“C’è bisogno di socialismo. Intervista a Roger Waters «Pink Floyd»

di Andy Green Intervistare Roger Waters può essere una corsa sfrenata. Se una domanda gli piace, è felice di pontificare a lungo, ma se lo annoi con domande trite e ritrite, svicola e (lui che è capace di risposte del tipo: “se non mangi la carne, non avrai il budino”) ti liquida in pochi, terribili secondi. L’occasione per un’altra chiacchierata con il co-fondatore dei Pink Floyd è l’imminente pubblicazione – il 20 novembre – di ‘Roger Waters The Wall’, documento in CD/BluRay del recente tour di ‘The Wall’, ma inevitabilmente la politica è entrata nella discussione. La telefonata con Waters è avvenuta pochi secondi dopo che Joe Biden ha annunciato il ritiro dalla corsa per le presidenziali; sapendo dell’interesse di Roger per la scena politica, siamo partiti da questo argomento. Roger, hai sentito la notizia di Joe Biden? Ha detto che non si candiderà per la presidenza. “Non capisco che cosa stai dicendo. Non ha senso.” Stavo solo dicendo che Joe Biden non concorrerà per le elezioni presidenziali. “E quindi?” Sono sorpreso. Pensavo che si sarebbe candidato. (tre secondi di pausa) “Grazie di avermi espresso il tuo pensiero.” Va bene, allora. Parliamo di ‘The Wall’. Perché, secondo te, dopo 35 anni ancora riesce ad entrare nel cuore di così tanta gente? “Dopo la morte del movimento di protesta, che era molto vivo tra i giovani nel corso degli anni Sessanta e Settanta, benché in qualche modo disperso nella rivoluzione della Silicon Valley, credo che adesso la gente sia pronta a confrontarsi su questioni filosofiche e politiche di ampio respiro e ‘The Wall’ ne è molto ricco. E molte di tali questioni hanno a che fare con la qualità della vita, con la vita e con la morte. Pertanto, credo che ‘The Wall’ ci consenta di focalizzare l’attenzione su una questione fondamentale, ovvero se vogliamo o non vogliamo vivere in società molto molto simili alla Germania Est prima della perestroika. Non ritorno agli anni Trenta perché dovrei entrare in problemi enormi, ma credo che la gente, pur percorrendo con i paraocchi le strade del capitalismo imperiale, cominci a capire che la legge viene erosa e che le forze armate stanno prendendo il sopravvento nel commercio e le corporazioni sui governi e che la gente non ha più voce in capitolo. In un certo senso, ‘The Wall’ pone la domanda: ‘Ti serve una voce? Se sì, devi assolutamente andare a cercarla perché nessuno te la porterà su un piatto d’argento’.” Com’è cambiato per te il significato dell’album da quando lo hai scritto? “Ho risposto un sacco di volte a questa domanda. All’inizio, aveva una narrazione molto più personale a proposito di un uomo tra i venti e i trent’anni che non riusciva a dare un senso a quanto gli accadeva e a spiegarsi perché si sentisse isolato rispetto agli altri ed incapace di aprirsi. Tale narrazione venne fuori dalla mia esperienza di giovanissimo musicista di successo che, sul palco di fronte al pubblico, avvertivo un’estrema lontananza e fu per quello che pensai alla trovata teatrale della costruzione fisica di un muro davanti al palco che esprimesse il mio senso di alienazione. Adesso ‘The Wall’ parla di me che, però, non avverto più quel senso di alienazione rispetto al pubblico. Il rapporto con il mio pubblico durante gli anni in cui ‘The Wall’ ha girato il mondo è stato molto intimo, vicino e gratificante per me, per cui ‘The Wall’ è diventato una riflessione comune delle condizioni politiche in cui viviamo.” Hai fatto circa 220 repliche dello spettacolo. Hai mai pensato che il tour potesse durare così tanto? “Non avevamo idea di quanti spettacoli avremmo fatto. Era anzitutto una grossa scommessa mettere insieme uno show di talI dimensionI, ma la gente ha risposto, ha funzionato il passaparola e di conseguenza abbiamo continuato per tre anni.” Sei tentato dal fare altre repliche di ‘The Wall’ in futuro o è finita per sempre? “Se Israele lavora per l’uguaglianza e per la vera, concreta, genuina democrazia, senza apartheid e senza l’infezione del razzismo nella società, andrò lì a rifare ‘The Wall’. È tutto conservato e ciò che dovesse mancare lo ricostruiremmo. Ho parlato con gli israeliani e con i palestinesi, ma soprattutto con gli israeliani, dal momento che hanno tutto il potere. Inoltre, se il muro illegale che circonda senza pietà i… sì, possiamo definirli tali… territori occupati, la Palestina… se quel muro dovesse cadere, andrò a fare ‘The Wall’. È una promessa che ho fatto un po’ di anni fa e che vale ancora.” Speri che quel giorno possa venire nel futuro prossimo? “È interessante che tu dica questo. L’altra sera ero a letto e cambiavo canale come si fa quando cerchi una partita di Champions League; all’improvviso mi fermai e pensai: ‘Bè, questo sembra interessante. Devo guardarlo.’ Era JLTV, che sta per Jewish Life Television. Quel che suscitò la mia attenzione e mi fece sorridere fu lo slogan dell’emittente: “JLTV, la rete prescelta”. O Dio, mi è venuto da ridere ad alta voce. Ma quanto è incredibilmente inappropriato?. C’era una bella e giovane donna di un’organizzazione di cui avevo sentito parlare chiamata Stand With Us, a sostegno di Israele. Di Israele, non degli israeliani. Di Israele, per sostenere il governo di Israele e il paese chiamato Israele. Aveva due ospiti: una giovane donna bionda e un tizio che sembrava essere francese. Cominciarono a parlare di BDS (il movimento Boycott, Divestments and Sanctions) ed erano tutti e tre d’accordo sulla pericolosità delle iniziative di BDS, prive di radici nel paese ed organizzate all’estero. Dicevano che il denaro viene raccolto all’estero e che i sostenitori del movimento BDS nelle università americane sono soltanto dei fantocci al soldo di ricchi palestinesi che ne muovono i fili. Hanno continuato mostrando grandi muri che sono stati costruiti nei campus del sud della California e altrove. Sono belle strutture, copie dei muri di separazione, ricoperte di slogan politici, con persone coinvolte che ne raccontano la storia. I tre moderatori cercavano disperatamente di confutare la protesta di BDS contro l’occupazione …

Concorso Nazionale “MATTEOTTI PER LE SCUOLE”

La Fondazione di Studi Storici Filippo Turati Onlus e la Fondazione Giacomo Matteotti Onlus d’intesa con la Direzione Generale per lo Studente, l’Integrazione e la Partecipazione del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, indicono, per l’anno scolastico 2017/2018, la terza edizione del Concorso nazionale “MATTEOTTI PER LE SCUOLE” rivolto agli alunni della scuola secondaria di secondo grado. Per il bando e la scheda di adesione Fonte: fondazionestudistoriciturati SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

