IL NUOVO SIMBOLO DI SOCIALISMO XXI

Il rinnovato simbolo del Movimento ci sospinge ad affrontare con rinnovato coraggio  il compito di chiamare la società italiana  a prendere  atto delle attuali  vessazioni e ingiustizie patite dalle frange più deboli. Per tutti: AVANTI ! …………………………. Mattarella, la nostra è una Costituzione ‘antifascista’. “Si fonda su lotta Liberazione, matrice di libertà e democrazia” (ANSA) – BOLOGNA, 24 OTT – “La Carta reca, fortemente impressi, quattro caratteri. È una Costituzione ‘lavorista’, sin dal primo articolo. È una Costituzione ‘personalista’, con la persona, le formazioni sociali in cui si questa esplica, e i suoi diritti, come essenza dell’ordinamento. È una Costituzione ‘autonomista’, che affida alle autonomie locali, con il criterio della sussidiarietà, la responsabilità di dare risposte ai cittadini. È una Costituzione ‘antifascista’, che si fonda sulla lotta di Liberazione, matrice di libertà e democrazia”. Così Mattarella in un passaggio alla Biennale di Legacoop. Parole accolte da un lungo applauso. (ANSA). SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

ELEZIONI AMMINISTRATIVE PRATO – MONTEMURLO

La partecipazione dell’Associazione di Socialismo XXI alle prossime elezioni amministrative, a Prato e a Montemurlo, non è solo una competizione politica, ma anche un modo di lavorare insieme ad altri gruppi politici della sinistra, al fine di comprendere quanta possibilità abbia il socialismo a ricostruire una sinistra nel nostro Paese, viste le oggettive difficoltà attraversate negli ultimi decenni. Sinistra italiana, Verdi e Sinistra Civica Ecologista sono elementi centrali delle idealità del socialismo, quindi possiamo affermare senza equivoci che non sono incompatibili e che possono insieme costruire un nuovo soggetto della sinistra in Italia, capace di restituire ai cittadini la solidarietà umana e civile, l’inclusione, l’uguaglianza, la giustizia giusta, la dignità per il lavoro e i suoi diritti, le libertà individuali e collettive, necessarie per una concreta democrazia partecipata. Una nuova sinistra in Italia ed in Europa, sono indispensabili al fine di superare il liberismo degli ultimi decenni, al fine di costruire  una Federazione Europea e una Italia più unita, obbiettivi del rinnovamento del socialismo; anche per questo sarà necessario sollecitare il Partito Democratico e il Movimento Cinque Stelle a compiere una loro identità culturale e politica nella sinistra, affinché si possa attuare un solido futuro per le nuove generazioni. Le prossime elezioni europee e quelle amministrative, di Comuni e Regioni, saranno l’indicazione per percepire la volontà degli elettori, in Italia e in Europa, quindi riuscire a capire come questa nuova sinistra debba muoversi, per costruire il futuro della Federazione Europea e del nostro Paese, recuperando l’idealità di una vera politica unitaria, dopo oltre trenta anni di vita culturale e politica nel nostro continente. Nei prossimi appuntamenti elettorali si gioca molto del nostro futuro e dei nostri figli: la nuova sinistra deve manifestarsi e esserci, per questo sarà necessario l’impegno e la volontà di tutti, consapevoli della posta in gioco, nel mondo globale l’Europa e l’Italia possono e devono giocare un loro ruolo costruttivo. Lavoriamo tutti insieme per il nostro avvenire, affinché la Costituzione possa essere applicata integralmente, Viva l’antifascismo che l’ha concepita. Alle prossime amministrative Sosteniamo la candidata Sindaco ILARIA BUGETTI  a Prato e SIMONE CALAMAI a Montemurlo. SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

