NON ARRENDERSI AL TAGLIO DEL PARLAMENTO: E’ INCOSTITUZIONALE!

di Felice Besostri | CONCORDO con il documento della presidenza per quello che c’è, ma vi è un’omissione importate. Dare per scontata la legittimità costituzionale del taglio del parlamento per come è stata fatta, in violazione dei principi affermati con la sentenza della Corte Costituzionale n. 146/1988. Anche le norme di rango costituzionale sono soggette al controllo di costituzionale, altrimenti l’art. 139 Cost. non avrebbe senso. In case ad esso non solo non si può restaurare la monarchia, quale che sia la casa regnante, ma neppure la Repubblica Sociale Italiana. La revisione costituzionale viola l’art. 3 Cost. il principio di uguaglianza dei cittadini non solo in generale, ma anche in materia elettorale, sia come elettorato attivo ex art. 48 Cost., che passivo ex art. 51 Cost. anche sotto il riequilibrio di genere (6 seggi uninominali tutti in Trentino-A.A.) nel Senato, pertanto un principio supremo immodificabile secondo la giurisprudenza costituzionale sopra citata. L’election day è stato stabilito dal governo ed è passato solo per un voto di fiducia sull’art. unico di conversione del decr. legge del 20 aprile 2020 n, 26 convertito con modificazioni dalla L. 19 giugno 2020, n. 59 (in G.U. 19/06/2020, n. 154) e pertanto  per la prima volta nella storia repubblicana per i voti di fiducia su norma elettorale in violazione   dell’art. 72 c.. 1 e 4 Cost. I 3 voti di fiducia alla Camera (Boldrini presidente) sulla legge elettorale  n. 52/2015 e gli 8 sulla l.n. 165/2017, di cui 3 Camera, sempre Boldrini, e 5 Senato erano stati dati su singoli articoli dalle Camere, mentre in caso di articolo unico di conversione con il voto di fiducia le Camere si sono escluse. l’esito referendario non ha modificato l’art. 1 c. 2 Cost, che per gli immemori è bene trascrivere: “La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione. Neppure una maggioranza del 99, 99% può violare la Costituzione!!! L’Ufficio Centrale per il referendum non si è ancora pronunciato sul reclamo ex art. 23 della legge n. 2 352/1970, in pubblica pubblica adunanza, con l’intervento del procuratore generale della Corte di cassazione, ex art. 22 legge n. 352/1970. Dalla tabella 9 allegata potere vedere che mentre alla Camera il quoziente per eleggere un deputato nelle 4 circoscrizioni lombarde non differisce molto da quello della circoscrizione Trentino A.A./Suedtirol 152mila v. 147mila, al Senato è intollerabile 313mila versus 168/175mila (media 171.500), peggio va a un calabrese che elegge 6 senatori come un trentin-sudtirolese, ma sono il 90% in più. E’ presto per abbandonare la contestazione, se non resto solo vorrei andare avanti. Puntare sulla legg elettorale è poco: guardate la tabella 2 senza che se ne accorgesse nessuno al senato sono stati rubati 16 seggi al proporzionale per passarli al maggioritario. Pax et Bonum vobis. ************** Per un rilancio della nostra iniziativa Malgrado condizioni pesanti contrarie il risultato del referendum costituzionale sul taglio del Parlamento ha visto non solo la vittoria del Si ma anche una importante affermazione del No, che con oltre il 30 % dei consensi ha reso evidente che il contrasto al populismo e alla demagogia è non solo doveroso ma possibile. La campagna del No è stata un importante contributo alla vitalità della nostra democrazia, ha costretto il Si ad impegnarsi nella campagna elettorale, ha impedito che passasse sotto silenzio un appuntamento di grande rilievo costituzionale come il referendum, evitando un plebiscito, e ha mobilitato energie rilevanti in tutto il Paese a sostegno della Costituzione e dei suoi istituti fondamentali, come il parlamento. Non sono bastati una campagna di informazione preventiva che puntava a dare per scontata la vittoria del Si e quindi l’inutilità del referendum, né lo squilibrio dell’informazione radiotelevisiva a sostegno del Si, né l’imposizione di una brevissima campagna elettorale condizionata dalla presenza di altri appuntamenti elettorali negli stessi giorni, né il disimpegno di altri a contrastare populismo e demagogia antiparlamentare. Ha pesato negativamente l’inadeguatezza di questo Parlamento rispetto al ruolo centrale che la Costituzione gli assegna come rappresentante dei cittadini, per i deficit dei partiti spesso ridotti a comitati elettorali, grazie a leggi elettorali che dal “Porcellum” ad oggi hanno sottratto ai cittadini la scelta diretta di chi eleggere consegnando questo potere ai capi partito. Noi abbiamo difeso il ruolo del Parlamento previsto dalla Costituzione, in contrasto con l’uso smodato e improprio dei Decreti legge, dei voti di fiducia, dei maxi emendamenti, a cui il M5Stelle vorrebbe aggiungere il vincolo di mandato oggi escluso dall’articolo 67 della Costituzione, e lo abbiamo fatto malgrado l’evidente inadeguatezza della sua attuale qualità e della scarsa capacità di operare con autonomia, onore e responsabilità. Non ci siamo chiesti se la vittoria del No era certa ma se era giusto impegnarsi per affermarne le ragioni. Il No ha avuto risultati importanti nei grandi centri urbani, in particolare nel nord e nelle aree dove era meno difficile far passare il nostro messaggio controcorrente, tra i giovani che sono stati una risorsa importante per il No – in maggioranza tra gli studenti – e in partiti che pur dichiarandosi per il Si hanno dovuto fare i conti con importanti posizioni interne per il No. Il risultato è che il No è passato dal 10 % dei primi sondaggi ad oltre il 30%. Non nascondiamo che a differenza del 2016 settori sociali fondamentali, colpiti dalla crisi causata dalla pandemia, non si sono impegnati nello stesso modo, come ad esempio parte del mondo del lavoro e i sindacati, mentre altre associazioni, a partire da Anpi e Arci, si sono impegnate per il No. Questo è anche il frutto di anni in cui si è sedimentato un pensiero utilitaristico, teso al risultato immediato e accompagnato da interessate campagne di destrutturazione dei valori civili e costituzionali. Per questo il messaggio del taglio del Parlamento – emblematica la sceneggiata del taglio delle poltrone davanti alla Camera – per quanto inaccettabile era semplice ed immediato, mentre le argomentazioni del No non avevano la stessa immediatezza ed apparivano contraddette da una crisi di credibilità del parlamento attuale. La vittoria del Si non ha affatto stabilizzato …