IL SOCIALISMO CHE CRESCE NEI COLLEGE AMERICANI

Traduzione dell’articolo di Alex Thompson e Diamond Naga Siu pubblicato su Vice News con il titolo “Socialism is surging on college campuses” A lungo relegato ai margini della politica americana, il socialismo sta crescendo nei campus universitari in seguito alla campagna di Bernie Sanders – che si definisce un socialista democratico – e alla vittoria di Donald Trump. Gli Young Democratic Socialists of America sono passati da 12 sezioni locali alla fine del 2016 a 47 nel giugno di quest’anno – e si passerà almeno a 100 entro la fine del semestre (329 college risultano registrati per aprirne una). «Perdendo contro Donald Trump, i Democratici hanno dimostrato che non sono loro la risposta ai problemi» spiega Michelle Fisher (20), co-presidente degli Young Democratic Socialists of America e al secondo anno alla Wesleyan University (Middletown, Connecticut). Ma non è solo per la sconfitta contro Trump: la disaffezione di Fisher per il Partito Democratico è da un po’ di tempo che monta. «Quando Obama era presidente, pensavo che andasse bene perché non conoscevo nessuna alternativa. […] Ma ha portato avanti la politica imperialista degli Stati Uniti e ha rimpatriato molte più persone di qualsiasi altro presidente» Mentre le 1.200 sezioni dei College Democrats of America del Partito Democratico battono di gran lunga quelle degli Young Democratic Socialists of America (YDSA), l’improvvisa crescita di un movimento progressista alternativo fra i ragazzi minaccia di spaccare ancora di più il Partito Democratico proprio mentre questo sta provando a riprendersi dalle disastrose elezioni del 2016 e attirare gli elettori giovani per quelle delle del 2018 e del 2020. […] «L’idea è di creare un qualcosa, in questo paese, che sia puro e non contaminato dalle pratiche capitaliste e imperialiste tipiche di molte altre associazioni» dice Sanjeev Rao (20) dell’Indiana University Bloomington, dove la scorsa primavera ha fondato una sezione degli YDSA. Gli Young Democratic Socialists of America non sono l’unica associazione progressista a crescere nell’era Trump, ovviamente. E rimane una questione aperta se continuerà a espandersi con questo ritmo o meno. Il Partito Democratico, dal canto suo, sta cercando di coltivare l’unità all’interno delle opposizioni. «Questa è una cosa positiva per il Partito Democratico» commenta Sabrina Singh, la vice-responsabile comunicazione del Democratic National Committee, in merito all’ascesa degli YDSA. «C’è un enorme entusiasmo nei campus universitari di tutto il paese e abbiamo assistito a un gran numero di gruppi che si sono mobilitati per portare avanti un cambiamento progressista e prendere parte alla politica dei Democratici». Ma otto organizzatori degli YDSA nei college di tutto il paese affermano che aiutare i Democratici non è il loro obiettivo. Anzi, vogliono mantenere le distanze e offrire un’alternativa più di sinistra rispetto al Partito Democratico. «I Democratici sono più moderati, ma portano avanti la stessa politica classista dei Repubblicani» dice Chance Walker, il co-presidente della nuova sezione degli YDSA all’University of Texas San Antonio. All’UT San Antonio – dove la metà degli studenti è ispanica, un elettorato chiave per i Democratici – adesso c’è solo un club socialista e nessuno club democratico. Il club dei College Dems è andato kaputt nel 2016 […] e Walker ha contribuito all’apertura della sezione degli YDSA lo scorso autunno. «Ho conosciuto gli YDSA grazie alla campagna di Bernie Sanders. Prima di allora ero un nichilista politico: ai politici non frega nulla di te, non avremo mai le possibilità economiche che hanno avuto i nostri genitori e i nostri nonni, non importa quello che facciamo» spiega Walker. I Democratic Socialists of America – che non è ancora un partito politico ma fa campagna per i candidati della sinistra radicale nei Verdi e candida i propri membri alle primarie Democratiche – nascono negli anni ’80 dalla fusione di due associazioni di socialisti democratici. Da allora i DSA hanno lavorato relativamente nell’oscurità con pochi iscritti e pochissime vittorie elettorali. La potente campagna di Sanders nel 2016, tuttavia, ha dimostrato che un messaggio socialista può essere molto attraente, specialmente in tempi di disuguaglianze senza precedenti e salari stagnanti. I Democratici avevano da tempo rinunciato alla parola che inizia per S per paura di essere dipinti come marxisti in incognito. Durante le primarie presidenziali del 2016 fra Sanders e Hillary Clinton, la senatrice democratica Claire McCaskill del Missouri ha affermato che i Repubblicani non vedevano l’ora di battersi contro Sanders nelle elezioni generali, «per fare uno spot in cui utilizzano una falce e martello». E a febbraio, durante un incontro, Nancy Pelosi ha risposto a una domanda sui giovani che stanno perdendo la fede nel capitalismo e in merito a ciò che farà il Partito Democratico per conquistarli, se si sposterà a sinistra, magari, dicendo: «Siamo capitalisti punto e pasta». […] Trevor Hill (20), lo studente della New York University che ha fatto la domanda a Pelosi, spiega che i Democratici non possono conquistare gli studenti universitari come lui se continuano a combattere le disuguaglianze «utilizzando gli stessi metodi che fregano sempre le stesse persone». Durante l’incontro, Hill ha citato il sondaggio del 2016 della Harvard Kennedy School che mostra come il 51% dei giovani fra i 18 e i 29 affermano di non essere a favore del capitalismo. Ma lo stesso sondaggio registrava come il 33% era a favore del socialismo, suggerendo quindi che il socialismo democratico potrebbe avere difficoltà a diventare un’alternativa fattibile, a meno che i suoi sostenitori non riescano a convertire grandi fette della popolazione americana. Fisher dice che lei e altri organizzatori si rendono conto che hanno davanti una battaglia lunga, che forse durerà anche decenni. «Non sono sicura che nel 2020 avremo abbastanza potere da influenzare le proposte di legge nazionali». Ma aggiunge anche che lei e altri giovani socialisti non sentono lo stesso stigma sul socialismo percepito da Pelosi o McCaskill. «Penso che per le persone della mia generazione – che sono cresciute dopo la Guerra Fredda – la S di socialismo non rappresenti una lettera scarlatta come per i più anziani». Fisher è cresciuta in una famiglia Democratica di centro-sinistra nell’Atlanta suburbana prima di unirsi agli YDSA al college. …

