SOCIALISMO XXI DOCUMENTO CONCLUSIVO DELLA CONFERENZA PROGRAMMATICA

Rimini, 10 febbraio 2019 La globalizzazione guidata dalla ideologia neoliberista, se ha rappresentato una occasione di sviluppo in alcune aree di sottosviluppo economico, con la deregolamentazione dei mercati e la concorrenza fra sistemi sociali e politici molto diversi, ha, di converso, prodotto, nell’occidente industrializzato e dotato di avanzati sistemi di protezione sociale, la precarizzazione del lavoro, vaste aree di povertà, l’arretramento delle conquiste sociali, l’aumento dell’indebitamento pubblico e privato e le diseguaglianze nella distribuzione del reddito. Gli effetti di tali cambiamenti sono rappresentati dal peggioramento della distribuzione del reddito, oggi in Italia meno del 50% del valore aggiunto complessivo va ai redditi da lavoro, rispetto al 60/65% che era la quota del passato. “Il tasso di crescita medio a lungo termine dei Paesi sviluppati è andato progressivamente riducendosi passando dal 3-4% dei primi anni ‘70 ai modesti tassi attuali. Le crisi finanziarie dopo un periodo di stabilità durato circa 30 anni, sono diventate sempre più frequenti. La diseguaglianza dei redditi delle persone è aumentata in modo esponenziale. Le retribuzioni sono rimaste stagnanti in termini reali sui livelli degli anni ‘80, mentre la produttività da allora ad oggi è più che raddoppiata, pertanto l’intero beneficio si è indirizzato a favore della parte più benestante della popolazione. Il tasso di disoccupazione intorno al 7,8% viene considerato normale, anche in Paesi dove si rilevavano alti tassi di occupazione. Inoltre spesso l’occupazione è precaria e mal retribuita. A questo desolante scenario si aggiunge La scarsa attenzione nei confronti dello sfruttamento delle risorse mondiali, delle conseguenze ambientali e sulla salute delle persone. Come era prevedibile la reazione è stata ed è la paura del futuro, la forte inquietudine verso il presente e la ricerca verso illusorie protezioni nazionali che privilegiano risposte sovraniste e populiste. La sinistra di fronte alla aggressiva egemonia delle idee neoliberiste non ha saputo elaborare una proposta alternativa, anzi spesso ha accompagnato con lo slogan della modernizzazione i processi economici internazionali dettati dagli interessi della finanza e delle multinazionali, tentando persino, come è avvenuto in Italia, di modificare la Costituzione privilegiando la governabilità e, con le leggi elettorali, mortificando la partecipazione e la rappresentanza. In tal modo, smarrendo gli elementi distintivi delle politiche socialdemocratiche in un mondo di grandi trasformazioni economiche e sociali, è venuto a mancare il riferimento politico capace di orientare e guidare vaste aree di cittadini che, all’aumentare delle difficoltà economiche e di fronte al lento smantellamento del welfare, ha reagito rivolgendosi verso movimenti di protesta di vario orientamento. Lo scenario culturale, contro cui tutte le forze democratiche progressiste ed in particolar modo quelle del socialismo democratico devono svolgere la loro azione, è dei più difficili poiché con il neoliberismo si sono diffusi elementi culturali negativi come l’edonismo, l’individualismo, l’egoismo sociale, l’avversione verso la politica, ovvero il contrario della cultura socialista democratica che si riconosce nei valori comunitari, solidaristici e nella democrazia partecipata. Ciò nonostante i primi sintomi della crisi della globalizzazione neoliberista sono ormai evidenti e l’introduzione dei dazi doganali voluta da Trump, con tutte le conseguenze che comporta, è una dimostrazione del livello di insofferenza che provoca la liberalizzazione dei mercati avvenuta secondo interessi che non hanno posto le condizioni di vita delle persone al centro degli obiettivi da perseguire. L’Europa con i Trattati di Maastricht e il successivo di Lisbona ha assunto il modello neo-liberista come stella polare. E’ tempo di ridiscutere quei trattati intergovernativi che hanno favorito la crescita di una insofferenza sociale che rischia di compromettere il disegno europeo. La Brexit è una delle più evidenti conseguenze. Noi Socialisti siamo per superare l’Europa Confederale, dominata dalle burocrazie, per avviarci verso un’Europa Federale che abbia i principi del Manifesto di Ventotene quale riferimento di base. L’Italia ha affrontato la diffusione delle idee dei Chicago boys nel momento più grave della sua storia politica e si è trovata in balia di forze o culturalmente vicine alle idee neoliberiste o con una sinistra post comunista travolta dalle macerie politiche e culturali della caduta del muro di Berlino, che emblematicamente rappresenta la conclusione del comunismo, incapace culturalmente e politicamente di affrontare le nuove difficoltà. Proprio nel momento della maggiore necessità, a causa di diverse responsabilità, è stata distrutta l’unica forza, il Partito Socialista Italiano, capace con la sua carica innovativa, ben descritta a Rimini nel 1982, di svolgere una azione di contenimento e di ostacolo alla azione aggressiva del neoliberismo e di offrire una soluzione, l’alleanza tra i meriti ed i bisogni. Oggi, come già osservato precedentemente, appare in grave difficoltà il modello di globalizzazione finora perseguito; è in crisi sia l’UE, sia l’area euro. In Italia la scelta del PD di perseguire una modernizzazione secondo le idee che potremmo definire tipiche di un ”neoliberismo progressista” propugnate dalla così detta terza via, ha privilegiato di DIRITTI CIVILI rispetto alla GIUSTIZIA (BISOGNI) SOCIALE (ovvero unendo alle azioni indicate dal neoliberismo quelle dei diritti Lgbtq), non segnando una netta linea di demarcazione fra se e alcune forze di centrodestra con le note conseguenze. La Conferenza programmatica di Rimini promossa da Socialismo XXI ha rappresentato il tentativo di concorrere a porre un argine ai rischi sempre più evidenti che l’intera comunità nazionale corre a causa delle risposte sovraniste e antieuro di una parte della destra e di alcune marginali forze di sinistra e più in generale allo smarrimento in cui si trova tutta la sinistra che appare incapace di offrire risposte adeguate ai mutamenti in corso nella società e nell’economia italiana. La crisi politica è tanto più grave se si considera che dovremo affrontare le difficoltà e le opportunità della economia denominata 4.0, ovvero la robotica diffusa, e ciò che rappresenterà per concentrazione di capitali e per la riorganizzazione del modo del lavoro. L’industria 4.0 ha segnato la fine di un paradigma che ha traversato gli ultimi due secoli, al crescere degli investimenti cresceva l’occupazione, oggi non è più così, l’innovazione espelle forze dal ciclo produttivo ed anche dalle strutture di servizio. Noi socialisti dobbiamo farci promotori di un nuovo Patto dei produttori che isoli o almeno ridimensioni il capitalismo …