ZAGREBELSKY E’ ZAGREBELSKY

  di Felice Besostri – Socialismo XXI Lombardia |   Il prof. è uno dei tanti candidati alla Presidenza della Repubblica. E’ un suo diritto, come cittadino italiano con 50 anni compiuti (art.84 Cost.). Se eletto alla suprema funzione la assolverebbe con disciplina e onore (art. 54 Cost.) Se il successore di Mattarella è scelto da questo p(P)arlamento, un candidato sgradito al M5S, per essersi pronunciato per il NO, non ha chances. Se è eletto da quello decapitato il candidato dovrà piacere al cdx. Basta saper aspettare il semestre bianco, che inizierà il 2 agosto 2021, per strologare. La procedura referendaria è stata illegittima per violazione degli artt.72 c.1 e c.4 Cost. perché le norme sull’election day, comprensivo del referendum, non sono state votate una per una dalle Camere con una procedura normale (cfr. Lodo Lotti pur trattandosi di materia costituzionale ed elettorale. Il voto di fiducia sull’articolo unico di conversione del decreto legge n. 26/2020 ha impedito, che nell’approvazione finale la Camera, Senato della Repubblica, esaminasse gli art. 1 bis e 1 ter aggiunti dalla Commissione Affari della Camera dei Deputati, in violazione, per la parte relativa al referendum costituzionale ex art. 138 Cost.,dell’art.77 Cost. nell’interpretazione data dalla Corte Costituzionale con la sentenza n.32/2014 (estensore Cartabia). L’accenno svolto in sede di pregiudiziale non costituisce esame nel merito degli articoli aggiuntivi. Senza i SÌ delle regioni chiamate al voto l’effetto confermativo non ci sarebbe stato, come pure dei voti espressi nel giorno 21 settembre in violazione dell’art.15 c. 2 legge n. 352/1970, che prevede il voto nella sola domenica come eccepito da alcuni elettori nei verbali delle sezioni elettorali 1220 e 381 di Milano, n. 1 di Pontey Val d’Aosta, n. 5 di Francavilla al Mare (Chieti), in 10 sezioni di Vicenza da un rappresentante di lista, a Napoli e a Trieste e quanti altri lo faranno sapere in questa lista anche al fine di un reclamo ex art. 23 legge n. 352/1970 all’Ufficio Centrale per il Referendum presso la Corte di Cassazione. L’informazione istituzionale è stata fuorviante ripetendo più volte al giorno ossessivamente sui canali RAI che si trattava di referendum “confermativo”, aggettivo estraneo al testo dell’art.138 Cost. e dell’art. 15 legge n. 352/1970. Il popolo si è espresso con chiarezza, ma questo non basta perché l’art. 1 c. 2 è perentorio “. La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione“!, Quindi soggetto alla Costituzione e alle leggi e nel caso di specie vengono anche in gioco i limiti di violazione di principi costituzionali supremi, intangibili, come il principio di eguaglianza, anche da norme di rango costituzionale (sent. n. 1146/1988 Corte Cost.): una questione di cui fui presago nel lontano 1969 con la tesi “ Il controllo materiale di costituzionalità sulle norme formalmente costituzionali nella Repubblica Federale Tedesca” con i proff. Paolo Biscaretti di Ruffìa e Valerio Onida”. Pace e Bene alle donne e agli uomini di buona volontà. SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

