Apprendere dalla lezione tedesca

di Paolo Bagnoli Era naturale che l’esito delle elezioni tedesche fosse atteso con particolare trepidazione. Le interpretazioni che di esso sono state date oramai si sprecano, ma in fondo, a ben vedere, se terremoto è stato, esso era in qualche modo nell’aria compresa la frana più grande e preoccupante: vale a dire, quella dei socialdemocratici che rischia, se non vengono prese iniziative strategiche di peso, di divenire strutturale. Certo che l’entrata in Parlamento della destra nazionalista e xenofoba è un dato più che preoccupante, ma se di populismo si tratta, come tutti dicono, la politica democratica è nelle condizioni di piegarla. Crediamo che possa trattarsi di un episodio grave e inquietante considerata la storia della Germania; ma solo di un episodio la cui soluzione non si può rimandare in toto e in esclusiva all’Europa perché, per prima, alla prova è messa la Germania stessa. Essa, da grande democrazia quale è, non può più avere timori nel fare i conti con se stessa; quei conti che con la riunificazione andavano reimpostati e riaggrediti. La Spd è, di par suo, messa a una prova vera e dura. Il cambio del leader alla soglia delle elezioni ha dimostrato che gli uomini politici pesano se hanno delle idee e netti profili identitari. Non ci sembra, sinceramente, che Martin Schulz avesse nemmeno uno di questi requisiti. Aveva di sicuro un sogno: diventare cancelliere invertendo i ruoli fino ad oggi ricoperti dal suo partito e dalla Cdu e, quindi, continuare nella grande coalizione, ma con la Spd sopra e la Cdu sotto. In politica tutto è possibile, ma il sogno era solo l’anticamera dell’incubo. L’annunciato passaggio all’opposizione è una scelta obbligata. Come tale, in sé e per sé, non ha niente di strategico. Qualcuno ha scritto che ora occorre una Bad Godesberg all’incontrario; se certo non è riproponibile una Spd prima di Bad Godesberg è vero che, con quella svolta, la socialdemocrazia tedesca segnò un orizzonte strategico che, senza nulla perdere della propria grandezza, la portò ad essere un forte soggetto di governo. Ma mentre a Bad Godesberg la Spd lasciava un profilo, ne usciva però subito con un altro dopo aver fatto i conti il ruolo che deve avere una forza socialista la quale, naturalmente, può cambiare con il trascorrere delle stagioni della storia senza alterare la propria funzione. Il tratto caratterizzante quel nuovo profilo era che il cambio non implicava subalternità culturale ne di soggettività sociale; di conseguenza, si poteva dialogare e collaborare con le forze democratiche antagoniste rimanendo se stessi, marcando in maniera politicamente forte il proprio ruolo socialista. Tutto questo è andato perso e l’Spd ha dovuto amaramente riconoscere di non essere più il “partito del popolo”. Essa ha pagato la subalternità alla Merkel, all’ala moderata del Paese, ha scontato pure la blairizzazione causata dal cancellierato di Gerhard Schroder tra il 1998 e il 2005 che aveva addirittura ribattezzato il partito “neue mitte” – nuovo centro – e poi abbiamo scoperto che, per lui, il centro vero stava a Mosca! Il blairismo ha fatto al socialismo europeo danni storici, ma come dimostra Jeremy Corbyn basta fare i socialisti per far rinascere il socialismo. Se ce ne fosse uno in ogni Paese il socialismo non sarebbe ridotto così come lo è adesso anche se in Italia il Corbyn di turno dovrebbe essere capace di realizzare addirittura una resurrezione. Intendiamoci non è che a livello amministrativo di governo i socialdemocratici tedeschi siano rimasti inoperosi; anzi, su alcune questioni di grande rilevanza – salario minimo, abbassamento dell’età pensionistica, fondi per la scuola, agevolazioni per le famiglie – hanno ottenuto risultati che vanno a loro merito, ma ciò non è valso a impedirne la caduta. La ragione è molto semplice: il buon governo non basta a connotare l’identità socialista perché il socialismo è trasformazione profonda della società; mutazione continua verso nuovi livelli di società democratica unendo la mobilitazione sociale all’azione politica. Il socialismo è un progetto di società e di rapporti sociali, economici e politici. Tale progetto l’Spd non ce l’ha; se non se lo dà, quello che abbiamo visto è solo l’inizio della frana. La lezione dovrebbe servire anche ai socialisti degli altri Paesi; eccetto i portoghesi che lo hanno capito da soli sfidando l’Europa con le sue troike e ragionieristici teoremi riguardanti solo e quasi esclusivamente la liberalizzazione dei mercati. Auguriamoci che, per la democrazia tutta e non solo per i socialisti, la lezione tedesca serva. Infine, sullo scenario, non è mancata l’uscita di Walter Veltroni che, nel commentare l’ennesimo segno di una crisi generalizzata del socialismo, ha avuto l’ardire di dichiarare: «Per fortuna l’Italia dieci anni fa ha fatto la scelta coraggiosa del Partito democratico». Ci domandiamo: ma che c’entrano Veltroni e il Pd con il socialismo che, come comprovato dalla storia, appartiene alla sinistra? Se crisi del Pd ci sarà essa riguarderà un altro ambito storico, politico e culturale. Fonte: Nonmollare quindicinale post azionista SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

Libertà per Abdullah Öcalan e per tutte le prigioniere e i prigionieri politici Pace in Kurdistan & Democrazia in Medio Oriente

