ELEZIONI EUROPEE: CHE FARE?

Elezioni europee, la domanda nasce spontanea: che fare?Chiediamoci nel frattempo che cosa sia rimasto di quello che fu il Manifesto di Ventotene, alla luce dei fatti di oggi, tanto in Europa quanto in Italia.Sarebbe il caso anche di interrogarci rispetto a dove possa essere finita quell’idea europeista unitaria per cui si spesero Rossi, Colorni e Spinelli, perché sembra proprio se ne sia persa ogni traccia, vista l’incapacità dei governi nell’affrontare con spirito cooperativo le nuove sfide che un mondo globalizzato e in evoluzione ci impone. Cambiamenti climatici, migrazioni di popoli, pace e lotta alle diseguaglianze sembra non rientrino nell’agenda di chi ci governa e dovessero rientrare il tutto viene derubricato o utilizzato strumentalmente per soli fini elettoralistici.L’Europa, intesa come entità politica, non la si deve ricercare entro dei confini nazionali quanto in un sistema valoriale comune.Le continue manifestazioni autoritarie e illiberali sono sotto agli occhi di tutti, in Ungheria tanto quanto nel nostro paese.Come si può pretendere di essere e fare l’Europa con chi calpesta i diritti civili, con chi in spregio ad ogni minimo senso umanitario parla di bloccare le frontiere? Davanti a questi pericoli è necessario dare delle risposte chiare ed efficaci.Andare a votare per il “meno peggio” rappresenta l’illusione di poter ancora fermare la barbarie.Ma la barbarie ce l’abbiamo in casa e per certi versi si misura anche con la disaffezione al voto.Se ormai un cittadino su due non esercita più questo diritto significa che il sistema dei rappresentanti non è riconoscibile e distinguibile al suo interno.Per tornare alla domanda iniziale, recuperare in senso autentico ciò che il Manifesto di Ventotene auspicava diventa una condizione imprescindibile per uscire da questa situazione generale che sembra volgere insistentemente verso l’autoritarismo.I principi di Libertà e Giustizia Sociale, unitamente alla ricerca della Pace e della Felicità non devono essere negoziabili.Se si vuole parlare di Europa si parta da qui. Socialismo o Barbarie, diceva Rosa Luxemburg.E allora diamoci una mossa a costruire un partito socialista, plurale e pluralista, che diventi riferimento nel nostro paese come in Europa, perché è l’unico antidoto alla barbarie che purtroppo per noi tutti è dietro l’angolo.Avanti! SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

CENSURATO DA “TELEMELONI” IL MONOLOGO SUL 25 APRILE DI ANTONIO SCURATI

Ecco il testo integrale del monologo di Antonio Scurati, incentrato sul tema del 25 aprile, che lo scrittore avrebbe dovuto leggere durante la trasmissione “Che sarà” su Rai3. Intervento che è stato invece annullato. Il testo è stato pubblicato da Repubblica.it “Giacomo Matteotti fu assassinato da sicari fascisti il 10 di giugno del 1924. Lo attesero sottocasa in cinque, tutti squadristi venuti da Milano, professionisti della violenza assoldati dai più stretti collaboratori di Benito Mussolini. L’onorevole Matteotti, il segretario del Partito Socialista Unitario, l’ultimo che in Parlamento ancora si opponeva a viso aperto alla dittatura fascista, fu sequestrato in pieno centro di Roma, in pieno giorno, alla luce del sole. Si batté fino all’ultimo, come lottato aveva per tutta la vita. Lo pugnalarono a morte, poi ne scempiarono il cadavere. Lo piegarono su se stesso per poterlo ficcare dentro una fossa scavata malamente con una lima da fabbro. Mussolini fu immediatamente informato. Oltre che del delitto, si macchiò dell’infamia di giurare alla vedova che avrebbe fatto tutto il possibile per riportarle il marito. Mentre giurava, il Duce del fascismo teneva i documenti insanguinati della vittima nel cassetto della sua scrivania.In questa nostra falsa primavera, però, non si commemora soltanto l’omicidio politico di Matteotti; si commemorano anche le stragi nazifasciste perpetrate dalle SS tedesche, con la complicità e la collaborazione dei fascisti italiani, nel 1944.Fosse Ardeatine, Sant’Anna di Stazzema, Marzabotto. Sono soltanto alcuni dei luoghi nei quali i demoniaci alleati di Mussolini massacrarono a sangue freddo migliaia di inermi civili italiani. Tra di essi centinaia di bambini e perfino di infanti. Molti furono addirittura arsi vivi, alcuni decapitati.Queste due concomitanti ricorrenze luttuose – primavera del ’24, primavera del ’44 – proclamano che il fascismo è stato lungo tutta la sua esistenza storica – non soltanto alla fine o occasionalmente – un irredimibile fenomeno di sistematica violenza politica omicida e stragista. Lo riconosceranno, una buona volta, gli eredi di quella storia? Tutto, purtroppo, lascia pensare che non sarà così. Il gruppo dirigente post-fascista, vinte le elezioni nell’ottobre del 2022, aveva davanti a sé due strade: ripudiare il suo passato neo-fascista oppure cercare di riscrivere la storia. Ha indubbiamente imboccato la seconda via.Dopo aver evitato l’argomento in campagna elettorale, la Presidente del Consiglio, quando costretta ad affrontarlo dagli anniversari storici, si è pervicacemente attenuta alla linea ideologica della sua cultura neofascista di provenienza: ha preso le distanze dalle efferatezze indifendibili perpetrate dal regime (la persecuzione degli ebrei) senza mai ripudiare nel suo insieme l’esperienza fascista, ha scaricato sui soli nazisti le stragi compiute con la complicità dei fascisti repubblichini, infine ha disconosciuto il ruolo fondamentale della Resistenza nella rinascita italiana (fino al punto di non nominare mai la parola “antifascismo” in occasione del 25 aprile 2023). SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