IL “NO” AL REFERENDUM COSTITUZIONALE

  di Vincenzo Lorè – Responsabile comunicazione Socialismo XXI |   La Costituzione dovrà essere fedelmente osservata come legge fondamentale della Repubblica da tutti i cittadini e dagli organi dello Stato. (Tratto dalla Costituzione della Repubblica Italiana). Stiamo vivendo un momento molto delicato per la democrazia italiana. La forma democratica che la Costituzione ha dato all’Italia si trova al centro di un duro attacco. Un attacco che va respinto ricordando le origini della nostra convivenza politica e sociale. L’Italia di oggi è un paese sconfitto. Privato dei suoi principali diritti ed autodeterminazione. Guidato da una classe politica in larga parte esistente per pura auto-perpetuazione (NOMINATI). Dopo tre/quattro Parlamenti eletti con una legge elettorale incostituzionale nel 2006, 2008, 2013 e ci metterei anche il Rosatellum nel 2018. Una sbornia maggioritaria quasi trentennale, che ha moltiplicato artificialmente i partiti, ed ora, credo sia giunto, un necessario momento di verità, cioè sapere chi rappresenta veramente il popolo italiano.  Si ha sempre più la sensazione che l’agenda politico-istituzionale ce la dettino dall’esterno: la finanza internazionale, le agenzie di rating, amministratori delegati di banche d’affari. Non è una novità e non è la prima volta che la JP-Morgan che è una delle banche che ha causato la crisi dei mutui sub-prime del 2007 abbia interferito nelle faccende italiane. Nel 2013 scrisse una lettera in cui invita i paesi dell’area Euro (tra cui l’Italia) a fare delle riforme e a superare le costituzioni anti-fasciste, definendo la Costituzione italiana troppo socialista. La JP-Morgan è una delle banche che è intervenuta a salvare il Monte dei Paschi di Siena dove il PD ha fatto il bello e il cattivo tempo ed ora, chissà perché, quel partito si schiera per la seconda volta per il SI ad un Referendum costituzionale. La volta scorsa, (2016), abbiamo assistito persino ad una incursione dell’ambasciatore americano in Italia che invitava a votare Si al referendum renziano. Non è un caso che Renzi nel 2012 (da Sindaco di Firenze) tenne un incontro (a Palazzo Corsini a Firenze) con Jamie Dimon Amministratore delegato della JP-Morgan e Tony Blair, allora consulente della banca americana. Adesso si può cominciare a capire a FAVORE di chi sono queste “riforme” e chi vuole dettare l’agenda politica-istituzionale in Italia?  Ora ai dem (non solo per mere ragioni opportunistiche) si è aggiunto un nuovo attore “politico”, un nemico interno della democrazia italiana: il Movimento 5 Stelle. Da anni, credo che la pericolosità di questo partito sia sottovalutata dai media e, in generale, dall’opinione pubblica, che anzi sembra apprezzare il suo ruolo di “moralizzatore” della politica tradizionale. In realtà, il M5S, come gli altri partiti populisti, porta al suo interno delle ambiguità che sono in contrasto con quella democrazia liberale che ci permette oggi, grazie prima di tutto al sacrificio di chi ha combattuto per la LIBERTA’ opponendosi alla dittatura nazifascista, di vivere in libertà. Il referendum voluto da questo movimento, è nel suo essere, un’operazione di antipolitica che mira a colpire le articolazioni democratiche, i partiti e il diritto di voto come previsto dall’Art. 48 della Costituzione. Siamo in un momento di crisi non solo politica, ma istituzionale, troppe zone d’ombra, pertanto serve una forte capacità propositiva nell’affermazione dei valori Costituzionali, nella difesa della forma di governo Parlamentare della Repubblica, nella dimostrazione della decisività democratica del principio della rappresentatività politica. Rappresentanza realizzata in funzione della presenza di soggetti politici organizzati (i partiti) capaci di sostenere il ruolo di fulcro del Sistema, ritornardo a fornire il diritto di voto al popolo secondo i dettami costituzionali, in altri termini: la Democrazia italiana! Al Referendum il 20-21 settembre si vota NO.       SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

LETTERA DI RINO FORMICA AI GIOVANI SOCIALISTI

Intervento di Rino Formica, letto dal compagno Iannini giovane socialista del “Comitato socialista per il NO” alla manifestazione “La piazza che non ci sta”. Roma, 13 settembre 2020, Piazza SS. Apostoli. “IL 2 giugno del 1946 fu il giorno della Repubblica e della elezione dell’Assemblea Costituente. Io c’ero. Un giovane socialista di 19 anni. I socialisti furono in prima fila per la Repubblica. Lo slogan elettorale era:”Votare prima per la Repubblica e poi per i socialisti.” Vinse la Repubblica ed il Partito socialista fu il primo partito della sinistra italiana. Fu in quel fuoco che si saldo’ l’indissolubile legame tra difesa delle Istituzioni repubblicane, rispetto della Carta costituzionale, e partecipazione di massa alle lotte sociali. Chi oggi dice “I problemi importanti sono economici e sanitari e non quelli istituzionali” utilizza una mezza verità per coprire una impresentabile tendenza reazionaria avversa alla democrazia rappresentativa. Per 70 anni abbiamo vissuto momenti di esperienza democratica e fronteggiato tentativi di restaurazione pre-repubblicana. Ci ha difeso una Carta costituzionale rigida cioè una Carta che prevede procedure attente e meditate per ogni modifica alla Legge delle leggi. Ci siamo difesi con una forte partecipazione popolare e di massa alla vita politica ed è stata costruita una rete di rapporti tra popolo, istituzioni, partiti, sindacati e organizzazioni rappresentative dell’immensa ricchezza del pluralismo culturale e sociale. Ci siamo difesi perché il controllo sul potere era garantito da un costante allargamento delle rappresentanze a tutti i livelli che avveniva secondo i principi generali ed indiscutibili: più si allarga la partecipazione, più si deve allargare la rappresentanza. L’efficienza è doverosa ma la praticabilità del controllo è una necessità. Da anni le nostre istituzioni sono investite da tendenze semplificatrici che denotano forme gravi di rifiuto del pensiero profondo. Le conseguenze della rinuncia alla riflessione è la consegna al Capo, all’uomo della Provvidenza, di ogni decisione. È proprio il contrario di ciò che fa per istinto naturale un ragazzo che leggendo e studiando chiede di appropriarsi del proprio destino. Oggi siamo ad una prova alla quale si è sottoposti ogni volta che finisce un ciclo. Nel ’46 pensammo prima alle istituzioni e poi alle condizioni per il benessere materiale. Oggi come allora il problema è lo stesso. Senza istituzioni democratiche non c’è vita libera. La riduzione dei parlamentari è un primo passo nella direzione nella erosione delle istituzioni democratiche. Il secondo passo sarà quello di creare un bicameralismo perfetto e inutile.Poi si dirà: due Camere uguali sono un lusso. Sopprimiamone una e poi si dirà una Camera con 200 parlamentari fa lo stesso lavoro di quella di 400. Togliamo quella di 400 che costa di più.Poi, con una bella legge elettorale apparentemente proporzionale, ma piena di trabocchetti per ciò che riguarda lo sbarramento all’accesso alla competizione elettorale, con qualche disposizione sulle incompatibilità: il Gioco è fatto.Così una legge ordinaria elettorale distruggerà la Costituzione rigida e travolgerà con la forza di una maggioranza parlamentare artificiale tutti i quorum di garanzia.Un bel ritorno allo Statuto Albertino! Questo voto è importante, ma è ancora più importante ciò che avverrà dopo il 21 settembre. Se vince il NO come qui ci auguriamo, i perdenti ci riprovereranno. Se vince il SI’ bisognerà organizzare la Resistenza Costituzionale. Buon lavoro e arrivederci al 21. SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