APPELLO ALLA MANIFESTAZIONE NAZIONALE DEL 7 OTTOBRE A MILANO Crescono le preoccupazioni relative alla salute e alla sicurezza del presidente del popolo curdo Abdullah Öcalan. Da due anni vi è un assordante silenzio sulle sue condizioni. Dall’ultima visita avvenuta il 27 luglio 2011, i costanti appelli per autorizzare la visita degli avvocati non hanno prodotto alcun risultato. Anche un comitato internazionale che comprende deputati del Parlamento Europeo, sindacalisti, accademici e attivisti dei diritti umani provenienti da diversi paesi ha chiesto di poter visitare il carcere di Imralı ma la richiesta è rimasta senza risposta. Tutte queste richieste sono state respinte con motivazioni poco plausibili. Gli avvocati hanno fornito informazioni utili al Comitato per la Prevenzione della Tortura, un organismo del Consiglio d’Europa dotato dell’autorità necessaria per visitare le carceri degli stati membri (compresa la Turchia) e di riferire sulle violazioni dei diritti umani rilevate. Il CPT ha visitato il 28 aprile 2016 il carcere di Imrali, ma contrariamente alle precedenti visite non ha ancora pubblicato il rapporto, e questo perchè la Turchia non lo ha approvato. È inconcepibile che davanti a un tale oscuramento delle informazioni il CPT oggi rimanga in silenzio. Inoltre, mentre crescono le preoccupazioni per la sicurezza di Abdullah Öcalan e degli altri detenuti dopo il tentativo di colpo di stato del 15 luglio 2016, il CPT ha visitato molti centri di detenzione ma non il carcere di Imralı: ciò fa supporre un tacito “patto del silenzio” sulla questione di Imrali. Gli avvenimenti che si sono verificati in tutto il paese dal processo di Imralı nel 1999 ad oggi hanno dimostrato chiaramente che ogni qualvolta sono state portate avanti politiche di sicurezza nell’approccio alla questione curda, l’isolamento a Imrali si è acuito. C’è un evidente analogia tra le condizioni in cui si trova il paese e l’assoluto isolamento del presidente Abdullah Öcalan. Da un lato la Turchia sta attraversando una fase di profondo caos e conflitto, e dall’altro si verifica un totale oscuramento mediatico su Imralı mentre viene impedito ogni incontro. È un segnale concreto che anche piccoli contatti con Abdullah Öcalan possono creare un’atmosfera veramente positiva in tutta la società. Abdullah Öcalan, nonostante le condizioni di assoluto isolamento, ha reso la soluzione pacifica e democratica della questione curda la propria ragione d’essere. La sua libertà significa la libertà non soltanto del popolo curdo ma anche degli altri popoli della regione. Il semplice fatto che il popolo curdo adesso sia diventato un attore importante in Medio Oriente e che il modello del Rojava venga generalmente accettato come modello democratico è un merito che gli viene attribuito. Non solamente i curdi, ma in primo luogo i popoli del Medio Oriente e molte forze sociali stanno adottando il paradigma di Öcalan e stanno lavorando attivamente per la sua attuazione. Milioni manifestano per la sua libertà ormai da molti anni a livello internazionale per condannare l’isolamento imposto dallo Stato turco nei confronti di Abdullah Öcalan che da 18 anni si trova in isolamento. Oltre 10 milioni di persone hanno già firmato l’appello internazionale per la sua libertà. Lo slogan di queste manifestazioni è stato e sarà “Libertà per Öcalan”. In questo contesto la comunità curda in Italia ha promosso una manifestazione a Milano il 7 ottobre 2017 alla vigilia del 9 ottobre, data che ha segnato l’inizio del complotto internazionale che ha portato al rapimento del leader del popolo curdo. Chiediamo all’opinione pubblica di essere consapevole e di dar voce a proteste democratiche contro l’isolamento del presidente Öcalan e per fare in modo che l’attuale “sistema Imrali”, inaccettabile sul piano umano, legale e politico, venga smantellato. Chiediamo all’opinione pubblica, alle organizzazioni della società civile, ai partiti e alle organizzazioni sindacali di sostenere la mobilitazione organizzata dalla comunità curda in Italia e di partecipare alla manifestazione nazionale a Milano il 7 ottobre 2017 alle ore 15 da Porta Venezia. Abbiamo bisogno anche della tua voce! LIBERTÀ PER ÖCALAN! Ufficio di Informazione del Kurdistan in Italia – UIKI Onlus Comunità curda in Italia Rete Kurdistan Italia Per Adesioni: info@uikionlus.com info@retekurdistan.it SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