IL SOCIALISTA CHE NON TROVO’ MAI IL SOCIALISMO

di Giovanni Princigalli* | La bella politica di una generazione che non c’è più Nel 1964, esattamente 60 anni fa, nasceva il Partito Socialista di Unità Proletaria, il PSIUP. Fu fondato dalle due principali correnti della sinistra del PSI: quella morandiana guidata da Tullio Vecchietti e quella più piccola capeggiata da Lelio Basso. La prima era d’ispirazione marxista-leninista, la seconda s’ispirava al marxismo rivoluzionario e libertario di Rosa Luxemburg. Con questo articolo, ripercorrendo la militanza di mio padre Giacomo Princigalli dal PSI al PSIUP e poi al PCI, provo a ricordare ed elogiare una politica disinteressata, fatta tutta per un partito, comunità che era una sorta di seconda famiglia. I “compagni” erano coloro con cui su condivideva il pane: cum – panis. Non voglio addentrarmi nella storia o nelle ragioni della scissione della sinistra socialista che portò alla nascita del PSIUP, che ebbe vita breve. Anche se ormai è opinione diffusa, anche tra diversi ex dirigenti psiuppini oggi anziani e con cui ho parlato (tra cui Barzanti e Pupillo) che quella scissione fu sbagliata. Eppure, questo partito, che fu definito “provvisorio” dal socialista Gaetano Arfé (come il libro sul PSIUP di Aldo Agosti), una funzione importante la ebbe. Infatti, come mi ha ben spiegato un ex-psiuppino di Bari, Emanuele Ceglie, che poi approdò al PSI diventando uno stretto collaboratore di Rino Formica, il PSIUP diede voce a molti giovani che senza quel partito non avrebbero trovato una casa politica in cui militare. Molti, secondo Ceglie, sarebbero finiti nel nulla o nella sinistra extra parlamentare. Per tanti altri fu una palestra in cui farsi le ossa ed apprendere il lavoro della politica o un’alternativa al PSI ormai impegnato nel centro-sinistra, e al PCI, considerato troppo burocratico e monolitico. Basti pensare a tanti nomi che un giorno saranno ai vertici della politica e della cultura in Italia: Giuliano Amato, Fausto Bertinotti, Giuseppe Impastato, Asor Rosa e molti altri ancora. Tra i pugliesi oltre a Ceglie vanno ricordati Biagio Marzo (passato poi al PSI) e i futuri comunisti Peppino Trulli, Peppino Caldarola, Alba Sasso, Giancarlo Aresta, Rosa Da Ponte, e indirettamente Silvia Godelli. Non va dimenticato lo storico Aldo Giannulli, anche lui barese. Costoro, a detta degli stessi Sasso e Caldarola, furono tutti allievi di Giacomo Princigalli. Il PSIUP è spesso ricordato come un partito dogmatico, ma si dimentica invece che tra i lori dirigenti vi erano Foa (ex Partito d’Azione), Libertini e Basso. Mio padre militava nella corrente dei primi due che erano promotori di un socialismo al tempo stesso libertario e movimentista. Mio padre prese la tessera del Psi nel 1947 all’età di 17 anni nella sezione di Santo Spirito, una frazione di Bari, divenendone in seguito segretario. S’iscrisse alla facoltà di chimica dell’ateneo barese. All’epoca il segretario della federazione era Antonio Di Napoli, il quale chiese a mio padre di lasciare gli studi per lavorare a tempo pieno come funzionario del PSI. Mio padre non voleva abbandonare l’università. Allora Di Napoli lo rimproverò: «Tu allora non credi nella costruzione della società socialista?» Mio padre rispose: «Sì, certo che ci credo, ma anche nella società socialista ci sarà bisogno di chimici, no?». Ma Di Napoli fu intransigente «Ma lo sai che vige il primato della politica?» Sicché mio padre abbandonò gli studi per ordine del partito. Sia lui che Di Napoli erano di formazione morandiana. Tanto è vero che, scavando negli archivi della Fondazione Di Vagno a Conversano in provincia di Bari, ho trovato menzione del fatto che ai funerali di Morandi nel 1955, la delegazione barese, composta da Di Napoli, Princigalli, Masciale e Ricapito «(…) ha chiesto ed ottenuto – scrisse Di Napoli all’epoca dei fatti – l’onore di montare la guardia alla cara salma (…) innanzi al suo corpo gelido (…)». Grazie all’aiuto prezioso dello storico Luca Bergonzi, tra le carte dei fondi dell’istituto Gramsci a Roma, sono emersi molti documenti sulla militanza giovanile del PSI e poi del PSIUP di mio padre. Dal canto mio, come accennavo prima, ho trovato molti documenti presso la fondazione Di Vagno. Tra le altre cose, siamo rimasti impressionati nel vedere lo stipendio che mio padre guadagnava nel PSI (di cui divenne vicesegretario della federazione barese) e poi nel PSIUP (di cui fu segretario per la provincia di Bari, oltre che membro del CC e di tre commissioni nazionali). Orbene percepiva un salario equiparato a quello di un operaio specializzato. Negli anni Cinquanta venne nominato membro dell’ufficio politico nazionale dei giovani socialisti, e per questo gli diedero un’integrazione di 10.000 lire al mese. Senza dimenticare che per il PSI fu anche commissario del partito ad Altamura, funzionario della federazione di Latina e della corrente della sinistra interna a Roma. Si lavorava anche durante il week-end e la sera. Per la famiglia c’era poco tempo, a parte quando i compagni venivano invitati a cena a casa, per continuare a parlare di politica o solo per il piacere di stare assieme, e mia madre cucinava anche per loro. Mio fratello Antonio, il primogenito nato nel 1962, conserva dei ricordi di quei tanti compagni socialisti che frequentavano la nostra casa, tra cui il senatore Masciale e il deputato ed amico fraterno di mio padre Tonino Lenoci. Io per motivi anagrafici non posso avere ricordi che risalgono alla militanza socialista e psiuppina di papà. Ho cercato di ricostruire quel mondo fatto di casa e partito, parlando tra gli altri anche con il figlio di Antonio Di Napoli che passò anch’egli dal PSI al PSIUP. Egli mi ha detto che anche in casa loro vi era un via vai di compagni, cene e riunioni, anche perché non sempre potevano permettersi di pagare l’affitto di una sezione. In un documento trovato sempre da Bergonzi, mio padre si lamentava con la direzione nazionale del PSIUP per il mancato versamento della tredicesima per gli impiegati della federazione barese. Spesso i rimborsi delle spese per andare in giro in provincia per fare comizi arrivavano con il contagocce. Il PSI barese si sosteneva grazie ai doni dei deputati, le sottoscrizioni, le tombole …