UN CHIARO NO AL TAGLIO DEL PARLAMENTO

  di Mauro Scarpellini – Responsabile amministrativo Socialismo XXI |   Riassumo un’illustrazione più breve possibile che offre argomenti per essere consapevoli che occorre votare NO e far votare NO al referendum del 20 e 21 settembre 2020. Questa illustrazione si limita all’osservazione e al commento di questo evento e volutamente esclude riferimenti a partiti e movimenti perché il referendum non è una scelta tra liste diverse, ma una consultazione personale. Vanno convinte le persone, a prescindere dalla loro preferenza elettorale quando ci sono elezioni. La domanda sulla scheda è questa: «Approvate il testo della legge costituzionale concernente “Modifiche agli articoli 56, 57 e 59 della Costituzione in materia di riduzione del numero dei parlamentari”, approvato dal Parlamento e pubblicato nella G.U. della Repubblica italiana – Serie generale – n. 240 del 12 ottobre 2019?». Prima osservazione. La scelta non è sul taglio del numero dei parlamentari, ma sul taglio del Parlamento. Il Parlamento è adeguato? No. Sono opinione e constatazione comuni che i suoi componenti non sono prevalentemente persone di adeguata qualità, competenza, conoscenza per essere i legislatori dell’Italia. La causa dell’inadeguatezza è il numero dei parlamentari? No. La causa è la legge elettorale. La sintetizzo. La legge elettorale vigente divide l’elezione in quota maggioritaria e quota proporzionale. La quota maggioritaria è uninominale – cioè quella col nome imposto sulla scheda – ed è molto alta, per i 3/8 dei seggi, il 37,5% dei seggi. La parte proporzionale ha liste bloccate, cioè sono eletti non i preferiti dagli elettori ma quelli che sono secondo l’ordine dell’elenco deciso dal partito o dal movimento e che ci ritroviamo nella scheda elettorale. Poi il voto dell’elettore obbligatoriamente è congiunto tra candidato uninominale e la lista collegata. L’effetto di questo ingegnoso meccanismo è la compressione notevole della scelta dei propri rappresentanti a danno dell’elettore. La riduzione del numero dei parlamentari aiuta la concentrazione del potere dei capi di partito e di movimento, cioè di coloro che decidono i nomi da candidare, e costoro decidono gli eletti; attenzione, riducendo il numero sarebbe possibile prevedere quasi del tutto la composizione nominativa del Parlamento già prima dei risultati. Il peso della scelta degli elettori sarebbe nullo. Noi diciamo che non vogliamo essere rappresentati meno ma rappresentati meglio e il meglio si può avere senza ridurre i parlamentari ma cambiando la legge elettorale per avere candidati di qualità diversa dall’attuale. Seconda osservazione. I parlamentari sono troppi. Il numero dei Deputati non è sempre stato 630 o giù di lì; c’è stata una volta, era il 1929, nella quale Mussolini pensò che il numero giusto di deputati fosse 400; così dal 1930 fino alla fine della guerra i deputati furono 400. Non venivano votati. Ebbene, se negli anni ’30 si fosse potuto votare (gli elettori sarebbero stati circa 15 milioni allora) la rappresentanza sarebbe stata comunque il triplo di quella che ci sarebbe se vincesse il SI al referendum di questo mese. Ma la conoscenza della storia non appartiene molto a coloro che proposero questa legge. Nel 1948 c’era un parlamentare ogni 80 mila cittadini, adesso ce ne sarebbe uno ogni 151 mila se vincesse il SI. Un allontanamento ulteriore tra eletto e problemi che lui deve conoscere e rappresentare. Terza osservazione. L’Italia ha più parlamentari degli altri paesi. E’ falso. L’unico serio criterio per giudicare sul numero dei parlamentari è guardare al rapporto fra membri del Parlamento e abitanti. Sfatiamo questa bugia confrontando quattro paesi in Europa: Gran Bretagna, Francia, Spagna e Italia. Prendiamo non solo i deputati della Camera, ma tutti i parlamentari della Camera bassa e della Camera alta, che da noi si chiama Senato e altrove ha altra denominazione. La Gran Bretagna ha 1 parlamentare ogni 46.000 abitanti. (1426 totale). L’Italia ha 1 parlamentare ogni 63.000 abitanti. (945 totali/ 615 + 330). La Francia ha 1 parlamentare ogni 70.000 abitanti. (925 totali). La Spagna ha 1 parlamentare ogni 76.000 abitanti. (615 totali). Se vincesse il SI l’Italia andrebbe a 1 parlamentare ogni 100.210 abitanti. (600/ 400 deputati e 200 senatori). Avvicinare i governanti ai governati è un buon principio, ma con questo referendum si chiede di fare l’opposto. La critica sulla creazione di una casta di nominati, ancor più ristretta di oggi, è fondata perché non inventata o supposta. Comanderebbero i capi di partito o i capi esterni di movimenti che non hanno mai avuto una responsabilità politica né sono stati mai eletti da qualche parte. Quarta osservazione. La riduzione del numero dei parlamentari non incide sulla rappresentanza, ma la rende più autorevole Completamente falso. Se si riduce il rapporto fra cittadini e parlamentari si incide profondamente sulla rappresentanza politica, sia quantitativa che qualitativa. Perché si realizzi una vera rappresentanza politica, bisogna che i singoli candidati parlamentari abbiano una relazione reale e continua con i cittadini e con i problemi del territorio in cui si candidano, nonché un rapporto costante, non limitato al momento del voto, con i propri elettori e con le forze intermedie del territorio – rappresentanze degli imprenditori, dei lavoratori, delle istituzioni locali e altre -. Meno sono gli eletti e più difficile è realizzare quel rapporto. Questo nuoce all’azione dei parlamentari sul piano qualitativo perché riduce la possibilità di una conoscenza dei problemi concreti. Quindi la rappresentanza politica ne risulta peggiorata. Quinta osservazione. Riducendo il numero dei parlamentari si risparmia soldi pubblici I calcoli fatti dicono che la riduzione dei parlamentari porterebbe a un risparmio di appena lo 0,007 del bilancio dello Stato, pari a 1,35 euro a cittadino l’anno. La riduzione dei costi è un argomento che fa presa su chi non segue a fondo questi argomenti. Bisogna spiegarlo.  Sesta osservazione. C’è un processo in corso, pluriennale, per la riduzione dei poteri democratici. Non deve sfuggirci che questa legge, se vincesse il SI, non sarebbe l’ultima nella progressiva riduzione dei poteri democratici dei cittadini. Da anni è in corso di attuazione un processo pericoloso che spesso sottovalutiamo o non consideriamo. I cittadini contano meno : perché nei Comuni è stato ridotto ridotto il numero dei Consiglieri comunali; perché in molte …

