LA DEMOCRAZIA NON PUÒ ASPETTARE

di Felice Besostri | Contrastare il furto di democrazia fatto dalla famigerata legge Delrio, la n. 56/2014, è possibile cominciando dalle Città metropolitane con più di tre milioni di abitanti, che sono appena 3, Roma, Milano e Napoli e hanno norme speciali. Si dovevano abolire le Province, un vecchio pallino dei repubblicani del PRI, che pure nella legge costituzionale n.3/2001 erano state individuate nell’art. 114 Cost. come parte costitutiva della Repubblica, al pari dei Comuni, delle Città metropolitane, delle Regioni e dello Stato, invece è stato abrogato il voto universale e diretto, che il fondamento della democrazia rappresentativa. L’esperimento è riuscito: una totale assenza di reazioni. Tanto che nel 2015 con la deforma costituzionale Renzi-Boschi si aboliva l’elezione con voto universale e diretto, come previsto dall’art. 58.1 Cost del Senato della Repubblica e dall’art.56.1 per la Camera dei deputati. La legge n.270/2005, conosciuta come Porcellum, per Camera e Senato accompagnava la revisione costituzionale di Berlusconi, bocciata dal popolo italiano nel 2006. La legge elettorale n. 52/2015, detta Italicum, era solo per la Camera dei deputati, la bocciatura della deforma costituzionale nel referendum del 4 dicembre 2016, anticipò di pochi mesi la sentenza costituzionale n. 35/2017, che dichiarò incostituzionali parti essenziali e qualificanti della legge elettorale. Il legislatore, invece,di recepire la lezione della Corte costituzionale approvò una terza legge elettorale, la peggiore di tutte, cioè la n. 165/2017, chiamata Rosatellum, come fosse un buon vino, invece è una pessima legge. Anche la legge di revisione costituzione, approvata stavolta dal 66% degli elettori ha contribuito ad aggravare gli effetti distorsivi della legge elettorale. La famigerata (perché famigerata lo si capirà continuando la lettura) legge Delrio, la n. 56/2014 è entrata in vigore il giorno 8 aprile 2014, dunque nove anni orsono: un periodo non breve nel quale non è successo nulla. Mentre a livello politico è successo di tutto, a cominciare da un partito che, proprio nel 2014 non è riuscito ad entrare nel Parlamento europeo, perché sotto la soglia nazionale del 4% e che con le elezioni di Settembre 2022 è il primo partito italiano, che esprime la prima donna Presidente del Consiglio dei Ministri della storia repubblicana. In questi anni sono sorti nuovi astri, o piuttosto comete, già tramontati o, comunque, scomparsi dall’orizzonte o dalla volta celeste, sempre nel 2014 le elezioni europee, in termini percentuali, 40,81%, erano state vinte da Renzi e da un PD costituito a sua immagine e somiglianza, che non lo salvò dalla pesante sconfitta al referendum costituzionale del 4 dicembre 2016. Nuovo giro di giostra alle elezioni del 2018 salgono sul cavallo i M5S, i cosiddetti grillini, primo partito con 10.945.411 voti e il 32,68%, ma la festa dura poco perché alle elezioni europee del 2019 il primato passa alla Lega di Salvini con 9.175.208 voti e il 34,26%. Il girotondo si chiude provvisoriamente, appunto con le elezioni 2022 con Fratelli d’Italia nella circoscrizione Italia al 26% e 7.302.517 voti +297.965 in Val d’Aosta e Circoscrizione Estero con gli alleati del CDX. I prossimi appuntamenti elettorali sono le europee del 2024 con una legge italiana, che da tempo avrebbe dovuto essere rimessa alla Corte di Giustizia UE perché riconosce un trattamento speciale a solo tre minoranze linguistiche individuate nel 1979, cioè 44 anni fa, quando non era ancora stata data attuazione all’art. 6 Cost. con l’approvazione della legge n. 482/1999, di cui sono stato il relatore nella XIII legislatura (1966-2001), che ne ha tutelate 12 delle quali almeno tre più consistenti della lingua tedesca nella provincia di Bolzano, la maggiore delle tre riconosciute dalla legge elettorale europea, e molte altre superiori allo sloveno del Friuli-Venezia Giulia, una soglia d’accesso del 4%, più alta del 3% delle elezioni nazionali 2018 e 2022 e stabilita prima dell’entrata in vigore del trattato di Lisbona, che ha cambiato la natura del Parlamento europeo[1] il 1° dicembre 2009 e non rideterminata in una percentuale variabile tra il 2 e il 5 per cento con l’osservanza dell’art. 72 c. 4 Cost. come richiesto anche dall’art. 223 par. 1 TFUE. Tuttavia la democrazia ha bisogno di proposte concrete, comprensibili e fattibili. La legge 56/2014 all’art. 1 c. 19 stabilisce che “Il sindaco metropolitano è di diritto il sindaco del comune capoluogo”, che è stato inteso come necessità d’urgenza di far fare al sindaco del comune capoluogo il sindaco metropolitano per avviare il procedimento, ma vale anche il contrario, che a regime il sindaco metropolitano dovrebbe, essere il sindaco del comune capoluogo, in fin dei conti un sindaco, che a confronto di quelli di Londra, Parigi, Berlino e Madrid, avrebbe una dimensione ridotta. Di fatto i sindaci della Milano ridotta si sono disinteressata della Città Metropolitana, come fosse una perdita di tempo e di prestigio, che non dava nessuna visibilità, quando, invece, è l’ottica metropolitana una dimensione minima necessaria. Lo si è visto nella recente questione del nuovo stadio di Milan e Inter, tutti concentrati su San Siro, quando sono entrati in gioco Sesto San Giovanni e Rozzano e l’area di Lampugnano, che fa parte del Parco Sud, che è una dimensione addirittura regionale. Alla luce della sentenza n. 48/2021 della Corte costituzionale è intollerabile che si possa arrivare alle prossime elezioni municipali, con un sindaco metropolitano, che sia eletto dai soli cittadini del Comune di Milano, che sono una minoranza, per di più in calo partecipativo. Le recenti elezioni regionali di Lazio e Lombardia hanno dato un segnale forte dell’insoddisfazione dei cittadini con un’astensione, che ha raggiunto il 60%. Nel 2021 la partecipazione alle elezioni milanesi è stata del 47,7%, siamo sotto al 50% degli aventi diritto. Il Sindaco Sala, anche se al secondo e ultimo mandato, si posto degli interrogativi? O è come Fontana che si gloria del 54% dei consensi, quando il 49,50 % della prima elezione del 2018 era sì sotto il 50%, ma un milione di voti in più. Alle elezioni del 3-4 ottobre 2021 Sala dei Verdi viene rieletto per un secondo mandato al primo turno, avendo conquistato il 57,73%, corrispondente a 277.478 voti, ben 350.213 …