Sulla “Teoria della classe disagiata”: una recensione e una critica sociale

Teoria della classe disagiata è un saggio imprescindibile per comprendere la situazione sociale dei nati negli anni ’80, per cui bisogna dire un enorme grazie all’autore Raffaele Alberto Ventura, noto anche per essere il fondatore di Eschaton, al di là di tutte le critiche che si possan fare al libro. Questa è la premessa doverosa di questa mia recensione che vorrebbe porre anche una critica sociale alla sua teoria. Il saggio parte con questo elemento di valutazione. L’Italia è un paese in fase di deindustrializzazione che non ha più bisogno di un solido sistema nazionale di istruzione, perché i posti di comando sono stati già assegnati, vengono sfornati da poche università private e al di là dell’industria dell’intrattenimento c’è poco o niente. Parafrasando Caterina di Boris “la ristorazione è l’unica cosa seria rimasta in Italia” Purtroppo i trentenni sono stati progettati male come i Betamax e sono stati di conseguenza esclusi perciò nasce il fenomeno della proletarizzazione degli intellettuali, ai quali i laureati, invece di prendere atto, rispondono con uno spreco ulteriore di proprie risorse, facendosi la guerra tra loro per accaparrare quei pochi posti rimasti, svilendo il valore del lavoro culturale e investendo tutte le loro finanze per accaparrarsi quei beni posizionali vebleniani che servono per competere in questa corsa. Questo è il riassunto veloce del saggio. Ora proverò ad andare ad analizzarlo. Il principale errore dell’autore è il focus esclusivo sui laureati che acquistano beni posizionali per non scendere nella scala sociale. Sarebbe stato più corretto un focus su tutti i 30enni, i quali sono tutti in competizione per ad acquistare beni posizionali, lottano tutti per accaparrarsi una posizione occupazione di sopravvivenza e un ruolo all’interno dei circuiti divertentistici dell’industria dell’intrattenimento. Il focus di Ventura è dichiaratamente ristretto ai wannabe laureat e metropolitani, quando la realtà che descrive colpisce in verità tutti i 30enni italiani, anche quelli con la terza media e che abitano a Castel Sant’Elia. Nella definizione di classe disagiata, la grande confusione di Ventura sta nel fatto di mischiare 4 fattispecie sociali di trentenni (anzi tre le dimentica a proposito). Fattispecie numero 1 il wannabe che tarda deliberatamente a inserirsi nel mondo del lavoro, vive a casa con i genitori fin quasi alle soglie della pensione e costituisce oggettivamente un peso per la società (figura tipica di aree metropolitane). Fattispecie numero 2 Quello che è stato costretto a studiare perché era bravo a scuola, ma non era inserito nei circuiti che contano ed è costretto a marcire nella disoccupazione, perché i genitori non possono imbucarlo in qualche posto garantito o perché è troppo bravo e preparato (o meglio è troppo retrogrado il tessuto economico in cui vive). Si parla di figure difficilmente assorbibili sia con lavori impiegatizi che con lavori umili. È quello che ha sicuramente più risentimento, e  può decidere di continuare o meno nella coltivazione delle sue velleità culturali. Fattispecie numero 3 Il plurilaureato che di fronte al fatto che mai sarebbe stato assunto per fare lo storico dell’arte, si è adattato a fare il cameriere per partecipare comunque al circuito bovarista e divertentistico, e tutto sommato ci è riuscito. Una figura che potrebbe quasi essere un sottogruppo della prima fattispecie. Fattispecie numero 4 il diplomato o il terzamedista che vuole comunque partecipare alla generazione di plusvalore artistoide e divertentista ma che comunque ha difficoltà a trovare un lavoro che gli permetta di stabilizzarsi. La società stimola anche loro nella produzione artistica, ma Ventura se ne dimentica. Il primo gruppo voleva bovarizzarsi, il secondo, il terzo e il quarto ne sono stato costretti ma tutto sommato lo hanno accettato di buon grado. A tal proposito come sostiene il filosofo Claudio Bazzocchi in un recente intervento sul suo profilo facebook “il mondo del compromesso socialdemocratico tra capitale e lavoro è stato rifiutato dai ceti subalterni in nome di una vita meno costretta dai rigidi schemi del welfare e del capitalismo societario e quindi più creativa, più libera a partire dal luogo di lavoro. Giusto, sbagliato, vero, non vero, questo è stato il sentimento che ha trovato nelle promesse del neoliberalismo una risposta che continua a essere tuttora egemonica nell’immaginario di milioni di persone.” La seconda critica che posso fare al saggio di Ventura è la supina accettazione della deindustrializzazione italiana iniziata 25 anni fa, dello status quo, irrorata di critica al keynesisimo e alla programmazione economica primorepubblicana. Non viene mai citata la “vicenda” mediatico giudiziario di Tangentopoli, e francamente non si può parlare di crisi economica italiana senza un’attenta ed eretica analisi delle vicende di Mani Pulite. Ventura accetta lo status quo e se ne compiace. Non risponde sufficientemente sui motivi per cui i posti sono sempre meno, o meglio fornisce una sua interpretazione, e si focalizza sui lavoratori culturali, dimenticando completamente i lavoratori manuali, i quali con la filosofia user generated content di massa fanno parte ormai anche loro del circuito di produzione culturale. Pur spiegando le motivazioni per cui i produttori culturali di successo sono una casta arroccata come non mai (nonostante la molteplicità degli attacchi alla cittadella), e lo fa giustamente sviscerando i meccanismi della platform economy (che è modello di business di Amazon Air BnB, Uber), non pone l’accento sui loro meccanismi di cooptazione ossia su come si può entrare a far parte di quel giro. Ventura fa una critica spietata, che secondo me è il vero punto di forza della trattazione, dei motivi sovrastrutturali della crisi culturale che ha portato alla nascita della classe disagiata. Fattori, che nella mia modesta interpretazione, sono anche la base sovrastrutturale dell’accettazione da parte dei ceti subalterni della deidustrializzazione del Paese. Ventura mette all’indice la mentalità sessantottina della morte dell’autorità, dell’indisciplinatezza come virtù, della negazione della finitezza e della complicatezza dell’uomo per cui basta la tecnica a sanare le contraddizione umane e politiche dei popoli. Ottimo anche il focus sull’educazione di noi nati negli anni ‘80, trattati come bambini che possedevano aprioristicamente dei caratteri speciali, sulla corsa all’autorealizzazione del sé, sul non accontentarsi mai. A questo si aggiunge la critica durissima e necessaria …

Intervista a Rino Formica

Scritto da Aldo Giannuli. Postato in Le analisi, Politica interna La destra europea, in tutte le sue espressioni, appare all’attacco ed unita, mentre la sinistra procede in ordine sparso ed è in ripiegamento: cosa succede? La destra nelle società moderne è sempre viva. La sinistra deve sempre rinascere. La destra è un elemento costitutivo della realtà esistente nella società. La sinistra è una manifestazione della volontà di gruppi e di forze della società per un cambio dell’esistente. La destra è sempre unita perché tutela l’esistente. La sinistra è divisa perché diverse sono le visioni per la costruzione di un futuro. Per la destra l’elemento unificante è nelle cose. Per la sinistra l’unità è ricerca e mediazione al suo interno. La forza attuale della destra è nella incapacità della sinistra a trovare il baricentro di una nuova costruzione delle comunità nazionali e sovranazionali. E’ Renzi l’omologo di Berlusconi a sinistra? 

Tra Renzi e Berlusconi vi sono molti punti in comune. Tutti e due ritengono che siano superate le grandi culture che condizionarono il conflitto sociale e politico nella costruzione delle democrazie moderne. Tutti e due ritengono: 1)-che il potere sia indivisibile e quindi unificabile sotto una guida illuminata; 2)-che le istituzioni rappresentative debbano essere funzionali all’esercizio del potere esecutivo; 3)-che le disuguaglianze sociali siano attenuate dalla carità pubblica. La differenza tra Berlusconi e Renzi, riguarda invece la diversità delle platee a cui si rivolgono. Berlusconi parla al moderatismo di massa; Renzi, invece, guarda alle tradizionali forze popolari approfittando della stanchezza generata in loro, dalle grandi paure per l’incerto futuro. Paradossalmente Berlusconi è un conservatore con venature liberaldemocratiche, mentre Renzi, come il suo recente riferimento dimostra, è simile a de Maistre, massone monarchico, cattolico reazionario, negatore di ogni Costituzione dello Stato moderno e avversario dichiarato della Rivoluzione francese. Come valuti i rischi connessi al recente referendum in Veneto e Lombardia? Per valutare i rischi di questi Referendum bisogna tenere d’occhio l’evoluzione/involuzione del sistema politico. Se la degenerazione istituzionale in atto dovesse proseguire, è fatale che l’autonomismo degeneri in secessionismo. Che differenze ed analogie vedi fra la crisi del sistema politico del 1992-93 e quella attuale? La differenza tra il ’92 e il ’93 è notevole. Venticinque anni fa il sistema istituzionale politico era intaccato e non era imploso. Dopo venticinque anni di accettazione passiva da parte dei partiti residuali della 1° Repubblica e dei partiti novisti di una falsa rivoluzione moralistica, il sistema democratico-parlamentare si è disfatto. La discussione e le votazioni sulla legge elettorale in corso, non segnano la fine del parlamentarismo democratico, ma provocano nella opinione pubblica una pericolosa convinzione: il Parlamento è un Ente inutile. dal Blog di Aldo Giannuli SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

Opportunità di lavoro Concorsi negli enti locali: la nuova rassegna è online

Come di consueto la rassegna settimanale dei concorsi pubblici selezionati dalla Gazzetta Ufficiale. Gazzetta Ufficiale 4° Serie Speciale – Concorsi ed Esami n. 82 del 27.10.2017: COMUNE DI AMEGLIA CONCORSO (scad. 27 novembre 2017) Concorso pubblico, per titoli ed esami, per l’assunzione a tempo pieno e indeterminato di un agente di polizia locale – categoria C.1. (17E07892). COMUNE DI ATENA LUCANA CONCORSO (scad. 27 novembre 2017) Concorso pubblico, per esami, per l’assunzione a tempo indeterminato e parziale al 50% dell’orario settimanale d’obbligo (diciotto ore settimanali) categoria C, posizione economica C1, con il profilo professionale di istruttore di vigilanza – agente di polizia locale da destinare al settore polizia locale. (17E07975). COMUNE DI CAMPAGNANO DI ROMA CONCORSO (scad. 27 novembre 2017) Selezione pubblica per la copertura a tempo pieno ed indeterminato di un posto di categoria C profilo professionale istruttore tecnico nel Settore VI lavori pubblici – sicurezza – trasporti e demanio – manutentivo-ambiente – protezione civile. (17E07952). COMUNE DI CASTEL SAN PIETRO TERME CONCORSO (scad. 27 novembre 2017) Avviso pubblico per l’assunzione a tempo indeterminato di due istruttori direttivi servizi tecnici categoria D1 con riserva per una assunzione ai sensi dell’articolo 1014 del decreto legislativo n. 66/2010 presso l’area tecnica – Servizio urbanistica edilizia e paesaggio. (17E07891). COMUNE DI CODOGNO CONCORSO (scad. 27 novembre 2017) Concorso pubblico, per titoli ed esami, per la copertura di un posto a tempo indeterminato di istruttore amministrativo contabile – categoria C, posizione giuridica di accesso C1 – settore economico finanziario – a tempo pieno trentasei ore settimanali. (17E07950). COMUNE DI FARRA DI SOLIGO CONCORSO (scad. 4 dicembre 2017) Integrazione e proroga dei termini del concorso pubblico, per esami, per la copertura a tempo pieno ed indeterminato di un posto di collaboratore amministrativo – categoria B1 – area amministrativa, riservato alla categoria dei disabili ai sensi dell’articolo 1 della legge n. 68/1999. (17E07949). COMUNE DI GHILARZA CONCORSO (scad. 27 novembre 2017) Integrazione e riapertura dei termini di partecipazione al bando di concorso, per titoli ed esami, per l’assunzione a tempo pieno e indeterminato di un posto di istruttore direttivo tecnico categoria D1 da assegnare all’ufficio tecnico. (17E07917). COMUNE DI MACOMER CONCORSO (scad. 27 novembre 2017) Concorso pubblico, per titoli ed esami per la copertura di un posto di istruttore tecnico, categoria giuridica C a tempo pieno e indeterminato. (17E07876). COMUNE DI MACOMER CONCORSO (scad. 27 novembre 2017) Concorso pubblico, per titoli ed esami per la copertura di un posto di istruttore direttivo contabile, categoria giuridica D1 a tempo pieno e indeterminato. (17E07877). COMUNE DI MATERA CONCORSO (scad. 27 novembre 2017) Selezioni pubbliche per la copertura di posti disponibili a tempo determinato (17E07976). COMUNE DI PIACENZA CONCORSO (scad. 13 novembre 2017) Selezioni per la copertura di posti di dirigente (17E08011). COMUNE DI PORTO SANT’ELPIDIO CONCORSO (scad. 27 novembre 2017) Selezione pubblica per la copertura di un posto vacante in organico di dirigente, Q.U.D. Area 1 Servizi alla persona e alla comunita’ – coordinatore d’ambito territoriale sociale. (17E07956). COMUNE DI SAN MICHELE AL TAGLIAMENTO CONCORSO (scad. 15 novembre 2017) Concorso pubblico, per soli esami, per la copertura di un posto a tempo pieno e indeterminato di agente di polizia locale categoria C – contratto collettivo nazionale di lavoro regioni ed enti locali, presso il Corpo di polizia locale. (17E07895). COMUNE DI SORRENTO CONCORSO (scad. 27 novembre 2017) Concorso pubblico, per titoli ed esami, per la copertura di un posto di dirigente area tecnica con rapporto di lavoro a tempo pieno e indeterminato. (17E07951). COMUNE DI SPELLO CONCORSO (scad. 30 novembre 2017) Concorso pubblico, per titoli ed esami, per la copertura di un posto a tempo pieno ed indeterminato di collaboratore tecnico con profilo professionale di autista macchine operatrici complesse – MOC – categoria B – posizione economica B3, area manutenzione appalti e OO.PP. (17E07873). COMUNE DI TIGGIANO CONCORSO (scad. 27 novembre 2017) Concorso pubblico, per titoli ed esami, per la copertura di un posto a tempo indeterminato part-time (venti ore settimanali) di istruttore direttivo amministrativo, categoria D, posizione economica D1, area amministrativa. (17E07890). UNIONE DEI COMUNI DEL BEIGUA CONCORSO (scad. 27 novembre 2017) Concorso pubblico, per esami, per la copertura di un posto di assistente sociale categoria D1 a tempo pieno e indeterminato. (17E07953). UNIONE COMUNI PIANURA REGGIANA CONCORSO (scad. 27 novembre 2017) Selezione pubblica, per esami, per la copertura di un posto di istruttore culturale di categoria C a tempo pieno e indeterminato presso il Comune di San Martino in Rio. (17E07955). UNIONE TERRA DI MEZZO CONCORSO (scad. 15 novembre 2017) Avviso di proroga, a seguito di integrazione, del termine del bando di concorso pubblico, per esami, per l’assunzione a tempo indeterminato di una unita’ di personale nel profilo professionale di istruttore direttivo – categoria D1, da assegnare all’area amministrativa e finanziaria. (17E07896). Gazzetta Ufficiale 4° Serie Speciale – Concorsi ed Esami n. 81 del 24.10.2017: COMUNE DI ALBA CONCORSO Concorso pubblico, per esami, per la copertura di un posto a tempo indeterminato di istruttore direttivo tecnico categoria D, posizione economica D.1 a tempo pieno (trentasei ore settimanali) presso la ripartizione Urbanistica e territorio. (17E07769). COMUNE DI ARESE CONCORSO (scad. 23 novembre 2017) Concorso pubblico, per soli esami, per l’assunzione a tempo indeterminato di un istruttore amministrativo contabile – part-time 66,67% (ventiquattro ore settimanali) – presso area legale, culturale, sportiva e tempo libero – categoria C – trattamento tabellare iniziale C1. (17E07774). COMUNE DI BELLUSCO CONCORSO (scad. 23 novembre 2017) Selezione pubblica, per titoli ed esami, per l’assunzione a tempo determinato (dodici mesi) e pieno di un istruttore amministrativo-contabile – categoria C, posizione economica C1, presso l’area finanziaria. (17E07772). COMUNE DI CAMPOSANTO CONCORSO (scad. 7 novembre 2017) Concorso pubblico, per esami, per la copertura a tempo indeterminato di due posti di istruttore amministrativo – categoria C – presso l’ufficio segreteria ed interventi economici di cui uno a tempo pieno ed uno a tempo parziale a diciotto ore settimanali. (17E07831). COMUNE DI CAPPELLA MAGGIORE CONCORSO (scad. 23 novembre 2017) Concorso pubblico per l’assunzione a tempo pieno ed indeterminato di un operaio altamente specializzato di categoria B3. (17E07746). COMUNE DI CARATE BRIANZA CONCORSO (scad. 24 novembre 2017) Concorso pubblico, per soli esami, per l’assunzione a tempo indeterminato e parziale (diciotto ore …

