NOTA SULLA CRISI DI GOVERNO

  di Silvano Veronese – Vice Presidente di Socialismo XXI |   Si è verificato quello che, come Comitato per l’Unità Socialista di cui è parte significativa “Socialismo XXI”, prevedevamo nel nostro recentissimo documento “Mettere in sicurezza l’Italia” : la mancata soluzione della crisi politica e l’iniziativa a questo punto del Presidente della Repubblica per la formazione di un governo “istituzionale”, appoggiato da una largo schieramento parlamentare ma non sottomesso ai giochi di potere dei Partiti. L’iniziativa del Presidente Mattarella, espressa in tutta la sua gravità e preoccupazione per lo stato del Paese, risiede tutta nella irrisolutezza dei partiti (o presunti tali) e conferma l’analisi della nostra riflessione dell’anno scorso alla “Lungara” con la bella e profonda relazione del compagno Beppe Scanni. Dicemmo che l’Italia si avviava al rischio di tramutare la crisi di destrutturazione del sistema dei  partiti in decomposizione del sistema politico. E’ cio’ che potrebbe capitare con quanto è successo nella giornata odierna, anche perchè non sappiamo se l’offerta dell’incarico di formare il governo a Mario Draghi sarà accolto dall’interessato e,  se lo fosse,  se potrà incontrare il successo parlamentare. Quella che non abbiamo smesso di denunciare da vari mesi come una gravissima crisi economica, di finanza pubblica e sociale di un Paese già prostrato dalle tragiche conseguenze della pandemia ancora dilagante potrebbe tradursi anche in una crisi democratica, trovando nel qualunquismo populista e nella protesta del profondo disagio sociale esistente validi agenti.                                             C’è da sperare in un sussulto, non di intelligenza politica perchè quella resterà inesistente, di ragionevolezza da parte delle forze politiche per sostenere una soluzione governativa di alto profilo in termini di competenza e di prestigio nel mondo, l’unica che ci permetta – sia pure di transizione fino alle elezioni del ’23 – di riparare le macerie ed avviare un rinascimento del Paese.               In questo vuoto della politica, emerge l’urgente necessità di farla finita con le negative esperienze dei “partiti personali”, dei “partiti-azienda”, dei “partiti-comitati elettorali o d’affari” per ritornare ai grandi partiti popolari legati alle alte culture della civiltà  occidentale,  ad una ideologia di valori e di principi universali, a visioni di progresso e di evoluzione  della società. In questo ambito può e deve trovare posto la ricostituzione di una forza socialista unitaria, determinante ed adeguata ai nuovi bisogno ed attese del XXI secolo.   SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

RINO FORMICA: “MACALUSO UN GIGANTE. QUANDO CADE UN GIGANTE NON C’E’ SPAZIO PER PIANGERE”

di Federica Fantozzi – huffingtonpost | Il saluto dell’ex ministro socialista, amico di una vita del dirigente comunista Dal versante socialista Rino Formica ha attraversato in lungo e in largo la Prima Repubblica, condividendo con il comunista Emanuele Macaluso – di appena tre anni più grande – una lunga e intensa amicizia. Oggi l’ex ministro delle Finanze di Giovanni Spadolini e Giulio Andreotti è profondamente addolorato per la perdita di uno dei padri della sinistra italiana, ma soprattutto dell’amico di una vita. Ad Huffpost affida il suo saluto: “Emanuele Macaluso è stato un gigante della politica del Secondo Risorgimento dell’Italia repubblicana. Quando cade un gigante non c’è spazio per pianti e preghiere. C’è solo il tempo per un giuramento di fedeltà all’impegno offerto con generosità e intelligenza alla grande causa delle ragioni del socialismo”. SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

CRESCE VELOCEMENTE IL COMITATO UNITA’ SOCIALISTA

Servizio a cura di Pino Gagliano – Telemia | SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