FISCO E REDISTRIBUZIONE DELLA RICCHEZZA

TRATTO DAL PROGRAMMA MINIMO DI SOCIALISMO XXI – RIMINI 2019 La prima domanda che deve porsi un politico che punti a Governare ed a rappresentare adeguatamente il proprio ceto sociale di riferimento è: Dove posso trovare le risorse necessarie per finanziare tutte le proposte che faccio? La risposta normale è: attraverso la leva FISCALE. Ma per parlare di Fisco senza ragionare anche di redistribuzione della ricchezza comporta una visione limitata del problema, si parla, come si sta facendo in questi anni genericamente di  TASSE, senza ragionare su un dato oggettivo: La disuguaglianza esistente tra i più ricchi ed i più poveri oggi è tanta e deve essere ridotta. Nell’Indice di GINI 2016 (l’indice 0 rappresenta la perfetta eguaglianza mentre l’indice 1 rappresenta la massima disuguaglianza), l’Italia si piazza (con 0.325) a metà strada tra i dati di Cile (0.465) e USA (0.394) e Norvegia (0.252) e Islanda (0.244) La disuguaglianza si può combattere con bonus che intervengono sugli effetti (ad esempio il reddito di cittadinanza o il bonus fiscale del Governo Renzi), oppure intervenendo sulle cause ovvero sul sistema. La differenza tra i due modi politici di intervento è la seguente: Con i bonus l’ineguaglianza continuerà a riprodursi e forse anche a livelli sempre più accentuati, mentre con l’intervento sistemico la disuguaglianza diminuirà. Lo scopo del presente documento è quello di proporre alcune manovre fiscali utili e necessarie per tentare di rendere meno diseguale l’ Italia e, più in generale, l’Europa. Il sistema fiscale è da sempre una potente leva per la redistribuzione della ricchezza, ma occorre innanzitutto definire in quale direzione si intende operare. Se l’obiettivo è un sistema fiscale equo ogni riforma non può prescindere da un’Imposta sulle persone fisiche progressiva, così come definito dalla nostra Costituzione all’art. 53. l’IRPEF venne introdotta ad inizio anni settanta (Riforma Visentini) con 32 aliquote ed un’imposizione media inferiore al 30%, l’IRPEF odierna è il frutto di un grave errore fatto nel 2006, allorchè dalla curva dell’IRPEF venne tolta l’aliquota del 33%, generando un balzo tra il secondo e il terzo scaglione di ben 11 punti, dal 27% al 38%. La pressione fiscale media oggi è attorno al 40% Prima riflessione la PROGRESSIVITA’ non genera maggiori imposte, anzi. Sul piano politico ed economico le modifiche introdotte nel 2006 hanno inoltre accollato al ceto medio (aliquota 38%) il pagamento degli effetti della crisi del 2007-08 e la tassazione oggi grava, in prevalenza, sui redditi delle persone fisiche e sui consumi. La prospettiva è quella di veder aggravata ancora di più l’imposizione sui consumi, tendenza promossa dal Fondo Monetario Internazionale (e non solo per l’Italia), a causa delle “difficoltà” nel tassare le grandi aziende transnazionali finanziarie e del web. Per l’Italia si aggiunge inoltre un’evasione, totale o parziale, stimata in circa 120-150 miliardi l’anno, a cui si aggiungono pratiche di elusione, ammesse e concesse da leggi piuttosto “benevole”. Una gran parte dell’evasione deriva poi da attività criminali, ed è determinata dal traffico illegale delle droghe, dallo sfruttamento degli esseri umani e dal traffico dei rifiuti. La questione FISCO si incrocia quindi con problematiche in molti casi penali. A fianco di una nuova politica fiscale serve un contrasto vero alle attività criminogene, basata su politiche che prosciughino l’area dell’economia nera. La legalizzazione di alcune attività criminali (es. droghe e prostituzione), potrebbe portare, oltre al calo delle paure securitarie dei cittadini, consistenti risorse alla casse dello Stato, stimabili in almeno 50 miliardi all’anno. Quali sono i problemi fiscali che oggi in Italia generano disuguaglianza e su cui noi socialisti dobbiamo attrezzarci per dare battaglia? In sintesi si possono individuare in • un sistema di imposte indirette, IVA in particolare, con aliquote eccessive che tendono a generare l’evasione. L’aumento dell’aliquota odierna dal 22% al 25%, aumenterà la propensione all’evasione; • un’IRPEF che penalizza il ceto medio con il balzo tra il secondo scaglione (27%) ed il terzo (38%); • un sistema catastale che basa le imposte immobiliari su rendite derivanti dai vani e non sui metri quadrati, che favoriscono i centri storici e penalizzano le periferie ed i territori provinciali; • uno spostamento delle imposte locali sugli immobili (IMU) verso l’IRPEF con le introduzioni delle addizionali regionali e comunali; • un sistema fiscale sulle persone giuridiche con due imposte sulle attività delle aziende, IRES e IRAP; • una politica di controllo fiscale che colpisce laddove è più “facile”, per l’evidenza del reato, magari anche piccolo, con la sostanziale intangibilità di aree di elusione e di evasione fiscale mascherate ed in alcuni casi di vere e proprie aree di redditi malavitosi. LE NOSTRE PROPOSTE: NO all’aumento dell’IVA prevista dalla clausola di salvaguardia della Legge di Bilancio che prevede l’aumento sino al 25% dell’attuale aliquota del 22%, e fino al 13% dell’aliquota del 10%. Si propone la rimodulazione delle aliquote nel seguente modo: • diminuire l’aliquota ordinaria dal 22% al 18%, • revisione del paniere dei beni e servizi di prima necessità afferenti l’aliquota 4%, con l’inserimento di alcuni beni oggi non presenti (es.pannoloni), • reintroduzione di un’aliquota sui beni di lusso (com’era sino al 1993) del 30% (i tartufi oggi al 5%). Per quanto riguarda l’IRPEF • riteniamo sia urgente ed indifferibile la reintroduzione dell’aliquota del 33% tra il secondo ed il terzo scaglione attuale; • per semplificare il sistema basato su scaglioni, con i relativi gradoni tra uno scaglione ed il successivo, si potrebbe studiare il sistema tedesco basato su una progressione “lineare”; • per favorire l’emersione dell’imponibile oggi in “nero”, si potrebbe valutare l’applicabilità di un sistema (modello USA) che consenta a tutti di detrarre le ricevute per prestazioni di servizi o acquisto di beni, con sorteggio a fine anno delle categorie ammesse in detrazione. La battaglia per far rispettare realmente l’art.53 della Costituzione, che definisce il principio della PROGRESSIVITA’ delle IMPOSTE sarà durissima, e sarà una battaglia tipicamente SOCIALISTA. Per difendere la progressività delle imposte noi socialisti RIFIUTIAMO per principio l’introduzione della Flat Tax (tassa piatta) sui redditi delle persone fisiche, la quale, in nome di un falso egualitarismo (tutti pagano la stessa imposta), …