ESPERIENZE E PROSPETTIVE IN FRANCIA

di Gilles Martinet Nel maggio 1975, il Partito Socialista francese, per uscire dalla crisi del sistema capitalistico con un’alternativa di modello che desse centralità ai problemi del lavoro, approvava all’unanimità il socialismo dell’autogestione. Il punto di partenza era arrivare al potere con un programma comune alle altre forze della Sinistra, l’obiettivo dare centralità all’esperienza diffusa dell’autogestione pianificandola e ponendola in stretta relazione con gli enti locali, le regioni e il potere centrale; per arrivare a trasformare profondamente le strutture dello Stato e il governo dei processi del lavoro durante una legislatura. Qualche mese dopo, il grande socialista francese Gilles Martinet, scomparso qualche anno fa, in questo interessante articolo spiegava ai socialisti italiani impegnati in un importante dibattito sull’Alternativa socialista, le tesi del socialismo dell’autogestione portate avanti dal Partito Socialista francese. Oggi rileggerlo può essere utile a chi voglia costruire finalmente un’alternativa di modello in questo Paese, perché vi è delineato un metodo generale per realizzare delle politiche del lavoro più efficaci e più giuste, in quanto pensate dal basso attraverso la partecipazione diretta dei lavoratori alla gestione delle aziende e sostenute e pianificate dallo Stato. Marco Zanier   ESPERIENZE E PROSPETTIVE IN FRANCIA Perché la Francia è il paese in cui l’influenza delle idee dell’autogestione socialista, o meglio, diciamo, del“socialismo autogestito”, è oggi più forte? A questa domanda non si può che dare una risposta complessa. Innanzitutto, occorre ricordare che al principio del secolo il sindacalismo francese è sindacalismo di minoranza, ma rivoluzionario. Per i dirigenti e i militanti della vecchia Confederazione generale del lavoro (CGT) l’obiettivo è l’officina agli operai, la miniera ai minatori. Quei militanti sono operai altamente specializzati e pensano che non si possa essere rivoluzionari senza conoscere a fondo il proprio mestiere perché solo in questo caso è lecito sperare di prendere il posto del padrone. Lo sviluppo della grande industria meccanica e, in seguito, la prima guerra mondiale frantumano questo movimento. Qui come altrove, è l’organizzazione di massa centralizzata che risponde alle esigenze di una classe operaia, la quale risponde allo sfruttamento capitalista ma è turbata dal problema delle competenze. Essa non si sente capace di gestire direttamente delle imprese ormai divenute troppo vaste e complesse. Ed è appunto ai partiti con vocazione operaia che la classe operaia darà la sua fiducia per poter tentare un giorno di governare in nome proprio e nei propri interessi. La fiamma proudoniana, libertaria, svanisce ma la brace non è ancora del tutto spenta. Il fuoco si riaccenderà un mezzo secolo dopo in una delle tre organizzazioni sindacali francesi, la Confederazione francese democratica del lavoro (CFDT). E’ infatti la CFDT a parlare per la prima volta di autogestione nel 1968, anche se è vero che questa formula era già stata utilizzata l’anno avanti da due delle sue federazioni, quella della chimica e quella dei tessili. La ricomparsa del principio di autogestione nella CFDT non può essere separata dalle origini cristiane di tale sindacato. Esiste oggi in Francia un movimento socialista cristiano molto forte. Quello lo era assai meno, esso soffriva delle inibizioni  di fronte ai marxisti in genere e ai comunisti (o ex comunisti) in particolare e si sforzava di parlare il loro linguaggio. Ma nessuno si sente veramente a suo agio in un’identità presa in prestito. Così, nel suo processo di espansione, il movimento socialista-cristiano ha sentito il bisogno di definire una dottrina originale che non fosse necessariamente cristiana, poiché il movimento andava spogliandosi del suo carattere confessionale, ma che non si confondesse con quella delle organizzazioni tradizionali, cioè la dottrina della socialdemocrazia e del comunismo. Tuttavia, gli elementi che ho qui ricordati (cioè la ricomparsa di una vecchia tradizione sindacalista rivoluzionaria e l’evoluzione degli ambienti cristiani) non sono  elementi determinanti. Niente di importante sarebbe avvenuto se dal maggio del 1968 non fossero emerse rivendicazioni e nuove forme di lotta. Queste rivendicazioni e queste lotte non costituiscono un fenomeno puramente francese. Queste rivendicazioni e queste lotte non costituiscono un fenomeno puramente francese. Le ritroviamo  in tutta l’Europa industriale e direi che, su questo piano, l’Italia è stata teatro di battaglie di ben altra ampiezza rispetto a quelle combattute in Francia. Il “Joint francais”, LIP, Rateau, le Nouvelles Galeries de Thionville, Manuest, eccetera, sono stati avvenimenti spettacolari e, a mio avviso, molto significativi, ma non rappresentano che una parte delle lotte di rivendicazione. Comunque, qui come altrove, la contestazione delle condizioni di lavoro, il rifiuto dei vecchi metodi di direzione, di comando e di gestione, la volontà di controllo, la gestione democratica delle lotte hanno mostrato la loro forza durante gli ultimi sei o sette anni. E queste lotte costituiscono lo sfondo del quadro sul quale si sono andate affermando le idee dell’autogestione. A tutto ciò occorre aggiungere un altro fenomeno, di cui si parla meno volentieri, a che è l’evoluzione di una non trascurabile parte dell’intellighenzia tecnica, la quale non accetta più la monarchia padronale. Nel maggio del 1968 la maggior parte delle imprese, in cui sono stati realmente impostati i problemi di gestione, sono delle aziende che contano dal 25 al 50 per cento di quadri, di ingegneri, di ricercatori e di tecnici: industrie elettroniche, uffici di studio, laboratori medici, eccetera. Non vi è dubbio che gli strati tecnici si trovano in una situazione ambigua. Essi forniscono al capitalismo i suoi migliori manager e al socialismo dell’autogestione una buona metà dei suoi teorici. Questa è la realtà di cui si deve tener conto. A tutte queste ragioni, infine, aggiungo la trasformazione del Partito socialista francese. Il suo declino è stato terribile e il cambiamento gli si è imposto come una questione di vita o di morte. Ma il cambiamento è stato possibile solo in quanto il vecchio partito ha accettato l’innesto di quella nuova sinistra che si era formata nel corso degli anni ’60 e che nel 1968 aveva quasi unanimemente aderito alle tesi dell’autogestione. Noi abbiamo dunque una corrente “autogestionista” costruita prima dalla CFDT e dal PSU (Partito socialista unificato), poi dalla CFDT e dal Partito socialista che è oggi- sul piano elettorale- il più …