SCORTE AI MINIMI TERMINI E RAFFINAZIONE IMPOTENTE DIETRO L’IMPENNATA DELLA BENZINA

di Salvatore Carollo – Steffetta Quotidiana | Le riflessioni controcorrente In questa riflessione contro corrente, con il consueto stile dissacratore, Salvatore Carollo spiega come mai la benzina “sembra proiettata a toccare picchi mai visti nella storia moderna del petrolio”. Da un lato, “le scorte commerciali mondiali di benzina presso i sistemi di raffinazione sono ai minimi livelli degli ultimi 10 anni” ed è impensabile che possano essere ricostituite in tempi utili per la campagna estiva. Dall’altro, la crisi del sistema di raffinazione italiano espone il fianco a problemi di approvvigionamento che vanno oltre i confini nazionali e hanno un impatto non solo sui prezzi della benzina, ma anche su quelli a monte di Brent e Wti. L’estate sta arrivando e la benzina sta salendo. Sembra il titolo di una canzone, ma purtroppo non lo è. È invece la fotografia di un’altra crisi annunciata e ricercata in tutti i modi possibili dai paesi industrializzati, con in testa la “verde” Europa e la “non curante” Italia. Prendiamo alcuni dati certi pubblicati dalle principali fonti di informazione mondiali (Aie, Opec, Eia). La domanda mondiale di petrolio (o meglio di prodotti finiti) si aggira leggermente al di sopra di 100 milioni di barili/giorno. Per soddisfare questa domanda occorre produrre petrolio greggio al ritmo di almeno 100 milioni di barili/giorno. E questo, in qualche modo sta succedendo. Non stiamo affrontando una crisi di offerta di petrolio (inteso come materia prima) a livello mondiale. Il problema che abbiamo davanti è che nessuno di noi usa il petrolio per i propri consumi. Nelle macchine mettiamo benzina o gasolio e negli aerei mettiamo jet fuel. Sembra una affermazione banale, lapalissiana, ma, purtroppo, i grandi analisti del mercato petrolifero sembrano ignorare questa elementare verità e parlano dei grandi sistemi e delle dinamiche geopolitiche che influenzano o potrebbero influenzare la produzione della materia prima chiamata petrolio greggio. Discussioni assolutamente brillanti ed interessanti, ma che non spiegano perché la benzina sta andando alle stelle e sembra proiettata a toccare picchi mai visti nella storia moderna del petrolio. Ripeto, in una situazione in cui c’è ampia disponibilità di petrolio greggio e non si può derivare l’aumento del prezzo della benzina da uno shortage di petrolio. Se mai è il contrario. L’alto prezzo dei prodotti spinge in alto quello del petrolio greggio. È come se avessimo una diga con un lago pieno d’acqua, ma senza una sufficiente capacità di trasporto dell’acqua per farla arrivare in città. Avremmo eccesso di acqua a monte e siccità a valle. Invocare la mancanza di pioggia a causa dei cambiamenti climatici sarebbe solo ridicolo. Le scorte commerciali mondiali di benzina presso i sistemi di raffinazione sono ai minimi livelli degli ultimi 10 anni e non c’è nessuna prospettiva che possano essere ricostituite in tempi utili per la campagna estiva. Bisognerebbe disporre di una capacità di raffinazione che semplicemente non c’è (più). I dati più recenti ci informano che la capacità di raffinazione mondiale disponibile si aggira fra 83 e 85 milioni di barili/giorno, evidenziando uno shortage rispetto alla domanda globale di prodotti fra 15 e 17 milioni di barili/giorno. In particolare, i paesi Ocse hanno perso 2 milioni di barili/giorno di capacità nel corso degli ultimi cinque anni. Ciò vuol dire che il petrolio che viene trasformato in prodotti finiti è soltanto 83-85 milioni di barili/giorno. Il resto rimane allo stato di materia grezza nelle scorte sparse in giro per il mondo. Le scorte galleggianti o viaggianti su navi petroliere sono altissime. Altro che disquisire sugli effetti della crisi in Medio Oriente o sui pensieri reconditi dei paesi Opec. La richiesta da parte di molti politici e governati rivolta all’Opec ed all’Arabia Saudita di aumentare la produzione di greggio, è fuorviante, solo un modo di deviare l’attenzione della pubblica opinione dalle loro precise responsabilità. Disporre di capacità di raffinazione in cui trasformare il petrolio greggio nei prodotti finiti che servono al proprio mercato nazionale non è e non può essere una responsabilità dei paesi produttori, ma è una scelta strategica ed economica di ogni singolo paese. L’Italia è stata per decenni il principale paese raffinatore d’Europa ed esportatore di benzina e gasolio verso i mercati redditizi del Nord Europa e del Nord America. Eravamo uno dei quattro hub petroliferi del mondo, insieme a Rotterdam, Houston e Singapore. Eravamo decisivi nel determinare il prezzo dei prodotti petroliferi e potevamo garantirci i rifornimenti al più basso prezzo possibile. Ai fautori dell’Italia hub del gas suggerisco di studiare questo periodo storico in cui l’Italia sapeva cosa e come fare per essere un hub di qualcosa. Tutto questo ormai è storia. Il nostro sistema di raffinazione è in crisi profonda. Non si registrano più investimenti significativi (a parte la manutenzione minima degli impianti esistenti) per garantire l’adeguamento alle nuove richieste di qualità dei mercati più redditizi. Ma di questo nessuno vuole parlare. Ci si attacca alle statistiche in cui si mostra l’esistenza di un’ampia disponibilità di impianti senza informazioni sulla loro vetusta età e prospettiva di durata. La situazione contingente che garantisce margini di raffinazione altissimi (a causa della mancanza di prodotti sui mercati mondiali) allontana nel tempo il momento della chiusura di molti degli impianti esistenti. Eppure, stiamo vedendo che si procede a ridurre la capacità esistente in modo surrettizio, chiamando la chiusura in modo diverso, ovvero come trasformazione in bio-raffineria. In realtà, si fermano tutti gli impianti di una raffineria, lasciando operativi solo uno o due impianti minori per processare delle biomasse. Non si dice però che questa “trasformazione” ha finora comportato la scomparsa di 15 milioni di tonnellate di capacità a fronte degli 1,5 milioni di tonnellate di bio-raffineria rimasti, con una riduzione netta di 13,5 milioni di tonnellate, perse per sempre. Impianti di altissima tecnologia, fermatisi a causa di incidenti, non sono stati più riattivati, come l’impianto Est di Sannazzaro che, fermatosi il 1° dicembre 2016, non è stato ancora riattivato. Non solo, ma nell’ultima presentazione del piano strategico, il 14 marzo scorso, il Ceo Eni, Claudio Descalzi, ha detto che sta pensando a “riconvertire la raffineria …