ANSA Legge Elettorale: Besostri, cambiare Rosatellum 2.0 o ricorso

ANSA Notiziario Nazionale, lunedì 02 ottobre 2017 L.elettorale: Besostri, cambiare Rosatellum 2.0 o ricorso L.elettorale: Besostri, cambiare Rosatellum 2.0 o ricorso     (ANSA) – ROMA, 2 OTT – “La maggioranza solo numerica del  Parlamento non si è rassegnata alla sconfitta del 4 dicembre e  cerca una rivincita con la terza legge incostituzionale, cioè il  Rosatellum 2.0″. Lo ha dichiarato Felice Besostri, Coordinatore  degli “Avvocati antitalikum” al termine della loro riunione  tenutasi nell’Aula dei Gruppi della Camera. Besostri chiede che  il Rosatellum 2.0 sia modificato “almeno eliminando il voto  congiunto tra collegio uninominale e listino”, preannunciando un  ricorso alla Corte Costituzionale nel caso venga approvato dal  Parlamento così come è oggi.     “Al centro del nostro lavoro è stata la legge elettorale – ha  dichiarato Besostri – perché ancora oggi non siamo riusciti ad  avere una legge costituzionale di tipo proporzionale”.     Gli Avvocati hanno sottolineato che “la questione più urgente  è ottenere l’armonizzazione tra le leggi elettorali per la  Camera e per il Senato, armonizzazione che richiede in via  prioritaria l’eliminazione del premio di maggioranza alla Camera  con il 40% dei voti validi e la riduzione delle soglie d’accesso  del Senato fissate all’8% e al 20% a fronte di un 3% alla  Camera”. Gli Avvocati confidano di portare questa questione  all’attenzione della Corte grazie alle decisioni che dovranno  essere prese nel giro di un mese dai Tribunali dell’Aquila, di  Messina, di Lecce e di Venezia.     “In ogni caso – ha detto l’Avv. Besostri – avendo già  predisposto i ricorsi, siamo in condizione di portare  all’attenzione alla Consulta eventuali profili di  incostituzionalità del Rosatellum 2.0″. Infatti “il voto  congiunto tra candidati uninominali e liste proporzionali  bloccate, esteso a tutta Italia dal Rosatellum 2.0, è già  presente nelle norme speciali per il Trentino Alto Adige, in  violazione del voto personale, libero e diretto”.  (ANSA).       IA  02-OTT-17 16:12 NNN – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – AGI, lunedì 02 ottobre 2017 L.Elettorale: Besostri, Rosatellun 2.0 finira’ come Italicum = (AGI) – Roma, 2 ott. – “La maggioranza solo numerica del  Parlamento non si e’ rassegnata alla sconfitta del 4 dicembre e  cerca una rivincita con la terza legge incostituzionale, cioe’  il Rosatellum 2.0″. Lo afferma Felice Besostri, coordinatore  degli Avvocati Antitalikum, durante una conferenza stampa a  Montecitorio.      “Al centro del nostro lavoro e’ stata la legge elettorale –  spiega – perche’ ancora oggi non siamo riusciti ad avere una  legge costituzionale di tipo proporzionale”. Besostri ricorda  inoltre il lavoro fatto con gli altri avvocati dl coordinamento  per ottenere l’annullamento parziale dell’Italicum, nella parte  riguardante l’attribuzione di un premio di maggioranza,  giudicato eccessivo, per mezzo del ballottaggio tra le due  liste piu’ votate.      La questione piu’ urgente, sottolinea, e’ ottenere  l’armonizzazione tra le leggi elettorali per la Camera e per il  Senato, armonizzazione che richiede in via prioritaria  l’eliminazione del premio di maggioranza alla Camera con il 40%  dei voti validi e la riduzione delle soglie d’accesso del  Senato fissate all’8% e la 20% a fronte di un 3% alla Camera.  Per questa ragione il coordinamento confida di portare la  questione all’attenzione della Corte grazie alle decisioni che  dovranno essere prese nel giro di un mese dai Tribunali  dell’Aquila, di Messina, di Lecce e di Venezia. (AGI)  Mol  (Segue)  021630 OTT 17  NNN – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – AGI, lunedì 02 ottobre 2017 L.Elettorale: Besostri, Rosatellun 2.0 finira’ come Italicum (2)= (AGI) – Roma, 2 ott. – “In ogni caso – sottolinea Besostri –  avendo gia’ predisposto i ricorsi, siamo in condizione di  portare all’attenzione alla Consulta eventuali profili di  incostituzionalita’ del Rosatellum 2.0″. E ha aggiunto “Il voto  congiunto tra candidati uninominali e liste proporzionali  bloccate, esteso a tutta Italia dal Rosatellum 2.0, e’ gia’  presente nelle norme speciali per il Trentino Alto Adige, in  violazione del voto personale, libero e diretto, come eccepito  nei ricorsi Antitalikum”.      Il gruppo si pone ora l’obiettivo di estendere la sua  sorveglianza sulla costituzionalita’ delle Leggi elettorali a  quelle regionali e per le Province e le Citta’ metropolitane,  presentando i ricorsi nei competenti Tribunali ordinari ovvero  impugnando davanti ai Tar i risultati elettorali. “Lo scopo che  anima gli avvocati Antitalikum e’ quello di consentire agli  elettori di votare liberamente e secondo Costituzione e non di  impedire l’adozione di nuove leggi elettorali che e’ compito  del Parlamento. Gli Avvocati vogliono solo vigilare sul  rispetto della Carta e in questo modo contribuire all’azione  dei Parlamentari”, conclude Besostri. (AGI)  Mol  021630 OTT 17  NNN – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – ADN Kronos, lunedì 02 ottobre 2017 L.ELETTORALE: BESOSTRI, SE ROSATELLUM BIS NON CAMBIA PRONTO RICORSO =       L.ELETTORALE: BESOSTRI, SE ROSATELLUM BIS NON CAMBIA PRONTO RICORSO =        L’avvocato ‘affossatore’ di sistemi voto spiega sua strategia,  pronto anche il piano B        Roma, 2 ott. (AdnKronos) – “Non c’è due senza tre… Se non viene  cambiato almeno il voto congiunto tra candidato uninominale e lista  proporzionale bloccata, il Rosatellum bis farà la stessa fine di  Porcellum e Italicum…”. Felice Besostri, avvocato  amministrativista, considerato ‘l’affossatore’ delle leggi elettorali  (dal Porcellum all’Italicum a quelle delle regioni Lombardia, Campania  Umbria e Campania) spiega la sua strategia processuale, a colpi di  ricorsi, per bloccare le distorsioni dei sistemi di voto e dice la sua  sul ‘Rosatellum bis’.        ”Cambino la parte relativa al voto congiunto -sottolinea l’ex  senatore dei Ds, pronto a impugnare il testo su cui c’è l’accordo di  Fi-Pd-Lega qualora venga approvato dal Parlamento così com’è- e non  faccio il ricorso. …

