ASSOCIAZIONE FALCHI ROSSI ITALIANI

L’Associazione Falchi Rossi Italiani (nota anche con l’acronimo AFRI) fu fondata per sviluppare un progetto culturale e aggregativo di tipo scoutistico rivolto ai giovani socialisti di età compresa tra gli 8 e i 14 anni. Nel 1949 il Movimento Giovanile di Socialista costituì l’Associazione Falchi Rossi Italiani che organizzava i ragazzi socialisti tra gli 8 e i 14 anni. L’inizio delle attività vere e proprie si collocano nell’estate del 1949 quando Luciano Borciani fu nominato responsabile nazionale per i Falchi Rossi e fu chiamato a Roma a dirigere il movimento. II 15 Agosto 1949 esce “Il Falco Rosso” bollettino interno dell’Associazione Falchi Rossi Italiani; un ciclostilato che mira a stringere sempre più i legami fra la base e il centro, a cui sono invitati a collaborare tutti i dirigenti provinciali con scambi d’idee, di esperienze di lavoro, d’indirizzi pedagogici ed educativi che diano la possibilità di fare del bollettino una vera e propria scuola di lavoro e di formazione. L’associazione raggiunse i 20.000 iscritti nell’aprile 1950. Il 1° giugno 1950, in occasione della Giornata Internazionale dell’Infanzia,si svolsero in molte città italiane delle manifestazioni organizzate unitariamente dai Falchi Rossi (socialisti) e dai Pionieri (comunisti). Giorgio Boccolari scrive di un’organizzazione scautistica che si rivolgeva ai ragazzi, ispirata oltre che agli ideali di Baden-Powell, ai principi della pace, della libertà e della giustizia sociale propri del PSI adulto. L’Associazione dei Falchi Rossi ebbe a Reggio, pur tra enormi difficoltà organizzative, un successo che proiettò l’AFRI locale al centro dell’interesse della direzione del PSI, a Roma. L’attività dei “falchetti” si snodava tra visite a monumenti, aziende agricole, officine, luoghi paesaggisticamente storicamente rilevanti (a piedi, in bicicletta o sul cassone degli sgangherati camioncini del tempo), doposcuola, attività ludiche ecc. Importantissimi erano i campeggi (il primo si svolse a Castelnuovo Monti (RE) nel 1949) con le passeggiate, i canti, i racconti partigiani la sera attorno ai falò. Ma al di là delle escursioni i falchetti si riunivano spesso all’interno delle sezioni socialiste. E i ragazzini vocianti non entusiasmavano gli anziani, con i loro cappelli a larga falda, gli abiti scuri e, almeno i più anziani, una morale ferrea. Per loro i bambini dovevano stare lontani dalla politica. Furono i giovani socialisti reggiani ad interessarsi invece con passione dei “giovanissimi”. Degni di ricordo sono le iniziative per la “Befana“, il “Carnevale del ragazzo”, il “trenino della pace” ai giardini pubblici, o la partecipazione al campeggio di Felina della “Repubblica dei ragazzi” organizzato dai Pionieri nell’estate del 1950. Memorabili gli incontri d calcio: quell’anno i falchetti batterono i ragazzini dell’Azione cattolica e dei Pionieri. Dal manuale “La Guida del Capo Stormo”: – Il movimento dei Falchi Rossi è un’organizzazione diretta dal Movimento Giovanile Socialista e che fa parte dell’organizzazione di tutti i Ragazzi Italiani che è l’Associazione Pionieri d’Italia (A.P.I.); – Il movimento dei Falchi Rossi si propone di organizzare i ragazzi e le bambine per dare loro una educazione nuova; nello stesso tempo si propone di contribuire all’unità di tutti i ragazzi e del nostro Paese; – Di organizzare attività sportive e giochi per tutti i ragazzi; – Di amare i lavoratori e di essere sempre d’aiuto agli oppressi e a coloro che più soffrono; – Di salvare la pace e amare la Patria che voglio libera e felice. Per saperne di più: «L’Associazione Falchi Rossi Italiani – Staccoli Castracane Costanza» SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