AL REFERENDUM DELLA RIDUZIONE DEI PARLAMENTARI VOTARE NO!

di Antonio Foccillo | L’idea di democrazia, con il tempo, con le nuove generazioni, sembra quasi sfuggirci dalle mani, in uno scollamento sempre più sensibile tra rappresentanti e rappresentanti. Oggi nella società vi è una smarrita consapevolezza di poter incidere, anche in minima parte, nei processi decisionali dell’impianto democratico del nostro Paese. In sostanza, si stenta a riconoscersi a pieno titolo in qualcosa di più grande di cui ci si sente attivamente partecipi. Bisogna ricreare le condizioni per stimolare la discussione e la partecipazione per evitare che l’apatia mini alla radice la possibilità di cambiare le cose. Il concetto di democrazia corre di pari passo con quello della partecipazione. La partecipazione consapevole è concepibile solo allorquando vi sono diversi strumenti e luoghi cui poter accedere per potersi costruire un’idea su quello che ci circonda, attraverso l’informazione, l’ascolto e il dialogo. Senza questi luoghi, questi momenti, dai più piccoli fino alle istituzioni parlamentari, la pluralità insita della partecipazione viene meno e prendono vigore individualismi e verità inconfutabili. In questi anni, abbiamo assistito prima al declassamento dei partiti e delle loro strutture verticali a livello territoriale, poi gli attacchi alle Istituzioni, ed infine alle organizzazioni sindacali. Abbiamo permesso, anche con il favore dell’opinione pubblica, opportunamente costruito con campagne ad hoc, il superamento del finanziamento pubblico dei partiti, confinando ancora di più la politica a cosa di pochi noti. Il tutto in un quadro dove la rappresentanza ha gradualmente ceduto il passo a ottiche non più proporzionali ma sempre più maggioritarie e distorsive del voto. Si sono attaccate le Costituzioni del dopo guerra perché la nuova filosofia del pensiero unico neoliberista le riteneva troppo intrise di orpelli garantistici che non rispondevano più alla velocità delle decisioni necessari ai nostri tempi. Proprio quest’ultimo concetto sembra il mantra forte dell’ennesima riforma a ribasso della democrazia, il taglio dei parlamentari. Il rischio, è quello che si crei una vera casta, soprattutto in un sistema dove il finanziamento delle associazioni partitiche si presta a cederlo a influenti gruppi di potere; dove le spinte maggioritarie restringono l’accesso alle minoranze; dove ci sono nominati e non più preferenze, dove i diritti cedono dinnanzi a pareggio di bilancio; dove la politica dal basso non ha più luoghi per esprimersi e creare nuovi gruppi dirigenti. Ancora, una parte dell’attuale gruppo dirigente della politica muove da un’idea della democrazia svincolata dagli strumenti della politica del novecento e che si riconosce in un “click”: la “democrazia diretta” del blog, delle piattaforme online, del tweet, dei like e dei dislike. Una partecipazione rapida e dal divano di casa, con gli occhi sul device a portata di mano. Questo sono diventati gli strumenti a disposizione di chi vuole avventurarsi nella partecipazione politica. È ovvio che un’idea simile faccia il paio con la riduzione dei parlamentari, ed è coerente con chi ha soppiantato la le sezioni con i meetup e con chi proponeva premio di maggioranza e sorteggio dei parlamentari per raggiungere ampie maggioranze Con la riduzione dei parlamentari la capacità reale di scelta dei cittadini, pertanto si affievolirà ancor di più. Se si vuole ragionare ancora di democrazia non è accettabile rimanere indifferenti di fronte alla delegittimazione popolare di un organo costituzionalmente riconosciuto come il Parlamento. L’astensionismo, l’apatia, l’entusiasmo per la politica non potranno essere risvegliati da una scelta simile. Rimango convinto dell’idea che, invece, bisognerebbe ridare dignità a quegli strumenti del novecento che se ancora oggi in tante esperienze resistono e convincono, vedi il sindacato, non si comprende perché dovrebbero essere spazzati via come si sta facendo. Nulla potrà cambiare se i mezzi del dibattito rimarranno chiusi ai social, anche perché non può in questi frangenti definirsi tale il dibattito, perché non c’è. Troppo sono i filtri a una vera comunicazione e scambio di idee, che non possono affidarsi ad un post o, ancora di più paradossalmente, vedrete con il tempo, a un’immagine. Oggi ancora di più si pone il problema, viceversa, di riprendere l’azione per ridefinire i contenuti di una società dove siano salvaguardati la persona e i diritti di cittadinanza in tutti i suoi aspetti: dal diritto al lavoro al diritto alla vita; dalla sicurezza sociale e personale al ripristino del potere di acquisto e ad un fisco che recuperi la sua funzione di ridistribuzione della ricchezza e della solidarietà, alla partecipazione alle scelte, come la Costituzione statuisce. Occorrono programmi diversi, più ampi e complessi da discutere; occorre far vivere una concezione della “coesistenza” fra esperienze di pari dignità che ancora stenta ad essere accettata; occorre guardare con occhi attenti al rinnovamento, senza mostrare pericolose indifferenze; occorre ritrovare un rapporto con i giovani. Su queste basi si può dare davvero l’addio al passato e trovare nuovi assetti costruttivi da porre a confronto. Pertanto da tutte le rappresentanze politiche e sociali deve venire una nuova iniziativa che metta al centro della discussione politica la ricerca di nuove proposte, di nuove regole e nuovi diritti, quale prospettiva per gli anni a venire. Si devono rilanciare valori e solidarietà, coesione e certezze. La parte sana della società deve evidenziare al Paese il comune sentire circa l’urgenza di porre fine alla perdurante illegalità della finanziarizzazione dell’economia e quindi avanzare la richiesta di contribuire a ridefinire “regole nuove”, capaci di garantire il delicatissimo passaggio politico-istituzionale che stiamo vivendo. Bisogna ridare alle istituzioni la loro autorevolezza in modo che, ancor prima che con le norme, possano divulgare la cultura dell’economia sociale, della partecipazione, dell’emancipazione civile, democratica e sociale. Per far questo bisogna anche importante tornare a parlare di cosa è e cosa dovrebbe rappresentare un partito, muovendo fin dalla sua etimologia e dalle sue radici storiche. Spiegare perché le persone sentivano il bisogno di unirsi, di mediare i propri desideri personali per il benessere comune. Rileggere le ideologie alla luce della storia per comprendere quanto opportunismo si celi dietro i partiti personalistici o dei leader che continuano a spuntare come funghi. Penso che il nostro Paese la chiave di volta non sia la democrazia del click, ma quella delle assemblee, delle sezioni di partito, delle camere territoriali …