L’insostenibile leggerezza dell’imperativo categorico del Che

di Carlo Felici  “Si se nos dijera que somos casi unos románticos, que somos unos idealistas inveterados, que estamos pensando en cosas imposibles y que no se puede lograr de la masa de un pueblo el que sea casi un arquetipo humano, nosotros le tenemos que contestar una y mil veces que sí, que sí se puede. Y tiene que ser así, y debe ser así, y será así compañeros.” Che. Parlare di Ernesto Che Guevara a 50 anni dalla sua morte è come contemplare un cielo stellato, non si sa da dove cominciare né dove finire. I mortali, infatti, dovrebbero limitarsi, in questi casi, a tacere di fronte all’incommensurabilità degli immortali. Ma anche un mortale può, come Kant scrisse efficacemente, considerare la morale che c’è in lui e oltre ad essa il cielo stellato che permane sopra di lui. Perciò, nonostante il fiume di inchiostro che è stato versato, narrando la vita ed il pensiero del Che, fino a farlo divenire una icona rivoluzionaria, cercheremo di capire che la sua rivoluzione fu soprattutto etica e morale, prima ancora che sociale, economica o politica. E che fu, anche per questo, una delle vittime più illustri di un comunismo divenuto artificio e negazione della stessa morale su cui esso avrebbe dovuto fondarsi. Il Che scoprì fin da bambino la ribellione e l’ingiustizia e fu spinto a trovare un modo per combatterle nell’immediato, anche dall’urgenza di una vita incalzata da una malattia che gli consentì di essere riformato nel servizio militare, nonostante poi sia diventato un grandissimo Comandante militare rivoluzionario, così sembra che anche il destino abbia voluto unire la sua ironia a quella proverbiale del Che. La sua vita, infatti, non bruciò lentamente come una candela, ma arse di un fuoco impetuoso e trascinante dall’inizio fino alla fine, espandendo la sua luce ed il suo calore oltre i confini dello spazio e del tempo. Tanto che ancora oggi essa perdura intatta nella sua fulgida essenza, infatti per quelli come lui, finisce sempre una vita terrena per iniziarne una leggendaria, che sicuramente anche gli esploratori spaziali o i futuri combattenti di guerre stellari di liberazione non potranno fare a meno di ricordare e tramandare. Le tappe di questa vita straordinaria sono arcinote, per cui faremo a meno di ricordarle, lasciando ai biografi la narrazione dettagliata di questo percorso, dall’inizio fino alla fine, e raccomandando, però, a coloro che davvero vogliono pensare al Che e non limitarsi a parlarne o a scriverne o a sproloquiare su di lui, di leggere queste biografie, magari mettendole a confronto, per scoprirne anche le autenticità e le incongruenze. Tra le migliori, ci sentiamo di raccomandare quella di Paco Ignacio Taibo II e di Castaneda, gli scritti di Moscato, quella di Massari (purtroppo mutila dell’ultimo periodo, dato il tempo in cui fu scritta) oltre a quella di Anderson, che però invitiamo a leggere per ultima dato che, apparentemente può sembrare la più documentata e celebrativa oltre che la più famosa, ma concretamente risulta una delle più mistificatorie, a partire dalla data di nascita e dalle circostanze della morte del Che. Anderson, infatti, scrive che il Che nacque un mese prima, di quanto lui stesso ricordò persino nel suo diario boliviano, adducendo solo delle prove testimoniali, quasi volendo fare intendere che la sua vita sorse da una bugia. Un modo direi alquanto subdolo di fondare la biografia di un rivoluzionario, e conclude narrando una sorta di riappacificazione nell’abbraccio tra il suo carnefice e la sua vittima, lasciando intendere che la CIA volesse il Che più vivo che morto, tutte panzane per altro smentite da un rapporto dettagliato di due scrittori e storici cubani: Adys Cupull e Froilàn Gonzàles, intitolato “La CIA contra el CHE” e pubblicato in italiano da Edizioni Achab nel 2007. Anche i film di recente usciti anche in Italia, per la regia di Steven Soderbergh, rivelano più o meno lo stesso intento, forse meno nel primo sulla vicenda rivoluzionaria cubana, ma sicuramente di più nel secondo sull’impresa boliviana: rappresentare il Che come un rivoluzionario straordinario ma molto donchisciottesco, cioè utopistico e sostanzialmente poco cosciente della realtà e della contingenza in cui si trovò ad operare, insomma una sorta di eroe e Cristo solitario, immortalato dalla sua ultima immagine cadaverica del lavatoio di Vallegrande. Una icona da venerare ed esaltare ma concretamente sempre fuori dal tempo. Nonostante i tentativi di depistaggio e demistificatori messi in atto anche mediante film e opere monumentali, la realtà è però nota da tempo, e fu edita anche in un libro: Che Guevara and the FBI, con documenti reperiti negli archivi dell’FBI da due illustri giuristi americani Micahel Ratner e Michael Steven Smith, due casse con circa mille rapporti della CIA dal 1954 al 1968. Da essi si evince che la CIA era interessata ad ogni debolezza anche fisica del Che, per poterla sfruttare anche in ogni eventuale complotto, al punto da ostacolare il rifornimento di inalatori che gli erano necessari per l’asma o addirittura per potere infilarci dentro del veleno. Nello stesso rapporto si evidenziava che il Che era seguito con molta attenzione da prima che incontrasse Castro, dai tempi del Guatemala e del colpo di Stato contro Arbenz. Già da allora si segnalava che il Che aveva cercato di resistere al colpo di Stato e che “La cosa migliore è cominciare a far guerra a quest’uomo”. Così la CIA non lo mollò mai, con precisione ed efficienza certosina, spiandolo anche durante la sua lotta sulla Sierra Maestra e considerandolo effettivamente per quello che era, cioè un uomo senza particolari ambizioni personali, che combatteva in maniera disinteressata per una causa di liberazione senza ulteriori ambizioni politiche, dotato di grande coraggio, privo di paura, in grado di riscuotere molta fiducia da coloro che lo circondavano e seguivano, soprattutto un intellettuale. Un agente che lo seguiva descrisse anche il suo modo di fumare i sigari, di leggere libri ai suoi uomini e addirittura di fare il bagno. Le truppe boliviane che avevano catturato il Che avevano ricevuto un addestramento da militari statunitensi …