“MADE IN ITALY” MA SANNO QUELLO CHE FANNO ?

Il Governo italiano ha dichiarato il 15 aprile 2024 “LA PRIMA GIORNATA DEL MADE IN ITALY”. Scrive il sito del Ministero delle Imprese e del Made in Italy: <<La Legge Quadro per il Made in Italy mira a sostenere e promuovere, sia a livello nazionale che internazionale, le eccellenze produttive e il patrimonio culturale del nostro Paese. È un impegno verso la valorizzazione del Made in Italy, un marchio che racchiude la qualità, l’innovazione e la tradizione del nostro tessuto imprenditoriale e culturale.>> Il Governo Meloni ha scelto il 15 aprile perché il 15 aprile 1452 nacque LEONARDO da VINCI; quindi quale miglior rappresentante dell’eccellenza e dell’innovazione italiane ? LEONARDO : ITALIANO, CRISTIANO, PADRE; mi viene spontaneo attribuirgli – al maschile – gli attributi di ITALIANA, CRISTIANA, MADRE, espressi vigorosamente dalla Signora Giorgia Meloni al congresso dei partito spagnolo Vox.              Verifichiamo gli attributi.              ITALIANO. Il padre si chiamava PIERO, era notaio ed era italiano; la madre si chiamava CATERINA, forse il nome originale era ЕКАТЕРИНА. Il nonno materno di LEONARDO si chiamava JACOB (ДЖЕЙКОБ) che governò uno dei regni dei CIRCASSI sugli altopiani delle montagne settentrionali del Caucaso.              CATERINA fu rapita, giovanissima, probabilmente dai tartari e fatta schiava, poi rivenduta ai veneziani. Fu condotta fino ad Azov, alla foce del fiume Don, da cui poi fu trasportata, attraverso il Mar Nero, intorno al 1439 a Costantinopoli; qui passò in mano a mercanti veneziani che la trasferirono nella laguna di Venezia l’anno dopo.              A VENEZIA viveva il fiorentino, Donato di Filippo di Salvestro Nati, che aveva al proprio servizio schiave provenienti da terre del Mar Nero, del Levante e da Azov. Nel 1442 rientra a Firenze e porta con sé anche la schiava CATERINA.              Il 2 novembre 1452 il notaio PIERO DA VINCI riceve la signora Ginevra d’Antonio Redditi, moglie di Donato di Filippo di Salvestro Nati, padrona di CATERINA e rogita l’atto di liberazione dalla schiavitù di CATERINA stessa.              Nel rogito notarile Caterina è identificata come “filia Jacobi eius schiava seu serva de partibus Circassie”.              Questa è l’italianità di LEONARDO.              CRISTIANO.              LEONARDO SCRISSE : «E se noi dubitiamo della certezza di ciascuna cosa che passa per i sensi, quanto maggiormente dobbiamo noi dubitare delle cose ribelli ad essi sensi, come dell’essenza di Dio e dell’anima e simili, per le quali sempre si disputa e contende. E veramente accade che sempre dove manca la ragione suppliscono le grida, la qual cosa non accade nelle cose certe». E’ lui che esprime il suo antidogmatismo; non occorrono commenti. Questa è la sua antireligiosità. PADRE. Non si sposò. Leonardo, 24 anni, fu arrestato per sodomia e il 9 aprile del 1476 iniziò il processo. Lavorava presso la bottega di Andrea del Verrocchio.  Una denuncia anonima accusava il giovane orafo Jacopo Saltarelli di essere “parte di cose assai miserabili compiute per compiacere le persone che ne fanno richiesta” e si faceva il nome di quattro persone: un sarto di nome Baccino, un certo Bartolomeo di Pasquino, Leonardo Tornabuoni e Leonardo da Vinci. Il Tornabuoni apparteneva ad influente famiglia fiorentina e ciò pesò sulla sentenza che fu di solo ammonimento per tutti. LEONARDO non scrisse mai della sua sessualità e non ebbe figli. Concludo con questa opinione. Non è sbagliato riconoscere LEONARDO come simbolo di eccellenza e di innovazione. E’ sbagliato riconoscere che una persona è normale perché è italiana, cristiana, madre. SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

PERCHE’ OGGI E’ NECESSARIO ESSERE SOCIALISTI

Care compagne e cari compagni,mi rivolgo a voi partendo da una questione che mi sono posto: perché oggi è necessario essere socialisti e cosa dovrebbero fare i socialisti nel loro agire politico per cambiare lo stato di cose presenti?Ho cercato innanzitutto di guardare alla situazione generale internazionale, a quella dell’Europa e più strettamente del nostro paese.Da decenni assistiamo al proliferare di sempre nuove guerre, il più delle volte mosse dalla necessità di accaparramento delle risorse naturali, dagli effetti degli sconvolgimenti climatici e dal dilagare delle differenze economiche tra un nord ed un sud del mondo.Gli organismi internazionali nati dopo la seconda guerra mondiale dimostrano tutta la loro inefficacia nell’arginare questa deriva. Mancano di autorevolezza politica, ma anche di capacità nell’elaborare un’idea di futuro.Dal bipolarismo tra Usa e Urss siamo passati al multipolarismo planetario, i cui protagonisti sono un insieme ristretto di paesi che dettano l’agenda del mondo nel continuo tentativo di dominarsi reciprocamente, minando così i fragili equilibri che reggono la pace e la convivenza tra i popoli.In questo contesto si inserisce la fragilità dell’Europa, un continente vecchio non solo anagraficamente, relegato ad ancella di interessi d’oltreoceano e non ancora in grado di esprimere una propria identità culturale e politica al passo con i tempi che corrono. Nel nostro paese, estremamente debole politicamente, gli effetti della crisi internazionale si amplificano ulteriormente.Il nostro ruolo internazionale è ridotto ai minimi termini mentre la situazione interna è caratterizzata da una crisi economica ormai strutturale, aggravata da una mancanza di visione di lungo respiro da parte di chi ci governa ma anche di chi dovrebbe rappresentare una valida alternativa.Manca in maniera inequivocabile la politica, intesa come cura della polis, ovvero dell’insieme di relazioni che governano una comunità, come strumento per ridurre le diseguaglianze sociali, come soluzione in grado di conciliare welfare e competitività, che metta al centro la Persona assieme alla socializzazione dei saperi, come paradigma per costruire una solida idea di Stato.Chi fa politica nel nostro paese, nella stragrande maggioranza dei casi, risponde il più delle volte ad interessi particolari, personali, di gruppo, di corrente, di riferimento sociale. Non si guarda più all’interesse collettivo, alla crescita armonica delle varie componenti sociali, ma si ci si limita ad amministrare senza guardare troppo lontano: una politica che non è missione bensì ufficio.I partiti, o meglio ciò che ne rimane, non assolvono più al loro compito politico, organizzativo e sociale, ovvero essere linfa per l’agire e lo sviluppo della democrazia, ma, sempre più liquidi, se non evanescenti, risultano non distinguibili, tant’è che ormai gran parte dei cittadini li giudica con l’ormai nota frase “tanto sono tutti uguali”, lasciando così spazio al populismo e all’antipolitica senza partecipazione, che altro non sono che l’anticamera dell’autoritarismo. Alla luce di tutto ciò, essere ed agire politicamente da socialisti rappresenta oggi una questione vitale, per noi e le future generazioni.Ma per essere ed agire in questa direzione è necessario potersi organizzare in una nuova entità che faccia da riferimento serio e concreto ad una chiara identità socialista, plurale e pluralista.Non è reducismo, non sarà la nostalgia ad accompagnarci nel nostro cammino, ma una volontà decisa che sappia guardare ad un mondo in continua evoluzione, tanto ai cambiamenti sociali quanto a quelli climatici con tutto ciò che ne concerne, con l’intenzione a riaffermare soprattutto i principi di libertà e giustizia sociale.Per questo è nato Socialismo XXI.Ma per realizzare questi obiettivi è necessario l’apporto di ognuno di noi, ciascuno secondo le proprie possibilità. SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

I PARADOSSI DELLA CRESCITA NELL’ERA DEL TURBOCAPITALISMO

di Giorgio Ruffolo | L’organizzazione fordista del lavoro assicurava, al costo di una alienazione disumanizzante, un alto grado di sicurezza del posto di lavoro e facilitava la contrattazione collettiva, rafforzando i sindacati. È proprio questo paradigma sociale che oggi la rivoluzione informatica, sostituendo al modello della standardizzazione quello della differenziazione, ha mandato in pezzi. La vecchia alienazione si è dissolta in un’alienazione di grado superiore. La riduzione della società a mercato comporta una destrutturazione sociale devastante. In un mondo civile il mercato va contenuto in un contesto di relazioni non mercantili, e questo non può che essere prima di tutto rappresentato dalla politica. Oggi viceversa l’equilibrio tra mercato e politica – il vero segreto della superiorità dell’Occidente – si sta rompendo e corrompendo sotto i nostri occhi.Tutti i grandi economisti classici, da Smith a Marx a Keynes, hanno considerato la ricchezza e la sua crescita come un mezzo e non come un fine. Prima di essere economisti erano umanisti. Il segreto della crescita, e il solo modo concreto per perseguire il sogno dell’abbondanza, secondo loro, era il progresso tecnico. Sostanzialmente, si tratta di sostituire le macchine agli uomini: una possibilità che anche gli antichi greci e romani prospettavano, considerandola però o utopistica o dannosa.“Se ogni attrezzo potesse eseguire su ordinazione, o per suo proprio conto, il compito che gli è assegnato, l’architetto non avrebbe più bisogno di manovali, né il padrone di schiavi. Se la spola potesse correre da sola sulla trama, l’industria non avrebbe bisogno di operai” scriveva Aristotele.E l’imperatore Diocleziano comandava all’inventore di un marchingegno che permetteva di sollevare meccanicamente le immani colonne dei suoi templi, di bruciare quel suo progetto, che avrebbe provocato disoccupazione e fame “per i suoi poveri proletari”. Più recentemente l’economista Sismonde de Sismondi configurò l’esito estremo dell’automazione in una metafora settecentesca: il re d’Inghilterra che, girando una manovella, produce tutto quanto è necessario ai suoi sudditi. E si domandava: che ne sarà dei sudditi? Ai nostri tempi, John Maynard Keynes formulò invece una profezia ottimistica. Il progresso tecnico era andato ormai tanto avanti da far prevedere che assai presto gli uomini avrebbero potuto procurarsi tutti i beni necessari alla loro sopravvivenza e al loro comfort con due o tre ore di lavoro al giorno, dedicando il resto al riposo e a cose più serie, come l’amore e la cultura. Breve storia di un secolo In effetti, se c’è un secolo nel quale ci si è più avvicinati a quel sogno, è proprio il nostro, quello di cui abbiamo appena doppiato il capo: il Novecento.Nell’insieme del Novecento la produzione complessiva di beni e servizi nel mondo è cresciuta del 2,9 per cento all’anno e il prodotto pro-capite dell’ 1,4%, rispetto all’1,3 e allo 0,8 % rispettivamente nell’Ottocento; e a cifre molto vicine al niente per cento nella media dei secoli precedenti. Se come indice sintetico della “felicità pubblica” si assumesse quello della durata media dell’esistenza ( per la ricchezza quello del prodotto nazionale è altrettanto grossolano) constateremmo che essa è aumentata da meno di 40 anni nel 1820 a circa 50 nel 1900 e a 77 nell’ultimo decennio del XX secolo nei paesi industriali (60 nei paesi arretrati).Naturalmente, parlare del Novecento come di un periodo omogeneo sarebbe del tutto fuorviante. Il “secolo lungo” che abbiamo alle spalle deve essere diviso, per quanto riguarda lo sviluppo economico e il benessere sociale dei paesi capitalisti più avanzati, in quattro fasi distinte: una prima belle époque di prosperità economica e di aumento generale medio del benessere, dal 1880 al 1914; un’età dei torbidi, di guerre, crisi, disoccupazione, stragi e conflitti sociali e ideologici, fino al 1945; una seconda belle époque di grande prosperità economica di relativa pace mondiale e di parallelo miglioramento del benessere sociale, nonostante l’incombente minaccia della catastrofe nucleare, fino agli anni Settanta; e una quarta fase, che è quella nella quale viviamo, e alla quale non sappiamo ancora dare un nome. Si tratta di una nuova età dei torbidi? O di una rinnovata belle époque?Il quadro che ci si presenta non è né catastrofico, né rassicurante. Certo: non c’è stata alcuna catastrofe, né alcuna depressione paragonabile a quella tragica che segnò gli anni Trenta. Negli anni Settanta l’inflazione e la crisi petrolifera avevano fatto temere che il sistema capitalistico potesse precipitare in una nuova crisi verticale. Ma già verso la fine del decennio l’economia riprendeva il cammino della crescita. Tuttavia, a un ritmo sensibilmente e progressivamente più lento: 5% negli anni Sessanta, 3,6% nei Settanta, 2,8% negli Ottanta, 2% nei primi cinque anni dei Novanta.Inoltre è emerso per la prima volta nella storia lo spettro dei limiti della crescita nel senso della sua sostenibilità ecologica. Infine, mente la crescita ha continuato ad aumentare, si sono fatti sempre più evidenti i segni di un peggioramento della qualità sociale.Molti sono gli indizi di aumento del disagio sociale. Nella prima belle époque era stridente, tra la fine del secolo XIX e l’inizio del XX, il contrasto tra la relativa soddisfazione della maggioranza della popolazione e l’inquietudine talvolta disperata dei suoi intellettuali. Se si può avanzare una opinione azzardata, oggi si ha la sensazione di una inquietudine delle masse cui fa riscontro un narcisistico e soddisfatto compiacimento degli “intellettuali”. Lo spartiacque degli anni Settanta Comunque sia, è sempre più evidente che il quinquennio 1970-75 ha segnato uno spartiacque, tra una epoca di convergenza della crescita economica e del benessere sociale e una della quale il meno che si possa dire è che la intensità e la direzione delle due grandezze si è fatta incerta.Che cosa salta agli occhi, nel gettare uno sguardo al mondo immediatamente precedente quel quinquennio e a quello immediatamente successivo? Io direi, la “convergenza” e rispettivamente la “divergenza”. Nel primo quinquennio – beninteso, nei paesi del capitalismo avanzato – si assisteva a una felice convergenza delle grandezze più significative della prosperità e del benessere sociale. Procedevano monotonicamente, nello stesso senso e grosso modo allo stesso ritmo, la produzione globale, la produttività, l’occupazione, i profitti, i salari, nella media generale. Tendenze divergenti nei vari settori, …

PRATO, PER IL CENTENARIO DEL DELITTO MATTEOTTI

COMUNICATO STAMPA L’Associazione Socialismo XXI, l’Associazione Communia e l’ANPI Provincia di Prato, hanno organizzato l’iniziativa per il centenario del delitto di Giacomo Matteotti, con la partecipazione di Angela Riviello dell’ANPI provinciale, Luigi Ferro Presidente Nazionale di Socialismo XXI, Giorgio Benvenuto già segretario nazionale UIL e Valdo Spini storico del socialismo, coordinatore dell’incontro Brunello Gabellini direttore di Paese Sera della Toscana, hanno portato il saluto il Sindaco di Prato Matteo Biffoni e la vice presidente della Provincia di Prato Federica Palanghi. Con una buona partecipazione dei presenti, Brunello Gabellini coordinatore, ha dato la parola alla Presidente dell’ANPI Angela Riviello e a Luigi Ferro Presidente di Socialismo XXI, che si sono soffermati sulla storiografia di Matteotti e sull’attualità del pensiero matteottiano, a Giorgio Benvenuto che ha evidenziato di Giacomo Matteotti la storia come sindacalista e politico e una vita fatta di travagli, per poi arrivare alla sua eliminazione fisica, a Valdo Spini storico del socialismo, la quale ha narrato quanto Giacomo Matteotti, fin dal 1921 si sia opposto al fascismo e che l’intervento fatto alla Camera dei Deputati, rispetto alle violenze durante la campagna elettorale del 1924 e sancito con l’omicidio di Matteotti il 10 giugno del 1924 dal mandante Mussolini Presidente del Governo. In conclusione Valdo Spini, ha evidenziato un presaggio fatto da Giacomo Matteotti ad un compagno, dove ha detto di preparare un intervento per il suo funerale e comunque possono uccidermi, ma le idee del socialismo riformista non moriranno con me. SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

PERCHE’ RICORDARE GIACOMO MATTEOTTI

Giacomo Matteotti è stato tre cose: un politico, un giornalista, un antifascista. Una vita spesa per la politica, per l’economia, e per il socialismo riformista. Aveva compreso con formidabile intuito  il pericolo che le orde fasciste rappresentavano per la democrazia italiana. Il fascismo era una ideologia, una cultura non effimera che all’epoca molti minimizzarono, con colpevole superficialità. La cultura del totalitarismo, dell’uomo solo al comando, di un mondo senza teste, andava combattuta. A qualunque costo. Matteotti era un uomo coraggioso, come lo defini’ Gobetti. Prima di essere sequestrato ed assassinato dai fascisti guidati da Dumini il 10 giugno 1924, in Parlamento aveva attaccato a muso duro Mussolini e il fascismo, accusandoli di avere creato in Italia un clima di odio e di violenza contro gli oppositori e le menti illuminate. Matteotti, piu’ volte aggredito dai fascisti, sapeva perfettamente che la sua vita era in pericolo perchè le sue idee di liberta’ e di democrazia, confliggevano con la cultura fascista. Ne squassavano le fondamenta. Dopo il suo intervento, durissimo, Matteotti, rivolgendosi ad un compagno socialista disse: “io il mio doscorso l’ho fatto. Ora a voi preparare  il discorso funebre per me”. Sapeva che doveva morire, ma non ha mai smesso di lottare contro quel regime per affermare i suoi principi ed era pronto l’11 giugno del 1924, ad accusare in Parlamento di corruzione il fascismo per lo scandalo petrolifero Sinclair che coinvolgeva il fratello di Mussolini, Arnaldo. Qui risede la grandezza dell’uomo. Matteotti faveva paura al fascismo da vivo, ma anche da morto. La famiglia del grande statista socialista fu spiata ed intercettata dall’OVRA, almeno fino alla morte della moglie dopo un delicato intervento chirurgico non riuscito. E Mussolini disse:” sono un uomo fortunato. I miei oppositori in un modo o nell’altro muoiono sempre”. Un processo farsa, con condanne per omicidio preterintenzionale, non volontario con l’aggravante della premeditazione si badi, mai espiate grazie ad un condono. Dumini, per comprarne il silenzio, veniva sistematicamente sovvenzionato dal regime e dallo stesso Mussolini, il quale in Parlamento si assunse per il delitto una responsabilità politica, morale, ma non anche penale. A cento anni dalla sua morte, è giusto ancora ricordare la figura di Giacomo Matteotti? La risposta è affermativa. Matteotti è un martire della liberta’. Con la sua morte nasce la cultura antifascista in Italia, ma  la sua morte segna anche il ricongiungimento tra morale e politica. Per lo statista socialista non vi puo’ essere politica senza morale. La morale guida l’agire dell’uomo politico. La sua nobile concenzione della politica lo condusse allo scontro frontale col regime fascista ed alla sua barbara uccisione. Matteotti sapeva che aveva imboccato una via pericolosa, ma è andato avanti fino all’estremo sacrificio. Ciò insegna che la libertà e la democrazia vanno difesi quotidianamente perchè il nemico è dietro l’angolo, in agguato. Pronto a colpire. Senza paura. Con coraggio. Oggi, in Italia, in Europa e negli Stati Uniti, la democrazia è sotto attacco come non mai prima. In Italia, questo governo con proposte di riforma dell’architettura costituzionale del nostro Paese (autonomia differenziata e presidenzialismo) apre le porte all’autocrazia. Attacca frontalmente il parlamentarismo che strenuamente Matteotti difese fino alla fine dei suoi giorni. Con la proposta di elezione diretta del presidente del consiglio, caso unico nelle democrazie occidentali, si consegna tutto il potere nelle mani di una sola persona. Riforme che offendono i nostri diritti e minacciano i principi fondamentali della nostra Repubblica. Mobilitiamoci perchè cio’ non avvenga , come a suo tempo fece Matteotti, e sosteniamo sempre coloro che in ogni parte del mondo lottano e muoiono per la liberta’, la tutela dei diritti e per la democrazia. Il mio pensiero va a Mandela, alle donne iraniane, a San Suiky in Birmania, e a tutte le donne e gli uomini di liberta’. Come Giacomo Matteotti. Per questo va ricordato. Per la sua grandezza, per il suo coraggio, per la contemporaneità del suo pensiero. Per l’esempio dimostrato. Per il timore che ancora incute a qualcuno. Una lezione di vita e di idee ancora utili. “Uccidete pure me, ma l’idea che è in me non la ucciderete mai”. SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

CONVEGNO SULLA SANITA’