IL MIO NO AL REFERENDUM DI SETTEMBRE

  di Renato Costanzo Gatti – Socialismo XXI Lazio |   Il 20 settembre voterò NO al referendum confermativo per la semplice ragione che non mi convincono le motivazioni dei proponenti che, mi pare, si limitino a indicare solo il motivo di un risparmio nel bilancio dello Stato, e manchino ragioni più articolate e razionali che diano un senso più compiuto e articolato ad una riforma costituzionale. In estrema sintesi ritengo che i risparmi per il bilancio dello Stato si possono ottenere con una riduzione dei compensi piuttosto che sul taglio dei parlamentari, mentre ritengo che il passaggio ad un sistema monocamerale sia molto più serio e meno semplicistico del contenuto della legge confermanda. Ciò che mi preoccupa più a fondo è il livello cui si è degradata la discussione politica. Capisco che per il PD appoggiare il NO potrebbe mettere in discussione l’attuale compagine della maggioranza, già messa in discussione da Renzi; capisco che i 5S fondino le speranze di evitare un tracollo elettorale enfatizzando questa occasione identitaria; noto tuttavia che le argomentazioni sono di livello opportunistico senza un approfondimento culturale che ritrovo solo in pochissimi interventi. Noto per altro che sui social le argomentazioni siano scese ad un livello miserrimo. Ciò che richiama la mia attenzione, più che la risposta da dare al referendum, è un ragionamento sul concetto e il ruolo degli intellettuali così come affrontato da Gramsci nei suoi quaderni. Questa riflessione mi preme perché noto che i partiti, dopo lo scioglimento del PCI, abbiano abbandonato in toto la funzione di intellettuale collettivo che si pone la missione di avviare una dialettica con i “subordinati” per  la costruzione di una nuova società. Gramsci, nel porsi il tema dell’egemonia, ha esaminato il ruolo degli intellettuali nella costruzione di una nazione, in modo estremamente articolato; in un passo individua 4 punti su cui affrontare il tema: •● ruolo degli intellettuali nella formazione dello spirito pubblico in Italia nel secolo scorso (come gli intellettuali abbiano contribuito alla costruzione di un senso comune alla base della nascente nazione italiana) ● studio di linguistica comparata ● esame del gusto artistico e della funzione dell’arte (dedicato in particolare a Pirandello) ● saggio sui romanzi d’appendice e sul gusto letterario popolare. Sul primo punto Gramsci individua nell’intellettuale del secolo scorso non solo una figura singola colta e accademica, ma vede una rete di figure che contribuiscono a formare il senso comune, a partire dal prevosto per arrivare al notaio, dal maestro di scuola al direttore di banca; un sistema articolato e fors’anche a sua insaputa organico. Ma nel suo esame è interessante tener conto anche degli altri tre punti sopra elencati: la linguistica, il linguaggio dell’arte e la letteratura popolare. Ecco che allora si coniuga il linguaggio dei social con la caduta della funzione dell’intellettuale collettivo; un tempo si leggeva Rinascita, Mondo Operaio, l’Espresso e altre fonti che spingevano i subordinati a sforzarsi ad assurgere ad un linguaggio più impegnativo. Caduto quello stimolo il linguaggio necessariamente è caduto ai livelli attuali, livelli facilmente strumentalizzati dalle forze dell’opposizione che organizzano una “bestia” per creare messaggi provocatori e/o fake news. Ma anche il gusto artistico e letterario non possiamo non renderci conto del livello ad esempio dei film dal neorealismo e dei grandi maestri italiani ed i prodotti commerciali attuali. Anche qui si nota la scomparsa della funzione didattica dell’arte e della letteratura contestuale alla caduta della funzione dei partiti quali costruttori di egemonia. Non si può non notare il disegno strategico, articolato, razionale del pensiero gramsciano e la sciatteria elettoralistica della asfittica filosofia dei partiti attuali.         SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