LETTERA DI FRANCO LOTITO A RINO FORMICA. LA SUA RISPOSTA

Caro Rino, è passato molto tempo (forse troppo) dall’ultima volta che ho avuto il piacere di comunicare con te, da quel primo incontro che avemmo a Torino nell’ormai lontano 2002 al margine del congresso nazionale della UIL. Nel frattempo sono cambiate moltissime cose tranne la necessità di fare qualcosa per riportare i socialisti sul terreno della lotta politica. Come forse già saprai, un gruppo di compagni politicamente impegnati sul territorio che considera possibile un processo di ricomposizione delle forze socialiste disperse dalla diaspora, si è dato la forma di “Comitato per l’Unità Socialista” e nel corso della sua ultima riunione il compagno Aldo Potenza ha proposto di affidarmene il coordinamento politico. Ho accettato ed ho ringraziato tutti per la fiducia accordatami, ma ti confesso di essermi subito chiesto se esistono le condizioni politiche e di contesto necessarie e, soprattutto se le risorse politiche ed umane a disposizione – per quanto generose – sono adeguate all’obbiettivo ed al lavoro da svolgere. Alla fine mi sono detto che lo sapremo soltanto praticando l’obiettivo. Insomma, tanto realismo ed un po’ di ottimismo. La prima cosa che ho ritenuto necessario fare è stato indirizzare una lettera di “presentazione” a tutti i compagni che hanno manifestato interesse per l’attività del Comitato, per confermare il mio impegno politico e prospettare la falsariga che mi prefiggo di seguire. Niente più di qualche spunto, naturalmente; da verificare, approfondire e sviluppare. Nei prossimi giorni, insieme al compagno Potenza – anzi partendo da un documento politico che egli ha elaborato – lavoreremo ad un documento di contenuti e di cornice ideale e politica sul quale occorrerà aprire un confronto ampio e che è mia intenzione utilizzare anche come uno strumento di reale verifica della volontà di tutti di condividerne contenuti ed obiettivi. Caro Rino, nella speranza che possa suscitare la tua attenzione – complice la tua proverbiale curiosità politica – offrendomi così la possibilità di tornare ad incontrarti e raccontarti da vicino qualche particolare di questa nuova avventura politica. Con la stima e l’affetto di sempre Franco Lotito   LA RISPOSTA DI RINO FORMICA Caro Franco, Sono ormai trascorsi 25 anni (¼ di secolo) da quando si è spenta l’azione socialista in Italia. Non è ancora chiara la verità storica su l’implosione del partito Socialista. Fu Autoscioglimento o Scioglimento di imperio? Se le cause furono entrambe si spiegherebbe la ragione per cui in questo lungo periodo di silenzio ogni voce di richiamo al Socialismo è stata flebile ed è rapidamente svanita. I socialisti dal 1994 in poi si sono dispersi o hanno trovato ricovero in case anche inospitali ed ostili o si sono ritirati perchè scossi e isolati. Un partito vive se inserisce nella società processi vitali di cambiamento e se cerca e organizza spazi di consenso. Sino all’inizio degli anni ’90 fu così per il PSI sino alla sua implosione per tutto il ‘900 non vi fu vittoria democratica, conquista sociale e trasformazione istituzionale che non fosse segnata dall’opera socialista. Che cosa è successo perché oggi in regime di libertà e democrazia non vi è forza organizzata che si richiami alla tradizione politica del Socialismo italiano, anzi lo stesso richiamo alla parola socialismo è rifiutato. È vero che tutti i partiti della 1^ Repubblica (DEMOCRISTIANO COMUNISTA e LIBERALI e Repubblicani Movimento sociale) sono scomparsi, ma le tradizionali politiche di questi partiti e i loro più significativi leader vengono spesso richiamati, invocati, ed esaltati.. Ciò che è successo al PSI è un caso unico nella storia di tutti i paesi del mondo libero. Perché questa premessa: non è fatta per spezzare la tenacia dei refrattari, ma serve ad evitare nuove delusioni e definitive depressioni. Vorrei però, come ritengo di aver sempre fatto, essere positivo con i testardi onesti. Perché non date vita a piccoli Gruppi di Ascolto e di Esplorazione nei mondi vitali della società, (mondo del lavoro, scuola e centri di studio, sindacati, organizzazioni di immigrati, associazioni di tutela dei diritti civili, e complesso mondo della giustizia e delle umane sofferenze). Va condotta per almeno 1 anno un’indagine conoscitiva dal basso in forma diretta e mediata per capire se in questi mondi che furono le terre difese dal socialismo italiano c’è ancora bisogno di un nuovo Socialismo organizzato, adatto ad innestare processi vitali nelle società dei cambiamenti fulminei e di organizzare una forza scudo delle nuove ineguaglianze, delle nuove emarginazioni, e delle nuove povertà. Non è questo il nocciolo della presente insofferenza delle nuove generazioni nel mondo globalizzato e in quelle aree ricche del mondo (S.U.) dove il Socialismo viene studiato come nuova dottrina del futuro? Insomma bisogna uscire dal tormento di questi 25 anni ricordando che l’idea socialista può essere cancellata dalle targhe delle sezioni, ma non dal corpo della società civile e politica. Se, in conclusione, tu e i compagni convenite su questa idea dei centri di ascolto possiamo parlarne ed approfondire il tema. Con affetto fraterno Rino SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