PROMUOVERE LA SALUTE  DOPO IL CORONAVIRUS Prima Parte E’ il nostro modo di “vedere” il sistema sanitario, ma soprattutto la tutela della salute che dovremo cambiare, dopo questa tragedia . Salute e sistema sanitario non sono la stessa cosa . Da anni sappiamo (ironia della sorte dirlo oggi,ma gli indicatori oggettivi dicono questo) che l’Italia,almeno sino a marzo 2020, è stato uno dei Paesi più sani al mondo,il secondo nel 2019 dopo la Spagna. Lo diceva  il BLOOMBERG INDEX (sulla base di indicatori precisi,dalla mortalità infantile a quella adulta, alla aspettativa di vita pari a 83,2 anni, all’abuso o meno di sostanze,alle malattie croniche,all’accesso ai sevizi ecc.).Forse oggi la classifica non è più questa perché il Covid in Italia ha lasciato il segno più che altrove (e qui servirà un serio audit clinico per capirne le ragioni). Qualcuno amava dire  “Dimmi dove abiti e ti dirò quanto vivi”: A Torino,scendendo dalle colline dove vive la borghesia torinese fino alle Vallette,periferia Nord ,si perdono 4 anni di aspettativa di vita,ma questo vale per ogni città se si mettono a confronto zone dove reddito,istruzione,alloggi,professioni sono più elevate. SIAMO NEL MONDO DEI  DETERMINANTI DELLA SALUTE CHE DOVRANNO ESSERE LA VERA STELLA POLARE DI UNA COMUNITA’ PER PROMUOVERE LA SALUTE DEI SUOI CITTADINI.  E quindi attenzione allo stile di vita dei suoi cittadini, dall’alimentazione al movimento,ai comportamenti messi in atto (influiscono sulla salute per il 38%),legati spesso alla cultura più che all’istruzione formale, al benessere socio economico,alla genetica, alle condizioni ambientali . Ovviamente anche per il suo sistema sanitario.  Questo ultimo (per l’Oms )incide tra il 15 -20% sullo stato di salute . Ma è un sistema che “ha avuto poche attenzioni” negli ultimi undici anni ed ha vissuto “di rendita”:si è depauperato un capitale professionale e strutturale di primo piano. E’ un sistema  in cui convivono aree eccellenti ed aree che non applicano molti livelli essenziali di assistenza.  Il sistema è stato  alle prese con un grande tema di sanità pubblica:   questa è stata la terza grave epidemia  in 20 anni…. È probabile, senza interventi correttivi nel rapporto uomo ambiente,che altre ne seguiranno e saranno pandemiche,come il Covid 19, in un mondo globalizzato. Debellata una se ne presenta un’altra. L’umanità non viveva un’esistenza felice priva di insidie virali, di decessi, di sofferenze, prima che scoppiasse la nuova malattia:basta scorrere la storia per capirlo. La nostra salute la difenderemo,nei prossimi anni, con ogni azione utile per diminuire la crescente “antropizzazione”,le urbanizzazioni non governate,  la deforestazione,l’inquinamento dell’aria  , che non è stato, presumibilmente ,fattore secondario, in pianura padana ,della velocità di trasmissione del virus. Prima di essere un problema sanitario la pandemia del Covid 19 è un problema di sviluppo economico  sostenibile. Ce ne saranno altre ancora,purtroppo,perché alcune modifiche nel modello di sviluppo inizieranno, ma i tempi di un cambiamento strutturale non saranno  brevi. E la si affronterà,in fase “riparatoria”, con una solida cabina di regia mondiale,europea e ovviamente nazionale. Una cabina che organizzi e integri,in una banca dati condivisa, tutti i dati scientifici per capirne l’evoluzione e i trattamenti efficaci. Una cabina che coordini la ricerca ed i contributi degli scienziati. Nel frattempo l’Italia torni ad investire,dopo anni di poca attenzione, sui Dipartimenti di Prevenzione e sulla Medicina di Comunità. Su chi controlla acqua,aria,alimenti,animali,le postazioni di lavoro e la sua sicurezza (oggi,in media,   solo il 4% del Fondo Sanitario va a questo) . Su chi si prende in carico la persona che non è sommatoria di organi. Ma una persona. Seconda Parte Urge oggi in Italia  una correzione profonda sul nostro sistema sanitario ,che era un buon sistema sanitario nelle sue fondamenta valoriali e tecniche  :non a caso l’Italia era fino al 2019 il quarto paese al mondo per spettanza di vita della popolazione e registrava  uno dei tassi di mortalità adulta ed infantile più bassi al mondo . Sulla base del Bloomberg Index relativo alla salute “gli italiani sono il secondo popolo più sano al mondo, preceduti solo dalla Spagna”.Ma questo era il 2019. Quattro secoli fa. Dove si deve intervenire? 1) In primo luogo sul capitale professionale. Noi non abbiamo meno medici della media europea (vicini al 4 x mille),pur con l’esodo biblico di questi ultimi 10 anni (pensionamenti e fughe nel privato),ma abbiamo molte specialità scoperte ,soprattutto quelle meno remunerative….. (pronto soccorsisti, anestesisti,radiologi,chirurghi adesso) .Tra il 2009 ed il 2017 la sanità pubblica ha perso 8 mila medici e più di 13 mila infermieri. Su un complesso di 600 mila operatori del SSN abbiamo 101 mila medici e 245 mila infermieri. Abbiamo ,oltre ad essi, poco più di 40 mila  mila medici di base (a fine 2021) contro i 46 mila del 2012 ai quali si aggiungono i medici di continuità assistenziale oggi, poco più di 10 mila. Dalle scuole di specializzazione uscivano,fino al 2017, ogni anno 6500 medici  (contro gli 8500 necessari). Nel triennnio 2015/2017 su un fabbisogno di specialisti previsto in 24 mila specialisti,ne sono sono state finanziate poco più i 18 mila. Si è ingrossato l’esercito dei camici grigi (giovani medici fuori dalle Scuole di Specialità….Fino al 2020 insomma c’è stato un gap preoccupante tra fabbisogno di specialisti e posti finanziati nelle Scuole. Dal 2020 le borse di studio finanziate sono cresciute molto: 14.378 mila nel 2021/2022. Quando riduci così nettamente i numeri della formazione il recupero richiede tempi medio lunghi, almeno 5 anni, partendo fin d’ora dal riassorbimento dei quasi 20 mila giovani medici che fanno guardia medica, sostituzioni o altri ruoli un po’ residuali nel sistema sanitario. Senza dimenticare che 1500 medici giovani ogni anno prendono la via dell’estero… Ed il dato più significativo è l’età media avanzata del personale medico (attorno ai 50 anni),il che rende urgente una accelerazione dell’inserimento di giovani medici nel sistema. Dobbiamo investire sui medici , valorizzarli nelle funzioni cliniche,permettere la ricerca,togliere compiti burocratici, difenderli dal contenzioso pericoloso scatenatosi negli ultimi 20 anni, garantire una qualità di vita normale perché non si possono continuare a fare turni massacranti….dar loro il governo clinico degli ospedali, introdurre i neo laureati in corsia …