CONVEGNO REGIONALE SULL’AUTONOMIA REGIONALE DIFFERENZIATA

UMBERTIDE (PG) 11 FEBBRAIO 2023 Coordina i lavori l’Avv. Cesare Carini. Buongiorno e grazie a tutti per la partecipazione al convegno dedicato al disegno di legge, denominato disposizioni per l’attuazione dell’autonomia differenziata delle Regioni a Statuto Ordinario.    In primis, consentitemi di ringraziare le associazioni promotrici dell’evento, che vado sinteticamente a presentare.   Socialismo XXI: associazione che si propone di divulgare la storia del socialismo italiano e che, oggi, è impegnata, unitamente ad altri soggetti ed organizzazioni, alla costituzione di un nuovo soggetto d’ispirazione socialista–ecologista a livello nazionale.    Umbertide Partecipa: associazione che nasce come realtà civica nel 2017, partecipando alle elezioni comunali nel 2018, che ha continuato la sua iniziativa per una democrazia partecipata nell’interesse dell’intera comunità di Umbertide ed è attualmente impegnata, insieme ad altre forze del centro-sinistra, per la condivisione di un progetto, in vista delle prossime elezioni comunali. Movimento delle Idee e del fare: associazione che unisce varie esperienze civiche e politiche, collocate nell’area riformista-progressista-ecologista, che ha promosso varie iniziative, con particolare riferimento ai temi della sostenibilità socio ambientale ed energetica.   Circolo culturale Giorgio Casoli: associazione neocostituita intitolata a Giorgio Casoli, che si propone di ricordare la figura e del politico e giurista, già Sindaco di Perugia dal 1980 al 1987 e, al tempo stesso, di creare uno spazio aperto per la riflessione su temi e proposte d’interesse per i cittadini di Perugia e non solo.  Passo ora a presentare i relatori: Mauro Scarpellini, docente di materie giuridico-economiche e commercialista. Ha svolto numerosi incarichi nel corso della sua attività professionale, anche quale Sindaco e revisore di varie Società. È componente dell’Ufficio di Presidenza Nazionale di Socialismo XXI).   Margherita Raveraira, Professoressa Ordinaria di Istituzioni di Diritto Pubblico presso la Facoltà di Scienze Politiche dell’Università Perugia. Oltre ad essere stata Preside della Facoltà di Scienze politiche ha svolto numerosi incarichi nazionali, quale ad esempio, responsabile Nazionale del progetto PRIN 2003. Mauro Volpi, Professore Ordinario di Diritto Costituzionale presso la Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Perugia, è stato Direttore del Dipartimento di Diritto Pubblico della Facoltà di Giurisprudenza di Perugia, nonché membro laico del CSM. È anche componente del Direttivo Nazionale del Coordinamento per la democrazia costituzionale. Lucia Marinelli, insegnante, Segretaria Generale della Federazione UIL scuola Umbria. A seguire, avremo alcuni interventi programmati. Le conclusioni del convegno spetteranno ad Aldo Potenza. Relazione del Prof. Mauro Scarpellini PEGGIO DI COSI’ SAREBBE STATO DIFFICILE Noi siamo contro lo sgretolamento dell’unità nazionale. L’articolo 5 della Costituzione dice che “La Repubblica, una e indivisibile, riconosce e promuove le autonomie locali; attua nei servizi che dipendono dallo Stato il più ampio decentramento amministrativo; adegua i principî ed i metodi della sua legislazione alle esigenze dell’autonomia e del decentramento.”  Leggiamo le parole “decentramento amministrativo”, non leggiamo “decentramento per realizzare uno Stato quasi federale”. Non vado oltre sugli aspetti costituzionali perché lo faranno molto bene fra poco i miei Colleghi relatori subito dopo di me. Io vi trasferisco una ricostruzione storica,  osservazioni e considerazioni e non farò sconti ad alcuno. I Presidenti delle Giunte regionali dell’Umbria e delle Marche, Catiuscia Marini e Luca Ceriscioli il 12 luglio 2018 scrissero insieme una lettera al Presidente del Consiglio dei Ministri Giuseppe Conte iniziando il percorso istituzionale per una maggiore autonomia dal Governo centrale e dal Parlamento, seguendo l’articolo 116 della Costituzione, come modificato nel 2001 all’interno del Titolo V della stessa. I due Presidenti si adagiarono su una possibilità astratta di sviluppo autonomo dovuto a nuove autonomie conseguibili. Un po’ di storia occorre. La modifica del Titolo V della Costituzione fu votata da una maggioranza parlamentare nel 2001 composta da una coalizione di Ulivo, di Comunisti italiani, di Udeur. I partiti di centro-destra votarono contro perché erano all’opposizione ma, in effetti, vedevano legiferare un complesso di loro obiettivi che ora intendono realizzare avendo la maggioranza parlamentare. Il Governo in carica era guidato da Giuliano Amato, allora indipendente scelto dai DS. Quella maggioranza parlamentare modificò la Legge Costituzionale n. 3/2001 [riforma Titolo V della Costituzione (artt. 114–132 Cost.)] perché voleva seguire e inseguire la Lega Nord sul federalismo e sull’autonomia, sperando in un recupero elettorale a danno della Lega. Le materie erano quelle che allora la Lega sosteneva invocando anche e soprattutto la secessione dall’Italia. Insomma la Costituzione usata non affermare principi e valori ma per conquistare subito voti. Era il periodo anche di spinte di poteri forti che sostenevano che in Europa gli Stati erano superati come dimensione adatta allo sviluppo e occorreva passare alle economie regionali sviluppate, quindi la Catalogna fuori dalla Spagna, la Lombardia fuori dall’Italia e così proseguendo, che sarebbero state felici isole di sviluppo integrate tra loro. La maggioranza di allora fu rapita da questo contesto : inseguimento della Lega Nord e nuovo sviluppo neoliberista per aree e non per Stati. L’aver fatto quelle modifiche con la maggiore autonomia possibile ad alcune Regioni a statuto ordinario può influenzare e modificare tanto i principi di parità dei diritti di cittadinanza degli italiani quanto il godimento di alcuni fondamentali servizi pubblici nazionali, come, ad esempio, la scuola pubblica e la sanità in modo più evidente e grave. Ci sono utilità e disutilità nel maggiore decentramento di funzioni verso le Regioni. Il decentramento può avvicinare il governo locale ai cittadini, favorendo il controllo della spesa da parte dei cittadini stessi, per cui gli amministratori eletti si dovrebbero sentire più attenti e responsabili nelle scelte e nelle decisioni; questo in teoria. Al contrario la distribuzione di competenze può creare diseconomie di scala; può determinare forme di iniquità fra cittadini nel godimento di servizi sociali essenziali e incentivare un fenomeno conosciutissimo, quello della mobilità dei cittadini per ricevere le prestazioni sanitarie. Conosciamo bene il fenomeno dei pazienti che da determinate Regioni vanno a farsi curare in altre. Le Province di Bolzano e Trento e le Regioni Valle d’Aosta e Friuli Venezia Giulia hanno una media dei livelli pro-capite di spesa pubblica corrente ed in conto capitale che sono nettamente superiori alla media nazionale per il finanziamento di favore che hanno queste Regioni. E’ ciò ha fatto nascere un altro fenomeno …