SCUOLA, UNIVERSITA’ E RICERCA

TRATTO DAL PROGRAMMA MINIMO DI SOCIALISMO XXI – RIMINI 2019 La scuola è, ancora una volta, l’avamposto anticipatore del cambiamento e al tempo stesso garante dei valori di solidarietà, accoglienza e crescita culturale. Per questa ragione, un paese civile si valuta da quanto investe nelle risorse culturali e formative dei cittadini. Le risorse economiche destinate alla scuola dovrebbero essere una parte consistente del bilancio dello Stato e certamente non possono essere delegate agli apparati regionali, aprendo la strada a ulteriori dislivelli nelle diverse zone del Paese. Il processo di regionalizzazione del sistema scolastico, già di fatto avviato con la richiesta formale presentata dalla regione Veneto e supportata dall’art. 117 della Costituzione (dopo la Riforma del 2001) rischia di inasprire le disuguaglianze declinando la qualità dell’istruzione secondo criteri economici e territoriali. La formazione continua, necessaria ai diversi ruoli, va garantita a tutti gli operatori del sistema scolastico, affinché possano, attraverso un sistema di aggiornamento “reale” delle competenze relazionarsi con i giovani, con le innovazioni tecnologiche e didattiche, limitando le pressioni e il disagio che attualmente pesano tanto sui docenti quanto su studenti e famiglie. Numerosi studi sullo Stress Lavoro Correlato e sul fenomeno del burn-out pongono l’attenzione sulla necessità di alleggerire la pressione psicosociale che grava sugli operatori della scuola e che produce effetti negativi non solo sulla salute, ma anche sulla performance e sui risultati. È necessario mettere mano a nuovi modelli di reclutamento del personale della scuola creando un meccanismo di osmosi che consenta il passaggio dalla scuola ad altri settori della Pubblica Amministrazione. La scuola non può e non deve essere un monolite impenetrabile. Quella della scuola è una autonomia funzionale di educazione, formazione e istruzione in relazione alle esigenze dei cittadini. Essa si esprime attraverso la capacità di progettare e realizzare interventi educativi sempre più efficaci al raggiungimento del successo formativo, ma soprattutto dello sviluppo e della crescita della persona umana, di cittadini consapevoli e partecipi. L’apertura al territorio, non solo formale, ma reale attuata attraverso attività realizzate negli edifici scolastici al di fuori dell’orario di lezioni, romperebbe definitivamente le barriere che separano il mondo reale da quello teorico. In questa ottica, la necessaria ristrutturazione degli edifici, finora effettuata in regime di urgenza, dovrebbe tener conto anche delle esigenze del territorio, dei quartieri e delle comunità che nella scuola troverebbero un punto di riferimento culturale e formativo irrinunciabile. Regionalizzazione Uno Stato che deve in maniera equanime investire risorse economiche in tutto il territorio nazionale, evitando regionalismi che aumenterebbero dislivelli culturali nelle diverse zone del Paese. Purtroppo la richiesta formale di alcune regioni del Nord e supportata dall’art. 117 della Costituzione (dopo la riforma del 2001) di regionalizzazione del sistema scolastico può inasprire le disuguaglianze già esistenti. Formazione del personale La formazione continua, necessaria ai diversi ruoli, va garantita a tutti gli operatori del sistema scolastico per fronteggiare le innovazioni tecnologiche e didattiche. Numerosi studi sullo stress Lavoro Correlato e sul fenomeno del burn-out pongono l’attenzione di alleggerire la pressione psicosociale che grava sugli operatori della scuola e che hanno effetti negativi sia sulla salute, sia sulla performance e i risultati. E’ necessario mettere mano a nuovi modelli di reclutamento del personale della scuola in relazione ad una preparazione più specifica. Tirocinio Ente di formazione pubblico per tutti gli operatori della pubblica Amministrazione (turn-over) Apertura al territorio L’apertura al territorio delle istituzioni scolastiche a vario livello con attività mirate, al di fuori dell’orario scolastico, romperebbe con maggior efficacia, le barriere che ancora separano il mondo teorico da quello reale. Ristrutturazione e adeguamento degli edifici La necessaria ristrutturazione degli edifici, finora effettuata in regime di urgenza, dovrebbe tener conto anche delle varie esigenze del territorio e dei quartieri per trasformare la scuola in reale punto di riferimento culturale e di crescita della persona.  Sintesi degli obiettivi • Unitarietà del sistema scolastico nazionale • Favorire lo sviluppo di competenze amministrative e relazionali • Pianificazione e reclutamento degli organici Osservazioni aggiuntive La questione del finanziamento alle scuole private o paritarie ancora versa in un equivoco ormai pluridecennale. Un chiarimento è necessario. L’articolo 33 della costituzione afferma che “Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione” precisa tuttavia, che ciò deve avvenire “senza oneri per lo Stato”. Molte e variegate sono state le interpretazioni del comma dell’art.33. Si è sostenuto con una lettura capziosamente letterale del testo che “senza oneri per lo Stato “si riferisse solo all’istituzione e non già al funzionamento delle scuole. Invece dopo la riforma del titolo V, con la quale si precisava che ”la Repubblica è costituita dai Comuni, dalle Province, dalle Città metropolitane, dalle Regioni e dallo Stato” gli arrampicatori sugli specchi hanno argomentato che i finanziamenti pubblici non potevano essere erogati direttamente dallo Stato centrale, ma Regioni ed Enti locali rimanevano liberi – in quanto articolazioni della Repubblica- di provvedere in merito con autonome decisioni. Non è difficile cogliere la forzatura di simili interpretazioni. Il governo gialloverde, bisogna ammetterlo, attraverso un suo autorevole rappresentante, ha dichiarato che in assenza della modifica – da loro proposta – del suddetto articolo 33, tutti i finanziamenti pubblici finora erogati agli istituti privati sono stati palesemente incostituzionali. Svariati sono gli argomenti portati a favore delle scuole paritarie. Incominciando dal diffuso pregiudizio a favore del privato – in ogni campo – dalle industrie automobilistiche, alla sanità o all’erogazione dell’acqua per finire appunto alla scuola. Riguardo alla scuola si può provare a smontarlo adottando la logica privatistica e il metro del mercato. In effetti, per quanto riguarda gli stipendi dei docenti pubblici, pur non essendo adeguati, sono più consistenti di quelli dei colleghi privati e questi ultimi, appena ne abbiano la capacità di superare prove selettive, si trasferiscono nella scuola pubblica.  Di recente si sta parlando anche di costi standard. Si potrebbe individuare per ogni allievo, in base a inevitabili variabili, la spesa annuale necessaria per sostenere la sua formazione. Lo Stato la potrebbe così derogare alle scuola pubblica o privata scelta dalla famiglia. In questo modo si rispetterebbe “la libera scelta educativa” delle famiglie secondo …

QUESTIONE MERIDIONALE

TRATTO DAL PROGRAMMA MINIMO DI SOCIALISMO XXI – RIMINI 2019 Riteniamo che il Mezzogiorno debba rappresentare un’opportunità per tutta l’Italia, per sviluppare tutto il sistema Paese, nel quadro di un’economia nazionale europea e mediterranea. Il rilancio economico dell’Italia va interpretato nella sua globalità per superare storici squilibri, profondi divari sociali e regionali e combattere la piaga della criminalità, vero ostacolo ad una rinascita economica del paese e del Sud. Per questo riteniamo che il governo e la politica debba mettere al primo posto concretamente la lotta alla criminalità organizzata, garantendo maggiore funzionalità della magistratura e delle forze dell’ordine, e contemporaneamente sostenendo le politiche attive della società civile. Per valorizzare la diversificazione economica, produttiva e culturale bisogna creare nuove uguaglianze, per questo occorre una politica di riequilibrio del divario Nord-Sud, che può essere garantita e realizzata da un nuovo dinamismo del settore pubblico e delle Stato, in grado di rinnovare le politiche economiche e sociali e attivare una programmazione di sviluppo strategico finalizzato all’aumento dell’occupazione, contro l’economia sommersa, il lavoro nero e uno sfruttamento ormai vicino alla schiavitù, senza la tutela di alcun diritto. L’intervento pubblico e le Stato possono creare nuova crescita economica, lavoro e nuove politiche industriali su diversi assi di sviluppo, non lasciando solo al mercato le sorti dell’economia meridionale. Nel merito, si sottolinea: – la necessità di valorizzare delle vocazioni produttive del mezzogiorno, e delle sue grandi risorse oggi inutilizzate, con interventi nel settore turistico, ambientale, agroalimentari e culturale, attraverso il rafforzamento delle infrastrutture e dei servizi. – il potenziamento delle infrastrutture primarie, in particolare per promuovere il trasporto delle merci e delle persone via mare e per ferrovia, riducendo il traffico su gomma. – la necessità di creare nuove opportunità per nuovi investimenti nell’economia verde, sia mediante il rilancio delle energie pulite, vero “petrolio” dell’Italia, sia con la messa in opera di tutti gli interventi di bonifica ambientale. – l’esigenza di promuovere nuove opportunità economiche e occupazionali che possono derivare dalla cura, dal ripristino e dalla messa in sicurezza del territorio, per fronteggiare il dissesto idrogeologico ed ambientale. Al Mezzogiorno occorrono istituzioni efficienti e competenti, in grado di valorizzare le risorse locali, utilizzare al meglio e con appropriatezza quelle nazionali, e di accedere ai fondi sociali europei. Per tutte queste ragioni la proposta di Autonomia regionale di Lombardia, Veneto, ed Emilia, è in netto contrasto con le esigenze del Mezzogiorno e del Paese, poiché non solo toglie al Sud risorse essenziali, ma decreta la fine del principio fondamentale di eguaglianza e di uniformità dei servizi fondamentali a scala nazionale (sanità, casa, istruzione, formazione, ecc). Queste proposte hanno come obiettivo principale il contrasto allo spopolamento del territorio meridionale e la lotta alla povertà, ragione fondamentale del socialismo anche oggi. Per i socialisti italiani il Mezzogiorno è questione centrale.   SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