I SOCIALISTI AL REFERENDUM VOTANO E FANNO VOTARE NO

  di Silvano Veronese – Vicepresidente Socialismo XXI |   Ho letto l’intervista, apparsa sul “Il Foglio” a Federico Fornaro, capigruppo LeU alla Camera, che spesso è intervenuto sul nostro sito web e sui nostri profili FB fiancheggiatori della nostra Associazione. Il tema era centrato sul futuro della sinistra che – anche per Fornaro come per noi – ha bisogno di trovare una sua nuova fisionomia non riconoscendo – come anche noi da tempo andiamo affermando – al PD un ruolo cardine nell’ambito del centrosinistra e tanto meno della sinistra. D’altronde, Fornaro – credo anche per tale ragione – tempo fa è uscito assieme ad altri dirigenti da quel Partito. In linea con tale scelta, Fornaro dice ad un certo punto dell’intervista “Bisogna superare il PD, ma senza tornare ai DS……….Margherita e DS appartengono ad una fase politica archiviata e non possono essere resuscitati……il PD metta in discussione sé stesso…..”  E’ un ragionamento che, sul piano dei contenuti e della piattaforma propositiva lo porta a coincidere con le recenti prese di posizione di Gianni Cuperlo e del documento programmatico che quest’ultimo ha recentemente elaborato in termini critici verso la gestione Zingaretti. Sono discorsi utili che arrivano tardivamente. L’errore, a mio giudizio, fu la presunzione iniziale di DS e Margherita di costruire ex-novo una forza politica di centrosinistra che potesse essere sintesi delle idee di un centro moderato con vocazioni vagamente progressiste e quelle di una certa sinistra con ambizioni di governo, una forza nuova e composita   che, in quanto tale, avesse l’autosufficienza di candidarsi da sola al governo del Paese, grazie anche ad una legge maggioritaria che garantiva alla prima delle minoranze elettorali e del Paese di diventare maggioranza parlamentare. Nessuna delle varie leggi maggioritarie varate dal 1993 in poi ha invece garantito stabilità politica e governabilità e nel frattempo è naufragata la “vocazione maggioritaria” del PD che da un insufficiente 32% di Veltroni (il 40% di Renzi alle europee è stato un dato effimero durato lo spazio di un mattino) è precipitato ad un 19/20 %. L’amalgama  mal riuscito (la definizione è di D’Alema, uno dei soci fondatori!) ha evidenziato la criticità di questa  sintesi tra culture diverse, in certi momenti passati persino tra loro in forte conflitto, un fallimento  confermato dalle scissioni succedutesi. La sinistra (o meglio le sinistre, perché come la storia ci insegna ce ne sono piu’ d’una) devono fare il loro mestiere (per noi sulla base di idee, posizioni  e valori socialisti) e i moderati, liberaldemocratici e di ispirazione cattolica, devono  fare il loro, senza alcuna commistione. Nel rispetto del pluralismo culturale e politico, presente in tutta Europa e non solo in Italia,  saranno poi (e non prima)  gli esiti  elettorali a spingere per le soluzioni di governo possibili sulla base di precisi programmi condivisi. L’illusione di poter offrire soluzioni di governo sulla base di operazioni di potere sganciate da programmi condivisi oppure frutto di modelli elettorali maggioritari non rappresentativi del pluralismo della società e degli interessi sociali presenti nel Paese rimane una illusione che confermerebbe il permanere dannoso di uno stato di criticità della politica determinato da insopportabili populismi e trasformismi nonché l’insolvenza della grave situazione di  non-governo del Paese. La recente intervista di Zingaretti segretario PD al “Corriere della Sera” è un esempio illuminante tendente a giustificare l’ingiustificabile come l’adesione al SI al referendun confermativo per la riduzione sensibile dei parlamentari sganciata da qualsiasi altro elemento di riforma istituzionale, dopo che il suo Partito per ben tre volte nel recentissimo passato aveva votato in Parlamento contro questa sciagurata legge. Un partito autodefinitosi  democratico che, anche per le culture alle quali dice di fare riferimento, dovrebbe essere il maggiore interprete della difesa delle Istituzioni rappresentative, finisce invece  per assoggettarsi al piu’ bieco e qualunquistico antiparlamentarismo del suo socio di governo con il quale fino ad un anno fa volavano gli stracci e  reciproci insulti.  Un partito che già quando con suoi esponenti guidava un esecutivo faceva un uso smodato della decretazione (anche quando non c’era la condizione di urgenza prevista dalla Costituzione), oggi subisce il continuo ricorso ai DPCM da parte del “premier” permettendo così che  il ruolo delle Camere sia relegato ad una  attività marginale nella quale prevale non un sapiente e costruttivo  lavoro legislativo ma la rissa continua tra opposizione e maggioranza che umilia l’Istituzione parlamentare.  E’ evidente che ad un pubblico indifferenziato questo indegno procedere possa procurare un disgusto verso la “cattiva” politica, un disgusto che si puo’ tradurre  anche con l’adesione ad una legge di  riduzione massiccia della rappresentanza parlamentare che produrrà una sparizione delle presenze di vari partiti c.d. minori e della rappresentanza di territori e quindi si arriverà ad un Parlamento che rappresenterà la minoranza del Paese reale. Un Parlamento, se ridotto alle dimensioni della legge voluta dal M5S, avrà difficoltà di legiferare nelle Commissioni, rafforzando – così a suo scapito –  il potere dell’Esecutivo, creando le condizioni per una “autocrazia” pur lasciando in vita formalmente il regime di democrazia parlamentare. Era ciò che stava nel disegno eversivo elaborato dalla PD di Lucio Gelli !!! I socialisti, di ogni aggregazione, non potranno non combattere fino alla fine questa battaglia contro questa legge oscena, chiarendo i motivi della loro opposizione, votando e facendo votare NO! senza alcuna riserva.       SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