I PERICOLI PER L’UMANITA’

I pericoli che corre l’umanita’ sono tre: il rischio di apocalisse nucleare, il cambiamento climatico e lo svuotamento della democrazia. Il rischio di estinzione è diventato concreto il 6 agosto 1945 con la prima bomba atomica su Hiroshima. Una catastrofe per il Giappone, ma per il mondo intero. Da allora il mondo vive in bilico avendo sfiorato più volte l’olocausto nucleare. Per settant’anni abbiamo evitato per miracolo la catastrofe. Se riflettiamo, il cambiamento climatico e l’era nucleare coincidono poiché rappresentano una duplice minaccia per l’umanità. Installazioni nucleari e test missilistici sono diventati parte preoccupante del nostro quotidiano vivere, mentre sul fronte climatico nonostante i numerosi trattati (vds gli Accordi di Parigi del 2015) il livello di particelle di CO2 cresce a ritmi impressionanti. Ogni mese si registrano nuovi record di temperatura e fenomeni di siccità di vastissima portata. Lo scioglimento dei ghiacciai e l’innalzamento dei mari mettono a repentaglio la fornitura idrica di milioni di persone. Circa 31 milioni di persone sono costrette a fuggire a causa dei disastri provocati dal riscaldamento globale. Le varie COP non hanno prodotto gli effetti desiderati e siamo lontani dagli obiettivi di neutralità climatica fissati nel 2050 dagli Accordi di Parigi. Analogamente, la catastrofe nucleare appare sempre più concreta. Le due questioni più importanti ovvero clima e nucleare sono assenti nel dibattito politico mondiale, eccezion fatta per le solite frasi stereotipate. Ma le due minacce esistono e l’umanità è a rischio estinzione. In entrambi i casi è necessaria una risposta internazionale o globale. Non bastano i trattatti contro la proliferazione delle armi nucleari. Il New Start 2 stenta a decollare perche’ Russia e Stati Uniti non dialogano a causa della guerra in Ucraina. La Cina finge di non ascoltare mentre sviluppa armi nucleari terribili per colmare il gap con Stati Uniti e Russia, e minaccia la sovranità di Taiwan. Il pericolo immediato è costituito dalle armi nucleari tattiche il cui uso darebbe la stura ad una attacco nucleare distruttivo. Cosa fare? La denuclearizzazione può esesere un deterrente, per esempio in medio oriente, ma gli Stati Uniti appoggiano a spada tratta Israele e  il suo programma atomico. Ai trattati, alle proposte di denuclearizzazione, dobbiamo aggiungere una imponente mobilitazione popolare come negli anni ottanta che fu determinante in un periodo particolare. Tutti dobbiamo prendere coscienza del rischio nucleare. Iniziative, convegni, movimenti di piazza, contro il pericolo di estinzione dell’umanità. Ciò vale anche per il cambiamento climatico. Bisogna diffondere questa consapevolezza, posto che i dati  sull’opinione pubblica non sono affatto incoraggianti. Per esempio, molti ritengono che il riscaldamento globale non esista o che non sia poi così grave. La politica ha il compito di superare gli ostacoli che di fatto minacciano l’umanità senza lasciarsi guidare dall’assalto neoliberista con lo smantellamento di qualsiasi rete di protezione sociale e la distruzione del concetto di bene comune in ossequio al principi di mercato come regolatori assoluti di ogni aspetto della vita, trattandosi di questioni fondamentali che coinvolgono il destino dei nostri figli. Basta rimandare decisioni o interventi drastici. Il tempo stringe. Subito una conferenza internazionle con tutti gli attori mondiali e la mobilitazione dei cittadini del pianeta. Anche la democrazia è in pericolo nell’era che viviamo. Le democrazie occidentali sono sottoposte all’attacco del populismo autoritario e dei grandi interessi economici che lo sostengono. Uomini come Trump, Bolsonaro, Putin, Xi, Milei, etc. rappresentano un pericolo per l’umanità. E’ un errore dare per scontata la democrazia. Va difesa sempre, quotidianamente. L’attacco alla democrazia del capitale globale continua, non è terminato, e trova nel mondo  un alleato nelle tendenze autoritarie, nazionaliste, xenofobe, razziste, proprio mentre il rischio di un attacco nucleare e i cambiamenti climatici mettono a dura prova la società globale. La lotta per salvare la democrazia si intreccia con la lotta per salvare l’umanità. Dobbiamo agire in fretta. Siamo noi a doverlo fare. SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it