UNA MODERNA POLITICA SOCIALE CONTRO LA POVERTA’

TRATTO DAL PROGRAMMA MINIMO DI SOCIALISMO XXI – RIMINI 2019 1) Nel dibattito che da mesi inonda il Paese sul reddito di cittadinanza, è sfuggito un dato molto interessante: leggendo con occhio attento i difficili bilanci Inps, in Italia, già oggi, noi spendiamo oltre 107 miliardi di euro per l’assistenza. In Italia 854 mila assegni sociali (457 euro mensili) erogati dall’Inps a persone con più di 65 anni, senza redditi propri, incidono per 4,71 miliardi, mentre i 3 milioni di pensioni integrate al minimo (508 euro mensili), in costante riduzione negli ultimi anni, costano 8,83 miliardi: si tratta di pensioni “assistite”, non coperte da contributi sufficienti che lo Stato integra, ancora dagli anni 70, per arrivare al minimo pensionistico. A 473 mila persone, con pensioni basse, l’Inps garantisce la 14a mensilità per sostenere il reddito stanziando quasi 900 milioni. 2) La stessa non autosufficienza viene giustamente tutelata con pensione di invalidità civile (o di lavoro) spesso rafforzata, nei casi molto gravi, dall’assegno di accompagnamento: 2 milioni e mezzo di persone percepiscono questi sussidi (che stanno aumentando per il crescente invecchiamento della popolazione), per un onere complessivo che tocca i 17 miliardi e mezzo. Una pensione su due, in Italia, è sostanzialmente assistita dallo Stato per contrastare il rischio povertà. 3) Ma la novità più rilevante è stata l’introduzione, dopo il Sostegno di Inclusione Attiva del 2015, del Reddito di inclusione (2 miliardi di euro nel 2018) che prevede, pur con dei paletti normativi troppo rigidi, un percorso di inclusione sociale, fatto di servizi e di sussidi (da un minimo di 187 fino ad un massimo di 540 euro mensili) per una platea comunque insufficiente di persone povere. E nel delicato ambito del sostegno al reddito a chi ha perso, temporaneamente o definitivamente il lavoro, dalla Cassa Integrazione ordinaria e straordinaria (ed ai relativi contributi figurativi), al Naspi (assegno di disoccupazione), a chi è in malattia, al fondo di garanzia per il trattamento di fine rapporto, sono ben 29 i miliardi stanziati: e qui si apre il vero tema delle risorse dedicate alla promozione, alla tutela ed alla riconversione del lavoro quando questo manca. Nel 2015 (ultimo anno disponibile Istat) i Comuni italiani hanno speso per povertà, disagio e adulti senza fissa dimora, il 7%, 483 milioni, dei quasi 7 miliardi di euro dedicati alla spesa sociale: ad essi si devono aggiungere i 465 milioni di euro utilizzati per l’integrazione delle rette di anziani ospiti di strutture protette. Proposte: In uno scenario così complesso è giunto il momento di riordinare tutta la spesa assistenziale oggi così frammentata e non sempre ben distribuita (una Commissione parlamentare al massimo livello con 6 mesi di tempo potrebbe farlo). Esiste infatti una povertà “strutturale” legata a patologie stabili che impediscono il lavoro e l’autonomia economica o al degrado culturale e sociale molto difficile da aggredire e destinata ad essere “assistita” per tutta la vita. Ed esiste una povertà “temporanea”, legata a scarsità di reddito per assenza o insufficienza di redditi da lavoro, che riguarda persone in età attiva senza problemi di salute. Si valorizzino, pertanto, tutte le ingenti risorse investite, riutilizzando bene le misure che già ci sono (oltre 60), semplificando le procedure, separando in modo definitivo previdenza ed assistenza nei bilanci Inps. Si ripensino bene e si rafforzino le misure di tutela della non autosufficienza (l’assegno di accompagnamento può continuare ad essere slegato dal reddito?); si portino le misure per la tutela del lavoro nell’ambito delle politiche attive del lavoro stesso e non dell’assistenza. Si promuovano, infine, reti territoriali per la presa in carico della persona e della famiglia povera (servizi sociali comunali, centri per l’impiego, associazioni di volontariato, servizi dedicati delle Asl, servizi di edilizia residenziale pubblica: saranno queste “reti” il vero motore applicativo delle misure per una vera inclusione sociale. La storia di questi ultimi trenta anni, infatti, ha insegnato che il solo intervento finanziario non è efficace per uscire dalla povertà. SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