Migranti: Focardi, i conti col fascismo tutti da fare

El Pais ci ha fatto il titolo: Fascismo renovado assume nova força na Itália e la rivista britannica New Statesman ha rincarato la dose: The Mussolin fans selling flip flops with the slogan ‘Death tho traitors’. Il riferimento è alle manifestazioni rievocative del Regime fascista, dalla vietata marcia su Roma del 28 ottobre al raduno di Predappio, dall’esibizione del saluto romano all’osceno A noi ! – unite al diffuso atteggiamento inumano contro i migranti. E’ quest’incrocio che mi preoccupa e molto, questo legame concomitante tra la crescente ostilità, la xenofobia, nei confronti dei migranti e il richiamo nostalgico al fascismo, alle sue radici, come se il Regime del Ventennio, tutto sommato, fosse stato una dittatura all’acqua di rose: per me, è la conferma che il nostro Paese la resa dei conti con quel periodo di repressione, oppressione e di violenza, non l’ha ancora affrontata. Così lo storico Filippo Focardi, docente di Storia contemporanea presso il Dipartimento di Scienze Politiche, Giuridiche e Studi Internazionali dell’Università di Padova e autore del best seller Il cattivo tedesco e il bravo italiano – La rimozione delle colpe della seconda guerra mondiale, analizza, come ha fatto prima con la rivista inglese e poi con il quotidiano spagnolo, quanto in Italia sta accadendo da giorni e settimane. Vero è che anche in Europa – precisa – circola questo deprecabile sentimento di ostilità contro i migranti, che alimenta movimenti populisti e xenofobi di estrema destra, particolarmente forti in Europa orientale, come ad esempio in Ungheria. L’Italia, per certi aspetti, assomiglia ai paesi dell’Europa orientale: lì non si sono fatti i conti con i regimi autoritari e antisemiti che avevano, durante la guerra collaborato con la Germania nazista: da noi è mancato un esame di coscienza profondo sul fascismo. Anzi, si è assistito, come ha osservato lo storico Emilio Gentile, a un processo di ‘defascistizzazione retroattiva’ del fascismo. Cioè si è privato il regime dei suoi caratteri liberticidi e repressivi, rendendolo, per così dire, ‘commestibile’. Da noi, infatti, non c’è stata una Norimberga, ma un’amnistia generale nel segno della pacificazione nazionale. E oggi, seguendo questa strada, vengono appelli, stonati, a non metter assieme l’ostracismo e la paura del migrante visto e vissuto come untore, con i rigurgiti espliciti ai flip e flops del fascismo. Sì, lo ribadisco, pesa e molto da noi non aver fatto i conti con il fascismo, cosa effettivamente è stato, non aver piena consapevolezza delle pagine sporche di quel periodo che non fu un incidente di percorso nè una dittatura all’acqua di rose come si è detto: all’estero si sono accorti della dimensione assunta dal fenomeno ed è scattato l’allarme, come accaduto agli inizi del Duemila con Berlusconi, avverte lo storico che, nel suo best seller, ha minuziosamente ricostruito la campagna d’Africa, con stermini e bombardamenti ai gas tossici, in Etiopia, Somalia e Libia, voluta dal Duce e portata avanti, tra gli altri, da Rodolfo Graziani e da Pietro Badoglio, inseriti nella lista dei criminali di guerra. ​Siamo, insomma, fermi ancora allo slogan del bravo italiano contrapposto al cattivo tedesco con cui si cercò di assolvere il Paese dai crimini contro l’umanità commessi e di salvare il popolo italiano come se non avesse avuto nulla a che fare col fascismo: appunto tutta la colpa fu del cattivo tedesco? Bisogna riconoscere che la Germania i conti con il suo passato nazista, seppur faticosamente, li ha fatti e continua a farli. La Festa dell’unità tedesca che si tiene dall’unificazione degli anni ’90, ormai da 5-6 anni è all’insegna dello slogan ‘uniti nella molteplicità’ intendendo ‘uniti nella diversità multietnica’. Quel giorno, il 3 ottobre, molte moschee tedesche sono aperte al pubblico e non viene fatta nessuna parata militare, a significare che il paese non vuole essere una potenza militare ma civile. E, nonostante alle recenti elezioni politiche il partito populista di destra, Alternative für Deutschland, abbia preso molti consensi, la Germania ha anticorpi solidi e la sua tenuta democratica non corre rischi. Quelli che stanno indietro dunque siamo noi? Non è che gli anticorpi ci manchino però i conti con il passato fascista, con il Regime del Ventennio, non sono stati fatti compiutamente e questo pesa tuttora, conclude Focardi che a fine ottobre presenterà il suo best seller a Roma. Carlo Patrignani Fonte: alganews.it SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

La legge 194 è inapplicata, l’Italia torna in piazza

Presidi e cortei nella “Giornata mondiale per il diritto all’aborto sicuro e legale”. Una norma “di fatto svuotata dalla troppa obiezione di coscienza”, spiega il segretario generale Cgil Susanna Camusso. Da Nord a Sud, leggi tutti gli appuntamenti. La legge 194 sull’interruzione volontaria della gravidanza è del 22 maggio 1978. Sono ormai passati quarant’anni, ma quel diritto è sempre più messo in discussione. Ecco allora che le donne tornano in piazza oggi (giovedì 28 settembre), in tutta Italia, in occasione della Giornata mondiale per il diritto all’aborto sicuro e legale (www.september28.org), per “rivendicare ancora una volta – scrive la Cgil – il diritto alla libertà di scelta e all’autodeterminazione delle donne, il diritto a vedere applicata una legge dello Stato, di fatto svuotata dalla troppa obiezione di coscienza”. L’obiezione di coscienza per il personale sanitario è prevista dalla legge 194. Ma quest’ultima, spiega la Confederazione, ha raggiunto “dimensioni preoccupanti, come certifica anche l’ultima relazione del ministero della Salute, che quantifica l’obiezione di coscienza tra i ginecologi al 70,7 per cento, con punte del 90 in alcune regioni” (come Trentino Alto Adige, Molise e Basilicata). “La gravità del fenomeno – conclude la Cgil – è stata dimostrata dall’accoglimento, e dalla successiva condanna del nostro Paese, di due ricorsi, uno dei quali presentato dalla Cgil al Consiglio d’Europa per violazione del diritto alla salute delle donne”. “Le donne hanno diritto, in tempi brevi e certi, a vedersi finalmente garantito negli ospedali quanto previsto dalla legge 194”. Così la responsabile delle Politiche di genere della Cgil nazionale, Loredana Taddei: “L’Italia, a causa della sempre più estesa obiezione di coscienza, è in fondo alla graduatoria europea per la tutela della salute di coloro che vogliono abortire. Donne costrette a spostarsi da una struttura all’altra, anche in regioni diverse o addirittura a recarsi all’estero per trovare un ente ospedaliero che assicuri loro la prestazione richiesta. È dovere del governo rimuovere gli ostacoli alla piena e corretta applicazione della legge 194”. A Milano Cgil Milano e Cgil Lombardia promuovono un flash mob davanti al Consultorio familiare di piazzale Accursio 7 (alle ore 10). “In Lombardia il rapporto tra abitanti e consultori è ben lontano sia da quanto previsto dalla legge sia dalla media nazionale: il dato medio è stimabile in una struttura ogni 27 mila abitanti, soprattutto è fortemente condizionato dal minor numero di strutture pubbliche” denunciano le due strutture sindacali, annunciando la loro presenza anche alla manifestazione del pomeriggio (alle ore 18 davanti a Palazzo Lombardia) organizzata da un pool di associazioni. I sindacati sottolineano anche “l’aumento del numero dei consultori privati accreditati – un quarto del totale nel 2010, un terzo del 2017 – che non erogano le prestazioni relative all’interruzione volontaria di gravidanza, con un’intollerabile obiezione di struttura“. Infine, se a ciò si aggiunge “che il ricorso all’aborto farmacologico con la RU486 è minimo perché si chiede il ricovero ospedaliero per tre giorni, diversamente dal resto d’Italia”, è evidente come per le donne “interrompere volontariamente una gravidanza divenga un vero percorso a ostacoli, del tutto intollerabile”. Fonte: rassegna.it — Copie Avanti! a cura della redazione di Socialismo Italiano 1892 SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