LETTERA AI COMPAGNI SOCIALISTI

Care Compagne, Cari Compagni, probabilmente già saprete che i compagni che hanno partecipato – in video-conferenza – all’ultimo incontro del Comitato per l’Unità Socialista, me ne hanno affidato il coordinamento politico. Li ho ringraziati tutti, a partire dal compagno Potenza che ha avanzato la proposta, per la fiducia e le parole di apprezzamento che hanno espresso. Ed è giusto che ora, rivolgendomi a voi io aggiunga qualcosa alle note già divulgate che descrivono il mio profilo. L’obiettivo di fondo mi è chiaro: occorre ricostruire una forza politica socialista che restituisca al Paese, al mondo del lavoro, alle giovani generazioni un punto di riferimento ed una prospettiva d’avvenire. In una fase storica come quella che stiamo vivendo, funestata dalle conseguenze devastanti della pandemia; depressa da una crisi delle strutture economiche che ha ormai i connotati di una crisi di sistema; tormentata da diseguaglianze sociali ormai insopportabili; stordita dal frastuono di una classe politica priva di dignità morale, di senso dello Stato e della stessa nozione di “bene comune”, il compito dei socialisti deve essere quello di parlare il linguaggio della verità, della speranza e del cambiamento. Sì, cambiamento come capacità di visione strategica e al tempo stesso come concreto impegno riformatore. In questo senso il socialismo è – deve essere! – europeismo autentico cioè che concepisce l’Europa come comunità di destino; che restituisce alle forze della sinistra europea la capacità di battersi per riconquistarne la guida e di abbattere le politiche fallimentari della destra economica che ancora detta le scelte di fondo dell’U.E. e riprendere il cammino verso la costruzione di una Europa unita e federalista. Il socialismo è riprogettazione dell’economia fondata sullo sviluppo sostenibile, cioè denuncia di un modello di crescita basato fondamentalmente sullo spreco delle risorse, sul consumismo insensato e sull’abuso della natura. Il socialismo è giustizia sociale; è cioè lotta alle diseguaglianze, a partire da quelle che generano le forme più pesanti di sfruttamento del lavoro. Per ciò stesso dà per scontato il ripristino di politiche redistributive verso il basso, utilizzando efficacemente la leva fiscale, innalzando il salario reale ed il rafforzamento dei sistemi di protezione sociale, a partire dalla salute dei cittadini. Le risorse per realizzare maggiore giustizia sociale ci sono, ma sono imprigionate nei colossali patrimoni finanziari privati. Quello che occorre è un piano di “liberazione”. Il socialismo deve essere anche lotta alle povertà culturali; progresso della scienza; innovazione tecnologica, rivoluzione informatica al servizio del progresso sociale. E’ crescita del sapere. Il socialismo è il primato dei valori dell’umanesimo e della solidarietà sociale; è rispetto delle culture religiose che promuovono la pace ed il dialogo. E’ l’impegno concreto a far vivere questi valori come strumenti della lotta politica quotidiana. E’ in atto un allarmante processo di logoramento del tessuto democratico del Paese provocato in larghissima misura dall’attacco concentrico da parte del populismo fascistoide della destra di matrice salviniana e dell’agitazionismo velleitario del grillismo pentastellato. A questo riguardo va detto con grande chiarezza che l’idea che il processo democratico possa essere interamente risolto con un click on-line, è un’aberrazione che – attraverso la manipolazione di astratti algoritmi –  conduce fatalmente verso derive apertamente autoritarie. Al contrario i socialisti debbono essere in prima linea nella battaglia per rafforzare la democrazia come valorizzazione della partecipazione popolare alla formazione della volontà politica del Paese; per combattere la corruzione morale che inquina l’etica pubblica e per respingere come aberrazioni civili le culture dell’odio sociale, del razzismo e della xenofobia. Per tutte queste ragioni e per le tante altre che saremo chiamati ad approfondire, il socialismo si presenta come l’unica identità politica che può assicurare le forze disperse del campo della sinistra contro ogni forma di settarismo minoritario e che può candidarle nuovamente alla guida del Paese. Un progetto di unità che nutre tale ambizione e che assume queste premesse di valore e di impegno politico, deve essere capace di guardare ben oltre il pure indispensabile retroterra delle energie disperse dalla diaspora. Da queste si deve partire, ma per andare avanti. Alla ricerca dell’intero potenziale socialista latente nella sinistra e nel Paese. Certo, si tratta di un processo complicato, irto dei tanti ostacoli che fin qui hanno frustrato ogni tentativo di ricomporre la diaspora; che potrà maturare se le forze che vi partecipano avranno il respiro lungo e la forza per resistere alla suggestione delle scadenze elettorali. E’ una scorciatoia che fin qui ha portato soltanto a pesanti delusioni. Naturalmente l’appuntamento dei socialisti con gli elettori è nelle cose, poiché è nelle urne che, conclusivamente si misura il successo di un progetto politico (in nessun caso, il nostro deve essere un progetto meramente “movimentista”). Ma prima dell’appuntamento con le urne viene la costruzione del nuovo soggetto politico. Quella che dobbiamo avviare, dunque è a tutti gli effetti una fase costituente, aperta ed inclusiva, alla quale ognuno deve poter partecipare conservando intatta l’autonomia delle rispettive esperienze che maturano sul territorio, con la quale tuttavia è necessario “compromettersi”. Punto di partenza di questa nuova fase sarà la predisposizione di una prima stesura di un documento di cornice ideale e politica che prospetti i valori, le idee e le proposte socialiste. Lo adopereremo come una piattaforma di lavoro e di approfondimento, al quale naturalmente ti chiedo di recare il tuo apporto sicuramente prezioso. Ma perché sia utile, deve essere anche uno strumento di verifica delle effettive disponibilità a compiere insieme il percorso dell’unità socialista. Naturalmente lungi da me la pretesa di aver espresso, in queste poche righe, le linee di un pensiero compiuto e pienamente convincente. Semmai potrà diventarlo soltanto se potrò fare affidamento sulla vostra attenzione, sul vostro interesse politico e magari su una vostra reazione che, per quanto critica possa essere, accoglierei come arricchimento prezioso e come testimonianza di una scelta di partecipazione attiva. Un caro fraterno saluto Franco Lotito SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare …

UN CHIARO NO AL TAGLIO DEL PARLAMENTO

  di Mauro Scarpellini – Responsabile amministrativo Socialismo XXI |   Riassumo un’illustrazione più breve possibile che offre argomenti per essere consapevoli che occorre votare NO e far votare NO al referendum del 20 e 21 settembre 2020. Questa illustrazione si limita all’osservazione e al commento di questo evento e volutamente esclude riferimenti a partiti e movimenti perché il referendum non è una scelta tra liste diverse, ma una consultazione personale. Vanno convinte le persone, a prescindere dalla loro preferenza elettorale quando ci sono elezioni. La domanda sulla scheda è questa: «Approvate il testo della legge costituzionale concernente “Modifiche agli articoli 56, 57 e 59 della Costituzione in materia di riduzione del numero dei parlamentari”, approvato dal Parlamento e pubblicato nella G.U. della Repubblica italiana – Serie generale – n. 240 del 12 ottobre 2019?». Prima osservazione. La scelta non è sul taglio del numero dei parlamentari, ma sul taglio del Parlamento. Il Parlamento è adeguato? No. Sono opinione e constatazione comuni che i suoi componenti non sono prevalentemente persone di adeguata qualità, competenza, conoscenza per essere i legislatori dell’Italia. La causa dell’inadeguatezza è il numero dei parlamentari? No. La causa è la legge elettorale. La sintetizzo. La legge elettorale vigente divide l’elezione in quota maggioritaria e quota proporzionale. La quota maggioritaria è uninominale – cioè quella col nome imposto sulla scheda – ed è molto alta, per i 3/8 dei seggi, il 37,5% dei seggi. La parte proporzionale ha liste bloccate, cioè sono eletti non i preferiti dagli elettori ma quelli che sono secondo l’ordine dell’elenco deciso dal partito o dal movimento e che ci ritroviamo nella scheda elettorale. Poi il voto dell’elettore obbligatoriamente è congiunto tra candidato uninominale e la lista collegata. L’effetto di questo ingegnoso meccanismo è la compressione notevole della scelta dei propri rappresentanti a danno dell’elettore. La riduzione del numero dei parlamentari aiuta la concentrazione del potere dei capi di partito e di movimento, cioè di coloro che decidono i nomi da candidare, e costoro decidono gli eletti; attenzione, riducendo il numero sarebbe possibile prevedere quasi del tutto la composizione nominativa del Parlamento già prima dei risultati. Il peso della scelta degli elettori sarebbe nullo. Noi diciamo che non vogliamo essere rappresentati meno ma rappresentati meglio e il meglio si può avere senza ridurre i parlamentari ma cambiando la legge elettorale per avere candidati di qualità diversa dall’attuale. Seconda osservazione. I parlamentari sono troppi. Il numero dei Deputati non è sempre stato 630 o giù di lì; c’è stata una volta, era il 1929, nella quale Mussolini pensò che il numero giusto di deputati fosse 400; così dal 1930 fino alla fine della guerra i deputati furono 400. Non venivano votati. Ebbene, se negli anni ’30 si fosse potuto votare (gli elettori sarebbero stati circa 15 milioni allora) la rappresentanza sarebbe stata comunque il triplo di quella che ci sarebbe se vincesse il SI al referendum di questo mese. Ma la conoscenza della storia non appartiene molto a coloro che proposero questa legge. Nel 1948 c’era un parlamentare ogni 80 mila cittadini, adesso ce ne sarebbe uno ogni 151 mila se vincesse il SI. Un allontanamento ulteriore tra eletto e problemi che lui deve conoscere e rappresentare. Terza osservazione. L’Italia ha più parlamentari degli altri paesi. E’ falso. L’unico serio criterio per giudicare sul numero dei parlamentari è guardare al rapporto fra membri del Parlamento e abitanti. Sfatiamo questa bugia confrontando quattro paesi in Europa: Gran Bretagna, Francia, Spagna e Italia. Prendiamo non solo i deputati della Camera, ma tutti i parlamentari della Camera bassa e della Camera alta, che da noi si chiama Senato e altrove ha altra denominazione. La Gran Bretagna ha 1 parlamentare ogni 46.000 abitanti. (1426 totale). L’Italia ha 1 parlamentare ogni 63.000 abitanti. (945 totali/ 615 + 330). La Francia ha 1 parlamentare ogni 70.000 abitanti. (925 totali). La Spagna ha 1 parlamentare ogni 76.000 abitanti. (615 totali). Se vincesse il SI l’Italia andrebbe a 1 parlamentare ogni 100.210 abitanti. (600/ 400 deputati e 200 senatori). Avvicinare i governanti ai governati è un buon principio, ma con questo referendum si chiede di fare l’opposto. La critica sulla creazione di una casta di nominati, ancor più ristretta di oggi, è fondata perché non inventata o supposta. Comanderebbero i capi di partito o i capi esterni di movimenti che non hanno mai avuto una responsabilità politica né sono stati mai eletti da qualche parte. Quarta osservazione. La riduzione del numero dei parlamentari non incide sulla rappresentanza, ma la rende più autorevole Completamente falso. Se si riduce il rapporto fra cittadini e parlamentari si incide profondamente sulla rappresentanza politica, sia quantitativa che qualitativa. Perché si realizzi una vera rappresentanza politica, bisogna che i singoli candidati parlamentari abbiano una relazione reale e continua con i cittadini e con i problemi del territorio in cui si candidano, nonché un rapporto costante, non limitato al momento del voto, con i propri elettori e con le forze intermedie del territorio – rappresentanze degli imprenditori, dei lavoratori, delle istituzioni locali e altre -. Meno sono gli eletti e più difficile è realizzare quel rapporto. Questo nuoce all’azione dei parlamentari sul piano qualitativo perché riduce la possibilità di una conoscenza dei problemi concreti. Quindi la rappresentanza politica ne risulta peggiorata. Quinta osservazione. Riducendo il numero dei parlamentari si risparmia soldi pubblici I calcoli fatti dicono che la riduzione dei parlamentari porterebbe a un risparmio di appena lo 0,007 del bilancio dello Stato, pari a 1,35 euro a cittadino l’anno. La riduzione dei costi è un argomento che fa presa su chi non segue a fondo questi argomenti. Bisogna spiegarlo.  Sesta osservazione. C’è un processo in corso, pluriennale, per la riduzione dei poteri democratici. Non deve sfuggirci che questa legge, se vincesse il SI, non sarebbe l’ultima nella progressiva riduzione dei poteri democratici dei cittadini. Da anni è in corso di attuazione un processo pericoloso che spesso sottovalutiamo o non consideriamo. I cittadini contano meno : perché nei Comuni è stato ridotto ridotto il numero dei Consiglieri comunali; perché in molte …