REFERENDUM COSTITUZIONALE L’IMPORTANZA DEL PARLAMENTO

Nella foto, Salone del Parlamento della Patria del Friuli, Castello di Udine di Avv. Luca Campanotto* | 20 Settembre 2020, Referendum costituzionale sulla proposta di taglio dei seggi parlamentari … la nostra storia può farci riflettere sul Parlamento, sulla sua importanza, sul suo ruolo … il Friuli rivaleggia con l’Inghilterra quanto ad antichità e importanza della sua assemblea rappresentativa; quando il Capo dello Stato era un ecclesiastico (il Patriarca di Aquileia, Principe del Friuli), il Parlamento della Patria del Friuli venne progressivamente ampliato: prima vi godevano di un seggio i Membri dell’Alto Clero e gli Abati e le Badesse; la Nobiltà Imperiale e la Nobiltà Patriarcale; anche le Principali Città del territorio patriarcale; poi tutti i Comuni Urbani della Patria del Friuli; in un terzo momento ancora successivo la Contadinanza. Con la conquista armata da parte della Serenissima il Friuli fu smembrato in due tronconi e solamente nella sua minore parte orientale rimase all’Impero fino alla Prima Guerra Mondiale mentre i poteri del Parlamento vennero svuotati e accentrati sul nuovo organo monocratico costituito dal Luogotenente di Venezia nella Patria del Friuli; con l’arrivo di quel rivoluzionario dittatore che si chiamava Napoleone Bonaparte anche tale simulacro venne formalmente soppresso e perfino i confini della Patria vennero modificati dall’alto d’autorità per dare un contentino a Venezia. Dopo il Trattato di Campoformido (Mandamento di Portogruaro); quando dopo la Seconda Guerra Mondiale il Padre Costituente Tiziano Tessitori riuscì ad affrancare il Friuli dal Grande Veneto Serenissimo dovette contestualmente accettarne l’innaturale e ugualmente dannosa unione col nuovo capoluogo regionale di Trieste in una artificiale e innaturale Regione Autonoma duale CON TRATTINO che oltretutto risulterebbe quella più penalizzata in assoluto qualora vincessero i SI. Basta conoscere la propria storia parlamentare per votare NO il 20 Settembre 2020, ma anche la più recente storia regionale effevuggina può davvero risultare illuminante: in questa Regione (Autonoma solo di nome poiché si continuano a seguire le sirene del sistema politico statale) abbiamo già assistito svariati anni fa al grave sfregio anti-democratico e oligarchico che ora rischia di ripetersi ingigantito a livello statale: la L. Cost. 1/13 ha già tagliato i seggi del Consiglio Regionale della Regione Autonoma Friuli – Venezia Giulia … e senza possibilità di referendum costituzionale (vietato ex L. Cost. 2/01, sulle modifiche allo Statuto Speciale, sia pur per altri motivi) … risultato di tale taglio: i territori più piccoli come il Friuli Orientale Goriziano e quelli meno popolati come la Montagna dell’Alto Friuli stanno soffrendo, mentre la qualità della rappresentanza in Consiglio Regionale non è affatto migliorata, anche grazie a una legislazione elettorale regionale che per molti motivi sia generali sia speciali. Già oggi si può ben etichettare F-VG-PORCELLUM ancor prima del possibile futuro blocco delle liste e Dio non voglia addirittura dei listini regionali sul modello del ROSATELLUM BIS TER già in vigore quale legge elettorale politica per il Parlamento Italiano: ECCO ULTERIORI MOTIVI DAVVERO EMBLEMATICI PER VOTARE NO IN OCCASIONE DEL PROSSIMO REFERENDUM COSTITUZIONALE 20 SETTEMBRE 2020 anche se poi ci sono anche i friulani (addirittura friulanofoni) che mi scrivono addirittura in perfetto friulano che voteranno SI, ma speriamo appartengano oramai a una specie in via di estinzione in Friuli assieme ai grillini poiché il Friuli sempre che non voglia scomparire dalla cartina geopolitica nel giro di qualche anno dovrebbe darsi una bella svegliata AD ESEMPIO VOTANDO IN MASSA NO IL PROSSIMO 20 SETTEMBRE 2020. * Avv. Luca Campanotto – diritto civile, penale, amministrativo Udine Fonti storiche: Istitutladinfurlan.it SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it