Jeremy Corbyn: SOCIALISMO di Protesta e di Governo contro le diseguaglianze

La parola vitale del nostro Socialismo del XXI secolo di protesta e di governo c’è, è ‘noi’. E insieme ‘noi’ possiamo creare un paese che funzioni per molti e non per pochi: ‘noi’ siamo pronti a affrontare le diseguaglianze, causate dal neoliberismo, e che minacciano la convivenza civile. E’ l’impegno e la promessa che il 67enne Jeremy Corbyn ha prima lanciato al popolo inglese a conclusione del trionfante congresso del Labour Party sulle note di Red flag, e poi ribadito in una lettera dall’accattivante incipit: il prossimo governo trasformerà la Gran Bretagna e dall’inequivocabile finale: unisciti a noi oggi, per essere parte di ‘noi’. Dato per perdente e visionario, Corbyn ha, con coraggio e tenacia, mantenuto la barra dritta del socialismo progressita e di sinistra  che puo’  diventare vincente, mettendo fine alla terza via neoliberista dell’ex-leader del Labour Party, Tony Blair e guadagnandosi i larghissimi consensi  dei giovani, delle donne e dei ceti più deboli. Ora l’obiettivo è conquistare il centro, dove, secondo un certo mantra si vincono le elezioni: sono d’accordo anch’io. Ma il centro di gravità politico di una nazione non è inamovibile e certamente non rimane per sempre dove vorrebbe l’establishment. Si muove con i bisogni e le aspettative della gente. Di certo non è nello stesso punto in cui era 20-30 anni fa. Il grande crollo finanziario del 2008 e il decennio di austerità che vi ha fatto seguito lo hanno spostato. Oggi il centro è rappresentato dalla speranza di qualcosa di meglio e qualcosa di diverso. E quel qualcosa di meglio e di diverso, insieme possiamo creare un paese che funziona per i molti, e non per i pochi, sta, per Corbyn, in un nuovo modo di fare politica, lo aveva promesso due anni fa: il potere non circoscritto e ristretto al parlamento di Westminster ma diffuso e distribuito in basso, alle comunità e ai cittadini. Forte dei consensi avuti anche di recente, alle elezioni di giugno scorso quando abbiamo registrato il più grande aumento di voti dal 1945 e il miglior risultato in una generazione, Corbyn ha presso nettamente le distanze dalla politica di Donald Trump, il presidente degli Usa, paese alleato: la via che hai imboccato è la via sbagliata e ha ammonito a non dare la colpa dei mali della nostra società, agli immigrati, a non farne un capro espiatorio e soprattutto a non cedere al razzismo. Insomma, è dall’Inghilterra, da un saggio vecchietto di 67 anni, che arriva – alla luce dei disatrati elettoriali in Francia e Germania  rispettivamente del Psf e della Spd – la smentita dell’impossibilità di una sinistra di protesta e di governo: siamo una forza potente e appassionata per ‘il bene comune’ e stiamo accogliendo sempre nuovi membri: unisciti a noi oggi per essere parte di noi. Carlo Patrignani Fonte: alganews.it SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