FORMICA: “IL SI CANCELLA IL REFERENDUM DEL ’46 SU MONARCHIA O REPUBBLICA”

di Maddalena Tulanti – firstonline.info| INTERVISTA A RINO FORMICA, già ministro socialista – “Il SI’ al referendum del 20-21 settembre è un voto controrivoluzionario che cancella il referendum del ’46 instaurando una monarchia finta, travestita da Repubblica e rendendo facilmente modificabile la Costituzione – E’ un’operazione antipolitica che mira a colpire le articolazioni democratiche e i partiti – La riduzione dei parlamentari dovrebbe essere la fine e non l’inizio di un processo riformatore, sennò è solo populismo – “Spero che il 21 settembre non sia l’autunno della Repubblica”. “Il Sì al referendum del 20/21 settembre è un voto controrivoluzionario, che vuole cancellare quello del 2 giugno del 1946, ripristinando lo Statuto albertino e instaurando una Monarchia finta, di facciata, travestita da Repubblica”.  Rino Formica è duro, durissimo. E la sua è una difesa speciale, articolata  e finissima contro le ragioni di chi al referendum sceglierà di cancellare parte dei rappresentanti del popolo. Socialista sempre e comunque, più volte ministro, più volte parlamentare, è stato ed è un acuto fustigatore dei costumi italici, sia quando usano la stoffa dei partiti politici, sia quando scelgono quella della società civile. Da settimane è sceso in campo senza risparmiarsi perché “il 21 settembre non cada la notte sulla Repubblica”.  Ricapitoliamo allora: perché ha scelto di votare No? “Il mio ragionamento è questo. Qual è il senso politico profondo di questa battaglia referendaria? Il Sì in questa battaglia referendaria rappresenta la punta di lancia di un’innovazione profonda, controrivoluzionaria. Perché? Perché è contro il referendum del 2 giugno 1946 volendo restaurare la forma di Stato e la struttura costituzionale del Paese di una stagione prerepubblicana. Chiediamoci: che cosa fu il referendum del 2 giugno 1946? Quel referendum cambiò la forma istituzionale abbattendo la Monarchia e instaurando la Repubblica e cancellò la carta istituzionale monarchica, lo Statuto albertino. E con l’assemblea costituente dette vita alla carta costituzionale repubblicana. Qual è la differenza fra la forma di Stato prerepubblicana e quella repubblicana? Che con la seconda viene cancellato un ordine istituzionale fondato sul sovrano: il sovrano non è più il re, il sovrano è il popolo. Mentre eliminando lo Statuto albertino viene demolito un principio costituzionale, la Costituzione flessibile. Vale a dire che l’ordine costituzionale, prima della Costituzione repubblicana, poteva essere modificato senza una procedura ad ostacoli, complessa, che è propria delle Costituzioni rigide. Cioè poteva essere modificata con una legge semplice, ordinaria; mentre le Costituzioni rigide vanno modificate attraverso una procedura di carattere costituzionale, complessa, ragionata, ripensata. L’ordine costituzionale dello Statuto albertino, essendo una costituzione flessibile, ci aveva portato al fascismo, che aveva cambiato la formula dello Stato monarchico parlamentare, costituzionalmente accettato, in uno Stato autoritario, attraverso leggi ordinarie. Come quando il ministro di Grazia e Giustizia del fascismo, fine giurista, Alfredo Rocco, introdusse lo Stato corporativo semplicemente approvando la legge del riordino dei contratti collettivi di lavoro. La preoccupazione repubblicana, che nasce con il referendum del 2 giugno 1946, è invece quella di dare al Paese una forma istituzionale immodificabile, la Repubblica, ed un assetto costituzionale rigido. Cioè mai più leggi semplici, ordinarie avrebbero potuto modificare l’assetto costituzionale”.  Di quali articoli stiamo parlando? “Tutto questo è negli articoli 138 e 139 della Costituzione. L’art 138 stabilisce le procedure complicate per le modifiche costituzionali: la doppia lettura delle due Camere, il quorum qualificato per l’approvazione, l’eventuale ricorso al referendum. Quindi una procedura complessa, meditata, riflessiva. E ciò dimostrava la grande attenzione che i costituenti avevano per le improvvisazioni populistiche: la legge delle leggi, non poteva essere affidata agli umori momentanei di una situazione particolare del Paese. Mentre l’art 139, norma di chiusura, stabilisce che la forma repubblicana non è modificabile.  L’art 138 e l’art 139 vanno letti insieme. Cosa vollero i costituenti? Che la forma repubblicana non fosse modificabile, e che la legge che regolava e stabiliva l’ordinamento della forma repubblicana dovesse essere sottoposta ad una procedura speciale dove il ripensamento della rappresentanza e l’eventuale ricorso al popolo doveva essere di tale ampiezza, di tale peso che ogni modifica costituzionale doveva essere attentamente modificata”. Invece che cosa sta per accadere secondo il suo pensiero? “Molto semplice: si sta tentando di aggirare la rigidità della Costituzione e di renderla semplice, flessibile, modificabile di fatto con leggi ordinarie. E dove si colpisce? Si colpisce nell’architettura della Carta costituzionale.  Stiamo parlando di una struttura diffusa della democrazia attraverso la quale si esprime la volontà popolare: partiti politici, sindacati, corpi intermedi che operano come articolazioni della vita democratica e della partecipazione alla costruzione della Repubblica del popolo, come prevede l’art 1. L’ azione che io chiamo di revanchismo dei perdenti del referendum del 2 giugno 1946, non è nata oggi, si è sviluppata in tutta la vita repubblicana, ma è sempre stata battuta dalla grande capacità che i partititi politici, le organizzazioni democratiche, tutte le articolazioni della democrazia, mettevano in campo per difendere l’assetto costituzionale del Paese. Battute però sulla via maestra dello scontro della revisione costituzionale radicale, queste forze si sono riorganizzate per aggirare il terreno di gioco. Ed eccoci al “riduciamo il numero dei parlamentari, la rappresentanza”. Riduciamola non per ottenere efficienza, o per qualsiasi altra ragione, ma perché il Parlamento è un ectoplasma, è una sovrastruttura patologica dove la Casta si esercita per tutelare privilegi, e quindi i parlamentari andranno prima ridotti e poi controllati e annullati.” E come sarebbe possibile? “Con una legge di carattere elettorale, perché le leggi di carattere elettorale non riguardano solo la scelta da operare fra maggioritario e proporzionale. No. Non si tratta solo di scegliere un sistema che dia o non dia la certezza del vincitore e quindi di un futuro governo. Ci sono altri elementi costitutivi delle leggi elettorali, più sottili, più nascosti che possono portare al rischio che nasca una maggioranza che si appropri della Costituzione. Come? Creando delle maggioranze fittizie al posto delle minoranze relative. E come si opera in questo campo? In maniera semplice. Riducendo la platea degli eletti, riducendo la soglia di accesso alla rappresentanza, modificando con leggi ordinarie le regole per l’accesso alla competizione politica. Basta regolare la raccolta delle firme: come si raccolgono, dove, e …

