino infine a frequentare quelle fucine che sono le Case del Popolo e le Società del Mutuo soccorso, che formarono, nella seconda metà dell’ottocento, la base sociale da cui sorse il Socialismo, per cercare, in quei luoghi pieni di Storia, di ri-unificare un “popol disperso che voce non ha”. Oggi i reduci socialisti della traversata del deserto iniziata tanti anni fa hanno raggiunto la sponda del mar Rosso, sono in pochi, e sono ben consapevoli che dopo ci sarà da traversare un altro deserto, ma è quello che vogliono fare e che faranno. Questa traversata sarà però diversa, non più individui isolati, ma un piccolo e combattivo movimento di donne e uomini, che ogni giorno inizieranno la loro marcia con le parole del loro storico inno:  “su fratelli e su compagne, su venite in fitta schiera, sulla libera bandiera splende il sol dell’avvenir..” Sempre Avanti verso il Sol dell’Avvenir! SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande …

PER UN’ITALIA DI CITTADINI RESPONSABILI, NON PIU’ SUDDITI E OPPORTUNISTI

di  Stefano Betti “La Nazione e la Patria non sono monopolio né vostro né di alcun partito. Sono l’aria che respiriamo, sono gli affetti, i ricordi, le speranze di quanti nacquero e vivono su questo suolo. Pretendere di farne monopolio di un partito, questo, sì, è creare l’antipatriottismo“. Filippo Turati 10 novembre 1922, in Parlamento. Che manchi un idem sentire nel nostro paese, un sentimento che ci accomuni come identità nazionale, è un dato incontrovertibile. Cosa non ha funzionato perché, nonostante quasi 160 anni d’unità d’Italia, non siamo riusciti a essere collettività, Comunità sul serio, se non uno sterminato esercito di isole che non vanno oltre lo sguardo rancoroso sul vicino? Oggi viviamo una sorta di confuso senso di appartenenza di ritorno che l’attuale governo giallo-verde sta professando. “Prima gli Italiani!” è lo slogan più in voga che sembra farci uscire dall’agire accecato del tifoso. In realtà, anche chi oggi inveisce sugli autobus o negli uffici contro politici di professione e immigrati clandestini, tasse, pensioni d’oro e vitalizi, non sembra uscire dall’egoico cliché dell’individualismo esasperato. Il modello centralista non ha funzionato. Dobbiamo prenderne atto. Quello scaturito dalle guerre risorgimentali, perseverato durante l’età giolittiana a colpi di legislazione sabauda, esaltato dal Fascismo e poi, nonostante l’art. 5 della Costituzione, perpetuato dall’Italia repubblicana. Sì, proprio perché non s’è colta distanza che separava allora, e, forse, anche oggi, realtà diversissime del paese. Non eravamo né la Francia, con una storia unitaria plurisecolare né la Germania, nata nell’ottocento come noi, ma con alle spalle omogene tradizioni culturali e amministrative. Troppo debole la borghesia per avere un tessuto di valori luterani forte per fondare un paese reale attorno a sé. Più semplice il compromesso, l’inciucio sociale, lo scivolare verso il comodo assistenzialismo. È l’Italia di “Mi manda Picone”, dei politici faccendieri, dei portaborse onnipresenti, degli intellettuali egoici e presuntuosi, delle cattedre universitarie a numero chiuso, delle clientele sterminate, dove il merito finisce sotto le scarpe delle conoscenze in nome degli scambi di favori. Ecco perché un paese vero che pensa di ritrovarsi solo, o quasi, quando gioca la Nazionale di calcio ai Mondiali (tra l’altro quest’anno siamo stati esclusi con pieno demerito) non se ne fa nulla delle fumisterie da bar di chi reclama più attenzione verso gli italiani. Tanto poi il conto degli evasori di professione e degli “spreconi della cosa pubblica”, dei furbi, dei corrotti e corruttori resta sempre lo stesso. Prima votavano in un modo. Ora in un altro. Ma i comportamenti sono sempre gli stessi. Si continua a evadere. Si continua a sprecare. Si continua a corrompere e a essere corrotti. Almeno così ci dicono le cronache dei giornali. Bisogna fare gli italiani, questo è il compito al quale siamo chiamati come Socialisti. Per costruire un senso di appartenenza a una Comunità, il federalismo potrebbe essere il collante necessario. Riconoscersi nelle diversità per stare insieme. Dare maggiore autonomia possibile alle entità locali, Comune e Regione, per far sì che ci si identifichi nell’insieme. E soprattutto si colga la condivisione di interessi nella Comunità che fa sì che i comportamenti siano virtuosi. Lo Stato così distante è entità impersonale. Quindi non mi appartiene. Al massimo, quando mi rapporto ad esso, parlo male della Casta. Ma resto il cittadino inaffidabile di sempre. Pieno di invidia. Il federalismo andrebbe accompagnato da una piena vocazione europeista. Anch’essa in senso federalista.  Dove la nostra identità non venga meno rispetto a quella degli altri paesi. In un rapporto fra eguali. Come avrebbe dovuto essere per le collettività locali nel nostro paese. Penso alla scuola pubblica, primo livello di condivisione di valori, una scuola che incentivi gli scambi fra studenti nei paesi dell’Unione europea. Penso al Servizio civile obbligatorio per un numero di mesi sufficiente perché si possa condividere il senso di appartenenza alla comunità nazionale. Bisogna coinvolgere i cittadini nella tutela della Cosa pubblica. Penso a una giornata ogni tre mesi dedicata attività sociali per sentirsi tutti responsabili e cittadini piuttosto che sudditi e opportunisti. Insomma, tutti quegli strumenti di coesione e condivisione che possano far identificare i cittadini nella Comunità a cui appartengono. Prima locale poi nazionale, infine europea. Altrimenti inutile proseguire. E per mettere argine alla barbarie dei tutti contro tutti che i Socialisti devono necessariamente tornare a esistere. 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RIPENSANDO AL “MITE GIACOBINO” DI ALESSANDRO GALANTE GARRONE

di Marco Brunazzi Prendendo a prestito la celebre definizione  riferita a e da Alessandro Galante Garrone, viene da chiedersi se non vi sia, nella politica e nella società d’oggi,  urgente bisogno di nuovi giacobini, sia pure miti (nel senso che non vogliono né debbono usare la ghigliottina). Giacobini da intendersi quindi come intransigenti difensori dei valori alti del repubblicanesimo storico e in particolare di quei principi di laicità che ne sono la cifra più caratteristica. Non occorre essere biechi sovranisti per comprendere come la crisi degli stati nazionali si stia tirando appresso quella della democrazia rappresentativa e dei principi fondanti dello stato di diritto. E  con esso il suo corollario dell’eguaglianza di tutti di fronte alla legge e della subordinazione di ogni identità individuale e collettiva (religiosa, nazionale, etnica, professionale, sociale, culturale, dinastica, ecc.) a quella di cittadinanza costituzionalmente definita e garantita. Quella che Juergen Habermas aveva sintetizzato con la formula “la mia patria è la Costituzione”. E di giacobini (miti, sì,  ma pur sempre intransigenti) ce ne sarebbe davvero bisogno in tempi come l’attuale,  nel quale ci si aggroviglia e accapiglia per rendere giustificabili le crescenti intrusioni nella sfera civile dei vari poteri religiosi, istituzionalizzati e non,  con le loro pretese di intangibilità ed esclusività, anche di fronte al patto di civile convivenza, definito ormai sprezzantemente come mero retaggio della cultura colonialistica dell’Occidente. Ma se tutto ormai va giustificato nel segno della sacralizzazione dell’identità culturale, ebbene, rivendichiamo anche noi, Giacobini d’Occidente,  la specifica identità storica e culturale scaturita dall’Illuminismo e dalla Grande Rivoluzione. Unicuique suum. SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

RISPOSTA DI ALDO POTENZA IN MERITO ALL’ODG. DEL PSI PIEMONTE

Caro Enrico, non sottovaluto l’importanza del documento approvato in Piemonte, ma debbo osservare che mi sembra tardivo ed inefficace vista la piega assunta dal partito e in particolare da Nencini dopo il 4 marzo. L’aver consentito di accettare finte dimissioni presentate più che altro ad una riunione di amici (poiché non era quella la sede per decidere il futuro del segretario, ma il consiglio nazionale dove, oltre che discutere le ragioni del disastro elettorale del psi e della sinistra in generale, si sarebbe dovuto decidere sia sulla permanenza del segretario, sia sulle azioni politiche da compiere) ha consentito a Nencini di stracciare lo statuto del partito e di svolgere funzioni tipiche di un commissario politico. Appare in tutta evidenza l’assoluta irrilevanza che Nencini attribuisce al malessere esistente in varie zone del partito, continuando imperterrito a perseguire un disegno, l’alleanza repubblicana, che oltre a ricordare strade già note, sostanzialmente destinate al tentativo di garantire la sua personale sopravvivenza, è sbagliata poiché verrà individuata come forma di autodifesa delle nomenclature perdenti. Se il PSI non si fosse rassegnato alla guida di Nencini, avrebbe dovuto, con altri protagonisti, porre il problema del socialismo in Italia e in Europa riflettendo sugli errori commessi seguendo terze vie che altro non sono state se non un neoliberismo progressita che ha fatto smarrire le ragioni del socialsmo dempocratico e su questa base aprire il confronto con tutta la sinistra. Mentre in Piemonte avete approvato il documento che cortesemente mi hai inviato, Nencini ha diffuso un suo comunicato vocale con cui indica il percorso che seguirà. A me sembra che il partito viva nella più assoluta confusione politica ed organizzativa dove ciascuno fa ciò che crede alla ricerca di una improbabile salvezza personale. In questo modo non si può davvero pensare che si possano creare le condizioni per uno sforzo comune. Troppe ambiguità, non servono a risolvere i problemi del partito e men che meno ad avviare il confronto politico necessario a valutare il grado di convergenza utile per ricostruire una comunità socialista aperta a chiunque senta viva la necessità di restituire all’Italia una forza che abbia a fondamento principi e cultura solidi condizione indispensabile per superare aggregazioni confuse che finora hanno avuto breve vita e non sempre virtuosa. Temo caro Enrico, e spero di sbagliare, che il destino del psi sia segnato, ma non lo è quello del socialismo che giorno dopo giorno vedo essere invocato persino da altre formazioni politiche, anche se ad oggi non hanno avuto fino in fondo il coraggio di compiere la scelta conseguente. Noi proveremo a mantenere in vita questa prospettiva anche se il psi ha rinunciato a volerla perseguire. Un sincero fraterno abbraccio, Aldo Potenza ……. Ordine del giorno approvato dal Direttivo regionale Piemonte Con il varo del nuovo Governo si è chiusa una fase politica lunga e travagliata, una sconfitta per il centro-sinistra ed un arretramento del peso parlamentare dei socialisti. Comincia per noi un doveroso cammino di riflessione, di impegno e di riorganizzazione. Riflessione sulle ragioni più generali che hanno portato il populismo al Governo e sulle difficoltà che affrontano i riformisti in Italia e in Europa a governare i processi dell’economia nel mondo globalizzato. È mancata sicuramente in Italia, una capacità di cogliere i problemi delle fasce sociali più in difficoltà, ma anche del ceto medio, per ragioni molteplici, non ultima la crisi economica più generale e la riduzione degli interventi di sostegno, determinati dalla necessità di contenere un deficit che tendeva ad andare fuori controllo. Un Europa sordida ed egoismi nazionali hanno enfatizzato il fenomeno epocale dell’immigrazione clandestina, reso più acuto dalle crisi di alcuni Stati nazionali in disfacimento. Tutto ciò ha aumentato disistima verso le forze politiche di governo ed anche dell’opposizione tradizionale, dando spazio al non voto ed ai qualunquismi e populismi che hanno portato con l’aiuto di alcune proposte programmatiche fortemente elettoralistiche e di difficile attuazione, ad accrescere l’area del consenso su forze che hanno alimentato irresponsabilmente miraggi e politiche taumaturgiche di soluzione dei problemi. Si pone quindi urgentemente l’iniziativa per difendere in Italia la tradizione socialista e riorganizzarla, per contribuire alla sfida che in ogni caso la necessità del cambiamento mette in atto sul terreno delle scelte economiche, sociali e istituzionali. Il nostro Partito deve continuare a promuovere il rinnovamento nei suoi quadri direttivi, ma anche contribuire alle cesure delle divisioni che devono stare alle nostre spalle; deve, inoltre, aprirsi alla convergenza di movimenti di altre culture politiche democratiche, che possono concorrere alla creazione di un nuovo soggetto riformista in grado di determinare un’adeguata azione di contrasto alle derive contemporanee e sia capace di varare un nuovo progetto di società inclusiva e più giusta, che sappia riconoscere disagi, meriti e sia in grado di predisporre risposte adeguate, anche sul piano dello sviluppo economico. In questo senso promuoviamo un invito e un appello ai compagni che hanno dato vita in questi anni ad associazioni e movimenti diversi dal PSI, pur tuttavia mantenendo una coerente identità socialista. Segnatamente ci rivolgiamo ai compagni di area socialista e di socialisti in movimento ed altri ancora, affinché si riaggreghino con noi per contribuire a un’azione di riflessione, impegno e rilancio del Partito Socialista Italiano per le sfide politiche ed elettorali che ci attendono in modo da contribuire ad una nuova lotta nell’interesse generale della Sinistra Italiana e del Paese. Per aprirsi al più alto confronto libero e democratico si ritiene che il PSI, sin d’ora, debba impegnarsi a convocare, dopo un approfondito dibattito, con chi intenderà parteciparvi, un Congresso straordinario di ricostruzione, in grado di mettere la comunità socialista in condizione di affrontare efficacemente le difficili sfide che verranno. In una fase in cui i processi politici tendono a ridurre gli spazi di democrazia e di dialettica tra le diverse posizioni in campo, oscurando percorsi decisionali e flussi di finanziamento di varia natura, alla politica si pone urgentemente il problema dell’attuazione dell’articolo 49 della Costituzione, per la regolamentazione per legge dei Partiti e per la definizione della loro organizzazione interna, in senso democratico, in un momento in …

LE DICHIARAZIONI DI SALVINI: ATTENZIONE ! STIAMO SCIVOLANDO PERICOLOSAMENTE

di Franco Astengo Questa la dichiarazione di oggi rilasciata dal  Ministro dell’Interno: “Al ministero mi sto facendo preparare un dossier sulla questione rom in Italia, perché dopo Roberto Maroni non si è fatto più nulla, ed è il caos”. Lo ha detto il ministro dell’Interno, Matteo Salvini, leader della Lega, parlando a TeleLombardia. Salvini ha parlato di “una ricognizione sui rom in Italia per vedere chi, come, quanti sono”, ossia “rifacendo quello che fu definito il censimento, facciamo un’anagrafe”. Per Salvini, gli stranieri irregolari andranno “espulsi” con accordi fra Stati, ma “i rom italiani purtroppo te li devi tenere a casa”. Attenzione! Grattare la pancia ai cattivi sentimenti è facile e subito può anche pagare in applausi e popolarità: può rendere voti e potere. Però se si sfoglia una margherita velenosa da quei petali possono uscire i veleni più tremendi che hanno già ammorbato l’Europa negli anni centrali del secolo scorso. Si comincia dai migranti, si passa agli zingari e via, via, avanti fino a proclamare il dogma della superiorità razziale dei bianchi ariani (rigorosamente al maschile) e relative  tragiche conseguenze che abbiamo già drammaticamente visto sulla scena della storia. Dedichiamo alla memoria di tutti una sintesi estrema delle persecuzioni subite dal popolo zingaro sotto il regime nazi – fascista, invitando tutti a riflettere. (DE) « Wir Roma und Sinti sind die Blumen dieser Erde. Man kann uns zertreten, man kann uns aus der Erde reißen, man kann uns vergasen, man kann uns verbrennen, man kann uns erschlagen, aber wie die Blumen kommen wir immer wieder… » (IT) « Noi Rom e Sinti siamo come i fiori di questa terra. Ci possono calpestare, ci possono eradicare, gassare, ci possono bruciare, ci possono ammazzare, ma come i fiori noi torniamo comunque sempre… » (Karl Stojka Porajmos o Porrajmos (pronuncia italiana: poràimos; in romaní: [pʰoɽai̯ˈmos]; traducibile come “grande divoramento” o “devastazione”) è il termine con cui Rom e Sinti indicano lo sterminio del proprio popolo perpetrato da parte dei nazisti durante la seconda guerra mondiale. Si stima che tale eccidio provocò la morte di 500.000 di essi[2]. Questo disegno genocida è definito da Rom e Sinti anche con il termine Samudaripen, che significa letteralmente tutti morti. Il Porrajmos non venne mai classificato come una persecuzione razziale al pari di quella ebrea fino agli anni Sessanta, quando storici e studiosi come Miriam Novitch iniziarono ad interessarsi a questo argomento allora poco noto o quasi totalmente sconosciuto. Molte sono le prove e i documenti che certificano invece il trattamento che il Partito Nazista riservò agli zingari. Nel giugno 1936 il ministero degli Interni affidò la questione zingara alle autorità, chiedendo di operare attraverso leggi speciali per risolvere il problema. Con il decreto del 14 dicembre 1937, in seguito alle ricerche del dottor Robert Ritter e dei suoi collaboratori, si affermava che gli zingari erano geneticamente criminali, e per questo dovevano essere messi agli arresti. In una dichiarazione di Himmler, che risale invece al dicembre 1938, viene trattata la situazione degli zingari tedeschi “sotto l’aspetto della loro purezza razziale”. Nei vari punti sviluppati vi sono anche quelli che vietano il rilascio di diplomi o di qualsiasi altra forma di attestato per artigiani senza residenza fissa, imponendo una sorta di identificazione razziale per riconoscere i portatori di “sangue zingaro”. In questo stesso anno cominciarono le deportazioni nei campi di concentramento di Buchenwald, Mauthausen-Gusen e Flossenbürg, la sede dell’“Ufficio centrale per la lotta alla piaga zingara” fu trasferito da Monaco a Berlino. A partire proprio dal 1938, anno dell’Anschluss, il regime si occupò tra le altre cose di limitare i territori occupabili dagli zingari, estendendo le nuove leggi a tutti i nuovi territori del regime. Le prime disposizioni per la persecuzione e l’internamento per gli zingari in Italia furono emanate l’11 settembre 1940. Una circolare telegrafica firmata dal capo della polizia Arturo Bocchini e indirizzata a tutte le prefetture del Paese conteneva un chiaro riferimento all’internamento di tutti gli zingari italiani a causa dei loro comportamenti antinazionali e alle loro implicazioni in reati gravi. Nella circolare venne ordinato il rastrellamento di tutti gli zingari, nel minor tempo possibile, provincia dopo provincia. Il 27 aprile 1941 fu emanata un’altra circolare da parte del Ministero dell’Interno con indicazioni riguardanti l’internamento degli zingari. La politica di discriminazione fascista si basò principalmente sulla presenza dello zingaro straniero nel territorio italiano. Con l’invasione della Jugoslavia del 1941 e la conseguente fuga degli zingari da quei territori in Italia, le forze armate fasciste acuirono le già preesistenti misure di controllo verso gli zingari per provvedere all’invasione di quelli stranieri. Infatti, mentre per gli zingari italiani fu ordinata la reclusione nei campi di internamento, per quelli stranieri era prevista l’espulsione. Negli anni è stato possibile ricostruire una lista abbastanza completa dei luoghi di detenzione per zingari che c’erano in Italia. Testimonianze zingare parlano di campi di detenzione ad Agnone nel convento di San Bernardino, in Sardegna a Perdasdefogu, nelle province di Teramo a Tossicia, a Campobasso, a Montopoli di Sabina, Viterbo, Colle Fiorito nella provincia di Roma e nelle isole Tremiti. A seguito dell’occupazione tedesca nel territorio italiano, molti campi dell’Italia centrale e meridionale furono smantellati in vista dell’arrivo degli alleati e pertanto esistono pochissime prove della loro esistenza. Da quel momento in poi la maggior parte degli zingari internati in Italia fu trasferita nei campi nazisti, passando da Gries a Bolzano. L’unico campo di cui possediamo dati e documenti precisi grazie agli archivi comunali è quello di Tossicia. Entrò in funzione il 21 ottobre del 1940 e le prime deportazioni zingare furono registrate nell’estate del 1942. La presenza di detenuti zingari è documentata anche nel campo di Ferramonti di Tarsia, attivo dal 1940 al 194 Con il decreto Auschwitz del 16 dicembre 1942 promulgato da Himmler, tutti gli zingari del Reich, eccetto quei pochi che lavoravano nelle imprese belliche tedesche, furono deportati a Birkenau. I gruppi di zingari sopravvissuti alle fucilazioni di massa e ai ghetti provenivano da tutti i paesi sotto il controllo del regime nazista, dal Belgio, dai Paesi Bassi …