INFRASTRUTTURE

TRATTO DAL PROGRAMMA MINIMO DI SOCIALISMO XXI – RIMINI 2019 Tutela del territorio I problemi che sono connessi all’uso ed alla difesa del suolo sono stati complicati in questi ultimi anni dai cambiamenti climatici sempre più repentini ed estremi, è indispensabile che siano rispettati tutti gli accordi internazionali liberamente assunti dagli Stati, tesi a contenere e contrastare le conseguenti dinamiche negative. Alcune grandi potenze mondiali eludono o minacciano di eludere gli impegni assunti nella difesa del clima e dell’ambiente con i Trattati internazionali approvati, ad iniziare da quello di Parigi. Si sollecita il Governo ad operare, in cooperazione con le diplomazie degli Stati Europei, perché gli Stati Uniti, la Cina e l’India ritrovino un accordo fondamentale per la salvaguardia del pianeta. Così come la soluzione internazionale è certamente la base sulla quale costruire la necessaria cooperazione per sostanziare la ricerca scientifica e l’impegno operativo mondiale, è altrettanto opportuno che all’interno dei singoli paesi si attuino rigorose politiche per la manutenzione del territorio che non possono attendere tempi lunghi. La libera circolazione di uomini e merci, la protezione paesaggistica, la difesa preventiva della sicurezza delle persone, non sono soltanto impegni necessari per sviluppare crescita economica e turistica locale, ma sono parte congruente dei piani mondiali di equilibrio e difesa della natura. Si manifesta particolare preoccupazione per la crescita esponenziale di fenomeni franosi, smottamenti e crolli che nelle zone montuose e collinari italiane hanno raggiunto livelli critici, dimostrando peraltro una inadeguata legislazione sulle responsabilità dei poteri dello Stato centrale e di quello decentrato sul tema. Infrastrutture urgenti e proposte Il blocco degli investimenti nei Lavori pubblici che dal 2015, in modo particolare, ha sacrificato la realizzazione di importanti opere che o erano già state appaltate o potevano essere appaltate entro un anno, per un importo complessivo di 30 miliardi. Si esprime il biasimo verso i governi che si sono succeduti motivando il blocco delle attività con l’uso di due distinti strumenti, il nuovo codice degli appalti e il “project review”. Entrambi gli strumenti con la loro carica demagogica sono serviti a demonizzare le “grandi opere” e a giustificare la coperta stretta del finanziamento pubblico, provocato da misure tanto onerose quanto inefficaci per il contrasto all’impoverimento di una rilevante porzione della popolazione italiana. L’abbassamento dei livelli di competitività ha provocato disoccupazione e mancata crescita. Nel settore delle costruzioni, che a pieno regime garantisce una crescita del 12% del PIL ed una occupazione di almeno 800.000 unità testimonia, assieme all’invecchiamento delle infrastrutture esistenti anche quello del Paese, che non è più in grado di rispondere alle esigenze del tempo che viviamo. In questo ambito si è a favore del completamento dei lavori della TAV Torino-Lione, rispettando le leggi (la n° 71 del 2014, la n°1 del 5 gennaio 2017) ed i protocolli europei che sono alla base dei lavori in corso. Si esprime netta contrarietà ai commi della legge finanziaria n.179 e 180, coi quali si costituisce una nuova task force , denominata “InvestItalia”, operante alle dirette dipendenze del Presidente del Consiglio dei ministri, che espropria il Parlamento e diversi dicasteri di poteri esecutivi, finanziari, di proposta e di controllo. Si esprime profondo sconcerto perché il Governo che nonostante le sue dichiarazioni non ha ancora provveduto affinché sia annullata la fallace, costosa ed inutile incorporazione dell’Anas nelle ferrovie dello Stato. Si sostiene la necessità di procedere ad una revisione del sistema legislativo che sovrintende al sistema concessionario autostradale, al fine di realizzare un nuovo sistema coinvolgente il territorio, anche per il rispetto dovuto al titolo V° della Costituzione, l’Anas e le attuali società concessionarie, al fine di non disperdere il patrimonio di esperienza e conoscenza tecnica di tutti i lavoratori delle Concessionarie, rivedere il sistema di tariffe al fine di garantire nuove costruzioni, buona manutenzione e gestione degli apparati produttivi. La questione infrastrutturale è, dal Risorgimento, la metafora dello stato di salute della nazione. Mai, nel secondo dopoguerra, come a partire dal 2015, è stata persa di vista l’essenzialità delle opere pubbliche nel nostro paese, sia per diminuire la differenza competitiva con le altre nazioni, che è misurata attorno a 60 miliardi l’anno, sia per l’impatto positivo sulla crescita, quantificata -quando ha funzionato un corretto rapporto costruzioni-finanziamento- nel 12% del PIL. Perché questo masochismo? La coperta stretta del finanziamento pubblico è stata usata non per coprire gli investimenti, ma per distribuire le risorse ai lavoratori dipendenti con reddito complessivo non superiore ai 26 mila euro, per il tramite di un assegno di 80 euro fino al concorso di 11 miliardi, nel frattempo la disoccupazione ha falcidiato un reparto che impiegava annualmente 800.000 unità. Oggi si dichiara che non lavorando più in questi interventi, che servivano davvero per la crescita del Paese, preferendo alle costruzioni la garanzia della manutenzione delle infrastrutture esistenti, si otterrebbero gli stessi risultati macro economici. In vero mai, né prima delle Legge Obiettivo, né in vigore di questa, era stata annullata una simile finalità strategica. É però è stato chiarito che una parte del Paese, non necessariamente la più innovativa, sostiene che sia possibile la competitività, che genera lavoro, occupazione con la sola manutenzione, quando invece senza sviluppo il paese invecchia e non è più in grado di rispondere alle esigenze che caratterizzano il tempo presente; immaginiamoci il futuro. I danni creati in questi primi sei mesi di Governo possono diventare irreversibili ed il nostro Paese perdendo in pochissimo tempo il suo ruolo, il suo peso nell’assetto produttivo internazionale può far peggiorare le condizioni del mondo del lavoro non soltanto quello connesso alle costruzioni. In realtà la Legge di Stabilità, votata a scatola chiusa dal Senato alla vigilia del Natale, riserva più di qualche sorpresa. I commi 179 e 180, chiariscono in modo analitico le finalità di una nuova task force, InvestItalia, che praticamente diventa il motore unico delle azioni strategiche infrastrutturali del Paese. A InvestItalia può essere assegnato un contingente di personale, anche estraneo alla pubblica amministrazione, dotato di elevata qualificazione scientifica e professionale. Per lo svolgimento dei compiti di InvestItalia è autorizzata la spesa di 25 milioni di euro annui a decorrere …

SANITA’ E DIRITTO ALLA SALUTE

TRATTO DAL PROGRAMMA MINIMO DI SOCIALISMO XXI – RIMINI 2019 Salvaguardia della salute dei poveri e meno abbienti Lo stato di salute della salute italiana. Venti anni di aziendalizzazione hanno trasformato il malato in cliente. Così da Servizio è assurto a Sistema, una macrostruttura amministrativa, politica, finanziaria, che ha perso la sua connotazione originaria. L’introduzione dell’intramoenia e delle assicurazioni integrative ha determinato la divisione della popolazione in due grandi categorie: i privilegiati che possono pagare ed avere rapidamente i servizi richiesti e i poveri, che devono spesso affrontare lunghe liste d’attesa. Se a questa situazione si aggiunge l’introduzione del pagamento del ticket per farmaci, visite ed interventi diagnostici, si perde il concetto di gratuità, uno dei pilastri dell’istituzione del SSN. Infine, la gestione regionale ha creato grande disparità e discriminazione nei servizi disponibili per i cittadini italiani. In conclusione 14 milioni di italiani non accedono alle cure, 4 mln rinunciano alle cure odontoiatriche, 7 mln pagano visite specialistiche cash and black. I tagli sulla Medicina di base e territoriale hanno distrutto la rete dell’offerta diagnostica e sanitaria nelle periferie nei centri non serviti e soprattutto distanti dal capoluogo. Ne consegue una maggiore difficoltà per i pazienti, specie anziani di recarsi in un centro diagnostico di base e/o terapeutico di base, rapidamente e senza spostamenti sul territorio. Il maggiore affollamento e la creazione di liste d’attesa nasce da questa base. In questo ambito proponiamo l’Assistenza Domiciliare Integrata che possa prendere in carico almeno l’8% dei pazienti dimessi dall’Ospedale, a partire da quelli fragili, garantendo seriamente le dimissioni “protette”. Le strutture intermedie (Ospedali di comunità, Unità territoriali Riabilitative) per chi ha esisti di ictus, fratture femore o non ha patologie acute, che stanno nascendo o dalla riconversione di ex piccoli ospedali dismessi o all’interno delle Residenze protette, sono strutture essenziali per ridare all’Ospedale il ruolo di presidio destinato all’acuzie. Meno Ospedali ma qualificati ed in rete fra di loro,dotati delle strumentazioni tecnologiche necessarie. Governo degli stessi affidato al Consiglio dei Sanitari, coordinati dal direttore di presidio. Proposta istituzionale: Le Asl non sono aziende ma enti strumentali delle Regioni e dei Comuni, gestiti sulla base del “governo clinico” e con forte attenzione alla qualità e quantità della spesa. Quel che maggiormente preoccupa è la distribuzione regionale della compartecipazione, con una spesa pro capite a gravi difformità regionali quasi sempre a gradiente latitudinali. Ci si cura meglio e si spende meno nelle Province autonome di Bolzano e Trento e Valle d’Aosta, dove la spesa sanitari pro capite è la più alta (rispettivamente 2.232, 2.160 e 2.082€) con un disavanzo che va dai 300 ai 400 €/pro capite. In Campania, Sicilia e Puglia, ove è più alta l’incidenza del ticket pro capite (11.9, 10.8, 10.5% rispettivamente) e più bassa la spesa sanitaria pro capite (Campania 1.662), il livello della prestazione viene giudicato con un basso indice di gradimento da parte dell’utenza, generalmente insoddisfatta. Proposte: In uno scenario così complesso è giunto il momento di riordinare tutta la spesa assistenziale oggi così frammentata e non sempre ben distribuita (una Commissione parlamentare al massimo livello con 6 mesi di tempo potrebbe farlo). Esiste infatti una povertà “strutturale” legata a patologie stabili che impediscono il lavoro e l’autonomia economica o al degrado culturale e sociale molto difficile da aggredire e destinata ad essere “assistita” per tutta la vita. Ed esiste una povertà “temporanea”, legata a scarsità di reddito per assenza o insufficienza di redditi da lavoro, che riguarda persone in età attiva senza problemi di salute. Si valorizzino, pertanto, tutte le ingenti risorse investite, riutilizzando bene le misure che già ci sono (oltre 60), semplificando le procedure, separando in modo definitivo previdenza ed assistenza nei bilanci Inps. Si ripensino bene e si rafforzino le misure di tutela della non autosufficienza (l’assegno di accompagnamento può continuare ad essere slegato dal reddito?); si portino le misure per la tutela del lavoro nell’ambito delle politiche attive del lavoro stesso e non dell’assistenza. Si promuovano, infine, reti territoriali per la presa in carico della persona e della famiglia povera (servizi sociali comunali, centri per l’impiego, associazioni di volontariato, servizi dedicati delle Asl, servizi di edilizia residenziale pubblica: saranno queste “reti” il vero motore applicativo delle misure per una vera inclusione sociale. La storia di questi ultimi trenta anni, infatti, ha insegnato che il solo intervento finanziario non è efficace per uscire dalla povertà.   SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

