LA DEMOCRAZIA NON PUÒ ASPETTARE
di Felice Besostri | Contrastare il furto di democrazia fatto dalla famigerata legge Delrio, la n. 56/2014, è possibile cominciando dalle Città metropolitane con più di tre milioni di abitanti, che sono appena 3, Roma, Milano e Napoli e hanno norme speciali. Si dovevano abolire le Province, un vecchio pallino dei repubblicani del PRI, che pure nella legge costituzionale n.3/2001 erano state individuate nell’art. 114 Cost. come parte costitutiva della Repubblica, al pari dei Comuni, delle Città metropolitane, delle Regioni e dello Stato, invece è stato abrogato il voto universale e diretto, che il fondamento della democrazia rappresentativa. L’esperimento è riuscito: una totale assenza di reazioni. Tanto che nel 2015 con la deforma costituzionale Renzi-Boschi si aboliva l’elezione con voto universale e diretto, come previsto dall’art. 58.1 Cost del Senato della Repubblica e dall’art.56.1 per la Camera dei deputati. La legge n.270/2005, conosciuta come Porcellum, per Camera e Senato accompagnava la revisione costituzionale di Berlusconi, bocciata dal popolo italiano nel 2006. La legge elettorale n. 52/2015, detta Italicum, era solo per la Camera dei deputati, la bocciatura della deforma costituzionale nel referendum del 4 dicembre 2016, anticipò di pochi mesi la sentenza costituzionale n. 35/2017, che dichiarò incostituzionali parti essenziali e qualificanti della legge elettorale. Il legislatore, invece,di recepire la lezione della Corte costituzionale approvò una terza legge elettorale, la peggiore di tutte, cioè la n. 165/2017, chiamata Rosatellum, come fosse un buon vino, invece è una pessima legge. Anche la legge di revisione costituzione, approvata stavolta dal 66% degli elettori ha contribuito ad aggravare gli effetti distorsivi della legge elettorale. La famigerata (perché famigerata lo si capirà continuando la lettura) legge Delrio, la n. 56/2014 è entrata in vigore il giorno 8 aprile 2014, dunque nove anni orsono: un periodo non breve nel quale non è successo nulla. Mentre a livello politico è successo di tutto, a cominciare da un partito che, proprio nel 2014 non è riuscito ad entrare nel Parlamento europeo, perché sotto la soglia nazionale del 4% e che con le elezioni di Settembre 2022 è il primo partito italiano, che esprime la prima donna Presidente del Consiglio dei Ministri della storia repubblicana. In questi anni sono sorti nuovi astri, o piuttosto comete, già tramontati o, comunque, scomparsi dall’orizzonte o dalla volta celeste, sempre nel 2014 le elezioni europee, in termini percentuali, 40,81%, erano state vinte da Renzi e da un PD costituito a sua immagine e somiglianza, che non lo salvò dalla pesante sconfitta al referendum costituzionale del 4 dicembre 2016. Nuovo giro di giostra alle elezioni del 2018 salgono sul cavallo i M5S, i cosiddetti grillini, primo partito con 10.945.411 voti e il 32,68%, ma la festa dura poco perché alle elezioni europee del 2019 il primato passa alla Lega di Salvini con 9.175.208 voti e il 34,26%. Il girotondo si chiude provvisoriamente, appunto con le elezioni 2022 con Fratelli d’Italia nella circoscrizione Italia al 26% e 7.302.517 voti +297.965 in Val d’Aosta e Circoscrizione Estero con gli alleati del CDX. I prossimi appuntamenti elettorali sono le europee del 2024 con una legge italiana, che da tempo avrebbe dovuto essere rimessa alla Corte di Giustizia UE perché riconosce un trattamento speciale a solo tre minoranze linguistiche individuate nel 1979, cioè 44 anni fa, quando non era ancora stata data attuazione all’art. 6 Cost. con l’approvazione della legge n. 482/1999, di cui sono stato il relatore nella XIII legislatura (1966-2001), che ne ha tutelate 12 delle quali almeno tre più consistenti della lingua tedesca nella provincia di Bolzano, la maggiore delle tre riconosciute dalla legge elettorale europea, e molte altre superiori allo sloveno del Friuli-Venezia Giulia, una soglia d’accesso del 4%, più alta del 3% delle elezioni nazionali 2018 e 2022 e stabilita prima dell’entrata in vigore del trattato di Lisbona, che ha cambiato la natura del Parlamento europeo[1] il 1° dicembre 2009 e non rideterminata in una percentuale variabile tra il 2 e il 5 per cento con l’osservanza dell’art. 72 c. 4 Cost. come richiesto anche dall’art. 223 par. 1 TFUE. Tuttavia la democrazia ha bisogno di proposte concrete, comprensibili e fattibili. La legge 56/2014 all’art. 1 c. 19 stabilisce che “Il sindaco metropolitano è di diritto il sindaco del comune capoluogo”, che è stato inteso come necessità d’urgenza di far fare al sindaco del comune capoluogo il sindaco metropolitano per avviare il procedimento, ma vale anche il contrario, che a regime il sindaco metropolitano dovrebbe, essere il sindaco del comune capoluogo, in fin dei conti un sindaco, che a confronto di quelli di Londra, Parigi, Berlino e Madrid, avrebbe una dimensione ridotta. Di fatto i sindaci della Milano ridotta si sono disinteressata della Città Metropolitana, come fosse una perdita di tempo e di prestigio, che non dava nessuna visibilità, quando, invece, è l’ottica metropolitana una dimensione minima necessaria. Lo si è visto nella recente questione del nuovo stadio di Milan e Inter, tutti concentrati su San Siro, quando sono entrati in gioco Sesto San Giovanni e Rozzano e l’area di Lampugnano, che fa parte del Parco Sud, che è una dimensione addirittura regionale. Alla luce della sentenza n. 48/2021 della Corte costituzionale è intollerabile che si possa arrivare alle prossime elezioni municipali, con un sindaco metropolitano, che sia eletto dai soli cittadini del Comune di Milano, che sono una minoranza, per di più in calo partecipativo. Le recenti elezioni regionali di Lazio e Lombardia hanno dato un segnale forte dell’insoddisfazione dei cittadini con un’astensione, che ha raggiunto il 60%. Nel 2021 la partecipazione alle elezioni milanesi è stata del 47,7%, siamo sotto al 50% degli aventi diritto. Il Sindaco Sala, anche se al secondo e ultimo mandato, si posto degli interrogativi? O è come Fontana che si gloria del 54% dei consensi, quando il 49,50 % della prima elezione del 2018 era sì sotto il 50%, ma un milione di voti in più. Alle elezioni del 3-4 ottobre 2021 Sala dei Verdi viene rieletto per un secondo mandato al primo turno, avendo conquistato il 57,73%, corrispondente a 277.478 voti, ben 350.213 …