SOLO COL SOCIALISMO

L’amico è compagno Berlanda, segretario cittadino del PD rivolge una domanda a chi di dovere. Penso che il piu’ deputato a una risposta sia l’assessore comunale alla Cultura e ovviamente il Sindaco che, per legge, ha tutte le competenze. Il quesito pero’ non e’ individualmente mirato, ma è “aperto” sotto forma di post su profilo fb, quindi interroga un po’ tutti, anche chi non ha responsabilita’ dirette ne’ sugli eventi, quantita’ e qualita’, ne’ sul correlativo prezzo. Quindi caro Paolo, ti dico la mia “doxa”, la mia personalissima opinione: l’impianto costa, va manutenuto e pagati gli operatori. Quindi si saranno fatte delle stime approssimative dei visitatori paganti e su queste si e’ tariffato un biglietto. Credo peraltro siano previste visite gratuite guidate per le scolaresche. E prezzi convenzionati per gruppi di appassionati riuniti in circoli e associazioni. Quindi il biglietto di cui parli e’ il prezzo pieno per visitatore individuale. Indubbiamente alto, ma non piu’ caro di un aperitivo o una pizza e birra in uno dei locali cittadini, come gia’ altri hanno scritto. O di una cura alle mani o ai piedi… Insomma il voluttuario, edonistico o godereccio a fruizione individuale, costa ed e’ giusto che costi anche la cultura: cio’ e’ corretto e giusto se si resta “entro” questo sistema capitalistico in cui le cose hanno valore solo se si pagano a un prezzo di mercato. E’ il sistema in cui l’acqua non e’ un bene comune inestimabile, ma valoriale. Lo e’ anche la neve per sciare, il lago montano per passarci vacanze e le montagne da scalare.O la barca per fare vela o le terme. Tutto si paga in questo sistema perche’ cio’ che non si paga non ha valore. E il prezzo e’ direttamente proporzionale al valore. Andare al planetario dunque costa caro perche’ vale molto. Se vuoi svolgere una critica a questa situazione non puoi sottrarti pertanto a una critica piu’ generale al “sistema” capitalista cui essa appartiene ed entrare in una alternativa socialista. Ma in questa nostra citta’ (Imperia ndr.) non si vuole fare cio’: non ti sei lamentato per la polizia che assedia “la talpa e l’orologoo” ne’ per la chiusura inopinata del “camalli bar”. Eppure questi sono gli unici due tentativi (poco o punto riusciti) di una cultura davvero ALTERNATIVA al sistema, avvenuti storicamente. Un po’ poco, dopo tanti anni di PCI e anche di PSI. E’ in una cultura socialista, che riconosce differenze di classe sociali e non indistinti utenti, e solo in essa, che si puo’ rivendicare una non valorialita’ di certi beni e servizi (cultura, scuola, sanita’ trasporto persone) e quindi di un prezzo “politico” di essi, in cui la fiscalita’ generale e non il ticket individuale indifferenziato ne paga il costo (senza profitto). SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