LA LEZIONE FRANCESE, LA SINISTRA ITALIANA E LA PAROLA PROIBITA

di Vito Fiorino – giornalista, già membro del coordinamento nazionale della Costituente Nazionale Pse. | Intervista a Daniele Delbene, testimone diretto della grande mobilitazione a Parigi del 28 marzo. Riflessioni su un pensiero nuovo che ancora non c’è. Daniele Delbene, già presidente della Costituente nazionale Pse e membro del Tavolo Nazionale di Concertazione del Socialismo italiano. La protesta francese contro la riforma delle pensioni in questi giorni è al centro del dibattito politico italiano e internazionale. Tu sei stato presente a Parigi, durante la grande manifestazione del 28 marzo, cosa hai visto? “Ero a Parigi e ho colto l’occasione per partecipare e cercare di comprendere le ragioni profonde che hanno spinto milioni di francesi a scendere in piazza. E ho voluto portare, per quel che può rappresentare, un segno di solidarietà. Solidarietà non tanto nel merito delle ragioni contro una riforma che conosciamo poco, quanto verso la necessità di rivedere un modello di società che la politica e le istituzioni hanno perseguito negli ultimi 30-40 anni”. Spiegati meglio. “Negli ultimi decenni, il mondo è stato governato dagli interessi della finanza e dell’economia finanziaria e gli uomini sono stati lo strumento per garantire il sistema. I governi, le forze politiche e la stessa sinistra hanno limitato la loro azione e la loro visione nel mantenere in equilibrio questo sistema perdendo di vista l’essere umano”. Dalle cronache dei principali quotidiani italiani si racconta di scontri, anche violenti, e di una forte tensione sociale, quale è stata la tua percezione. “Premetto che per natura sono sempre stato scettico nei confronti di certi movimentismi di piazza che hanno caratterizzato la sinistra negli ultimi decenni. Leggendo i giornali sono rimasto meravigliato. E’ stata rappresentata una situazione completamente differente da quella che ho vissuto. Non ho visto cassonetti incendiati, odio e violenza. Vi saranno stati, ma si sarà trattato di episodi marginali e al di fuori dalla grande manifestazione organizzata dai maggiori sindacati francesi. Al contrario ho visto una grande partecipazione sentita e ordinata e ho vissuto un clima di entusiasmo da parte di un popolo che voleva manifestare le proprie ragioni. In centinaia mi hanno ringraziato per il gesto di solidarietà e ho trovato tantissimi francesi che si presentavano come socialisti e socialdemocratici”. Perché è stata raccontata una Francia differente? “In questi ultimi anni chi ha manifestato contro i cambiamenti climatici e per i diritti civili, in particolar modo quelli legati alle rivendicazioni di genere, è stato rappresentato come un eroe; al contrario, ogni qual volta al centro vi erano rivendicazioni socio-economiche, veniva dipinta una realtà negativa e violenta”. Per quale motivo secondo te? “Evidentemente è meglio concentrare le energie dei giovani e le spinte per la ricerca di una società più giusta sulla lotta ai cambiamenti climatici e su questioni che non vanno direttamente a mettere in discussione il sistema che governa il mondo. La giustizia sociale e la redistribuzione della ricchezza rappresentano al contrario un grande pericolo per i grandi gruppi finanziari e per quelle poche decine di famiglie che controllano il mondo. Quello che sta avvenendo è quello che ha segnato la sinistra in Italia e in Europa nel passato recente. Le organizzazioni politiche di sinistra si sono concentrate sui diritti civili, sulle questioni di genere, sul clima, perdendo di vista la questione sociale. Il progresso va inteso come realizzazione di una società sempre più giusta che permetta a tutti gli uomini di godere delle opportunità e dei piaceri che la vita offre. Come sappiamo bene, possiamo scrivere su carta i diritti più belli del mondo, ma se gli uomini non hanno le risorse economiche e il tempo per attuarli, per farli rispettare e per viverli, rimangono i diritti dei soli pochi che hanno queste possibilità”. In che modo la protesta francese può aiutare a leggere con occhi diversi anche il contesto italiano. “Io credo che quello che sta avvenendo in Francia, come ho già detto, vada letto oltre la mera protesta contro la riforma delle pensioni. C’è bisogno di porre con forza la necessità della costruzione di un nuovo modello di società. Quindi, la questione che anche in Italia come in tutta Europa deve essere posta, è come redistribuire meglio la ricchezza in una società che grazie all’informatica, alla tecnologia e alla robotica vede e vedrà sempre più ridurre la necessità di forza lavoro”. Come si può realizzare questo? “Facendo lavorare tutti un po’ meno a parità di salario. Quindi meno ore lavorative settimanali e meno anni di lavoro”. Ci vogliono le risorse.. “Diciamo che va redistribuita meglio la ricchezza con politiche (nell’immediato) perlomeno a livello europeo e in un domani, auspichiamo prossimo, con regole comuni a livello mondiale. Inoltre devono essere spese meglio le risorse attualmente disponibili. E’ meglio garantire il reddito di cittadinanza e i sussidi di disoccupazione ai giovani che hanno energie, voglia di mettersi in gioco e una vita da costruirsi o far lavorare chi dopo una vita di sacrifici avrebbe diritto a potersi riposare e a godersi le opportunità che la vita gli offre? Anche qui, evidentemente, a qualcuno giova che la vita della maggioranza degli uomini sia segnata da incertezze, mancanza di tempo libero e preoccupazioni, perché così c’è meno tempo per pensare, partecipare e mettere in discussione il sistema attuale”. Quindi, un nuovo ragionamento politico serio a sinistra non può permettersi di liquidare con superficialità il caso francese. “Quello che sta avvenendo in Francia va colto e deve rappresentare punto di svolta per la sinistra in tutta Europa. Bisogna ripartire dalla questione sociale, e su questo il sindacato può avere un grande ruolo ma anche una grande responsabilità nel saper trasmettere e rappresentare una necessità profonda. La sinistra e la politica devono saper cogliere la sfida e immaginare un nuovo modello di società per il futuro”. Cosa è mancato nel dibattito a sinistra in Italia negli ultimi anni. “E’ mancata la sinistra e per sinistra intendo la capacità di sognare e realizzare un mondo migliore. Da una parte la sinistra non ha fatto altro che governare il presente senza capacità di sognare un …