LEGISLAZIONE DEL LAVORO

TRATTO DAL PROGRAMMA MINIMO DI SOCIALISMO XXI – RIMINI 2019 L’insistenza, tipica di molti giuslavoristi, del ricorso alle leggi per normare materie invece più proprie del rapporto di lavoro e perciò delle relazioni contrattuali tra le parti, va, laddove possibile, evitata. Questa pratica, inaugurata dai governi Berlusconi, proseguita con Monti fino a Renzi ed oggi anche con l’attuale Esecutivo giallo-verde, manifesta un atteggiamento che ignora il ruolo delle parti sociali (che spesso su queste materie non sono state nemmeno consultate) e dell’autonomia contrattuale che i socialisti hanno sempre rispettato e valorizzato. I socialisti sono sempre stato favorevoli ad una legislazione di sostegno delle principali norme sancite dai CCNL e/o degli accordi interconfederali ma non sostitutiva degli stessi. Inoltre occorre particolare attenzione ad evitare di confondere le politiche attive del lavoro (quelle che creano nuova occupazione o reimpiego) con le misure legislative che riguardano più la tutela del lavoratore. Infatti, esiste una ricorrente erronea idea – ad es. – che vede nel restringimento del campo delle “flessibilità” lo strumento che possa meglio difendere i livelli di occupazione. Questo obiettivo, invece, si realizza con politiche economiche ed industriali espansive e non restrittive, con forti investimenti pubblici e privati, stimolati quest’ultimi da agevolazioni fiscali o misure premiali piuttosto. Se il mercato “tira” molti contratti a tempo determinato sono tradotti come definitivi, indipendentemente dai vincoli, tant’è che il 4^ trimestre del 2018 che vede affacciarsi non solo una stagnazione ma – forse – anche una nuova recessione, si registra una caduta delle ore lavorate e delle assunzioni sia a tempo indeterminato che a tempo determinato!! Certamente l’eccesso di flessibilità e meglio ancora l’uso, spesso distorto ed incontrollato di molte norme, ha prodotto una situazione di precarizzazione che va regolata, anche se, in parte, è già avvenuto con il decreto “Dignità” sul lavoro varato dall’attuale Governo. Riguardo al lavoro interinale, è necessario un intervento finalizzato a rivedere le regole ma dovrebbe essere esclusa la semplice soppressione. Stesso discorso vale per quanto riguarda la normativa riguardante l’art 18, rispetto al quale andrebbe ipotizzata anche l’eventualità di rendere praticabile lo strumento della conciliazione ed arbitrato che renderebbe più spedito l’iter per giungere alla conclusione di una vertenza di ricorso contro un licenziamento considerato illegittimo e valorizzerebbe il ruolo delle parti sociali titolari della contrattazione. E’ indispensabile rivedere l’art. 32 della legge 183/10 confuso e complicato, tale da rendere difficile l’esercizio di gestione delle tutele per i lavoratori. E’ necessario ripristinare la gratuità di tutte le controversie di lavoro e previdenziali, come è avvenuto in Italia dal 1973 fino al 2011. Occorre abrogare il rito Fornero per i licenziamenti, in quanto fonte di inutile duplicazione del giudizio di primo grado. Occorre introdurre norme che rendano effettivo, almeno per i licenziamenti, il rispetto dei termini veloci per lo svolgimento del giudizio previsti dalla legge n. 533/1973. Vanno rivisti i meccanismi dei c.d. ammortizzatori sociali per evitare che divengano strumenti di assistenzialismo improduttivo: tutte le indennità, in particolare sia quelle di Cassa integrazione che di disoccupazione (attuale NASPI), vanno, oltre che ridotte per durata, condizionate alla frequenza obbligatoria di corsi di qualificazione o di attività di interesse sociale e/o pubblico, che vanno obbligatoriamente attivate da enti pubblici. L’obiettivo della ricollocazione al lavoro di coloro che sono stati sospesi per un lungo periodo o licenziati per crisi aziendali, va ricondotto in un preciso contesto legislativo: è un tipico argomento (non limitandosi solo all’erogazione di un sostegno al reddito) di politiche attive del lavoro  Vanno ampliate norme a favore di lavoratori genitori e in particolare delle lavoratrici madri. Tale questione è affrontata dai principali CCNL che hanno esteso agevolazioni -oltre ai tradizionali benefici che riguardano le lavoratrici madri- per ambedue i genitori per l’assistenza ai figli disabili e non solo a quelli in tenera età. Si propone l’adozione di uno STATUTO DEI LAVORI. Lo Statuto voluto dal compianto Giacomo Brodolini e steso materialmente dal compagno Gino Giugni, fu tarato allora su una concezione statica del lavoro dipendente tradizionale che negli anni successivi ha subito parziali trasformazioni. Vi sono attività c.d. autonome (”partite iva”) più subordinate di quelle tradizionali ma prive di tutela anche sul piano salariale oltre che normativo e dei diritti. Vi sono poi attività (e figure professionali) che, pur dipendenti da una azienda, operano fuori dall’azienda e con propri mezzi in un regime di apparente “autogestione” (lavoro a domicilio, telelavoro, etc.) che avrebbero bisogno di essere tutelate al pari del lavoro subordinato tradizionale. La legge 300/70 non ne parla. Non è vero che vi siano lavoratori che non hanno copertura contrattuale. In comparti deboli sindacalmente il CCNL può non essere applicato ma – in questo caso – siamo in presenza di violazioni non di assenza di norme. Non esiste un solo settore, una sola categoria che non sia coperta da contrattazione nazionale. In comparti a basso potere sindacale può esserci una normativa “non aggiornata” rispetto al sorgere negli ultimi tempi di nuove figure professionali e quindi di nuove problematiche. Si tratta in questo caso di rendere il CCNL di categoria o di settore più rispondente all’evoluzione dei lavori intervenuta in quel contesto i riders ad esempio possono essere benissimo inquadrati o nel CCNL del terziario. L’affermazione che alcuni nuovi lavori, alcune nuove qualifiche sarebbero prive di tutela contrattuale è un argomento utilizzato dai teorici del “salario minimo garantito” fissato per legge, soluzione discutibile perché il salario minimo garantito già esiste in Italia ed è rappresentato dalla retribuzione minima prevista dai singoli CCNL per l’ultima qualifica. Oltre a rappresentare un negativo condizionamento all’autonomia contrattuale (obiettivo mai abbandonato dai governi non progressisti), il salario minimo per legge non potrebbe che essere di un valore inferiore a quello minimo previsto dalla maggioranza dei contratti nazionali. Per quale motivo i datori di lavoro dovrebbero poi negoziarlo nelle rispettive categorie se esiste per legge?? Semmai, nel nostro Paese, Vi è una eccessiva proliferazione di CCNL come dimostrato dall’anagrafe insediata presso il CNEL che registra circa 450 CCNL, con un aumento di duecento contratti rispetto a dieci anni fa. Molti sono “contratti di comodo”, negoziati e firmati da organizzazioni sia datoriali che sindacali, di “comodo” per stabilire normative e condizioni salariali “in pejus” rispetto a quelle previste dai contratti negoziati dalle organizzazioni storiche e/o …