I SOCIALISTI AL REFERENDUM VOTANO E FANNO VOTARE NO

  di Silvano Veronese – Vicepresidente Socialismo XXI |   Ho letto l’intervista, apparsa sul “Il Foglio” a Federico Fornaro, capigruppo LeU alla Camera, che spesso è intervenuto sul nostro sito web e sui nostri profili FB fiancheggiatori della nostra Associazione. Il tema era centrato sul futuro della sinistra che – anche per Fornaro come per noi – ha bisogno di trovare una sua nuova fisionomia non riconoscendo – come anche noi da tempo andiamo affermando – al PD un ruolo cardine nell’ambito del centrosinistra e tanto meno della sinistra. D’altronde, Fornaro – credo anche per tale ragione – tempo fa è uscito assieme ad altri dirigenti da quel Partito. In linea con tale scelta, Fornaro dice ad un certo punto dell’intervista “Bisogna superare il PD, ma senza tornare ai DS……….Margherita e DS appartengono ad una fase politica archiviata e non possono essere resuscitati……il PD metta in discussione sé stesso…..”  E’ un ragionamento che, sul piano dei contenuti e della piattaforma propositiva lo porta a coincidere con le recenti prese di posizione di Gianni Cuperlo e del documento programmatico che quest’ultimo ha recentemente elaborato in termini critici verso la gestione Zingaretti. Sono discorsi utili che arrivano tardivamente. L’errore, a mio giudizio, fu la presunzione iniziale di DS e Margherita di costruire ex-novo una forza politica di centrosinistra che potesse essere sintesi delle idee di un centro moderato con vocazioni vagamente progressiste e quelle di una certa sinistra con ambizioni di governo, una forza nuova e composita   che, in quanto tale, avesse l’autosufficienza di candidarsi da sola al governo del Paese, grazie anche ad una legge maggioritaria che garantiva alla prima delle minoranze elettorali e del Paese di diventare maggioranza parlamentare. Nessuna delle varie leggi maggioritarie varate dal 1993 in poi ha invece garantito stabilità politica e governabilità e nel frattempo è naufragata la “vocazione maggioritaria” del PD che da un insufficiente 32% di Veltroni (il 40% di Renzi alle europee è stato un dato effimero durato lo spazio di un mattino) è precipitato ad un 19/20 %. L’amalgama  mal riuscito (la definizione è di D’Alema, uno dei soci fondatori!) ha evidenziato la criticità di questa  sintesi tra culture diverse, in certi momenti passati persino tra loro in forte conflitto, un fallimento  confermato dalle scissioni succedutesi. La sinistra (o meglio le sinistre, perché come la storia ci insegna ce ne sono piu’ d’una) devono fare il loro mestiere (per noi sulla base di idee, posizioni  e valori socialisti) e i moderati, liberaldemocratici e di ispirazione cattolica, devono  fare il loro, senza alcuna commistione. Nel rispetto del pluralismo culturale e politico, presente in tutta Europa e non solo in Italia,  saranno poi (e non prima)  gli esiti  elettorali a spingere per le soluzioni di governo possibili sulla base di precisi programmi condivisi. L’illusione di poter offrire soluzioni di governo sulla base di operazioni di potere sganciate da programmi condivisi oppure frutto di modelli elettorali maggioritari non rappresentativi del pluralismo della società e degli interessi sociali presenti nel Paese rimane una illusione che confermerebbe il permanere dannoso di uno stato di criticità della politica determinato da insopportabili populismi e trasformismi nonché l’insolvenza della grave situazione di  non-governo del Paese. La recente intervista di Zingaretti segretario PD al “Corriere della Sera” è un esempio illuminante tendente a giustificare l’ingiustificabile come l’adesione al SI al referendun confermativo per la riduzione sensibile dei parlamentari sganciata da qualsiasi altro elemento di riforma istituzionale, dopo che il suo Partito per ben tre volte nel recentissimo passato aveva votato in Parlamento contro questa sciagurata legge. Un partito autodefinitosi  democratico che, anche per le culture alle quali dice di fare riferimento, dovrebbe essere il maggiore interprete della difesa delle Istituzioni rappresentative, finisce invece  per assoggettarsi al piu’ bieco e qualunquistico antiparlamentarismo del suo socio di governo con il quale fino ad un anno fa volavano gli stracci e  reciproci insulti.  Un partito che già quando con suoi esponenti guidava un esecutivo faceva un uso smodato della decretazione (anche quando non c’era la condizione di urgenza prevista dalla Costituzione), oggi subisce il continuo ricorso ai DPCM da parte del “premier” permettendo così che  il ruolo delle Camere sia relegato ad una  attività marginale nella quale prevale non un sapiente e costruttivo  lavoro legislativo ma la rissa continua tra opposizione e maggioranza che umilia l’Istituzione parlamentare.  E’ evidente che ad un pubblico indifferenziato questo indegno procedere possa procurare un disgusto verso la “cattiva” politica, un disgusto che si puo’ tradurre  anche con l’adesione ad una legge di  riduzione massiccia della rappresentanza parlamentare che produrrà una sparizione delle presenze di vari partiti c.d. minori e della rappresentanza di territori e quindi si arriverà ad un Parlamento che rappresenterà la minoranza del Paese reale. Un Parlamento, se ridotto alle dimensioni della legge voluta dal M5S, avrà difficoltà di legiferare nelle Commissioni, rafforzando – così a suo scapito –  il potere dell’Esecutivo, creando le condizioni per una “autocrazia” pur lasciando in vita formalmente il regime di democrazia parlamentare. Era ciò che stava nel disegno eversivo elaborato dalla PD di Lucio Gelli !!! I socialisti, di ogni aggregazione, non potranno non combattere fino alla fine questa battaglia contro questa legge oscena, chiarendo i motivi della loro opposizione, votando e facendo votare NO! senza alcuna riserva.       SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