SU UN GIORNALE DI OGGI: ATTACCO ALLA COSTITUZIONE!

Sembra che dopo aver dormito tanto tempo adesso qualcuno inizi a preoccuparsi. La Costituzione italiana da molto tempo, sia per la sedicente sinistra, sia per la destra è diventata moneta di scambio politico. E’ stato così quando per stabilire buoni rapporti con la Lega di Bossi il centro sinistra a guida PD modificò l’articolo 117 della Costituzione aprendo una stagione di conflitti tra Stato e Regioni. E’ così anche adesso quando un partito centralista come Fratelli d’Italia si rende disponibile ad approvare il disegno di legge, vera forzatura della Costituzione, sulla Autonomia Differenziata voluta dalla Lega, ma al prezzo di una modifica costituzionale in favore del presidenzialismo. Così la Costituzione che NON rappresenta uno “strumento per assicurare i poteri e stabilizzare i Governi, ma l’opposto, un patto dei governanti per dividere i poteri e assicurare i diritti, diventa un mercatino al servizio dei governi che si susseguono e che tradiscono “la natura storica e teorica che il costituzionalismo moderno aveva assegnato al contratto sociale.” Osserva acutamente Gaetano Azzariti “Politica e cultura sono attualmente accecate da un altro sole, quello della governabilità. Confusi dai riflessi di questa luce non vedono che si sta deteriorando il terreno su cui si legittima il loro stesso potere. Senza rappresentanza effettiva i poteri costituiti perdono la legittimazione a governare in nome del popolo.” Si invocano le riforme, ma non si discute della legge elettorale che assegna ad una ristretta oligarchia la rappresentanza parlamentare in modo che le riforme, anche quelle costituzionali rischiano di muoversi su un terreno opposto a quello democratico consolidando una deriva, già in atto da tempo, verso un regime autoritario. In questo clima in cui la politica ha rotto “ogni legame con la cultura assumendo il volto della arroganza” gli arruffa popolo continuano ad avere successo e la democrazia rischia di cadere in una stagione buia dove ogni avventura autoritaria è possibile. SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