LEOPARDI ERA SOCIALISTA?

La rilettura e la più corretta interpretazione del pensiero filosofico di Giacomo Leopardi evidenzia un suo modo preoccupato, molto preoccupato, di vedere lo stato della società e l’atteggiamento dei singoli. Leopardi ha la speranza in un miglioramento, in un cambiamento, in una visione non egoistica ma umana, rispettosa di valori che poi il socialismo sistematizzerà. Il servizio su Leopardi induce ad una riflessione sull’origine del suo pessimismo. La causa del suo pessimismo veniva attribuita dai commentatori agli effetti della sua condizione fisica sul carattere. Probabilmente si aggiungeva un fattore paraomosessuale di cui non si è mai parlato perché argomento tabu nelle scuole e non solo nelle scuole. Le sue passioni platoniche, irrealizzate, per donne e uomini dotti lo pone in una posizione di dubbio che autori recenti hanno commentato pur negandola (non avendo, però, elementi per farlo e, tuttavia, neanche per affermarlo). Il servizio (video) della chiara professoressa Mariangela Priarolo inserisce un nuovo elemento sulla visione pessimistica che potrebbe essere la constatazione dell’egoismo diffuso e, quindi, della poca speranza in un mondo solidale e diverso. La sua constatazione è all’interno di una convinzione filosofica, non è un commento incidentale. Credo che il suo pensiero e quello di Schopenhauer non siano assimilabili, così come ci dicevano a scuola, nel filone pessimista. Entrambi pessimisti si, ma, mi viene da pensare, non omogenei nell’origine delle convinzioni e quindi nelle cause del rispettivo pessimismo e del suo contenuto. Leopardi morì prima che fosse pubblicato il Manifesto nel 1840, quindi non direi che il socialismo di Leopardi sia collegabile al socialismo di Marx, ma piuttosto sia una visione solidaristica, non egoista e, in questo senso, socialistica. Mi rimetto a chi ne sa di filosofia per un commento migliore. Mauro Scarpellini Non posso che condividere il sevizio su Leopardi e il commento di Mauro Scarpellini.Purtroppo, per decenni, nelle scuole la narrazione principale che si è fatta del pensiero di Leopardi è quella di un irrimediabile pessimista: a causa della sua cagionevole salute e della sua vita solitaria, il poeta e filosofo di Recanati avrebbe costruito una filosofia del pessimismo, che addirittura scolasticamente veniva chiamato “pessimismo cosmico”.In verità non c’è nulla di più lontano dal pensiero del poeta, e fortunatamente negli ultimi anni si sta sostituendo questa interpretazione di Leopardi ad una più vera, più genuina, e soprattutto meno categorizzante: il pensiero del filosofo può sembrare disperato, ma solo perché alla costante ricerca della solidarietà, della comunione, dell’armonia. Il pessimismo non è altro che speranza, a volte disperata, ma mai vana. Leopardi era in realtà così ottimista da ricercare costantemente, attraverso la filosofia e l’arte poetica, la bellezza, la felicità, la comunione umana.Non stupisce che una delle ultime opere del pensatore fosse “La ginestra”, che ha per oggetto questo splendido fiore che fiorisce, potente nella sua fragilità, sulla pietra lavica del Vesuvio. La ginestra è simbolo di speranza: la speranza di una comunione degli uomini e di una lotta collettiva contro le cattiverie del mondo e della natura, la speranza che gli uomini, pur nella loro fragilità simile a quella della ginestra, riescano a combattere contro il destino, in una “socialista” fratellanza.Come ci ha ricordato Scarpellini, il socialismo di Leopardi non può di certo collegarsi al socialismo di Marx, pena una visione anacronistica del suo pensiero, ma è corretto parlarne se si ha a mente la ricerca leopardiana di una fratellanza sociale, di un villaggio felice nel giorno di festa. Professoressa Federica Burgo – docente di Storia e Filosofia e Vice Presidente dell’Associazione Terni Valley. SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