TAVOLO DI CONCERTAZIONE

COMUNICATO STAMPA Si è costituito a Roma oggi 25 marzo 2023 il TAVOLO NAZIONALE DI CONCERTAZIONE con il precipuo fine di costruire un nuovo soggetto politico di ispirazione socialista, percorso che prevede incontri, dibattiti, iniziative pubbliche, finalizzati alla nascita di un grande partito della sinistra in Italia. L’obiettivo comune è quello di provare a costruire una realta’ per il Socialismo in Italia, aperta e inclusiva, che racchiuda in un’unica prospettiva lavoro, giustizia sociale, ecologia. I Firmatari SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

SOVVERSIVI IN TRATTORIA

Alle origini delle nostre comuni Radici Socialiste!La foto qui riportata è relativa all’osteria E Parlamintè di Imola, frequentata a quei tempi da Andrea Costa e altri compagni imolesi Socialisti che, da lì a qualche anno fonderanno, nel 1892, il Partito dei Lavoratori italiani, diventato PSI nel 1894.Nella stessa osteria ci trovavamo noi, allora giovani compagni delle FGCI negli anni ’70 e ’80 del secolo scorso. Daniele Scarpetti – Socialismo XXI Emilia Romagna Bologna, novembre 1871. Sono trascorsi pochi mesi dalla fine della Comune di Parigi, incredibile esperienza rivoluzionaria il cui eco risuona in tutta Europa. In una sala della trattoria-albergo Tre zucchette si riuniscono, nascosti da una coltre di fumo e dal chiacchiericcio degli avventori, un gruppo di sovversivi formato da ex garibaldini di ritorno dalla campagna di Francia e da giovani delusi dal Risorgimento in cerca di nuove idee rivoluzionarie. L’AUTORITÀ PUBBLICA sosterrà che il gruppo clandestino è composto da «un esercito di cosmopoliti, reclutato nei bassifondi dell’ignoranza» che «combatte con le armi dello sciopero e della violenza e non vedendo che oppressi e oppressori, vuole l’abolizione della ricchezza e della povertà». Si discute sulla necessità di costruire un’organizzazione che si faccia portatrice degli interessi delle classi subalterne e porti a una forma di autogoverno socialista e proletario, come la Comune parigina. Le prime organizzazioni operaie non dispongono di sedi proprie. Utilizzano le osterie per discutere di politica e organizzare riunioni più o meno carbonare. ALCUNI DEI PARTECIPANTI all’incontro clandestino hanno combattuto in prima persona nella difesa della Francia dall’aggressione prussiana. C’è anche chi ha vissuto l’incredibile esperienza comunarda. Guida il gruppo Erminio Pescatori – capocomico parmense, repubblicano, reduce garibaldino – che ha partecipato alla battaglia di Mentana nel 1867 (il garibaldinismo è elemento fondamentale delle origini del socialismo). Il militante mantiene stretti rapporti con un uomo ricercato dalle polizie di mezzo mondo che da qualche anno si aggira per le campagne italiane predicando rivoluzione e anarchia: l’agitatore russo Michail Bakunin. Al tavolo della trattoria si prende una decisione che si rivelerà molto importante per la storia del proletariato italiano: la fondazione de «Il fascio operaio», una società di lavoratori finalizzata all’organizzazione e all’emancipazione della classe operaia che persegue «l’unione e la solidarietà fra tutti i lavoratori d’Italia e di altre nazioni». Il fascio operaio di Bologna, a cui aderirà lo stesso Giuseppe Garibaldi un mese dopo la fondazione, diventa così la prima sezione emiliana dell’Associazione internazionale dei lavoratori, l’organizzazione degli operai fondata a Londra nel 1864 e passata alla storia come Prima internazionale. In pochi mesi i soci emiliani saranno più di 500. LE TRATTORIE DI BOLOGNA sono il luogo prediletto della cospirazione politica e le Tre zucchette è una delle preferite dagli internazionalisti. Durante il Primo congresso regionale internazionalista, fissato a Bologna dal 17 al 19 marzo 1872 per ricordare l’epopea comunarda, vi si ritrovano per un pranzo. A tavola si discute dello scontro tra Marx e Bakunin mangiando un bel piatto di pasta all’uovo e bevendo un sincero vino rosso. I commensali, naturalmente, difendono le posizioni dell’anarchico russo arrivato in Italia negli anni ‘60 nel tentativo di organizzare e sobillare i contadini del sud. Senza troppo successo. Il rivoluzionario russo è un omone con la barba bianca e la fronte larga, gran bevitore di vino, birra e naturalmente vodka. Anche in fatto di cibo la sua radicalità non è da meno: ha un appetito formidabile che sbalordisce i commensali. Nelle campagne italiane proletari e intellettuali, un po’ poveri e un po’ pauperisti, guardano con diffidenza quest’uomo che mangia e beve con estrema foga e ingordigia. SEMPRE ALLE Tre zucchette nel 1874 gli internazionalisti si riuniscono per organizzare un tentativo insurrezionale, una sommossa che deve scoppiare a Bologna per estendersi in tutta l’Italia centrale. Nei ricordi tramandati da vecchi anarchici si racconta che in questa occasione i sovversivi mangiano tagliatelle con ragù e piselli e coniglio arrosto con patate. Un menù tipicamente romagnolo che potrebbe essere il segno del peso politico della componente imolese. L’insurrezione del 7 e 8 agosto è un fallimento e porta all’arresto di 79 militanti che sconteranno 22 mesi di carcere. Alla fine saranno assolti. Tra i fermati figura Andrea Costa, ancora poco più che ventenne. Per la giovane età non ha potuto vivere le epiche battaglie risorgimentali al fianco dell’Eroe dei due Mondi, nonostante nel ‘66 ancora imberbe abbia tentato in tutti i modi di arruolarsi con Garibaldi. L’imolese Costa viene arrestato due giorni prima del tentativo di rivolta mentre Bakunin, giunto a Bologna per guidare l’insurrezione, riesce a scappare in Svizzera travestito da prete. ALTRO PERSONAGGIO di spicco che finisce in arresto è Teobaldo Buggini, detto Gigione, considerato dal prefetto di Bologna «uno dei più esaltati e pericolosi» e tra i principali istigatori dei moti. Anche Buggini è un garibaldino, ha partecipato alla terza guerra d’indipendenza ma soprattutto è andato volontario in Francia nell’armata dei Vosgi ritrovandosi sulle barricate di Parigi a difendere la Comune. Presente alla fondazione del Fascio operaio Gigione fa il cameriere nella trattoria del Foro boario, fuori porta Mazzini. Un posto frequentato da studenti e artisti, dove si può incontrare anche il professor Giosuè Carducci. La trattoria è soprattutto il luogo di ritrovo dei sovversivi che, sfruttando la confusione del mercato e l’arrivo dei contadini dalle campagne, si scambiano materiale utile alla propaganda. Proprio per questo Buggini è controllato con particolare attenzione dalla questura, la quale sospetta che il suo lavoro da cameriere sia solo una copertura per l’attività politica. Naturalmente anche gli internazionalisti frequentano la trattoria del Foro boario. Ai tavolini del locale avviene l’incontro tra Costa e un altro grande protagonista della vita politica della Bologna di fine secolo: Giovanni Pascoli. IL PASCOLI È STUDENTE a Bologna, segue le lezioni del Carducci, ama la buona cucina e i manicaretti preparati dalla sorella Mariù come il risotto alla romagnola, quello con funghi e fegatini che declamerà in una poesia: «Che buon odor veniva dal camino! / Io già sentiva un poco di ristoro, / dopo il mio greco, dopo il mio latino!». Il poeta è …