ECONOMIA E LAVORO

TRATTO DAL PROGRAMMA MINIMO DI SOCIALISMO XXI – RIMINI 2019 Situazione attuale Le cause della recessione vanno ragionevolmente individuate: • nel peggioramento della situazione internazionale, in particolare la lotta minacciata e/o in atto tra Stati Uniti e Cina in particolare nel campo dei dazi; • nell’irrisolta soluzione della crisi del 2007, in particolare incapacità dell’Europa di diagnosticare le cause di quella crisi e di disegnare adeguate misure per superarle; • cronica deficienza italiana negli indici di produttività e innovazione, indici a zero da almeno un decennio cui solo i provvedimenti 4.0 hanno dato una scossa ma solo ad una minoranza di imprese. La debolezza intrinseca del nostro paese, in cui l’85% di imprese è di piccole dimensioni ci rende particolarmente fragili e deboli, costretti, quando c’è crescita, ad averne sempre una inferiore a quella degli altri e, in caso di difficoltà ad andare per primi in recessione. La risposta non può essere l’uscita dall’Unione Europea (a tal proposito si rinvia al doc. Europa), unica area economica che, nella divisione internazionale del lavoro, può pensare di competere con le altre economie continentali rappresentate dagli Stati Uniti d’America, dalla Cina, dalla Russia o con altre realtà emergenti come l’India, ed in prospettiva con l’Africa. E’ necessario ritornare ad una politica di programmazione che disegni e persegua il progresso economico e sociale, uscendo da una subordinazione ai soli meccanismi di mercato, e che possono preludere ad inedite alleanze o concomitanze di interessi tra imprenditori dell’economia produttiva e lavoratori contro il finanz-capitalismo. Prime risposte possibili in Italia Rilancio massiccio di investimenti pubblici agendo su due fronti: • su un fronte, mettendo in cantiere tutte quelle opere già finanziate ma bloccate da inefficienze burocratiche o resistenze pregiudiziali. • su un altro fronte, disegnando un progetto di sviluppo che coniughi l’aggiornamento tecnologico del nostro sistema produttivo con la formazione e l’arricchimento del capitale umano. La deindustrializzazione italiana perseguita in questi ultimi 25 anni richiede la programmazione verso un nuovo modo di produzione conseguente alle sopravvenienti novità tecnologiche, mettendo in campo iniziative congiunte fra pubblico e privato, subordinando la finanza all’economia produttiva, con nuovi rapporti proprietari nel capitale delle imprese aperti al mondo del lavoro, ispirati alla cogestione. Serve inoltre una discontinuità nell’atteggiamento della politica italiana affinché essa assuma una posizione attiva nella dialettica della gestione politica nell’Unione Europea. Al proposito si propone una diversa governance dell’Unione, basata su un budget europeo, un governo europeo ed una banca europea svincolati dai vincoli dei singoli paesi. In particolare riteniamo sia necessario:      • una revisione dello statuto della BCE che preveda tra i suoi compiti, oltre il controllo dell’inflazione, anche lo sviluppo economico dell’Unione e la piena occupazione all’interno della stessa; • l’adozione della Golden rule di Delors, che escluda dal calcolo del deficit, la spesa per investimenti, fermo restando l’obiettivo del pareggio di bilancio per quanto riguarda le spese correnti; • il superamento del dumping fiscale che minano la corretta convivenze dei paesi dell’Unione; • una separazione tra banche commerciali e le banche d’affari; • un coordinamento a livello europeo del movimento sindacale, anche in vista degli sviluppi che si possono prevedere nel prossimo futuro; • una particolare attenzione al fatto che, dopo la bocciatura della fusione tra Siemens e Alstom, si stanno rimettendo in discussione le regole della concorrenze e degli aiuti di stato; revisione alla quale non possiamo, come paese, essere assenti; In particolare si è sottolinea che con l’adozione della moneta unica, utile per moltissimi fini, la Germania sta godendo di un “esorbitante privilegio” dovuto al fatto che gli altri paesi non possono più fare svalutazioni competitive (il nostro paese ad esempio ha svalutato la lira del 665% tra il 1960 e il 1999). Va inoltre messa in discussione la politica tedesca di rifiuto dell’utilizzo del surplus commerciale (circa 200 mld. anno). Economia 4.0 e Lavoro I processi di automazione e robotizzazione dell’economia ci pongono di fronte ad un capitalismo appropria  del knowledge oggi risiedente nelle nozioni che stanno dietro ai processi di robotizzazione, automazione, intelligenza artificiale. Una forza Socialista nel XXI secolo deve prevedere una socializzazione dei frutti di questi processi di automazione e robotizzazione, poiché è il pubblico tramite la nostra scuola, la nostra università, il nostro sistema di ricerca a permettere che si possa sviluppare in pieno una simile evoluzione nel nostro sistema di produzione.  Occorre prevedere modelli che incentivino questa socializzazione dei frutti della produzione tramite un moderno piano Meidner per il lavoro. Allo stesso tempo, dobbiamo costruire una forza politica capace di essere strumento non di mera rappresentanza, costruendo un nuovo patto tra coloro che producono ricchezza tramite nell’economia reale, contrapponendolo al patto tra rendita e finanza. Riflessione sulla robotica Dal mezzo di lavoro all’automazione L’introduzione in atto ormai da 40 anni dei mezzi di produzione automatizzati ha mutato profondamente il “modo di produzione” riducendo il tempo di lavoro necessario per la produzione dei beni e servizi, in cui il ruolo dei lavoratori è quello di supervisore e controllore dell’operato delle macchine stesse. In questa fase assistiamo ad una grande contraddizione: il prodotto del cervello sociale, ovvero il risultato dell’azione delle forze produttive organizzate, viene utilizzato per ridurre i tempi di lavoro necessario. Oggi il meccanismo è a grandi linee il seguente: la collettività, tramite fiscalità, finanzia il sapere generale, che a sua volta crea nuove tecnologie che vengono utilizzate per ridurre il tempo necessario per la produzione. Ma la riduzione del tempo necessario per la produzione significa meno posti di lavoro, più disoccupazione: in sintesi la collettività finanzia la riduzione dei posti di lavoro, cui pure ad essi ambirebbe. Qui si misura la capacità dei governanti di predisporre un sistema economico, produttivo e sociale consono alle nuove esigenze. Nel concreto oggi la mancata corrispondenza delle competenze dell’aspirante lavoratore ed i bisogni del datore di lavoro è una contraddizione che l’attuale politica è incapace di affrontare. E ciò nel tempo in cui la tecnologia 5G, alla base dell’invasione delle applicazioni IOT (internet of things), è acuita dalla lotta concorrenziale tra Stati Uniti e Cina per l’egemonia economica nel XXI secolo, …