Eugenio Scalfari e il vivaio giovanile fascista

Eugenio Scalfari ha sempre sostenuto che il suo impegno giornalistico fascista fosse iniziato nella seconda metà del 1942 su “Roma fascista”. In realtà, diversi mesi prima, con gli articoli su “Gioventù italica” e “Conquiste d’Impero” ora ritrovati dal professore della Statale di Milano Dario Borso. Ne pubblichiamo qui alcuni stralci come contributo importante alla verità storica. Eugenio Scalfari è una figura centralissima della vita giornalistica, politica e in senso lato culturale dell’intero dopoguerra. Insieme a Arrigo Benedetti, e due anni dopo a Carlo Caracciolo, è il fondatore del gruppo editoriale l’Espresso che oggi si chiama GEDI, cui appartiene anche MicroMega, e di MicroMega è stato anzi per anni uno dei più autorevoli collaboratori. A Scalfari debbono molto i cittadini democratici per tante battaglie di cui l’Espresso prima (a partire dalla famosa inchiesta di Manlio Cancogni del 1955, “Capitale corrotta nazione infetta”) e Repubblica poi, sono stati protagonisti. A Eugenio (e prima ancora al direttore dell’Espresso Livio Zanetti) sono debitore anche sul piano personale, per le occasioni che mi sono state offerte di collaborare a due testate così importanti, mi sento perciò legato a lui da affetto oltre che da riconoscenza. Ma nella vita democratica la verità storica (le “modeste verità di fatto” di cui parlava Hannah Arendt, rinunciando alle quali si prepara seconda la Arendt la via alla mutazione totalitaria) è un bene più prezioso e irrinunciabile dell’affetto e della riconoscenza. Il breve testo di Dario Borso che qui presentiamo è un contributo importante alla verità storica. Fa parte di una ricerca più ampia che Borso sta svolgendo sugli intellettuali nel periodo del fascismo che precede il 25 luglio. Scalfari ha sempre sostenuto che il suo impegno giornalistico fascista fosse iniziato nella seconda metà del 1942 su “Roma fascista”. In realtà le lettere scambiate tra Scalfari e Italo Calvino (furono compagni di banco, come più volte ricordato da Scalfari, circostanza nota al grande pubblico per un intervento di Benigni che la sottolineò nella piazza dell’edizione 2014 di “Repubblica delle idee”) già riportavano indicazioni inequivocabili di come Scalfari già dal febbraio 1942 si vantasse con Calvino di essere entrato a far parte di un “vivaio giovanile” scrivendo su “Gioventù italica” e “Conquiste d’Impero”. Dario Borso è riuscito a ritrovare quegli articoli di difficilissima reperibilità, e ne pubblica qui gli stralci più importanti – che certamente arricchiscono la conoscenza della formazione fascista di tante personalità che avrebbero poi avuto ruoli preminenti nella vita civile e politica dell’Italia democratica – ripromettendosi di ritornarvi nel corso della sua più ampia ricerca, perché passare per tale formazione, riviste, Guf, Littoriali, per molti fu strada quasi “naturale”. Come Borso mi ha scritto nel biglietto di accompagnamento di questa scoperta storico-giornalistica: Quello che mi premerebbe passasse come messaggio, è che tutti sbagliamo, soprattutto in gioventù, ma la maturità dell’adulto, per non dire dell’anziano, sta nell’ammettere i propri errori, e non per se stesso, ma per le generazioni a venire (altrimenti a tramandarsi è la finzione ecc.). (pfd’a) di Dario Borso Più volte Eugenio Scalfari ha rimemorato i suoi esordi letterari facendoli invariabilmente risalire ad alcuni articoli usciti nella seconda metà del 1942 su Roma Fascista, settimanale del Gruppo Universitario Fascista1: ma è vero? Giunto nella capitale da Sanremo verso la fine dell’anno precedente, egli intrattenne regolare corrispondenza con l’ex-compagno di liceo Italo Calvino. Le lettere del primo non sono tuttora disponibili, quelle del secondo sì2. Stralciando limitatamente alla prima metà del 1942: 12 febbraio: «Stai diventando un fanatico, ragazzo mio, stai attento. Ti stai esaltando di queste idee, tanto da montarti la testa. Curati. Distraiti.» 1 marzo: «Dunque tu, Eugenioscalfari, scrivi su riviste letterarie giovanili? Scrivi articoletti sull’arte novissima, eh? Sei capitato in un vivaio giovanile? Ma che bravo! Bravo, bravo, mi compiaccio proprio. Ahahahahahaah!» 7 marzo: «La faccenda del vivaio giovanile non è molto chiara. Scrivi meno balle, racconta fatti e ambienti e persone. Adesso il giornalino non è più del vivaio, è dell’Azione Cattolica. Che casino! […] Quando la finirai di pronunciare al mio cospetto frasi come queste: “tutti i mezzi son buoni pur di riuscire” “seguire la corrente” “adeguarsi ai tempi”? Sono queste le idee di un giovane che dovrebbe affacciarsi alla vita con purezza d’intenti e serenità d’ideali?» 21 aprile: «Mandami, appena vede la luce, il numero di Gioventù Italica che porta il tuo battesimo dell’inchiostro tipografico. Siccome avrai naturalmente scritto delle gran frescate, polemizzerò con te. Quello che rimane per me un gran mistero è come facciano a vivere le varie Gioventù & Progenie, Roma & Ischirogeno, che pullulano dalle tue parti. E, quel che più conta, dove piglino i soldi da dare a degli sciagurati come te.» 29 aprile: «Fa piacere poter dire: sapete, stasera ho da scrivere a Eugenio Scalfari, il noto pubblicista, è mio amico, siamo stati compagni di scuola, sì, proprio lui, il più noto scrittore contemporaneo, quello che scrive nientedimeno che su Conquiste d’Impero. […] Ci scrive anche Giuseppe [Bottai], ma sì, proprio Giuseppe, sono colleghi, “il mio Peppino” lo chiama Scalfari. […] Ho atteso a risponderti alla tua doppia ultima perché attendevo la copia di Gioventù Italica che mi è arrivata oggi. […] Non posso definire il tuo articolo altrimenti che: strano. Strano che tu ti metta a scrivere di queste cose, strano che tu mostri una così sicura cognizione in fatto di tragedie greche che credo conoscerai quanto conosco io, cioè ben poco.» 21 maggio: «Per quanto io aspiri a un “modo di salire” e tu a un “salire ad ogni modo”, l’esempio dell’amico mi sarà certo di sprone. […] Manda roba: Conquiste d’Impero, tua tesi per quell’affare del convegnochesoio, Roma Fascista che – scusa – non ho capito bene che cosa è (un giornaletto del Guf)?» 10 giugno: «Tu che sempre hai vissuto in una sfera lontana dalla vera vita, uniformando il tuo pensiero all’articolo di fondo del giornale tale e talaltro, ignorando completamente uomini fatti cose adesso ti metti a scrivere di economia, di argomenti ai quali sono legati avvenire benessere prosperità di popolazioni. Questa più che faccia tosta mi sembra impudenza. …