TUTTO SI PAGA NIENTE SI DIMENTICA

di Pietro Nenni | All’indomani della firma dell’Italia al Trattato di Pace firmato a Parigi il 10 Febbraio 1947. Responsabilità storiche e politiche e del fascismo per le quali ancora oggi ne paghiamo un altissimo prezzo. Il Paese nella massa profonda e compatta del suo popolo ha sentito ieri che la firma posta a Parigi sotto il trattato conchiudeva un periodo e ne apriva un altro. Esso è senza illusioni sui «distinguo» tra firma e ratifica. Sapeva e sa che l’Italia è stata ridotta dal fascismo e dalla monarchia in condizioni di non poter resistere a nessuna richiesta anche se fosse stata per evenienza più dura ed implacabile di quelle ieri sottoscritte. Esso sa però che l’avvenire non è compromesso e resta più che mai condizionato alla nostra capacità di sacrificio e di lavoro. I dieci minuti di silenzio disposti dalla Confederazione Generale Italiana del Lavoro non sono stati una sterile protesta, ma un impegno all’operosa ricostruzione del Paese. Tale vogliamo augurarci che sia il significato della protesta degli ex combattenti del 1918, dei reduci della guerra fascista, degli studenti. Essi devono finalmente intendere che non si serve il Paese con le chiessate che ci hanno disonorato e ridicolizzato per venti anni e che ieri si è tentato di rinnovare. C’è una sola classe che può salvare l’Italia, è la classe dei lavoratori. Non c’è una riga di giornale borghese che non trasudi falso e inganno. Cosa ha fatto la borghesia per salvare il Paese? Cos’è disposta a fare? Dove sono i suoi titoli a protestare? Che impegno è disposta ad assumre per domani? Venticinque anni fa, quando essa ha sentito in pericolo suoi privilegi, ha venduto l’Italia al fascismo; nel 1944 l’ha venduta ai tedeschi. E’ bastato che il 10 luglio 1943 due divisioni britanniche ed americane sbarcassero in Sicilia perchè si mettesse a parlare inglese. Oggi parla l’americano di Wall Street. Italiano non sa parlare più. Ora, perchè l’Italia ritrovi il suo posto nel mondo, noi dovremo parlare l’italiano e l’europeo; ed è un linguaggio questo che conoscono soltanto i nostri operai, I nostri contadini, i nostri impiegati, i nostri tecnici, i nostri intellettuali nella misura in cui si sono liberati dalla tutela e dalla corruzione borghese. Il resto è putredine e sulla putredine non si ricostruisce la Patria. Mussolini parlando alla Camera aveva detto che il delitto doveva essere considerato opera del suo peggiore nemico. In suo soccorso era venuto subito Farinacci cercando di stabilire che Rossi aveva tradito Mussolini e che il delitto Matteotti faceva parte di un diabolico piano concertato con le opposizioni per rovesciare Mussolini e mettere Rossi al suo posto. Addirittura sosteneva Farinacci (senza pertanto osare di insistere) che Rossi aveva avuto a Parigi contatti «obliqui» con Luigi Campolonghi ed Alceste De Ambris. Sono pressapoco le cose che Mussolini ha raccontato a Silvestri e delle quali, l’ex redattore del «Corriere della Sera» si è fatto l’incauto mallevatore; con questa differenza che (nella versione mussoliniana) il traditore non sarebbe stato.Rossi, ma Mairnelli ed i mandanti non sarebbero stati gli ppositori, ma gli agrari toscani, timorosi di una collaborazione dei socialisti con Mussolini. Chi crederà che Mussolini, ove lo avesse potuto, non si sarebbe liberato a tempo dell’accusa, che fu la sua croce, di essere, perlomeno moralmente, responsabile del delitto del 10 giugno? E invece egli tenne al suo flano. Marinelli nelle più alte funzioni di partito e di Stato e protesse i sicari ai quali era stato ordinato nel giugno 1924 di colpire Matteotti. Proprio ieri occupando l’ozio domenicale a sfogliare delle vecchie carte, mi è venuta sotto agli occhi una notizia del Corriere della Sera dell’8 agosto 1939. Si riferisce ai funerali di Albino Volpi il quale molto probabilmente fu l’esecutore materiale dell’assassinio. E vi si legge che sul feretro del sicario una grande corona di fiori rossi, legata con nastro rosso, recava le parole: «il duce». SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

NON C’E’ PIU’ TEMPO DA PERDERE

di Tibet | La vittoria nelle Primarie aperte a tutti (un’originalità curiosa, a dire il vero per una associazione come un partito), di Elly Schlein alla Segreteria del PD ha colto molti addetti ai lavori di sorpresa. Gli iscritti avevano fatto, in maggioranza, una scelta differente. Il più moderato Stefano Bonaccini è senz’altro riconducibile alla tipologia tradizionale di Segretario del PD, proveniente dalle due anime che hanno costituito il partito nel 2007, la post comunista e la cattolico democratica. Elly Schlein è una “liberal”, nel vero senso del termine. Ed ora la scommessa sarà comprendere come i suoi propositi, che, ancora espressi in modo generico, in linea di principio in termini di giustizia sociale, lotta alla crisi climatica e alle diseguaglianze e a tutela del lavoro, non possono che essere condivisi dai Socialisti, senza casa o sparsi nelle micro formazioni collocate a sinistra del PD. Art. 1, la sua componente ampiamente maggioritaria, ha scelto di partecipare al processo costituente per dare vita ad un partito del Lavoro, di contenuti eco socialisti. Insomma, cosa ben diversa dal PD, che, nel corso degli anni, si è trovato molto più sinergico a scelte neo liberiste piuttosto che socialiste, sempre più distante dagli elettori. Mi permetto di nutrire seri dubbi sulla riuscita di una mutazione genetica del PD in senso socialista. Tant’è che alla fine ci si “accontenta” di Elly Schlein, che è uscita dal Pd, proveniente da Possibile ed ora rientrata dentro il partito per guidarlo. Già.  Fino a novembre Elly Schlein si pronunciava in maniera determinata sulla necessità di costituire un soggetto autenticamente eco socialista in questo paese. Ma, come entrata in campagna per le Primarie, la parola “socialista”, condannata alla damnazio memoriae in primo luogo dai calcinacci del muro di Berlino (ma noi non c’entravamo nulla con l’Orso sovietico, almeno dal 1956), poi dalla crisi giustizialista della Prima Repubblica che, nel cancellare tutti i partiti protagonisti dal dopo guerra, offrì la stura per la liquidazione dei principali  asset pubblici a partire dal 1992, cessa di essere presente nel vocabolario di Elly. Perché rischierebbe di divenire urticante con la parte centrista del Partito, che ha ben liquidato il Socialismo come se fosse un vecchio arnese della storia al pari del giacobinismo. (Principio paradossalmente condiviso dalle intenzioni del Terzo Polo che vorrebbe far confluire la tradizione del Socialismo liberale in quella liberal democratica o cattolico liberale. Insomma, facendola definitivamente affogare nei fatti concreti dove Churchill e i fratelli Rosselli si danno la mano…) Quel corpaccione che ha condizionato la politica del partito senza mezzi termini, autocelebrandosi e raccogliendo alla fine la fuga inesorabile di oltre 5 milioni di elettori, venderà cara la pelle, statene certi. Dunque, il nuovo PD sarà presumibilmente liberal, ma di certo non socialista. Fatta l’analisi, occorre valutarne le conseguenze nel medio periodo. E, di certo, la capacità attrattiva di Elly, che sposta il partito verso un movimentismo che Pietro Nenni presumibilmente avrebbe trovato molto somigliante al ribellismo massimalista dei primi decenni del secolo ventesimo, con le dovute proporzioni s’intende, funge da sirena soprattutto nel mondo dell’astensionismo di sinistra, nei 5 Stelle e nelle micro formazioni che si trovano nell’intercapedine e fra 5 Stelle e PD. Insomma, un’area che rischia di essere erosa proprio dalla Schlein, proprio perché divisa. Magari fra un anno o due Elly avrà riportato il partito al 25 per cento, ma avrà il deserto alla sua sinistra. Condannata come miglior fiore di una opposizione permanente, sì, ma ad esserlo a vita. Socialismo XXI, in questi cinque anni di attività ha posto le premesse, attraverso il Tavolo di Concertazione, mutuato dal metodo dell’Epinay francese, per la costituzione in Italia di un autentico partito eco socialista. Il 25 marzo, torneremo ad incontrarci proprio con tutti quei soggetti che pensano che questa necessità sia ineludibile, in primo luogo per il nostro paese. Il tempo stringe. I dubbiosi riflettano. Potranno certo salire sul carro del Perdente (vincitore a sinistra, ma non nel paese, s’intende) oppure rischiare un lento inesorabile prosciugamento fino a divenire frazioni elettorali sempre più vicine allo zero. Dall’opposizione è facile non sbagliare e le divisioni gioveranno alle capacità attrattive della Schlein. Non c’è più tempo da perdere! SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

RADIO LOMBARDIA INTERVISTA SILVANO VERONESE

Tutti coloro i quali ritengono che il socialismo sia tuttora una risposta necessaria ed attuale, ai Circoli, alle Associazioni, a coloro che si sentono socialisti, ad altre esperienze del Movimento Operaio, alle Fondazioni di area socialista, al Partito Socialista Italiano, all’ecologismo, al mondo del civismo affinché si rendano disponibili ad un confronto aperto ed inclusivo, per lanciare e sostenere, una campagna politica per la «EPINAY DEL SOCIALISMO ITALIANO», che per noi socialiste e socialisti di SOCIALISMO XXI ha un solo scopo, la ricostruzione di una casa per tutti coloro i quali sono e saranno interessati a dare una nuova e salda prospettiva politica di ispirazione socialista all’Italia. SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

IL SOCIALISMO ITALIANO RAPPRESENTA UN SECOLO DI STORIA”

di Giorgio Ruffolo | In questi anni a sinistra non è cambiato nulla. Ne è la riprova uno dei tanti articoli (questo è del 1998) che stiamo riproponendo rispolverandoli dall’archivio. Si sono prodotte situazioni che sono andate nella direzione opposta alla ricostruzione della sinistra italiana di ispirazione socialista. Il senso della riproposizione di questo articolo verte nel rimarcare, appunto, tutti i fallimenti di questi anni. E’ illusorio pensare che il “piccolo compromesso storico” che ha generato il pd da una parte e i vari “arcobaleni” dall’altra siano la continuazione storica e politica di quello che furono i due soggetti politici rappresentanti il Movimento Operaio ovvero il Psi e il Pci. Anche in questi giorni di ennesimi fallimenti e tracolli osserviamo articoli con panegirici di parole e attese di comodi riposizionamenti quando semplicemente definire ciò che manca e per ciò che occorra lavorare oggi in Italia è per la costruzione di una grande forza SOCIALISTA UNITARIA! Vincenzo Lorè – Responsabile comunicazione di Socialismo XXI IN MEMORIA DI GIORGIO RUFFOLO Avrei diritto al copyright. Scherza l’on. Giorgio Ruffolo, economista, esponente dell’area socialista. E stato lui un anno fa a parlare di «Stati generali» della sinistra. Ora che l’appuntamento è fissato per metà febbraio a Firenze può esserne soddisfatto. Quella sarà la pista di decollo del nuovo partito della sinistra a cui da tempo stanno lavorando D’Alema e altri protagonisti della sinistra fra cui Ruffolo. Onorevole dopo tanti rinvii questa sembra la volta buona. La «Cosa 2» dopo tante oscillazioni e frenate ora dovrà uscire dal generico e assumere i contorni precisi di nuovo partito della sinistra che ha l’ambizione di diventare più grande e più forte di quanto oggi la sinistra non sia. Ne è contento? «Certo. Sarei più contento se poi ne nascesse effettivamente la Costituente. Senza passare per il terrore perché abbiamo già dato».Battute a parte però le polemiche è i mal di pancia non mancano. «E come l’ingresso dell’Italia nella moneta unica. Quando non ci credeva nessuno sembrava che tutto fosse pacifico, invece la prospettiva diventa concreta e imminente allora vengono i mal di pancia soprattutto di quelli che ne avevano creduto, né avevano voluto. E così anche nei riguardi di questa impresa storica. All’inizio c’è stata indifferenza e incredulità. E adesso che l’appuntamento è fissato vengono fuori conflitti, tensioni, reticenze, rigetti e paure che non si erano manifestati nella fase di incredulità. E una cosa abbastanza naturale e va fronteggiata senza sfuggire ai contrasti». Appunto le tensioni, le incomprensioni. Giuliano Amato andrà a Firenze, ma ha anche detto che non se la sente di stare con chi, il riferimento è soprattutto per i pidiessini, pensa che il passato dei socialisti sia vergognoso. E un tasto spinoso che evoca tanti rancori. «Penso che Amato abbia molte, valide ragioni. Per quanto riguarda il tema della rimozione del socialismo italiano credo che abbia ragioni da vendere. Nessuno vorrebbe partecipare ad un partito ad un’impresa politica nella quale ha l’impressione di essere tollerato, perdonato o assolto da qualche cosa che non ha commesso e della quale non si sente in alcun modo responsabile. E soprattutto nessuno vi vorrebbe entrare se non fosse riconosciuto, con chiarezza e senza masticare le parole, la tradizione della quale è portatore». Si riferisce a episodi in particolari? «Qualche volta quando si parla di socialisti c’è la traccia di un imbarazzo che un socialista non può tollerare. Non può si parlare di socialista senza aggiungere azionista, laico, cattolico, cristiano, progressista, liberale. E ridicolo che questo aggettivo che rappresenta cento anni di storia debba essere sempre velato da cortine eufemistiche. Non possiamo essere presentati in pubblico se non abbiamo un corteo di accompagnatori. Siamo un pò infastiditi di questo C’è una cosa che si chiama socialismo, di cui i comunisti sono stati partecipi per un terzo del percorso e che e parte integrante della storia della sinistra e dell’Italia, che non può essere messa in un’insalata nizzarda con tante altre cose per poter essere commestibile». Amato riconosce che il vertice del Pds ha fatto grandi passi in avanti e che le ostilità seminai vengono dalla base. C’è una strada per colmare questo divario? «Nei percorsi innovativi c’è sempre distanza tra chi sta all’avanguardia, e sono soprattutto le vette più illuminate della classe dirigente e chi ancora e legato non soltanto ai miti, ma anche ai rancori. Questo non sorprende. Però è tanto più necessario che chi ha la responsabilità di guidare illumini gli strati più sordi e non li lasci alloro rancori. E quindi importanti che un’azione di chiarimento ci sia. Il fatto che sul socialismo italiano ci sia silenzio non aiuta quelli che hanno maggiori riserve ad uscire dal loro stato di diffidenza e ostilità. Non aggiunge nulla e toglie molto a questa nuova esperienza politica nella quale si entra se ci si è liberati dalle scorie di un passato che è passato, ma che non deve essere dimenticato. Per potere mettere in archivio la storia bisogna poterla chiarire, spiegare». Questo e un percorso che non si può fare dall’oggi al domani. «Indubbiamente. Infatti io sono molto critico nei riguardi di quelli che dicono che bisogna ancora aspettare. Ma aspettare che cosa? Un chiarimento si fa insieme. E dei tutto illusorio pensare che rinviando questa scadenza di Firenze si possa agevolarne ti percorso e il compimento. Al contrario. Più si rinvia e più i muri diventano alti e le barriere si fanno invalicabili. Non so se questo nuovo partito si farà e si farà come lo vorrei. Ma sono convinto che se non si farà o si farà male non saranno i socialisti o gli ex socialisti ad esserne colpiti. Sarà la sinistra intera che perderà l’occasione di costituire una forza pari per robustezza ed ampiezza, a quella degli altri grandi partiti della sinistra europea.Torniamo alle critiche di quei socialisti che guardano ancora con diffidenza all’idea di fondare, insieme al Pds e ad altre forze della sinistra, un partito più grande e più forte della sinistra. Quanto di queste critiche condivide e non condivide? «Mi trovo d’accordo …

CONVEGNO DI SABATO 11 FEBBRAIO AD UMBERTIDE SU “AUTONOMIA REGIONALE DIFFERENZIATA”

COMUNICATO STAMPA Quattro sonori NO al disegno di legge del Governo Meloni-Calderoli che disgregherebbe l’Italia e i fondamentali diritti e servizi, tra i quali la sanità e la scuola, sono venuti dalle quattro Associazioni che si sono incontrate a Umbertide per iniziativa di Marco Locchi dell’Associazione UMBERTIDE PARTECIPA. L’autonomia regionale differenziata, nella versione del disegno di legge approvato il 2 febbraio dal Consiglio dei Ministri è un’organica sconnessione dei diritti di cittadinanza e creerà disparità fra cittadini e cittadini sol perché hanno una diversa residenza regionale. Lo hanno evidenziato subito Cesare Carini, che ha diretto il dibattito, e Marco Locchi che ha segnalato le conseguenze negative che tale riforma avrebbe in particolare per la realtà di Umbertide . I relatori, Mauro Scarpellini, Margherita Raveraira, Mauro Volpi e Lucia Marinelli hanno dettagliatamente illustrato responsabilità e pericoli evidenti. I dubbi sulla costituzionalità sono molti. Nessun dubbio, invece, sui danni che causerebbe un’autonomia senza controllo e il trattenere risorse finanziarie nelle Regioni più ricche al di fuori di ogni logica gestionale e costituzionale. Gli esponenti delle ASSOCIAZIONI SOCIALISMO XXI SECOLO, del MOVIMENTO DELLE IDEE E DEL FARE e l’ASSOCIAZIONE GIORGIO CASOLI  hanno dichiarato l’impegno a sostenere l’iniziativa per una legge di iniziativa popolare – proposta dal COORDINAMENTO DEMOCRAZIA COSTITUZIONALE – invitando a firmare la proposta per riportare in Parlamento la discussione e modificare le norme che creano ingiustizie e danni. Di notevole spessore gli apporti dei Sindaci di Gubbio Filippo Stirati, di Ficulle Gian Luigi Maravalle e del Presidente del Consiglio comunale di Città di Castello Luciano Bacchetta che hanno evidenziato con competenza le problematiche reali che dovrebbero essere affrontate in luogo di quel disegno di disgregazione che il Governo e la maggioranza di destra stanno portando avanti. L’esperto Lucio Caporizzi e, concludendo il convegno Aldo Potenza, hanno dimostrato come la struttura di ripartizione delle risorse tributarie – secondo il disegno di legge – sia al di fuori di una gestione di risorse finanziarie per lo sviluppo dell’intero Paese e l’Umbria sarà tra le Regioni che verranno penalizzate.   “SOCIALISMO XXI UMBRIA” “UMBERTIDE PARTECIPA”, “MOVIMENTO DELLE IDEE E DEL FARE” “ASSOCIAZIONE G.CASOLI” SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