ENERGIA

TRATTO DAL PROGRAMMA MINIMO DI SOCIALISMO XXI – RIMINI 2019 La Questione Energetica riassume una serie di problematiche di stretta attualità ed è una questione da considerare prioritaria nell’agenda della politica. Premessa Se negli anni cinquanta, la ricerca di Enrico Mattei verso nuovi approvvigionamenti lo portò fino in Russia aprendo gli scenari geopolitici che poi si consolidarono negli anni successivi. In Italia la spinta alla ricerca dei fossili ha creato molti sussulti, anche politici. Basti pensare al Governo di Milazzo, alla lotta delle fazioni democristiane tra chi voleva favorire Mattei e chi voleva installare in Sicilia, come poi avvenne, Gulf Oil e British Petroleum, le maggiori compagnie del Cartello anglo-americano. Oggi la battaglia è tra scacchieri geopolitici: quello artico, dove l’ENI gioca una partita importante con il gigante Goliat, super-piattaforma e vanto italiano e quello mediorientale.  Il danno italiano che si sta profilando è tutto nello scenario mediterraneo, con la costruzione di Poseidon, alla cui partecipazione l’Italia concorre con l’IGI, consociata Montedison, come ha voluto nel 2017 il Ministro Calenda. Il Poseidon con i suoi 1900 km di tubature che sfioreranno le coste cipriote, turche, greche e sfocerà a Otranto, verserà gas & oil provenienti dai mega giacimenti egiziani di Zohr, (scoperti dall’ENI, circa 15 mld di m3,) e Aphrodite, Tamar e Leviathan, di pertinenza israeliana, con copertura USA. C’é infine lo scacchiere eurasiatico, dove Putin sta cingendo con una morsa (North Stream e TANAP) l’Europa, costringendola a patti inverecondi cui si sono ribellati i Paesi di Visĕgrad. Quest’ultimo scacchiere vede coinvolta l’Italia, per la presenza di imprenditori, politici e quanti altri hanno allungato la filiera produttiva, portando i prezzi alle stelle, malgrado la riduzione costante del barile fino al minimo storico di 26 $/barile nel gennaio 2016. Noi proponiamo una nuova concezione di Energia che deve diventare alternativa per liberarci dall’ossessione petrolio, fonte di arricchimento, accaparramento e morti per inquinamento. Una nuova politica estera, visto che in Italia la fa l’ENI e non il Governo, una nuova concezione di Energia Sostenibile verso le rinnovabili gestendo la transizione con Energie Compatibili. Spendere circa 100 miliardi di euro/ l’anno per il fabbisogno energetico è giustificazione idonea per dare al nostro Movimento un asset politico e programmatico di larghissimo spessore. Fabbisogno Energetico Malgrado la fase attuale sia post-fordista, con ridotta potenziale di produzione industriale, la principale risorsa di reddito, non finanziaria, è legata al terziario avanzato che obbliga la società a grandi spostamenti di merci materiali e immateriali. Dunque il trasporto rende ragione della necessità di grandi investimenti europei come ipotizzati da Karel Van Mierte con i Corridoi Europei, per lo più legati al trasporto su ferro, da cui poi discende il TAV. Lo spostamento su gomma rende ragione di un grande assorbimento di carburante di cui l’Italia dispone solo per importazione. Soltanto il 7% del carburante utilizzato è estratto e lavorato in Italia. Detta dipendenza, nota sin dai tempi di Mattei, ci porta ad una spesa corrente che varia a seconda delle contingenze di crisi ma che si aggira su una forbice che va dai 35 ai 50 mld/anno.   Spesa legata all’Inquinamento da Fossili Da circa 35 anni assistiamo impotenti alla devastazione dell’aria che respiriamo nelle nostre città, specie le piccole, che presentano una minore offerta di TPL (Trasporto Pubblico Locale). 8 milioni nel mondo! Tanti i decessi, ogni anno, per i cambiamenti climatici. E sono stimati per difetto. A che cosa attribuire infatti l’aumento della malaria per effetto dello spostamento negli emisferi subtropicali dell’Anopheles? Come dimostrare che aumenta la mortalità degli anziani per gli effetti dovuti all’estremizzazione del clima, non tropicalizzazione, come i media erroneamente affermano. Come spiegare che la mortalità italiana per Cancro polmonare, oggi attestata a circa 90 casi ogni 100 mila abitanti, mentre nel primo dopoguerra (1951), era di soli 7 casi /100 mila? Sono e saranno sempre di più queste le conseguenze della vita basata sul petrolio? Inquinamento e cambiamenti climatici stanno modificando la geofisica planetaria e ci costano un’enormità in termini di malattie e dissesto territoriale. Se la dominante del XX secolo è stata la dipendenza dei paesi industrializzati (Europa ed USA) dai derivati del petrolio, impiegati in ogni attività umana e quotidiana, nel XXI la globalizzazione ha portato il mondo verso una maggiore richiesta di fonti energetiche dovuti all’aumento dei paesi industrializzati. I maggiori consumi determinano una maggiore potenza contrattuale dei paesi detentori delle riserve energetiche. Così l’oro nero ridisegna i confini della geopolitica, diventa sempre più foriero di guerre, malattie da inquinamento, causa di forti sperequazioni, generatore da una parte di grandissime ricchezze, dall’altra di sconfinate povertà. Circa la spesa corrente per i danni da inquinamento (diagnosi, cure, riabilitazione, giorni di lavoro perduti, riabilitazione etc.), siamo assestati su circa 5 mld di euro l’anno che derivano dal Capitolo di Spesa del Sistema Sanitario nazionale. Prospettive sulle rinnovabili Le prospettive sono ancora carenti, abbiamo a malapena raggiunto un 15% di rinnovabili vere, includendo però nel computo anche le fonti naturali come idro-elettrico e geotermico che utilizziamo da sempre. Un percorso lontanissimo se si pensa che solo lo 0,2 % del parco auto di 40 milioni di vetture sono elettriche o ibride o plug-in. Mancano le infrastrutture per le ricariche energetiche e manca soprattutto lo stoccaggio dell’energia elettrica che al momento attuale è affidata alle Centrali Turbo-gas che da sole producono inquinanti per 50 mila veicoli/ora e che in caso di superproduzione vedranno aumentato il loro rendimento energetico a scapito di una maggiore produzione di inquinanti. La prospettiva è quella dunque di una transizione dolce verso le rinnovabili specie utilizzando carburanti biosintetici o metanizzati come auspicato più volte e richiesto dalla UE. L’Associazione Socialismo XXI propone quanto segue: • Accurata valutazione in questa fase di transizione, della perdita di posti di lavoro nell’industria e della riconversione in altra allocazione produttiva, mediante l’utilizzo degli ammortizzatori sociali e la riqualificazione professionale; • Definizione di un percorso per le energie alternative future senza dimenticare la difficile fase di transizione, attraverso una diversa politica dei carburanti meno inquinanti. SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo …