LIVORNO 24 MARZO 2018

di Aldo Potenza Pochi giorni ci dividono dall’appuntamento di Livorno. Dopo tanti interventi dovrebbe essere chiaro l’intento dei compagni che lavorano per il successo dell’iniziativa e di coloro che generosamente e con grande entusiasmo hanno aderito. Malgrado due mesi di comunicati, di interventi, di chiarimenti, c’è ancora qualcuno che vorrebbe che a Livorno si affermasse la volontà di costruire un socialismo adeguato ai tempi, ma possibilmente senza i socialisti. Così nascono formule varie , ma nessuno che si interroghi perché in questi circa 25 anni di scomparsa di una incisiva forza socialista, sono nati i Pds, i Ds, i pd, e tanti altri, ma ancora nessuno abbia scelto il socialismo come stella polare. Oggi sono in tanti a osservare che sono nati partiti senza cultura comune, contenitori di vari orientamenti culturali che oltre a perseguire l’obiettivo del successo elettorale, non riescono ad elaborare un orizzonte politico diverso da quello egemonizzato dal neoliberismo della scuola di Chicago, magari edulcorato con terze vie che hanno inaugurato ciò che argutamente è stato definito neoliberismo progressista. Noi a Livorno non vogliamo inaugurare un socialismo nostalgico, non intendiamo chiuderci in un recinto identitario incapace di dialogare con chi ha compiuto esperienze diverse e nemmeno pensiamo che siano sufficienti le conquiste e le esperienze del passato ad affrontare le sfide che il mondo globalizzato, quelle dell’appartenenza all’Ue, i cambiamenti culturali e sociali intervenuti e, ora, le nuove frontiere dell’economia 4.0. Sappiamo che, come disse Nenni, all’inizio degli anni ’80, anche adesso come sempre, è indispensabile rinnovarsi per non perire. Ciò non vuol dire annacquare la nostra cultura in un indistinto contenitore, ma affermarla attraverso una continua e forte iniziativa culturale e politica che sappia conquistare un nuovo spazio nel nostro Paese. Ecco l’obiettivo dei socialisti a Livorno! SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

ABBIAMO PERSO L’ORIENTAMENTO

di Valter Casolari Rojas Abbiamo perso l’orientamento, il popolo non si identifica in questa sinistra salottiera. La sinistra ha perso punto e basta. La formula PD (Sinistra Commerciale zuccherosa stile Yuppie anni 80 è fallita) la formula massimalista dei Potere al Popolo e Partito Comunista è stata ignorata, la formula zombie che camminano Grasso, Bersani e D’Alema è stata snobbata. Da dove cominciamo? forse dall’essere più umili, meno snob, più vicino ai problemi reali dei giovani che faticano a trovare lavoro, ai quarantenni/cinquantenni che perdendo il lavoro si trovano fuori mercato ma lontano dalla pensione, gli anziani che con le pensioni minime non ce la fanno. Altro che sale intellettuali, marce antifasciste, cene multiculturali, anche queste sono necessarie, ma se il popolo perde la speranza in una vita dignitosa l’unico rifugio che crede di avere, rifugio qualunquista e menzognero, sono le proposte xenofobe/razziste e populiste. Noi Socialisti cosa possiamo fare? cosa dobbiamo fare? cosa siamo? Domande che faccio senza un ordine preciso pero con un preciso intento: Intanto possiamo smettere di vedere nemici da tutte le parti, i comunisti sono messi quasi come noi, si sono autodistrutti come facemmo noi, mal comune mezzo gaudio? cavolata! Siamo messi male se gioiamo dalla disfatta altrui. Se il movimento socialista italiano rappresenta lo 0,1% è sopratutto colpa nostra non di coloro che consideriamo nemici. Cosa dobbiamo fare ebbene basterebbe superare gli steccati che abbiamo creato tra noi e tra noi e la società moderna. Dobbiamo analizzare il mondo globalizzato che non è lo stesso che vissero i nostri padri fondatori, ovvietà, è un mondo dinamico contemporaneamente più democratico ma molto meno umano. Dobbiamo individuare risposte contro il crescente precariato, percorsi per affrontare le sfide della meccanizzazione della produzione, modelli per condurre la mobilità mondiale, sistemi per sviluppare, accrescere, potenziare la coesione sociale. Alla fine capiremo cosa siamo…, Socialisti Riformisti in grado di modificare il sistema, renderlo più equo senza sovvertirlo in quanto la storia insegna che le rivoluzioni portano a maggiori iniquità e a regimi totalitari. A questo punto compagni abbiamo un appuntamento: Avanti verso Livorno “Turati aveva Ragione” 24 marzo 2018. SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

LE BASI STORICHE DELL’IDENTITA’ SOCIALISTA. TURATI E IL PACIFISMO

di Alberto Benzoni I socialisti, parlo dei socialisti della seconda internazionale, sono comparsi sulla scena dopo i democratici radicali e dopo Marx. E, a differenza dei primi e del secondo, sono stati, sin dall’inizio, convinti pacifisti. Non così i democratici, imbevuti, ancora sin dall’inizio, di quello spirito missionario, di quel senso di superiorità intellettuale e morale che gli avrebbero spinti, a partire dalla Francia giacobina e napoleonica, a promuovere una stagione di guerre di popolo per affermare i principi della Rivoluzione e, successivamente, i diritti delle nazionalità oppresse. Non così gli interventisti democratici italiani del 1915, complici oggettivi della monarchia e dei futuri fascisti, nel travestire una guerra di conquista in una contro l’Austria-Ungheria prigione di popoli. Non così l’America giustamente vincitrice di due guerre mondiali in cui era stata trascinata contro la sua volontà ma anche, prima e dopo, espressione suprema e permanente di quella stessa “vocazione missionaria“che l’ha portata, a partire dalle guerre contro indiani, messicani, spagnoli, ad essere, sino ad oggi, ad essere la nazione più bellicista e interventista del mondo. Nella veste di legislatore, giudice, poliziotto e, all’occorrenza, di boia. Non così Marx ed Engels e, dopo di loro, i leninisti. Per loro la violenza rimane la principale levatrice della storia. Si tratterà, allora, in questo quadro, di distinguere tra le guerre proprie e quelle degli altri; e all’interno di quelle degli altri, di prendere in considerazione la natura dei contendenti. In quest’ottica, Marx sosterrà sino in fondo il Nord nella guerra civile americana; sosterrà, ma solo sino ad un certo punto, la Germania nel 1870; e, infine, spingera la sua russofobia, sino a sostenere la causa turca sia nel 1854-55 che nel 1877-78 (curiosamente è in omaggio a questo principio che la Germania aprirà il primo conflitto mondiale con la dichiarazione di guerra alla Russia zarista; era, a giudizio del capo del governo “il modo più sicuro per ottenere il consenso dei socialdemocratici”). La socialdemocrazia, espressione diretta del movimento operaio organizzato avrà invece, come sua stella polare la lotta alla guerra. Un impegno che il socialismo italiano terrà fermo, pressochè da solo, anche nel 1915 (gli altri erano stati travolti dgli eventi ; i nostri erano in grado di capire esattamente che cosa gli aspettava). Un impegno che è non solo ideologico ma anche esistenziale e morale. Si è contro la guerra perchè si è contro il capitalismo che la produce per i suoi obbiettivi imperialistici, ma anche perchè la guerra è parte di un disegno complessivo tendente a bloccare con la violenza l’ascesa del proletariato, spezzandone l’unità e mettendo i fratelli contro i fratelli. Ma si è anche contro la guerra perchè questa è fonte di disastri non solo materiali ma anche intellettuali e morali intossicando la vita della collettività nazionale a danno, ancora una volta, dei ceti più deboli. Per questo Turati e Treves, e altri con loro, videro la guerra la Libia come segnale di una scelta avventurista e reazionaria dei nostri gruppi dirigenti. Per questo si opposero alla svolta antidemocratica e antiparlamentare delle “radiose giornate“; per questo lanciarono la formula politicamente inefficace ma eticamente grandiosa del “nè aderire nè sabotare“; per questo videro, correttamente, nel sorgere del fascismo, la sintesi perfetta tra una feroce lotta di classe (il cui principale bersaglio, occorrerebbe ricordarlo sempre, non furono i “comunisti”ma le istituzioni create dal socialismo riformista) e la cultura della violenza che dalle trincee si era estesa all’intera nazione. Persero, come era inevitabile; ma salvaguardarono la loro identità per le generazioni future. Ed è sulla base di questi principi che, pur partendo, negli anni del dopoguerra, da posizioni diverse, socialisti italiani e socialisti europei ricominceranno e continueranno per decenni, a tessere la loro tela. Convinti, come sono, che la salvaguardia della pace sia un obbiettivo in sè. E che, per raggiungere questo obbiettivo, bisogna certo coltivare l’arte del dialogo e della mediazione, valorizzare gli organismi internazionali, moderare se non cessare la corsa agli armamenti; ma anche e soprattutto fare i conti e marcare la distanza tra cultura socialista e cultura democratica. E con la propensione naturale di quest’ultima (e del suo stato guida, gli Stati uniti) a vedere il mondo in bianco e nero e ad interpretare le sue vicende come lotta tra Bene e Male. Sarà questa la Stella polare delle grandi figure del socialismo europeo ma anche dei Nenni e di Lombardi, di De Martino e di Craxi. E sarà questa linea ad essere travolta e successivamente dimenticata dopo la grande sbornia del 1989 e dei primi anni novanta. A determinare la dissoluzione pacifica del “socialismo reale” furono Helsinki e i “senza potere“, i socialisti europei e i revisionisti come Gorbaciov. Ma, ad intascare i frutti della vittoria sino ad appropriarsene in toto saranno i cultori del liberismo e dell’interventismo democratico. Tra cui si sarebbero ben presto arruolati gli stessi socialisti, convinti di poter tenere le redini del processo aperto dalla caduta del muro di Berlino. Oggi, a trent’anni data, il mondo è dominato dalla cultura del conflitto. E percorso da guerre d’ogni tipo e condotte con ogni mezzo; ad esclusione, almeno per ora, del conflitto militare aperto. E’ scomparso invece il suo antagonista; il pacifismo socialista. Perchè ? Possiamo invocare, a questo riguardo, ogni tipo di ragione oggettiva: a partire dalla mancanza di strumenti politici adeguati. L’Europa politica, quella Venere denunciata dai neocon americani per il suo rifiuto di associarsi alla scellerata avventura irachena, è lontana anni luce e non può essere sostituita dalle iniziative di singoli stati. I partiti socialisti, tra l’altro in fase di rapido riflusso, sono in una specie di terra di nessuno in cui non riescono ad essere nè sovranisti nè internazionalisti. I grandi forum internazionale di mediazione e di dialogo sono stati scientemente ridotti all’impotenza. E però, in questo disastro, le nostre responsabilità sono state pesanti. Siamo stati così frettolosi nel saltare sul carro del vincitore- la democrazia occidentale guidata dagli Usa– da dimenticare a casa la nostra carta d’identità. Nella convinzione, magari, che questa fosse scaduta. Ora, ci vorrà del tempo per ritrovarla. …

“SE NON SI TENTASSE SEMPRE DI NUOVO L’IMPOSSIBILE NON SI CONSEGUIREBBE MAI IL POSSIBILE” (Max Weber)

di Aldo Potenza Perchè il 24 marzo 2018 a Livorno Alcuni osservatori temono che l’appuntamento sia una rievocazione storica priva di efficacia, nulla di più errato! La nostra idea è animata dalla volontà di contribuire a sconfiggere un ambiente culturale dominato dalle idee neoliberiste e sappiamo che il compito è davvero moto difficile. Siamo però convinti che oggi se ci fosse la volontà di smaltire gli umori tossici degli ultimi 25 anni e si volesse iniziare a discutere serenamente dei problemi contemporanei e del futuro, come afferma Covatta, “nella rinnovata cornice della tradizione umanistica e libertaria del movimento socialista, traendo ispirazione da quella tradizione che intende il pluralismo prima di tutto come autonomia della cultura, della pratica sociale e del sindacato, che rifiuta la concezione totalizzante di un rinnovato partito come portatore di salvezza e di verità”. “Che guarda ai movimenti sociali come realtà autonoma da rispettare e con cui confrontarsi in un rapporto dialettico; che considera la competizione come matrice di libertà e motore del progresso sociale e civile, che considera la politica il luogo delle decisioni e non il mercato senza regole dove domina la finanza e le multinazionali”. Allora la sinistra democratica e riformista italiana potrebbe trovare nel socialismo democratico sia gli elementi culturali, sia il luogo dell’incontro per un nuovo inizio. Ecco il senso dell’appuntamento a Livorno! Il Documento Appello   SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

MICHELE DONNO: STORIA DEI SOCIALISTI DEMOCRATICI ITALIANI

Dalla scissione di Palazzo Barberini alla riunificazione con il PSI 1945-1968 «La storia ha dato loro ragione», si potrebbe affermare, leggendo i due volumi di Michele Donno, dedicati alla vicenda politica dei Socialisti democratici italiani nel primo ventennio di costruzione della Repubblica, Socialisti democratici. Giuseppe Saragat e il PSLI (1945-1952) e I socialisti democratici italiani e il centro-sinistra. Dall’incontro di Pralognan alla riunificazione con il PSI (1956-1968), pubblicati rispettivamente nel 2009 e nel 2014 ed ora riuniti in questo cofanetto. Ed infatti, i motivi allora al centro della visione di Giuseppe Saragat e dei socialisti democratici (europeismo e atlantismo, riformismo socialista e alleanza con i cattolici, americanismo e anticomunismo, economia sociale di mercato per la tutela delle fasce meno abbienti, sostegno ai ceti medi, unità e autonomia dei socialisti), a lungo negletti e criticati dalle maggiori forze politiche, soprattutto di sinistra, hanno mostrato nel tempo validità e fondatezza, a tal punto che oggi si possono riproporre come tematiche centrali nella discussione politica in Italia e per un rinnovamento radicale della visione culturale della sinistra, in crisi di identità e alla ricerca di radici. L’Autore Michele Donno Il Sito: www.micheledonno.it   Potresti essere interessato ai seguenti libri SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

PERCHE’ ANDARE A LIVORNO IL 24 MARZO

di Aldo Potenza Ci sono tante ragioni sopratutto per i socialisti che non intendono rassegnarsi al declino che c’è stato almeno dal 1994. Ma anche per essere nuovamente protagonisti e per affermare il diritto di partecipare alle decisioni politiche del proprio partito e del paese in cui si vive. Sostiene Bernard Manin che dalla democrazia dei partiti si è giunti ad un nuovo assetto dove “gli elettori diventano passivi come il pubblico di uno spettacolo, in cui è concesso solo di reagire con il consenso o il dissenso, ma non più di partecipare realmente come avveniva nella stagione dei partiti“. Di fatto le leadership politiche competono sulla ribalta elettorale senza più collegamenti rilevanti con la base dei militanti, avanzando proposte che hanno semmai l’obiettivo di scatenare fra gli elettori reazioni e applausi di un pubblico che rimane distante. La direzione dei partiti a opera dei capi plebiscitari determina la proletarizzazione spirituale e politica dei cittadini. I socialisti sono sostenitori della democrazia partecipata e contro la smobilitazione della politica per questo devono tornare a svolgere il ruolo di un tempo, sconfiggendo i rituali di una democrazia che tra leggi elettorali truffaldine, movimenti leaderistici, tentativi di modifiche costituzionali in senso oligarchico rischia di trasformarsi nell’opposto di ciò che i Padri costituenti vollero affermare con la Costituzione. Ci vorrà tempo è vero, sarà un compito difficile concordo, ma se i socialisti non si uniscono, non ci sarà mai nemmeno il tentativo. Anche per questo Livorno merita un viaggio. Sarà, se ci impegnamo tutti senza riserve, un primo passo verso il risveglio del socialismo italiano. SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

PERCHE’ E’ IMPORTANTE ANDARE A LIVORNO IL 24 MARZO?

di Aldo Potenza Luca Ricolfi sostiene che la sinistra italiana dovrebbe porsi il seguente interrogativo: “Non chi siamo, ma come è diventato il mondo in cui siamo? Perchè il primo problema della sinistra non è che non sa dove andare, ma non capisce dove si trova e se non sai dove sei , non puoi sapere che strada prendere.” “La ragione per cui la sinistra non vede le richieste di protezione del popolo è semplicemente che quello non è più il suo popolo. La sinistra che è emersa dalla rivoluzione della Terza via non ascolta le richieste e i sentimenti del popolo per l’ottimo motivo che essa, quasi ovunque e non da ieri è diventata la rappresentante di un nuovo blocco sociale, al cui centro non vi sono più operai, nè ceti deboli, nè i cosidetti ultimi” Chi rappresenterà questo popolo dimenticato? Quale avventura si profilerà allorizzonte se chi sostiene di battersi “per i più alti ideali dell’umanità: l’uguaglianza, l’inclusione, la libertà, i diritti umani, la solidarietà, il cosmopolitismo e la pace” nello smarrimento politico in cui si trova non è più in condizione di essere interprete di questi ideali? I socialisti ci sono. Oggi sono dispersi in tanti rivoli, ma sono da sempre indissolubilmente legati a questi ideali. Devono riprendere la loro missione politica ed è per questo che rivolgiamo a chiunque senta ancora viva la passione civile e politica di unirsi a noi a Livorno. Sarà un primo nuovo inizo di un cammino che non si è mai interrotto, ma che ha conosciuto solo un temporaneo arresto nella tempesta di questi ultimi anni. Compagni ovunque siate vi aspettiamo! SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

CASTELLAMONTE – ASPETTANDO IL 25 APRILE, OMAGGIO A PERTINI E A BOZZELLO

In programma, una mostra fotografica, consegna targhe, annullo filatelico, un convegno e la visita di Giuliano Amato CASTELLAMONTE – Il Club Turati del Canavese organizza “Aspettando il 25 aprile: i luoghi, la memoria…….. il futuro – “dalla Staffetta Partigiana al Partigiano Presidente”, un omaggio a Sandro Pertini e a Eugenio Bozzello nel 40° anniversario dell’Elezione a Presidente della Repubblica di Pertini e nel 70° Anniversario della Costituzione Italiana. Si comincerà sabato 17 febbraio, alle 10,30, con l’inaugurazione della Mostra fotografica intitolata “Eugenio Bozzello da staffetta partigiana a questore del Senato”, presso il centro congressi “Martinetti”. La Mostra fortemente voluta dal Direttivo del Club Turati del Canavese, vuole evidenziare l’ascesa in campo sia nel servizio civile sia nelle Istituzioni di Eugenio Bozzello, Cavaliere di Gran Croce ed ex Senatore della Repubblica Italiana; un percorso che inizia come staffetta Partigiana nelle Brigate Matteotti, Divisione Davito Giorgio sotto il comando di Urati detto “Piero Piero” Da lì un susseguirsi di impegni sindacali e politici che hanno portato Eugenio Bozzello a diventare Senatore della Repubblica Italiana, portando quindi così la voce del Canavese dapprima in Provincia di Torino e poi nell’Aula del Senato della Repubblica, arrivando addirittura al prestigioso incarico di Questore del Senato, molto apprezzato dalle più Alte Cariche dello Stato Italiano. Ecco il programma dell’inaugurazione: Saluti del Segretario del Club Turati del Canavese, Orazio Cav. Morgando Vigna; Intervento dei presenti; Conclusioni del Presidente del Club Turati, Sen Eugenio Bozzello Verole. La mostra fotografica resterà aperta tutti i pomeriggi dalle 15 alle 18. Sempre sabato 17 febbraio, durante l’apertura della Mostra Fotografica dedicata alla Vita Sociale e Politica di Eugenio Bozzello, i giovani del Club Turati del Canavese ringrazieranno il Senatore Eugenio Bozzello poiché in tutti i suoi anni di attività non si è mai dimenticato del territorio Castellamontese e Canavesano ma soprattutto non si è mai dimenticato dei suoi cittadini. Il Sen. Bozzello per esempio, fra le numerose iniziative che ha promosso, chiese più volte al Capo dello Stato di conferire per meriti Sociali e Politici ad alcuni Concittadini Castellamontesi il Titolo di Cavaliere della Repubblica Italiana. Saranno consegnate alla persona o alla famiglia dal Club Turati delle targhe ricordo personalizzate. Fra questi citiamo: Italo Grande Ufficiale Tibaldi; Ivo  Cav. Candusso; Gino Cav.  Benassi; Giovanni Cav. Bersano; Ferdinando Cav.  Bozzello Verole; Luciano Cav. Andreangeli; Mario Cav. Masiero; Sergio Cav.  Vironda; Orazio Cav  Morgando Vigna; Franco Cav. Oberto; Salvatore Cav. Giuliano; Giovanni Cav. Allera; Luigi (Gino) Cav. Peretto. Si proseguirà il 24 febbraio, sempre al centro “Martinetti”, con il convegno dal titolo “Sandro Pertini: 
da Partigiano a Presidente della Repubblica”. La giornata partirà alle 10 con il saluto del Sindaco di Castellamonte, Pasquale Mazza; a cui seguirà l’intervento del Presidente del Club Turati del Canavese Sen. Eugenio Bozzello. Alle 10,30 presentazione del Libro “Gli Impertinenti” del Prof. Enrico Cuccodoro Docente di Diritto Costituzionale Università del Salento Coordinatore Nazionale dell’Osservatorio Istituzionale per la libertà e la giustizia sociale “Sandro e Carla Pertini”. Dopo l’intervallo si proseguirà con lo Speciale Annullo Filatelico a ricordo delle Iniziative su Sandro Pertini. Dalle14,30 proiezione del Film Documentario: Mi mancherai – Ricordo di Sandro Pertini Interverrà il Prof Stefano Caretti Fondazione Studi Storici “Filippo Turati” Associazione Nazionale Sandro Pertini. Chiusura lavori a cura dell’ On. Mauro Del Bue Direttore dell’Avanti Infine, il 5 aprile, alle 16, presso la Sala del Consiglio Comunale, con “Sandro Pertini e la Costituzione Italiana”. Dopo i saluti istituzionali del Sindaco, interverrà il Prof. Giuliano Amato, Giudice della Corte Costituzionale, Ex Presidente del Consiglio dei Ministri. Concluderà il Sen. Eugenio Bozzello, Presidente del Club Turati del Canavese. Fonte: obiettivonews.it SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

QUEL GIORNO CON PIETRO NENNI A TARANTO

Nella foto si intravedono appena Liliana e Giuseppe Stea di Giuseppe Stea Mio padre Marco, negli anni ’40, ’50 e ’60 del secolo scorso, oltreché segretario della sezione PSI di Palagiano, fu, tra le altre cose, componente del direttivo provinciale, dell’esecutivo provinciale insieme a Giuseppe Bogoni, Luigi Ladaga, Giovanni Dilonardo ed altri compagni, delegato ai congressi nazionali di Venezia, Napoli, Milano, Roma, assessore alla Provincia di Taranto nella prima giunta di centro-sinistra. Già candidato alla Camera dei Deputati nel 1953, fu candidato, ancora alla Camera dei Deputati, anche nelle elezioni del 1958; sarebbe stato, poi, candidato al Senato della Repubblica nel 1963. Nella campagna elettorale del 1958 fu annunciato il comizio di Pietro Nenni, leader storico del PSI, a Taranto in Piazza della Vittoria. Naturalmente mio padre sarebbe stato sul palco; consapevole dell’importanza di quell’evento volle portare con sé anche i suoi due figli: me e mia sorella Liliana. Non avevo ancora 10 anni, mia sorella quasi 4 anni più di me. Piazza della Vittoria era stracolma e piena di bandiere rosse: ero emozionato, ma la presenza imponente di mio padre al mio fianco mi rassicurava. Guardavo con ammirazione Pietro Nenni: ai miei occhi di bambino era come se un mito, di cui tante volte mi aveva parlato mio padre, si materializzasse per incanto. Pietro Nenni, con la sua voce roboante, entusiasmò quanti erano in Piazza della Vittoria. La segreteria provinciale del PSI aveva deciso di far consegnare (come si usava allora) un mazzo di garofani a Pietro Nenni, alla fine del comizio: fu mia sorella Liliana, anche lei emozionatissima, a consegnarglielo tra gli applausi festosi dell’intera piazza. Pietro Nenni si avvicinò a mio padre per salutarlo e gli chiese chi fosse il ragazzino che era con lui; mio padre mi presentò: Pietro Nenni mi accarezzò sulla guancia e dopo aver preso un garofano dal mazzo che gli era stato donato, me lo regalò dicendomi: “mi raccomando, portalo sempre nel tuo cuore”. Son passati 60 anni da quel comizio, ho seguito altre strade in politica, sempre a sinistra e con una visione ed una pratica unitarie, ma il ricordo è ben vivo in me e soprattutto son ben vive quella carezza e quelle parole. SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

TERRACINI, L’AVVOCATO CHE AVEVA FONDATO IL PCI ALLA FINE DISSE: «AVEVA RAGIONE TURATI…»

di Giuseppe Loteta Correva l’anno 1968 quando le città universitarie italiane furono investite dall’uragano della contestazione studentesca. A Roma, in aprile, gli studenti avevano reagito alle cariche della polizia. E fu la “battaglia” di Valle Giulia. Seguita pochi giorni dopo, in piazza Cavour, dalla rivincita dei poliziotti, che effettuarono una dura carica durante una manifestazione, colpendo indiscriminatamente chi si trovava a portata di manganello e di calcio di moschetto. A l’Astrolabio, il settimanale fondato da Ernesto Rossi e diretto da Ferruccio Parri, seguivamo gli eventi con interesse e partecipazione. E pensammo di intervistare Umberto Terracini. Chi meglio di lui, comunista eterodosso e dall’assoluta libertà di giudizio? Eravamo convinti che non avrebbe sposato la cautela del Pci nel seguire l’evolversi del movimento studentesco in Italia e in tutta Europa, che non sarebbe stato insensibile, lui, vecchio rivoluzionario, alle posizioni “barricadere” degli studenti, alla loro pratica di una democrazia diretta. Chi ci va? Proprio in quei giorni era ritornato dalla Francia Giampiero Mughini, dopo avere partecipato alle manifestazioni del maggio studentesco e disselciato dalle strade parigine la sua porzione di pavé. Era un collaboratore del giornale e si trovava con noi in redazione quando decidemmo di chiedere l’intervista. È la persona più indicata, pensammo. Tuttavia, c’era un problema. Rispondendo alla nostra telefonata, Terracini ci aveva detto che era disponibile subito. Ma Mughini indossava una vistosa camicia a fiori, un pantalone a zampa d’elefante e scarpe da tennis. Impossibile farlo andare in quelle condizioni. Ognuno di noi si tolse di dosso qualcosa, giacca, camicia, pantaloni, cravatta, scarpe, e lo vestimmo di tutto punto. Andò all’appuntamento. E dovette fare i conti, anzitutto, con un singolare rituale. Quando riceveva un ospite nel suo studio di ex presidente dell’Assemblea Costituente, Terracini faceva accomodare l’ospite in una capiente poltrona di pelle e lui si sedeva su uno sgabelletto di legno. Se andavi a trovarlo per la prima volta, l’operazione ti lasciava di stucco. Provavi ad alzarti, a protestare. Ma lui, inflessibile, ti rimetteva giù. «Questa è la regola», diceva. E si parlava. Mughini cominciò con le domande. E Terracini, dal suo sgabelletto, lo gelò. Che cosa pensava della contestazione studentesca, dei moti che dai Campus americani si erano rapidamente estesi in tutta Europa, in Francia, in Germania e ora in Italia? «Chi frequenta una scuola secondaria o un’Università», rispose Terracini, «si definisce studente proprio perché il suo compito prioritario è quello di studiare: È questo che deve fare. Se, poi, vuole occuparsi anche di politica, fa bene a farlo. Si iscriva a un partito. In un paese democratico non mancano certo le occasioni per far politica». Ma le loro idee? «Proprio perché sono impegnati dallo studio ad una conoscenza panoramica ma superficiale dell’intero scibile, gli studenti sono predisposti per acerbità della loro mente, più ricettiva che elaboratrice e critica, a recepire in ibrida commistione, che spesso è semplicemente confusione, le più svariate concezioni filosofiche con le corrispettive appendici sociali e politiche». La democrazia diretta, le assemblee che decidono tutto? «Fandonie. La democrazia non può che essere rappresentativa». Risposte quanto mai controcorrente rispetto al vezzo allora imperante nella sinistra italiana di adulare la gioventù sessantottina e di fare proprie, anche se con molta cautela, le motivazioni della rivolta studentesca. Ma controcorrente Terracini aveva sempre navigato, pagando spesso di persona, tutte le volte che la coscienza gli aveva imposto di farlo. Poco più che ventenne è nella direzione del partito socialista. Nel gennaio del 1921, nel congresso di Livorno, la corrente massimalista, guidata da Bordiga, Tasca, Gramsci, Togliatti e Terracini, si scinde dall’ala riformista, guidata da Filippo Turati, e fonda il partito comunista. E nello stesso 1921, pochi mesi dopo, al terzo congresso dell’Internazionale comunista, che si svolse a Mosca dal 22 giugno al 12 luglio, Terracini da una prima convincente prova del suo anticonformismo. È un episodio che vale la pena di raccontare. Nei quindici mesi precedenti erano successe tante cose. La neonata Russia sovietica era stata investita da una forte carestia e da un’ondata di scioperi. In marzo era avvenuta la rivolta libertaria dei marinai della base navale di Kronstadt, non lontano da San Pietroburgo, che Lenin e Trockij avevano represso con le armi. Nel 1920 Lenin aveva scritto “L’estremismo malattia infantile del comunismo” e l’aveva distribuito ai partecipanti del secondo congresso dell’Internazionale, alcuni dei quali erano citati nel testo. Pochi mesi prima in Germania era stata stroncata un’azione rivoluzionaria dei comunisti, guidata da Bela Kun. Ce n’era d’avanzo perché i sovietici si presentassero al terzo congresso con una piattaforma moderata, di netto rigetto delle fughe a sinistra. Nella relazione introduttiva, Trockij condannò nettamente l’estremismo, senza escludere la possibilità di un dialogo temporaneo con forze riformiste. Sulla stessa linea, l’intervento di Zinoviev e il documento conclusivo stilato da Radek. A questo punto il congresso sembrava concluso. Chi avrebbe osato opporsi alle tesi della dirigenza sovietica? Ma, quando giunse il suo turno, Terracini salì alla tribuna e pronunciò un duro e appassionato intervento che faceva a pugni con la linea morbida dei sovietici. «La Terza Internazionale», disse, «deve ancora combattere una grande battaglia contro le tendenze di destra, contro le tendenze centriste, semicentriste e opportuniste… È una lotta che ci sta ancora dinanzi in tutta la sua grandezza». Mentre parla ha un vivace battibecco con Trockij. «Il compagno Trockij scuote la testa: sembrerebbe che non creda a quello che sto dicendo». «Non mi riferisco soltanto a quello che stai dicendo in questo momento». «L’ho ben intuito. Posso tuttavia dire con certezza che la mia affermazione corrisponde al vero stato d’animo del proletariato italiano». Dopo Terracini è Lenin a prendere la parola. Conclude il dibattito invitando i congressisti a votare la risoluzione presentata dai sovietici. Polemizza garbatamente con Terracini. Prima di salire sul palco aveva incrociato il delegato italiano che ne discendeva. Gli aveva poggiato sorridendo una mano sulla spalla e gli aveva mormorato: “Plus de souplesse, camerade Terracini, plus de souplesse”. Ma è ancora niente. Nella seconda metà degli anni Venti, Terracini è un dirigente comunista affermato, maturo. Affascina compagni ed avversari con il rigore della sua …