Considerazioni provvisorie sui numeri delle elezioni tedesche

ELEZIONI FEDERALI TEDESCHE 2017 ELEZIONI FEDERALI TEDESCHE 2017 Ergebnisse PARTITI % GrKoa 2013 ALT RV 2013 CDU 26,8 53,5% 59,8% – 6,3% SPD 20,5 38,8% 42,7% -3,9% DIE LINKE 9,2 GRÜNE 8,9 CSU 6,2 FDP 10,7 AfD 12,6 Sonstige ALTRI 5,0 PARTITI % GrKoa 2013 ALT RV 2013 CDU 26,8 53,5% 59,8% – 6,3% SPD 20,5 38,8% 42,7% -3,9% DIE LINKE 9,2 GRÜNE 8,9 CSU 6,2 FDP 10,7 AfD 12,6 Sonstige ALTRI 5,0 PARTITI % GrKoa 2013 ALT RV 2013 PARTITI % GrKoa 2013 ALT RV 2013 R V CDU 26,8 53,5% 59,8% – 6,3% CDU 26,8 53,5% 59,8% – 6,3% SPD 20,5 38,8% 42,7% -3,9% SPD 20,5 38,8% 38,8% 42,7% -3,9% have a peek here 42,7% -3,9% DIE LINKE 9,2 DIE LINKE 9,2 GRÜNE 8,9 GRÜNE 8,9 CSU 6,2 CSU 6,2 FDP 10,7 FDP 10,7 AfD 12,6 AfD 12,6 Sonstige ALTRI 5,0 Sonstige ALTRI 5,0 Legenda: GrKoa Große Koalition ALT RV Alternative Rot Grün Rot Grün Nel 2013 l’Alt rosso verde 329 seggi su 631 maggioranza assoluta 316 Nel 2017 l’Alt rosso verde 289 seggi su 709 maggioranza assoluta 455 709 Sitze 329 316 289 455 CDU: 200 SPD: 153 DIE LINKE: 69 GRÜNE: 67 CSU: 46 FDP: 80 AfD: 94 © Der Bundeswahlleiter, Wiesbaden 2017 Partei Sitze Diff zu 2013 SEGGI 2013 GK ALT RV CDU 200 -55 255 SPD 153 -40 193 DIE LINKE 69 5 64 Partei Sitze Diff zu 2013 SEGGI 2013 GK ALT RV CDU 200 -55 255 SPD 153 -40 193 DIE LINKE 69 5 64 Partei Sitze Diff zu 2013 SEGGI 2013 GK ALT RV Partei Sitze Diff zu 2013 SEGGI 2013 GK ALT RV R V CDU 200 -55 255 CDU 200 -55 255 SPD 153 -40 193 SPD 153 -40 193 DIE LINKE 69 5 64 DIE LINKE 69 5 64 GRÜNE 67 4 63 CSU 46 -10 56 FDP 80 80 AfD 94 94 GRÜNE 67 4 63 CSU 46 -10 56 FDP 80 80 AfD 94 94 GRÜNE 67 4 63 GRÜNE 67 4 63 CSU 46 -10 56 CSU 46 -10 56 FDP 80 80 FDP 80 80 AfD 94 94 AfD 94 94 Totali 709 631 (-78) Totali 709 631 (-78) Totali 709 631 (-78) Totali 709 631 (-78) © Der Bundeswahlleiter, Wiesbaden 2017 Zweitstimmen Bundestagswahl 2017, Deutschland Vorläufiges Ergebnis Stimmenanteil aktuell Stimmenanteil Vorperiode Download der Grafik als SVG 709 Sitze © Der Bundeswahlleiter, Wiesbaden 2017 Sitzverteilung Bundestagswahl 2017, Deutschland Vorläufiges Ergebnis a cura di Felice Besostri a cura di Felice Besostri Felice Besostri — CONSIDERAZIONI PROVVISORIE SUI NUMERI DELLE ELEZIONI TEDESCHE CONSIDERAZIONI PROVVISORIE SUI NUMERI DELLE ELEZIONI TEDESCHE CONSIDERAZIONI PROVVISORIE SUI NUMERI DELLE ELEZIONI TEDESCHE di Franco Astengo di Franco Astengo Di seguito si trasmettono alcune valutazioni sul risultato delle elezioni tedesche svoltesi il 24 Settembre, nel tentativo di verificare gli scostamenti sulla base delle cifre in numeri assoluti e non soltanto sulle percentuali. 1) Il primo dato che emerge riguarda la tenuta del sistema nel suo complesso, almeno del punto di vista della partecipazione elettorale. La Germania è attraversata da alcune contraddizioni di grandissimo rilievo, da quella riguardante il flusso dei migranti, all’emergere di un livello di disuguaglianza sociale molto forte al punto di verificare il fenomeno di un vero e proprio “abbandono” da parte dello stato sociale di interi strati di popolazione, al consolidarsi di forti differenze tra una parte e l’altra del Paese a distanza di oltre venticinque anni dalla riunificazione tra BDR e DDR. Ciò nonostante i tedeschi hanno partecipato al voto in misura massiccia, anche se il sistema elettorale tedesco non è costruito sull’idea (tanto agognata dalle nostre parti) che alla domenica sera si debba già sapere chi ha vinto, chi sarà il primo ministro che governerà per 5 anni. Si è verificato, infatti, un incremento in valori assoluti e in percentuale del totale dei voti validi (riferimento di tutti i dati la parte proporzionale delle espressioni di voto). Data la partecipazione complessiva (inclusi coloro che hanno espresso voto bianco o nullo per un totale di 851.992 suffragi mancati) al 76,16%, i voti validi si sono incrementati tra il 2013 e il 2017 di 2.016.842 unità passando da 44.309.925 a 46.326.767; 1) 2.016.842 2) Il secondo dato da rilevare è quello che riguarda la maggior concentrazione del voto sui 6 partiti maggiori. Nel 2013, infatti, i voti dell’Unione tra CDU – CSU, SPD, Linke, Verdi, FDP e AfD assommarono a 41.009.065 (92,55% sul totale dei voti validi) e FDP e AfD restarono esclusi dal Bundestag. Nel 2017 la somma di voti raccolti dai sei partiti in questione è stata di 44.002.541 pari al 94,98% del totale dei voti validi. Riscontriamo quindi una maggiore concentrazione nel voto in presenza di un allargamento nella presenza in Parlamento da 4 a 6 partiti. Altro dato che non pare spaventare i tedeschi almeno dal punto di vista del numero dei partiti partecipanti all’arco parlamentare. Altro paio di maniche ovviamente la valutazione politica relativa all’ingresso dell’AfD nella sfera parlamentare che suscita sicuramente inquietudine per la dimensione inusitatamente massiccia del voto; 2) 3) Acclarata quindi la tenuta del sistema almeno dal punto di vista della partecipazione elettorale appare evidente, come notato dai tutti i commentatori davanti alla realtà delle cifre, il secco spostamento a destra, che meglio è evidenziato dalle cifre assolute. L’Unione tra Cristiano Democratici e Cristiano Sociali scende, infatti, da 18.165.446 voti a 15.315.576 segnando un meno 2.849.870 pari al 15,39% del proprio elettorato. Tra l’altro appare netto il calo della CSU in Baviera: il partito “storico”, che fu di Strauss, nel suo Land d’elezione nel 2013 aveva ancora sfiorato la maggioranza assoluta con il 49% e adesso, invece, si restringe al di sotto del 40% con il 38,8%. Sul piano nazionale la SPD scenda da 11.252.215 suffragi a 9.358.367 con un meno 1.893.848 pari al 16,84% del proprio elettorato. Si può affermare, in sostanza che il calo delle due forze impegnate nel governo di “Grosse Koalition” è stato tutto sommato omogeneo tra di esse e non si rileva un particolare “crollo” dell’SPD …

“SOLO IERI”