SE IL 2019 DOVEVA ESSERE UN ANNO BELLISSIMO FIGURIAMOCI IL 2020

  di Renato Costanzo Gatti – Socialismo XXI Lazio |   La situazione La crisi del 2007 non ha ancora cessato di mordere e, quel che è peggio, non abbiamo nessuna strategia per rivoltare la situazione; siamo il paese che da quella data ha già fatto registrare tre recessioni tecniche; il nostro PIL, unico in Europa, non ha ancora ricuperato i livelli registrati prima della crisi; la produttività è ferma da lustri in un momento storico che è caratterizzato dalla rivoluzione tecnologica 4.0; la conversione all’elettrico della produzione automobilistica ci vede in colpevole ritardo; la crisi dell’Ilva sta diventando drammatica e rischia di renderci schiavi dell’acciaio estero; la faccenda Alitalia sta volgendo alla sua definitiva scomparsa; le delocalizzazioni che avevano visto un rallentamento stanno riprendendo e noi continuiamo a inseguire un modello export-led che, per essere competitivo, vede l’azienda Italia puntare, con le poche meritevoli eccezioni, sul basso costo della mano d’opera, col duplice danno di deprimere i consumi interni e di non attivare l’incentivo all’innovazione tecnologica, effetto che gli economisti definiscono effetto Ricardo. Sul fronte internazionale il cielo è nuvoloso e minaccia turbolenze; i dazi, questo fattore di origine nazionalistica tornano a scatenare azioni e contro-azioni tra Stati Uniti e Cina, coinvolgendo nelle ripicche una debole ed inetta Europa; la crescita della Cina sta rallentando sensibilmente coinvolgendo tutti i paesi a vocazione mercantilista; la Germania, nostro più importante paese di sbocco per le nostre esportazioni, è entrata in una crisi seria, aggravata dalla situazioni della sua banca leader; il Quantitative easing, con tutte le critiche e riserve con cui l’abbiamo commentata, che pur dava un qualche sostegno all’economia europea, ha cessato di operare; le impredicibili conseguenze della Brexit sono elementi che rendono fosco il cielo dell’anno che sta per iniziare. Negli USA ritornanono i mutui subprime che hanno raggiunto i 45 miliardi di dollari, e naturalmente sono stati cartolarizzati. Le famiglie statunitensi sono soffocate da una montagna di debiti per pagare lo studio, la sanità, l’auto. Il 74% del credito è stato concesso al 90% meno abbiente. Ancora una volta l’economia statunitense si fonda sul debito, e ciò spesso prelude allo scoppio di bolle speculative con risultati devastanti. Dopo il 2007 nulla è cambiato nelle politiche atte a porre una diga a queste ricorrenti crisi, il povero Obama e il suo Frank-Dodd act, sono un ricordo travolto da Trump. Stiamo, impotenti, temendo che una nuova crisi più potente delle precedenti, più mondializzata, ci aspetti in tempi non lontani ma ineluttabili, portando tutto il globo in una stagnazione secolare. Ciò smentisce la posizione fatalistica di chi sostiene che la “ciclicità” sia un elemento insito nel capitalismo, per cui recessioni che seguono a crescita e sviluppo sono nella natura del capitalismo, come è sempre successo. Che il mercato, da solo, sia comunque in grado di risolvere queste situazioni di crisi, è una credenza che ormai non convince più nessuno; subentra un’altra convinzione, ovvero che i nostri figli staranno peggio di noi, e ciò si avvicina ad una dichiarazione di fallimento.    