PEGGIO DI COSI’ SAREBBE STATO DIFFICILE

Convegno sull’Autononomia Regionale Differenziata, Umbertide (PG) 11 febbraio 2023 | Noi siamo contro lo sgretolamento dell’unità nazionale. L’articolo 5 della Costituzione dice che “La Repubblica, una e indivisibile, riconosce e promuove le autonomie locali; attua nei servizi che dipendono dallo Stato il più ampio decentramento amministrativo; adegua i principî ed i metodi della sua legislazione alle esigenze dell’autonomia e del decentramento.”  Leggiamo le parole “decentramento amministrativo”, non leggiamo “decentramento per realizzare uno Stato quasi federale”. Non vado oltre sugli aspetti costituzionali perché lo faranno molto bene fra poco i miei Colleghi relatori subito dopo di me. Io vi trasferisco una ricostruzione storica,  osservazioni e considerazioni e non farò sconti ad alcuno. I Presidenti delle Giunte regionali dell’Umbria e delle Marche, Catiuscia Marini e Luca Ceriscioli il 12 luglio 2018 scrissero insieme una lettera al Presidente del Consiglio dei Ministri Giuseppe Conte iniziando il percorso istituzionale per una maggiore autonomia dal Governo centrale e dal Parlamento, seguendo l’articolo 116 della Costituzione, come modificato nel 2001 all’interno del Titolo V della stessa. I due Presidenti si adagiarono su una possibilità astratta di sviluppo autonomo dovuto a nuove autonomie conseguibili. Un po’ di storia occorre. La modifica del Titolo V della Costituzione fu votata da una maggioranza parlamentare nel 2001 composta da una coalizione di Ulivo, di Comunisti italiani, di Udeur. I partiti di centro-destra votarono contro perché erano all’opposizione ma, in effetti, vedevano legiferare un complesso di loro obiettivi che ora intendono realizzare avendo la maggioranza parlamentare. Il Governo in carica era guidato da Giuliano Amato, allora indipendente scelto dai DS. Quella maggioranza parlamentare modificò la Legge Costituzionale n. 3/2001 [riforma Titolo V della Costituzione (artt. 114–132 Cost.)] perché voleva seguire e inseguire la Lega Nord sul federalismo e sull’autonomia, sperando in un recupero elettorale a danno della Lega. Le materie erano quelle che allora la Lega sosteneva invocando anche e soprattutto la secessione dall’Italia. Insomma la Costituzione usata non affermare principi e valori ma per conquistare subito voti. Era il periodo anche di spinte di poteri forti che sostenevano che in Europa gli Stati erano superati come dimensione adatta allo sviluppo e occorreva passare alle economie regionali sviluppate, quindi la Catalogna fuori dalla Spagna, la Lombardia fuori dall’Italia e così proseguendo, che sarebbero state felici isole di sviluppo integrate tra loro. La maggioranza di allora fu rapita da questo contesto : inseguimento della Lega Nord e nuovo sviluppo neoliberista per aree e non per Stati. L’aver fatto quelle modifiche con la maggiore autonomia possibile ad alcune Regioni a statuto ordinario può influenzare e modificare tanto i principi di parità dei diritti di cittadinanza degli italiani quanto il godimento di alcuni fondamentali servizi pubblici nazionali, come, ad esempio, la scuola pubblica e la sanità in modo più evidente e grave. Ci sono utilità e disutilità nel maggiore decentramento di funzioni verso le Regioni. Il decentramento può avvicinare il governo locale ai cittadini, favorendo il controllo della spesa da parte dei cittadini stessi, per cui gli amministratori eletti si dovrebbero sentire più attenti e responsabili nelle scelte e nelle decisioni; questo in teoria. Al contrario la distribuzione di competenze può creare diseconomie di scala; può determinare forme di iniquità fra cittadini nel godimento di servizi sociali essenziali e incentivare un fenomeno conosciutissimo, quello della mobilità dei cittadini per ricevere le prestazioni sanitarie. Conosciamo bene il fenomeno dei pazienti che da determinate Regioni vanno a farsi curare in altre. Le Province di Bolzano e Trento e le Regioni Valle d’Aosta e Friuli Venezia Giulia hanno una media dei livelli pro-capite di spesa pubblica corrente ed in conto capitale che sono nettamente superiori alla media nazionale per il finanziamento di favore che hanno queste Regioni. E’ ciò ha fatto nascere un altro fenomeno poco conosciuto, la richiesta di trasferimento di Comuni da una Regione ad un’altra. Il Comune di Sappada ha ottenuto di passare dal Veneto al Friuli Venezia Giulia nel 2017 per star meglio, proprio perché quest’ultima Regione è a statuto speciale e gode di trattamenti che non ha la confinante Regione Veneto a statuto ordinario ed è rimasto anche nella Comunità montana precedente, quella del Cadore. I Comuni di Cortina d’Ampezzo, di Livinallongo del Col di Lana e di Colle Santa Lucia – tutti in provincia di Belluno –  iniziarono a chiedere di passare dal Veneto alla Provincia autonoma di Bolzano nel 2007 e nel settembre scorso – visti i sondaggi elettorali nazionali che preannunciavano la vittoria della coalizione nazionale di destra – hanno rilanciato la richiesta sostenuta peraltro da un referendum consultivo locale, ovviamente favorevole, fatto nel 2007. Quei Comuni hanno già nominato i loro rappresentanti nel comitato referendario che sostiene il passaggio alla Provincia autonoma di Bolzano. Non vogliono perder tempo. Questi fatti avvengono se c’è differenziazione regionale ed è la prova che non volere la differenziazione è un atto di responsabilità. La riforma costituzionale del 2001 ha ridotto la differenza fra le competenze delle Regioni a statuto speciale e ordinario; le disparità nelle modalità di finanziamento di queste Regioni permangono. La riforma del 2001 prevede che possano essere attribuite alle Regioni a statuto ordinario ulteriori competenze in 23 materie elencate all’articolo 117 della Costituzione; alcune sono perfino fra quelle di esclusiva potestà statale. Sulle 23 materie – cosiddette della potestà legislativa concorrente – vi riferisco, per ragioni di tempo, solo tre voci per esemplificare l’incongruenza di quel che hanno fatto con quell’elenco. Tutela e sicurezza del lavoro : si potranno raggiungere condizioni di tutela e di prevenzione da malattie professionali e da infortuni diverse da Regione a Regione. Non so cosa accadrebbe al cittadino se cambiasse residenza regionale. Istruzione : non so immaginare cosa potrà generare il pluralismo educativo regionale; ci torno fra poco e meglio di me ne parlerà la professoressa Lucia Marinelli. Previdenza complementare e integrativa : sono tipici strumenti dello stato sociale di una comunità nazionale che diventerebbero strumenti di differenziazione, di vantaggio o svantaggio, di disuguaglianza sociale ed economica solo in base alla residenza dei cittadini senza, peraltro, la garanzia di possedere i requisiti demografico-attuariali tecnicamente indispensabili per l’equilibrio di …