LA GRANDE TRUFFA DEL TAGLIO DEI PARLAMENTARI

di Nicolino Corrado | Alla fine, il 20 settembre andremo a votare per il referendum confermativo sul taglio dei parlamentari. Catalizzando decenni di lamentele da bar e di fantasie della gente comune sulla bella vita degli onorevoli, il Movimento 5 stelle, accozzaglia eterodiretta nell’ombra da una società, è riuscito a portare all’ultimo miglio la sua proposta di svalorizzazione delle istituzioni rappresentative della repubblica. Nel farlo non ha incontrato nessuna opposizione; anzi, ha avuto l’appoggio opportunistico delle altre forze parlamentari, anche di quelle, come il PD, che, in base alla passata difesa della “centralità del parlamento”, avrebbero potuto organizzare un decisa opposizione al delirio pentastellato, ma che per viltà, per opportunismo, per timore di perdere voti, si sono accodate a questa grande truffa ai danni del popolo italiano.  Non apparteniamo alla schiera dei difensori ad oltranza della “Costituzione più bella del mondo” (Roberto Benigni dixit), anzi, ci rendiamo conto da decenni che essa necessita di aggiustamenti nella parte relativa ai pubblici poteri, per adeguarli ad una società civile che non è più quella uscita dalla macerie della seconda guerra mondiale. Ma siamo consapevoli, altresì, che nel procedere a queste riforme, occorre avere la consapevolezza che una costituzione è un organismo vivente, che ha un proprio equilibrio, che modificando una sua parte si producono conseguenze sul tutto. Una costituzione liberaldemocratica, qual è la nostra, vive di un equilibrio delicato all’interno dei suoi organi e tra i suoi organi, di pesi e contrappesi, di “checks and balances”. Invece, l’iniziativa dei pentastellati e dei loro compagni di strada interviene con un taglio di spada sulle rappresentanza delle due camere in nome dei risparmi di spesa e dell’efficienza che si raggiungerebbero, non ponendosi alcuna domanda sui contraccolpi determinati dalla riduzione dei parlamentari sulle procedure parlamentari e sulle rappresentanze dei territori, indice questo di una mentalità semplicistica e demagogica, della ventata antipolitica che svaluta il parlamento al posto del quale meglio farebbero – nelle varie tendenze – o il Presidente della Repubblica o il partito o i capigruppo parlamentari in veste di consiglio d’amministrazione. Il governo in carica, abbinando il referendum con elezioni amministrative in alcune regioni e comuni ha da parte sua, ha dato la propria dimostrazione di svalorizzazione del referendum, perchè la campagna elettorale in tali realtà sarà monopolizzata da partiti e candidati. Ci sarà una distorsione dell’afflusso al voto: grazie all’effetto traino, i votanti al referendum saranno più numerosi dove si svolgono le elezioni amministrative. Venendo al merito del referendum, il taglio di 215 deputati su 630 e di 115 senatori su 315 (circa il 36% del totale) sembrerebbe vantaggioso economicamente (una tazzina di caffè al giorno per ogni contribuente!), ma non essendo compreso in progetto di riforma più organico di riforma, lungi dal rendere più efficienti le Camere, si rivela una vera sciagura per il funzionamento delle funzioni di indirizzo e di controllo e del procedimento legislativo. Territori di una certa vastità avrebbero pochi rappresentanti parlamentari, in altri si avrebbe una rappresentanza maggioritaria di fatto, elevando cosi in modo contradittorio la soglia della rappresentanza in un periodo di crisi della rappresentanza, a causa della riduzione del numero dei parlamentari i gruppi parlamentari piu piccoli non potrebbero esprimere rappresentanti  in tutte le commissioni in cui (in sede legiferante) vengono approvate la maggior parte delle leggi. I propugnatori del taglio, inoltre, sono tutti responsabili maggiori del fondamentale fattore di debolezza e perdita di prestigio del Parlamento: non la quantità, ma la scarsa qualità dei suoi membri. L’esorbitante numero di leggi elettorali sfornate dopo la caduta della prima repubblica ha prodotto un ceto parlamentare di nominati dai vertici di partiti, i quali non sono più i luoghi di selezione e le scuole di politica di una volta, ma entità oligarchiche o proprietà di un solo leader (ed a tale definizione non sfuggono i movimenti populisti paladini del “nuovo”): risultato, un  personale politico impreparato che spesso non ha alcuna esperienza politica o amministrativa, che produce leggi e, perfino, dichiarazioni e interviste alla stampa di scarsa qualità. Il problema del Parlamento italiano non è il numero dei suoi membri, ma (come per altri organi costituzionali) il costo complessivo delle istituzioni Camera e Senato (spese generali e personale). Per i parlamentari il problema è rappresentato dal basso livello della loro qualità: per risolverlo sarebbero necessari partiti politici regolati per legge, in grado di selezionare e proporre all’elettorato candidati in possesso di quella qualità politica che gli attuali onorevoli non hanno. Quindi, il 20 e 21 settembre alle urne, a respingere con un NO socialista e riformista la grande truffa del taglio dei parlamentari! SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