I NEMICI DELLA COSTITUZIONE

Il tema delle riforme costituzionali entra nel vivo del dibattito politico. Lo avevamo previsto, all’indomani del voto del 25 settembre 2023 che ha consegnato alle destre il governo del Paese e alla luce del varo di una legge sulla cd. Autonomia Differenziata delle regioni a statuto ordinario. Se è sicuramente positivo coinvolgere tutte le forze politiche che siedono in Parlamento quando si tratta di modificare la nostra carta fondamentale, di certo le proposte di riforma in campo avviano una riflessione attenta in difesa della nostra Costituzione e dell’unita’ del nostro Paese. Le picconate alla  nostra costituzione in questi anni non sono mancate come sono innumerevoli i tentativi di riscrivere gli assetti istituzionali del nostro Paese dalla bicamerale alla riforma Renzi-Boschi, bocciata nel 2016 dagli italiani. Il dibattito non può ridursi essenzialmente tra due fronti contrapposti, tra “innovatori e conservatori“. Sarebbe riduttivo quando l’oggetto del contendere è la nostra Grundnorm. Semmai, il dibattito dovrebbe essere orientato su quelle modifiche necessarie per ammodernare il Paese senza smantellare quei pesi e contrappesi che i nostri padri costituenti avevano voluto nella Costituzione per evitare derive autoritarie e per preservare l’unità del nostro Stato. Elezione diretta del Presidente della Repubblica o del Premier, presidenzialismo, nuova forma di Stato o di Governo, sono solo alcuni dei mantra di una maggioranza politica divisa sui nuovi assetti istituzionali di cui dotare il nostro Paese. Meloni in realtà è preoccupata del suo alleato leghista che spinge verso  l’autonomia. Ma le riforme della Costituzione non possono essere sostenute da meri calcoli politici per i rischi che deriverebbero alla stabilità di una intera comunita’. Ogni riforma  non puo’ essere al di sopra della Costituzione  e dei suoi principi fondamentali. Si tratta di non mettere in discussione la nostra adesione ai valori costituzionali fondativi  di una identita’ democratica e di tenere unito il corpo sociale. La Costituzione è un insieme di valori, non il prodotto di compromessi. Il Presidenzialismo propugnato dalla maggioranza che governa il nostro Paese divide non unisce e comprime il nostro sistema parlamentare  fondato sul pluralismo dei partiti e sulla partecipazione politica attraverso la funzione legislativa. La nostra Costituzione non annulla le differenze o le distinzioni, ma le fa convivere esaltandole. Le riforme dirette a silenziare le nostre istituzioni non sono riforme, ma il tentativo non celato  di collocare una sola voce al comando di una intera comunita’ cancellando quelle differenze che rendono libero il confronto  e tuetalano l’idea di unità. L’idea  Presidenzialista delle destre, in particolare di FDI, si muove su due basi: il primo concentrare le decisioni nelle mani del Presidente ritenendo il parlamentarismo una zavorra per l’esecutivo; il secondo, concludere quel processo di personalizzazione della politica, inizato con Berlusconi e proseguito negli anni fino al M5S. Noi, ed io personalmente, credo nella centralita’ dei partiti, ma la politica italiana deve avere il coraggio, di fronte  a partiti sfibrati o padronali, di fare un salto di qualità. Come? Intanto attraverso la riforma del sistema elettorale in senso proporzionale con la doppia preferenza. La legge elettorale è fondamentale per selezionare la classe dirigente e per restituire idendita’ ai partiti. La mancanza di elementi identitari e’ la prima causa della volatilità e dell’astensionismo del corpo elettorale. Di qui si deve ripartire restituendo centralità ai partiti e al Parlamento, quale luogo di confronto libero e democratico , e di discussione. Il pluralismo, con le sue sane differenze, è il sale di una democrazia. Tocqueville soleva ripetere “il cechio feroce delle opinioni. Se ne sei messo fuori, la tua voce non contera’ piu’ niente”. Per avere un governo forte, e’ indispensabile introdurre lo strumento della sfiducia costruttiva, che consente all’esecutivo di andare avente nella pienezza delle sue funzioni, in attesa che il Parlamento sia in grado di votare la fiducia ad un nuovo governo. Il progetto “rifomista” della maggioranza di governo francamente e’ pericoloso perche’ non mette al riparo le istiuzioni da torsioni autoritarie e perchè cancella quei pesi e contrappesi pensati dai nostri Padri costituenti. La cultura dell’uomo solo al comando è viva nel nostro Paese. Non è caduta con la fine del fascismo! Dovremmo disfarci della nostra Costituzione in nome di una destra sovranista? Il tema è sen’altro delicato per il futuro della comunita’ nazionale. Ma sappiamo da che parte stare. Dalla parte della Liberta’ e dei Diritti. A sostegno della Democrazia e del Pluralismo. In difesa della Costituzione contro i suoi nemici. Intanto…Sono state raggiunte e superate le 50 mila firme a supporto del progetto di legge contro l’autonomia differenziata disegnata dal governo Meloni. Ieri erano 64.681. La proposta del Coordinamento per la Democrazia Costituzionale, presieduto da Massimo Villone, può essere adesso presentata in Parlamento. SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

“BRODOLINI DA UNA PARTE SOLA, DALLA PARTE DEI LAVORATORI”

“Giacomo Brodolini nel tempo attuale” Auditorium del Museo dell’Emigrazione marchigiana 4 maggio 2023 ore 10,00 Via Gregorio XII Recanati Presiede Tarcisio Tarquini Giornalista di “Rassegna sindacale” Saluti Antonio Bravi Sindaco di Recanati Il lavoro come fonte primaria dei diritti” Rino Giuliani Direzione Istituto Fernando Santi Comunicazioni “Brodolini da una parte sola, dalla parte dei lavoratori” Introduce Paolo Borioni storico, docente Università di Roma “La Sapienza” Intervengono: Giuseppe Santarelli Segretario generale CGIL Marche Luciano Vita Responsabile Marche socialismo XXI “Cambiamento del modello di mercato del lavoro e ruolo dello Stato” Introduce Andrea Borghesi Segretario generale nazionale Nidil Intervengono: Enrico Pedrelli Segretario nazionale FGS Camilla Piredda Coordinatrice nazionale UDU Rodolfo Ricci Segretario nazionale FIEI Roberto Vezzoso Presidente Istituto Fernando Santi Marche Conclusioni ore 13,30 Pierpaolo Cicalò presidente di Istituto Fernando Santi Segreteria organizzativa: Teobaldo Bianchini 3932778337  Istituto Fernando Santi Via Buonarroti n. 51 00185 Roma presidenza@istitutosanti.org ASSOCIAZIONE SOCIALISMO XXI MARCHE COORDINAMENTO PROVVISORIO Care compagne e cari compagni, l’Istituto Fernando Santi Nazionale ha promosso il convegno “ Brodolini nel tempo attuale” che si terrà il 4 maggio 2023 a Recanati città natale di Giacomo Brodolini. Con l’iniziativa di cui all’allegato programma, l’Istituto intende confrontare, nel presente, valori e impostazione del pensiero e dell’azione sindacale e politica di Giacomo Brodolini alla luce dell’accentuarsi delle disuguaglianze nel mercato del lavoro e alla necessità di contribuire a riproporre, dopo una stagione in controtendenza, la centralità del lavoro nei suoi diversi significati e implicazioni. Nel dibattito particolare attenzione sarà data al tema della regolamentazione del mondo del lavoro, dei lavori, che in questi anni è profondamente cambiato. Un sistema più regolato, inclusivo, unificante i diritti del lavoro, che riteniamo possa essere una opportunità per l’intero paese. L’Associazione politico culturale Socialismo XXI Secolo, coordinamento delle Marche, collabora alla migliore riuscita di questo importante evento, riconoscendosi nel compagno Giacomo Brodolini, quale mirabile esempio di vita politica e sindacale al fianco dei lavoratori e per il Socialismo. Per l’Istituto Santi, per la CGIL e per Socialismo XXI Secolo regionale Marche, sarebbe oltremodo gradita la vostra partecipazione a questa iniziativa, per la quale siete tutti formalmente invitati. Nell’augurarmi di vedervi a Recanati il prossimo 4 maggio, vi invio fraterni saluti . Luciano Vita, Coordinatore Regionale Marche SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

L’ETERNA GIOVENTU’. LA MIGLIORE STORIA DEI NOSTRI ULTIMI 130 ANNI

Nell’Atlante di Maurizio Maggiani. di Massimo Novelli – Il Fatto Quotidiano | Su fratelli, su compagne,/ su, venite in fitta schiera:/ sulla libera bandiera/ splende il sol dell’avvenir”. Così comincia il Canto o Inno dei Lavoratori, musicato dal maestro Amintore Galli e scritto dal leader socialista Filippo Turati. Fu eseguito per la prima volta a Milano il 27 marzo del 1886 nel salone del Consolato operaio in via Campo Lodigiano dalla Corale Donizetti. Emblema di più di un secolo di lotte delle lavoratrici e dei lavoratori, colonna sonora di tante feste del Primo Maggio, centotrent’anni fa venne dichiarato fuorilegge dalle autorità di polizia e ministeriali. In una nota del ministero dell’Interno, risalente al 28 dicembre 1893 e inviata al prefetto di Bologna, venivano richiamati infatti gli ordini di sequestro dell’Inno emessi “dalle autorità giudiziarie di Parma, Catania e Milano”, e si confermava che “è fuor di ogni dubbio che lo stampato dell’Inno dei Lavoratori debba sempre sequestrarsi”. Il canto “di quell’inno”, si aggiungeva, pertanto “debba ritenersi sovversivo e non solo non possa permettersi in pubblico, ma costituisca reato ai sensi degli articoli 246 e 247 del codice penale; per lo che si possa procedere in flagranza all’arresto dei colpevoli”. Centotrent’anni dopo quei fatti, in prossimità del Primo Maggio 2023 e visti i tempi grami che corrono, è doveroso rammentare il sequestro del canto di Galli e di Turati fra i pochi a ricordarsene, se non il solo, è stato un narratore che ha continuato in questi anni tristi a parlare di vite proletarie, di sfruttati e sfruttatori, di ideali: si tratta di Maurizio Maggiani. Lo ha fatto in un bel romanzo recente, L’eterna gioventù (Feltrinelli), che è un’epopea poetica, colma di nostalgie lancinanti, del “sol dell’avvenir.” Scrittore lontano anni luce dalle mode e dai modi di oggi, dai salotti delle televisioni dove furoreggia la barbarie e si autocelebrano i servi, Maggiani racconta in solitudine operosa storie di rivolta sociale, di legami dilibertà”, di utopie libertarie e socialiste. Soprattutto è l’unico a ricucire nelle sue opere il filo rosso che legale imprese dei garibaldini, dei mazziniani, degli anarchici, la nascita del movimento operaio, le repressioni sanguinose nell’Italia regia (i Fasci siciliani, l’insurrezione di Carrara e della Lunigiana nel 1894, le cannonate di Bava Beccaris nel 1898), con le battaglie del Novecento. Annoda nel filo rosso le ribellioni contro il militarismo e la guerra, l’occupazione delle fabbriche, gli arditi del popolo di Sarzana e di Parma contro i fascisti, la Resistenza, il luglio1960, il 1968 e l’Autunno caldo degli operai. Maggiani ci restituisce un’Italia, per ora di ieri e dell’altro ieri, che sembrerebbe un’anticaglia da baule dei nonni, o, perlomeno, così vorrebbero seppellirla per sempre. Era l’Italia del Primo Maggio, di festa e di lotta. Un’Italia di popolo, che si è battuta in un secolo e mezzo per ciò che l’Inno di Galli e Turati riassumeva nei suoi versi magari non eccelsi dal punto di vista letterario, come ammise lo stesso Turati, ma indubbiamente veri ed efficaci: “Il riscatto del lavoro/ dei suoi figli opra sarà: / o vivremo del lavoro/ o pugnando si morrà”. Quell’Italia, che sognava e magari sogna ancora il “sol dell’avvenir”. SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

PARTIGIANI: 650 MILA RESISTENTI INTERNATI NEI CAMPI NAZISTI

Nell’immagine di copertina Partigiani della Brigata Matteotti | La tragica vicenda degli Internati Militari Italiani (IMI) nei territori controllati dai nazisti ha inizio l’8 settembre 1943, giorno dell’armistizio sottoscritto dall’Italia con le Forze Alleate. I Militari italiani, catturati e disarmati dalle truppe tedesche in Francia, Grecia, Jugoslavia,  Albania, Polonia, Paesi Baltici, Russia e Italia stessa – perché Lo Stato Maggiore italiano e il Re Vittorio Emanuele III non diramarono ordini l’8 settembre 1943 su come comportarsi – appena fu comunicato l’armistizio firmato dall’Italia con gli angloamericani, caricati su carri bestiame, sono avviati a una destinazione che non conoscono: i lager del Terzo Reich, che erano sparsi un po’ dovunque in Europa, soprattutto in Germania, Austria e Polonia. Dopo un viaggio in condizioni disumane che dura anche diversi giorni, appena arrivato nel lager, il prigioniero viene immatricolato con un numero di identificazione che sostituirà il nome e che sarà inciso su una piastrina di riconoscimento accanto alla sigla del campo al quale è destinato. Tra le formalità d’ingresso ci sono anche la fotografia, l’impronta digitale, l’annotazione dei dati personali su appositi documenti di riconoscimento e la perquisizione personale e del bagaglio se ce l’ha. Sin dal primo momento, ai prigionieri, circa 650mila, viene chiesto con insistenti pressioni di continuare a combattere a fianco dei tedeschi o con i fascisti della Repubblica di Salò.  La maggior parte di loro si rifiuterà di collaborare e per la prima volta, con una scelta volontaria di coscienza, dice NO a qualsiasi forma di collaborazione, affrontando sofferenze e privazioni. In un primo tempo prigionieri di guerra, i militari italiani catturati, deportati e internati nei lager nazisti, il 20 settembre 1943 vengono definiti IMI – Internati Militari Italiani, con un provvedimento arbitrario di Hitler che li sottrae alle tutele previste dalla Convenzione di Ginevra del 1929, per destinarli come forza lavoro per l’economia bellica del Terzo Reich. Sempre per ordine del Führer, d’accordo con Mussolini,  gli IMI il 12 agosto 1944 cambiano nuovamente di status e vengono  trasformati in “lavoratori civili”, formalmente liberi. Decine di migliaia di IMI perdono la vita nel corso della prigionia per malattie, fame, stenti, uccisioni. Coloro che riescono a sopravvivere sono segnati per sempre. A  partire da febbraio del 1945, le avvisaglie del crollo ormai imminente della Germania sono preludio alla liberazione che avviene in momenti differenti, per lo più tra febbraio e i primi di maggio del 1945, man mano che le truppe inglesi, statunitensi, sovietiche avanzano e trovano campi pieni di prigionieri. Il rimpatrio, tuttavia, non è immediato e si svolge soprattutto nell’estate e nell’autunno 1945, da Germania, Francia, Balcani e Russia. Varcato il confine, gli IMI provenienti dalle regioni del Reich vengono solitamente dirottati verso Pescantina, nel veronese, dove è stato istituito un centro di smistamento e accoglienza e dove si organizzano i trasporti verso le destinazioni interne al paese, se possibile. Nell’Italia del primo dopoguerra la storia degli IMI è presto dimenticata. L’oblio è durato a lungo. Gli storici hanno cominciato ad occuparsi degli IMI solo dalla metà degli anni Ottanta: tardi, ma forse ancora in tempo per far conoscere questa pagina di storia e rendere il giusto omaggio ai «650 mila» che, con il loro sacrificio, contribuirono a portare la libertà e la democrazia nel nostro paese. Se costoro non avessero resistito alle pressioni per arruolarsi con i fascisti repubblichini di Salò, alleati e servi dei nazisti, sopportando sacrifici immensi, e avessero ceduto, arruolandosi, con la speranza di rientrare in Italia, come sarebbe andata la carneficina tra loro e i partigiani armati che agivano in Italia ? Quali ulteriori ferite tra italiani avremmo avuto ? Quanto altri morti ? Grazie eroi. Grazie a voi che opponeste un nobile e importantissimo rifiuto e grazie ai partigiani che agirono con le armi.   PARTIGIANI IN PATRIA La Fondazione CORPO VOLONTARI DELLA LIBERTA’ riferisce che sono state 703.716 le domande presentate alle preposte Commissioni statali e regionali per il riconoscimento della qualifica di PARTIGIANO durante la seconda guerra mondiale. Ci furono donne e uomini che agirono con le armi, poi soprattutto donne che agirono come staffette portaordini anche nelle città, poi civili insospettabili dal regime fascista che in vari modi – e a rischio della loro vita – passavano informazioni, prevenivano rastrellamenti, aiutavano e curavano i feriti, rifornivano di viveri, rubavano armi e munizioni per portarle ai partigiani, stampavano documenti falsi, nascondevano ebrei e antifascisti ricercati.   In diversi ruoli e gradi di impegno e di rischio molti italiani vollero riscattare l’infame avventura bellica nella quale il fascismo aveva portato l’Italia. Volevano riconquistare la libertà. W il giorno della Liberazione, 25 aprile 1945. SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

PER IL 25 APRILE E 1° MAGGIO

COMUNICATO | Il 25 Aprile e il 1° Maggio rappresentano i valori e il presupposto indispensabili per costruire una societa’ giusta e libera.Valori irrinunciabili, non negoziabili, sui quali non sussistono spazi per prese di posizione ideologiche. Queste due giornate rappresentano le fondamenta di uno Stato libero e democratico.Democrazia e Lavoro sono i presupposti indefettibili di uno Stato realmente civile e vanno tutelati sempre, senza tentennamenti. Ci impegniamo a proseguire nella difesa di questi valori e a proseguire con forza nel percorso che ci vede impegnati al Tavolo Nazionale di Concertazione con l’auspicio di traguardare l’obiettivo con tutti coloro che condividono la prospettiva di costruire in Italia una nuova entita’ politica di ispirazione socialista che tuteli e garantisca diritti, liberta’ e lavoro. Area Costituente verso il Partito del Lavoro Domani Socialista Socialismo XXI SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

TAVOLO DI CONCERTAZIONE

COMUNICATO STAMPA | Si e’ svolto a Roma il 20 aprile 2023 presso la Fondazione Buozzi il terzo incontro del Tavolo Nazionale di Concertazione.I soggetti politici presenti hanno confermato la volonta’ di proseguire la discussione e il confronto verso il raggiungimento del comune obiettivo di costruire una nuova entita’ politica in Italia di ispirazione socialista che metta al centro dell’ azione politica i grandi temi del lavoro, della sanita’, della scuola, dell’ambiente e della giustizia sociale.Si e’ concordato altresi’ di elaborare comunicati congiunti per le ricorrenze del 25 aprile e dell’ 1 maggio. Area costituente verso il Partito del Lavoro Domani Socialista Socialismo XXI SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

NO AL FAR WEST CONTRATTUALE, SI ALLO SVILUPPO CONCERTATO DI UNA BUONA OCCUPAZIONE

A febbraio di quest’anno, l’ISTAT ci comunica che i lavoratori dipendenti sono 18.315.000, gli autonomi (liberi professionisti, artigiani, esercenti, operatori in proprio) sono 4.995.000 per un totale di occupati al lavoro di 23.310.000 unità lavorative, pari al 61,50% della popolazione in età di lavoro (15/64 anni  l’età che ISTAT prende in esame). Due punti percentuali in piu’ rispetto al 2019, ma questo tasso di attività lavorativa dell’Italia è fra i piu’ bassi nell’Unione Europea, 10 punti percentuali in meno rispetto alla media europea, ci collochiamo al penultimo posto in quanto ci supera in peggio solo la Grecia. Ben 13 Paesi, prevalentemente nordici, ma anche qualcuno dell’Europa orientale già appartenente al Patto di Varsavia, registrano un tasso di attività tra il 77,8 % dei Paesi Bassi ed il 70 %di Cipro. Persino Paesi economicamente poveri come Bulgaria e Romania, con condizioni lavorative difficili, ci superano in questa classifica. L’Italia è anche il Paese con le maggiori disparità tra le situazioni delle singole Regioni con le Regioni settentrionali ai primi posti e quelle meridionali agli ultimi. Si passa dal 67,5% del Nord-Est e dal 65,9 % del Nord-Ovest al 62,7 % del Centro Italia ed al 44.6 % del Mezzogiorno e 43,7 % delle Isole. La Campania è la regione europea con il piu’ basso tasso in assoluto di occupazione. Il tasso di disoccupazione è sceso a fine 2022 (dati Istat) al 7,8 % non molto lontano dal tasso medio europeo, ma esso non è però l’unico indicatore della situazione lavorativa da prendere in esame per capire (e tentare di risolvere) determinate gravi contraddizioni che caratterizzano il nostro mercato del lavoro. La disoccupazione riguarda solo la parte della popolazione considerata da ISTAT in età lavorativa che non ha un impiego ma che lo sta attivamente cercando o richiedendo. Ma ci sono anche coloro che non lo cercano: sono certamente giustificabili quando si tratta di inabili, di non autosufficienti, di infermi e malati cronici  ma vi sono anche coloro, che le statistiche chiamano gli inattivi, che potrebbero lavorare, ma non cercano un impiego e ciò non è affatto giustificabile. La prima contraddizione è evidenziata da un importo studio dell’Università di Roma Tor Vergata che ci dice che a fronte di 18.315.000 lavoratori dipendenti e 4.995.000 c.d. autonomi (liberi professionisti, artigiani, esercenti, operatori in proprio, p.iva a progetto) vi sono (o si stimano) 3.600.000 unità di lavoro equivalenti a tempo pieno (2,6 mln di dipendenti e 1 mln circa di autonomi) che compongono la piaga del “sommerso” che non appare, un lavoro spesso sottopagato, non continuativo perché spesso occasionale. Se esso, grazie ad una seria e continuata attività di controllo, di accertamento e di regolarizzazione, fosse in buona parte reso regolare aumenterebbe il tasso statistico della occupazione ma anche quello delle statistiche salariali, nelle quali appare che la retribuzione media italiana è anch’essa fra le piu’ basse d’Europa. Diciamo in buona parte perché sarebbe difficile “regolarizzare” certe attività “in nero” in quanto spesso illegali. La seconda contraddizione risiede nel fatto, a cui Organizzazioni datoriali, l’Agenzia statale per le Politiche attive del lavoro, Centri per l’impiego ed il Ministero del Lavoro non sanno dare una risposta plausibile, che – a fronte di questa disastrosa situazione della occupazione –  vi sono nel contempo  continue richieste di personale da parte di imprese non solo nel settore industriale – in gran parte allocato al Nord – ma anche in edilizia, in agricoltura, nel commercio al dettaglio, nel turismo, nelle attività alberghiere e della ristorazione e dei pubblici esercizi, nei settori dell’assistenza alle persone e della collaborazione alle famiglie. In questi settori spesso la domanda di lavoro delle aziende è parzialmente soddisfatta dalle disponibilità di impiego da parte degli immigrati. Perché altrettanta domanda non puo’ essere soddisfatta da una offerta di cittadini italiani, in particolare giovani e donne, settori nei  quali la % di disoccupazione è piu’ alta della media? Spesso si sente rispondere da commentatori e politici disattenti o non a conoscenza delle situazioni, che il problema risiede nella scarsa ed inefficace attività di formazione professionale. Ciò riguarda solo una piccola parte delle attività che prima sono state elencate perché nei settori sopra indicati  sono prevalentemente presenti mansioni lavorative semplici che non richiedono particolari forme di addestramento professionale e tanto meno di preparazione tecnico-scientifica. E’ vero che aziende industriali sono alla incessante  ricerca – in questa fase di ripresa produttiva – di tecnici, di operai specializzati e qualificati, di progettisti, di operatori informatici e di manutentori di macchine utensili sempre piu’ sofisticate, ma vi sono in numero largamente maggiore – in particolare in agricoltura e nel vasto e variegato mondo del  terziario- richieste di personale generico e per mansioni che non richiedono particolari esperienze e conoscenze. Certo, sappiamo bene che, spesso, detti lavori sono rifiutati a causa di un trattamento contrattuale poco soddisfacente, molte volte non in regola con il CCNL di settore. In particolare nelle piccole e microimprese sempre piu’ diffuse, questi lavori definiti “poveri” sono spesso sottopagati e non regolarmente inquadrati nella dovuta qualifica retributiva. Controlli, verifiche e perseguimento delle violazioni sono compiti che dovrebbero impegnare gli Uffici pubblici preposti e i Sindacati anche per mettere fine ad una piaga rappresentata dalla presenza di organizzazioni padronali e sindacali “farlocche” che stabiliscono tra loro contratti di lavoro “pirati” con condizioni normative e salariali largamente inferiori a quelli negoziati dai sindacati storici confederali. Appare perciò non più rinviabile una legge sulla rappresentanza e titolarità contrattuale (come vigente nel pubblico impiego) che potrebbe garantire ai contratti nazionali e di 2° livello sottoscritti  dalle organizzazioni maggiormente rappresentative una loro validazione “erga omnes” in via di fatto se non di diritto. Si registrano pure in determinati settori con una presenza sindacale debole lunghi ritardi temporali nel rinnovo dei CCNL e l’assenza di una contrattazione integrativa a livello aziendale o territoriale, come era stato previsto dal noto patto sociale del 23/7/1993 con il Governo Ciampi. Il tutto concorre a realizzare una miscela di insoddisfazione profonda per una condizione lavorativa negativa che porta molti disoccupati a rifiutare l’offerta di lavoro, una situazione negativa che determina  anche una concorrenza sleale da parte di …