CARTA DELLO STATO SOCIALE – Approvata a Colonia l’8 Maggio 1996

La Repubblica federale di Germania è uno Stato federale democratico e sociale (Art. 20, comma i della Legge Fondamentale). Dalle dolorose esperienze della Repubblica di Weimar, nella consapevolezza del fallimento della prima democrazia in Germania, è stato dato alla nostra democrazia un fondamento basato sullo Stato sociale. La Repubblica federale di Germania è uno Stato federale democratico e sociale (Art. 20, comma i della Legge Fondamentale). Dalle dolorose esperienze della Repubblica di Weimar, nella consapevolezza del fallimento della prima democrazia in Germania, è stato dato alla nostra democrazia un fondamento basato sullo Stato sociale. Noi – Confederazione sindacale tedesca e i suoi sindacati, come pure la ‘Assistenza per il avoratori’, la ‘Opera del Diaconato’ della Chiesa evangelica tedesca, la’Associazione della Caritas tedesca’, la ‘Associazione della assistenza paritetica tedesca’, la ‘Associazione tedesca delle vittime della guerra e del servizio militare, degli invalidi e dei pensionati sociali’ e la ‘Associazione centrale d’assistenza degli ebrei in Germania’ – ci riconosciamo nell’imperativo dello Stato sociale contemplato nella Legge Fondamentale e lo vogliamo tutelare e rafforzare anche per il futuro. Infatti, lo Stato sociale crea le condizioni per la giustizia sociale e per la unione solidale della società. Il rispetto della dignità umana, l’ampia realizzazione dei diritti umani e civili e la qualità della vita sociale di una società presuppongono lo Stato sociale. Obiettivo minimo dello Stato sociale è quello di impedire la povertà materiale e la emarginazione sociale. Esso garantisce l’autonomia contrattuale come pure la sussidiarietà del libero lavoro sociale e dà il suo contributo affinché le forze sociali risolvano i loro conflitti di interesse inmaniera autonoma. I sindacati e le succitate associazioni concordano perciò ampiamente con entrambe le Chiese tedesche quando si tratta di difendere e tutelare lo Stato sociale. Oggi bisogna constatare che in questo Paese lo Stato sociale è messo in pericolo. Da una parte ciò è da ricondursi a una profonda crisi economica e sociale in cui sitrovano sia la Germania sia tutti gli Stati industriali. Dall’altra, però, lacrisi dello Stato sociale è conseguenza di errate impostazioni politiche che alzano il livello della disoccupazione, aumentano la povertà, aggravano le crisi settoriali e gli squilibri regionali accentuando così i problemi relativi al finanziamento dello Stato sociale. Le sfide non devono in alcun modo essere di pretesto per mettere in discussione lo Stato sociale. Piuttosto, tutti i gruppi e le forze sociali sono chiamate a raccolta per renderlo garante anche per il futuro. Lo Stato sociale non deve essere messo in discussione proprio quando le sue prestazioni sono necessarie al massimo per ragioni di dignità umana, di solidarietà e didemocrazia. La iniziativa riguardante il “Patto per il Lavoro” presa dai sindacati ha come obiettivo il raggiungimento di un compromesso socialemediante i contributi del mondo politico, di quello imprenditoriale e sindacale per ottenere una maggiore occupazione e per mantenere lo Stato sociale. Con questa Carta deve essere trovato un nuovo consenso contro i piani di demolizione e di distruzione dello Stato sociale. DGB, sindacati e le associazioni sociali e assistenziali,in contatto con le Chiese, presentano in questa Carta le loro proposte per losviluppo dello Stato sociale invitando la Federazione, le Regioni e i Comuni, le associazioni dei lavoratori, dei giovani e le ‘Iniziative dei cittadini’ a discutere su queste proposte e a concordare unitariamente le possibili modalità di realizzazione. Tutti gli importanti attori sociali del mondo politico, economico e sociale si devono sentire impegnati a bloccare la minaccia di un decadimento della società. E’ nelle loro responsabilità di preoccuparsi per il mantenimento equilibrato della nostra società e, con esso, della pace sociale. Ciò è sempre meno possibile in un quadro nazionale. Perciò si devono realizzare e tutelare, a dimensione mondiale, standards minimi in materia sociale ed ecologica. In considerazione delle tradizioni relative allo Stato sociale che sono operanti in molti Paesi europei, alla Unione Europea compete una responsabilità speciale.   1. Creare posti di lavoro attraverso la protezione dell’ambiente   Una società che rispetti la dignità umana deve avere come costante obbiettivo la messa a disposizione di posti di lavoro per tutti coloro che lo richiedano. La disoccupazione di massa e la progressiva diminuzione dei posti di lavoro sono motivo di grande preoccupazione. Quasi ogni donna e ogni uomo può essere minacciato dalla perdita del posto di lavoro. Per i disoccupati il tempo per un loro reimpiego è sempre più lungo. In particolare le donne, i disabili, gli stranieri e le persone anziane vengono espulsi dal mercato del lavoro. Il numero dei disoccupati di lungo periodo è in aumento e la loro condizione si fa più precaria. Per realizzare il ‘Patto del lavoro’ il governo federale, le associazioni imprenditoriali e finanziarie si sono impegnati a dare il loro contributo per dimezzare l’attuale disoccupazione entro il 2000. Ciò richiede due milioni di nuovi posti di lavoro. In effetti, in Germania è possibile creare centinaia di migliaia di nuovi posti di lavoro se si riesce a utilizzare le opportunità offerte dalla nuova tecnologia, a ristrutturare su basi ecologiche la società industriale, offrendo principalmente servizi sociali rispettosi della persona e procedendo a una diversa distribuzione del lavoro. Un sistema fiscale orientato ecologicamente deve contribuir ealla protezione delle risorse naturali e all’alleggerimento dei costi del fattore lavoro. La innovazione e gli investimenti in prodotti e in servizi ecologicamente compatibili, la tutela e la cura della vita ambientale aprono nuove possibilità di lavoro. Ristrutturare ecologicamente significa collegare la capacità concorrenziale a livello internazionale con la soluzione della crisi ambientale globale e con il superamento della disoccupazione di massa. Contro molte resistenze nella società i sindacati, con la loro politica della riduzione dell’orario di lavoro, hanno contribuito a tutelare e a creare centinaia di migliaia di posti di lavoro. Ciò ha portato pure a una crescita del reddito delle lavoratrici e dei lavoratori. Noi siamo d’accordo sul fatto che, anche per il futuro, il lavoro venga distribuito più equamente attraverso la riduzione del tempo di lavoro reale e contrattuale. L’attuale progetto dei sindacati è così sintetizzabile: eliminare il lavoro straordinario compensandolo con il tempo libero; istituire ‘conti per …