La strategia della Lega Di fronte a questa situazione la Lega rilancia la potenza degli animal spirits reclamando la non ingerenza dello stato negli affari economici ed utilizzando il messaggio berlusconiano del “meno tasse per tutti”. Questo della negatività delle tasse è ormai divenuto un mito, ovvero una verità indiscussa e indiscutibile accettata e propalata da tutti, anche dagli avversari politici, che anche quando contrastano le tesi della destra, partono dall’assunto che le tasse devono diminuire. E’ il tipico fenomeno del pensiero egemonico delle classi dirigenti che diviene “senso comune” diffuso non solo tra i subalterni ma anche tra gli avversari di classe: direzione e dominio. Questo senso comune è entrato anche nel linguaggio pubblicitario, avrete notato che spesso invece di annunciare che un certo prodotto gode di uno sconto, il messaggio è invece quello per cui “non vi facciamo pagare l’iva”, messaggio che oltre che falso conferma il mito egemone. Lo scenario proposto dalla destra riesuma i dazi, la sanatoria fiscale generalizzata, la contrattazione sindacale regionalizzata, la riconquista della sovranità monetaria, la difesa della piccola impresa, lo smantellamento della burocrazia ma soprattutto la flat-tax. Quantificando gli interventi previsti si arriverebbe ad un deficit pari a 50 miliardi di euro, da sanare con un condono fiscale. Sanatoria che, se funzionasse, funzionerebbe solo il primo anno, ma che tuttavia non mutrebbe il deficit strutturale e sarebbe chiaramente l’inizio dell’uscita dall’Europa. Se cerchiamo di delineare la visione della destra in fatto di economia, possiamo individuarlo nella ricerca della competitività puntando sulla piccola media impresa, che non ha nè la dimensione adatta a perseguire l’innovazione tecnologica, nè la cultura imprenditoriale per sopravvivere in un mondo globalizzato. L’unico elemento concorrenziale sarebbe nel basso costo della mano d’opera di cui ridurre il costo con continue svalutazioni della moneta sulla quale si è ricuperata la sovranità. La piccola e media impresa da molti indicata come la spina dorsale dell’azienda Italia, costituisce a mio modo di vedere un problema e non la soluzione di esso. La strategia della Lega, guidata più dalla ricerca di un consenso facile che da una visione ragionata del futuro del nostro paese, punta su ataviche paure del diverso ma soprattutto sull’individualismo bottegaio di quella piccola imprenditoria che basa la sua economia su bassi salari, evasione contributiva, flat-tax, fatturato in nero e svalutazioni competitive. La Lega con questa politica vede i consensi elettorali salire e mira a conquistare i “pieni poteri” alle prossime elezioni politiche. Ma non si rende conto che lo sviluppo tecnologico, sovrano nella rivoluzione 4.0, relega il modello economico perseguito dalla Lega alla marginalità, destinando il paese o al divenire una colonia di qualcuno degli stati-continente ormai strutturati, o alla progressiva autarchia.  La auspicabile strategia del mondo del lavoro. Il mondo del lavoro produttivo, ogettivamente in collisione con la finanziarizzazione dell’economia globale e con un capitalismo finanziario egemonico, si sta rendendo conto che i tempi sono maturi per costruire un vero Patto per il lavoro tra Cgil, Cisl e Uil e Confindustria. Riprendere «il Patto per la fabbrica», firmato …

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