UNITA’ E AUTONOMIA: COSA CI INSEGNO’ RICCARDO LOMBARDI?

di Christian Vannozzi | Spesso ci si interroga sull’attuale politica italiana e quanto ci sia di sinistra nel PD o di socialista in Forza Italia, forse poco, sempre meno, in quanto Forza Italia, anche come collocazione a livello Europeo e Internazionale si presenta fortemente con i Conservatori Liberali, seguendo la tradizione dei Popolari Europei, dei Tory britannici e soprattutto del partito repubblicano statunitense, di cui Silvio Berlusconi è grande estimatore, e un PD che si avvicina sempre più, anche a livello economico, ai liberali Whig inglesi e al Partito Democratico degli Stati Uniti. Nella Penisola manca in pratica, ormai, un partito socialdemocratico, che si possa presentare come alternativa ai due partiti liberali sopra citati e alle destre populiste e nazionaliste. Riunire le varie formazioni politiche e associazioni socialiste appare però impresa ardua, in quanto sono ormai sparpagliate in varie galassie partitiche, nonostante la ricostituzione del PSI nel 2007, senza contare tutti coloro che hanno deciso di aderire nei vari partiti che si sono considerati eredi delle tradizioni socialiste democratiche, ovvero Forza Italia e i DS, Democratici di Sinistra ormai diventati Partito Democratico. Purtroppo la polarizzazione della politica italiana in quella che viene chiamata la Seconda Repubblica, e lo scandalo di Tangentopoli che si è abbattuto come un uragano quasi esclusivamente sul PSI e sul suo segretario Bettino Craxi, ha allontanato notevolmente gli italiani dall’ideale socialdemocratico, visto ancora, a distanza di decenni, come causa della crisi economica di fine secolo, anche se a guidare il Paese negli anni ’90 furono dei personaggi che socialisti non erano, ovvero Silvio Berlusconi, a capo di una coalizione di centro destra che comprendeva anche Alleanza Nazionale, e Romano Prodi, personaggio che navigava in orbita DC, con un interregno attorno al 2000 firmato Massimo D’Alema, dirigente del Partito Comunista che prese poi il nome di PDS e DS. In pratica il PSI si è sobbarcato i peccati di fine secolo di altri personaggi politici, che spesso non hanno mancato di dare le colpe di tutto alla Prima Repubblica, vista come il marcio e come lo Stato della corruzione. In un’ottica del genere, e con un PSI che deve tornare a essere un vero Partito Socialista, partito dei lavoratori intesi come coloro che vivono del proprio lavoro, non solo operai, ma anche impiegati, insegnanti, negozianti, agricoltori e allevatori, professionisti, non può che venire in mente Riccardo Lombardi, un uomo, un socialista, un patriota, che è sempre stato coerente con se stesso e con gli ideali socialdemocratici che ha difeso fin da quando militava giovanissimo nei cristiano sociali,e poi in Giustizia e Libertà, prima di approdare in un PSI che era ancorato al Partito Comunista, soluzione non gradita dal buon Riccardo che vedeva questo tipo di alleanza non funzionale e degenerativa. Cosa che si mostrò ben presto, anche se le linea di Nenni all’epoca suscitava più consensi. Neanche la nuova alleanza politica, con le forze cattoliche e centriste, erano congeniali per il compagno Lombardi, perché anche nel Centro-Sinistra si snaturava il partito, specialmente in campo sociale e civile, in quanto i democristiani non erano ben propensi alle battaglia per diritti civili come il divorzio e l’aborto, due conquiste che hanno liberato le donne da una schiavitù che le attanagliava dai tempi biblici, mentre il partito liberale e la destra DC non permetteva aiuti concreti alle fasce lavoratrici ed era ostile a nazionalizzazioni di servizi essenziali. Tutto questo mise il compagno Lombardi sempre in secondo piano rispetto agli altri dirigenti del partito, specialmente con l’avvento di Bettino Craxi, politico carismatico che oscurò ancora di più Lombardi e i Lombardiani, che rappresentavano l’anima di Sinistra del partito, quella parte che chiedeva ancora una volta l’autonomia dei socialisti nei confronti delle altre forze politiche, e la convergenza solo su parte del programma, e non in toto come una sorta di patta d’acciaio hitleriano, dove si rimane scottati più del dovuto. Oggigiorno quindi, con le elezioni regionali imminenti in tre regioni chiave della Penisola, come la Toscana, il Veneto e la Campania, nonché in diversi comuni, si notano alleanze partitiche dei socialisti con esponenti di fazioni non di certo consone agli ideali non solo Lombardiani, ma anche Pertiniani, Nenniani e specialmente Matteottiani, tutto per la necessità locale di potersi alleare con qualcuno in modo da poter avere rappresentanti nelle istituzioni, ma a che prezzo? Oggi più che mai, forse, noi socialisti dovremmo ricordare per l’appunto Riccardo Lombardi! SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it