FOCARDI: FRANK VITTIMA DEL NAZISMO MA CONTI ANCORA APERTI CON IL FASCISMO

di Carlo Patrignani Questa volta una forte reazione generale di fronte a un grave episodio, l’ultimo di una lunga serie di manifestazioni di antisemitismo e fascismo, almeno c’è stata: la speranza è che da questa reazione pressocchè unanime venga la spinta a fare i conti ancora aperti con il fascismo. E’ quel che pensa lo storico Filippo Focardi, docente di Storia contemporanea presso il Dipartimento di Scienze Politiche, Giuridiche e Studi Internazionali dell’Università di Padova, del preoccupante ritrovamento nella curva Sud dello stadio Olimpico di adesivi con la foto di Anna Frank in maglia giallorossa. L’analisi dello storico sull’episodio che ha indignato l’opinione pubblica mette subito a fuoco un’acuta osservazione: perchè è stata scelta la ragazza tedesca ebrea? Perchè vittima delle persecuzioni naziste e simbolo della Shoah. Famosissimo il suo diario edito in tutto il mondo in cui racconta la sua vita di perseguitata e di deportata nel campo di concentramento di Bergen-Belsen. Dopodiché, arriva il severo e puntuto monito: non è che il fascismo, per non aver fatto i campi di concentramento e le camere a gas, sia esente dalle persecuzioni contro gli ebrei: nel ’38 promulgò le Leggi Razziali dopo il Manifesto della Razza e con la Repubblica Sociale di Salò ebbe un ruolo di primo piano contribuendo alla cattura e deportazione degli ebrei in Germania. Le cifre della spietata, orrenda caccia agli ebrei avviata dalla Repubblica Sociale di Salò (Rsi) – rivela Focardi – parlano di circa 7 mila ebrei catturati e deportati in Germania nei campi  concentramento, tra cui Auschwitz: di questi circa 4 mila furono catturati dalle forze di polizia della Rsi e dalle famigerate bande nere, i restanti dalle SS: esclusi i morti ammazzati in Italia, le vittime della Shoah furono ben 5790. Indignarsi per l’episodio dell’Olimpico è necessario ma non sufficiente: puntare solo sull’antisimetismo dei nazisti è oscurare le responsabilità dei fascisti, perpetuando la tragica favola esplicitata dal titolo del best seller dello storico Il cattivo tedesco e il bravo italiano: la rimozione delle colpe della seconda guerra mondiale, in cui l’autore ricostruisce, minuziosamente, la campagna d’Africa voluta dal Duce e poi eseguita, con stermini e bombardamenti ai gas tossici, in Etiopia, Somalia e Libia, tra gli altri, da Rodolfo Graziani e da Pietro Badoglio, inseriti nella lista dei criminali di guerra  dell’Onu e mai puniti. Quel che si vuol perpetuare, in buona sostanza, è la totale assoluzione del fascismo, in nome della pacificazione nazionale come si fece cancellando la pregiudiziale repubblicana a partire dalla ‘svolta’ di Salerno per approdare al Governo di Pietro Badoglio del ’44. E’ proprio questo costante richiamo nostalgico al fascismo e alle sue radici [le manifestazioni rievocative del Regime, la marcia su Roma, il raduno di Predappio, l’esibizione dell’osceno saluto romano A noi ] che, unitamente alla crescente ostilità e xenofobia nei confronti  dei migranti, mi preoccupa assai: come se il Regime del Ventennio, tutto sommato, fosse stato una dittatura all’acqua di rose. Per me, è la conferma che il nostro Paese la resa dei conti con quel periodo di repressione, di oppressione e di violenza, non l’ha ancora affrontata, è la constatazione amara dello storico dell’Università di Padova. Ma non c’è rassegnazione alcuna: la speranza è che i conti con il fascismo si facciano, anche se tardi – è la conclusione di Focardi, la cui opera viene presentata domani a Roma alla Biblioteca Nelson Mandela insieme al saggio Gli uomini di Mussolini. Prefetti, questori e criminali di guerra dal fascismo alla Repubblica italiana di Davide Conti – E questa speranza sta nella significativa reazione dell’opinione pubblica e dei media al grave episodio dell’Olimpico. Insomma, i fatti, come diceva l’azionista Vittorio Foa, non possono essere annullati, devono sempre essere richiamati […] La memoria non è soltanto la ripetizione delle domande di ieri. La memoria è soprattutto il proporre delle domande nuove. Fonte: alganews.it     SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it