Cosa ti ha insegnato la vita? A essere onesto, prima di tutto. Hai mai pensato di avere più soldi? Non avrei saputo che farne. Non ho neppure una casa. Mi basta poter comprare dei libri. E qual´è l´agognata società socialista? E´ quella società che riesce a dare a ciascun individuo la massima libertà di decidere la propria esistenza e di costruire la propria vita. Per il futuro come andrà a finire? Non finirà mai. Io sono molto incuriosito da tutto quel che stiamo vivendo: è un´epoca di grandi cambiamenti in cui tutto è in gioco. Ci sono troppe cose da vedere e da capire. E poi, non penso mai alla morte… Era il 18 settembre 1984 e in una la clinica romana, la Mater Dei, l´acomunista – nè filo nè anticomunista – Riccardo Lombardi, smetteva di analizzare, testare, la società, fatta di uomini e donne, che aveva davanti: quando un problema si pone la soluzione si cerca e si trova […] se il problema è posto con l´insistenza necessaria e non viene negato […] quando si rappresentano dobbiamo affrontarli, i problemi, perchè non se li mangia il lupo, e subito poi per dire la sua secondo il metodo sempre seguito: la ricerca, l´ininterrotta ricerca di provare e riprovare. Quale migliore occasione allora – in un contesto culturale e politico, l´attuale, infettato dai rigurgiti di virus letali per l´umanità, che si credevano, erroneamente, sconfitti e debellati: razzismo e xenofobia, ereditati dal fascismo e dal nazismo, e, loro diretta emanazione, populismi e apatia per la convivenza sociale – che riproporre, a 33 anni esatti dalla cremazione senza riti religiosi disposta già anni prima, la figura e il pensiero del partigiano Rio, giellista e azionista prima, poi sempre socialista. Certo, di anni ne sono passati diversi e di cambiamenti ce ne sono stati tanti, anche epocali: non ci sono più nè il Psi in cui Lombardi militò, ininterrottamente, dal 1947 al 1984, non prima di aver stilato la sua severa e profetica sentenza al Cc del 30 giugno: un Psi così non ha ragione di esistere; nè il Pci travolto nel 1989 dal crollo – annunciato dalla destalinizzazione di Kruscev – del Muro di Berlino sotto le cui macerie rimase sepolto il comunismo sovietico che Lombardi ritenne sempre irriformabile, nè la Dc – la considerava per gli interessi difesi un avversario e non un alleato – sopravvisuta, sotto altre vesti, allo tsumani di Tangentopoli del ´92-´93. Eppure, nonostante l´enorme sconquasso culturale, politico e sociale, da cui si è salvato il capitalismo per aver cambiato pelle, ci sono valori umani validi, magari da rimpolpare e da precisare ulteriormente, per rinverdire l´idea lombardiana di una società più ricca, non più povera e triste, perchè diversamente ricca: è il tipo di benessere, di consumi che noi vogliamo cambiare, come uguaglianza e divesità, libertà e giustizia sociale, laicità e mutualità, onestà e rigorosità, competenza e coerenza, che hanno contrassegnato la vita di un presbite assai scomodo alla politica dei suoi tempi, figurariamoci dei nostri! course detail Suo malgrado si ritrovò inserito dall´intellettuale francese Gilles Martinet in La conquista dei poteri tra gli ideatori del riformismo rivoluzionario, un ossimoro: o si era riformisti o si era rivoluzionari, quale strategia per realizzare il socialismo – e non la socialdemocrazia di cui ne anticipò, nel 1981, la crisi incipiente – perchè, ammoniva, o si trova una soluzione socialista o siamo alla barbarie, insieme a Vittorio Foa, Bruno Trentin, Lelio Basso e Pietro Ingrao. Non pensava mai alla morte del capitalismo, nè era convinto che alla morte del capitalismo sarebbe successo il socialismo, semmai progettava una profonda ristrutturazione, attraverso non le blande riforme di piccoli aggiustamenti, ma con le riforme di struttura tali da incidere dal di dentro il sistema messo in piedi perchè il capitalismo è diventato troppo costoso per noi e per l´umanità intera. In primo piano alla sua analisi c´erano da una parte l´uso indiscriminato e distruttivo, e non sobrio e egualitario, delle risorse naturali, e dall´altra lo sfruttamento disumano del Terzo Mondo: una situazione, questa, che alla lunga il Pianeta, lo si vede oggi, non può sostenere. Di certo non fu il solo a vivere la politica come un fare, non per se stessi, la propria carriera e le prebende incluse, ma per gli altri, per milioni e milioni di persone, specie per i più deboli e meno abbienti: un modo questo, anomalo, di stare e operare nel mondo politico dedito a calcoli e compromessi finalizzati a vantaggi per il partito, se non personali, che discendeva dall´onestà, dal rigore e dalla coerenza. Ci si può allora, per l´oggi, riferire a l´altra sinistra, quella che non ha vinto elettoralmente ma culturalmente, a un drappello di antifascisti eterogeno, transitati per Giustizia e Libertà dei fratelli Rosselli e poi per il Partito d´Azione, come Vittorio Foa; di comunisti anomali, come Bruno Trentin e Giuseppe Di Vittorio, come Pietro Ingrao e Antonio Giolitti; di liberali formatisi alla scuola di Piero Gobetti, come Ernesto Rossi, e, per finire, a Antonio Gramsci. Forse, di questi mala tempora currunt, è un´utopia dire che il socialismo non è morto: se anche fosse, serve quest´utopia per continuare a leggere la società che abbiamo davanti dove immettere certi valori umani di 30, 40, 50 anni fa: uguaglianza e diversità, libertà e giustizia sociale, laicità e mutualità, onestà e rigorosità, competenza e onestà per affermare che non ci sono razze umane ma ci sono esseri umani accumunati dall´uguaglianza per la nascita e non per altro. Carlo Patrignani Carlo Patrignani   SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

L’Avvenire del Lavoratore ha tagliato il traguardo dei 120 anni

120 anni dalla parte dei lavoratori, dei migranti e dei diritti dell’uomo: una vecchia bandiera rossa che continua a sventolare sfidando il tempo e l’arroganza del potere. Questa testata nasce a fine Ottocento, in seguito ai vari “pogrom” anti-italiani che stavano avvenendo in quegli tempi nelle varie città europee e che si ripeterono, da ultimo, a Zurigo nel 1896. «Il 26.7.1896 nel quartiere operaio di Aussersihl a Zurigo scoppiarono dei tumulti, protrattisi per diversi giorni, a seguito di una rissa in cui un Alsaziano era morto accoltellato da un muratore. Come già avvenuto durante la rivolta del Käfigturm a Berna nel 1893, la collera popolare si scatenò dapprima contro gli Italiani per poi rivolgersi, dopo l’intervento della polizia e dell’esercito, anche contro le autorità», così si legge nel Dizionario storico della Svizzera. «La sommossa fu una protesta spontanea delle classi popolari, priva di rivendicazioni concrete, e può essere considerata l’espressione di una crisi legata alla modernizzazione», prosegue il Dizionario, concludendo che: «Gli immigrati italiani, perlopiù lavoratori stagionali impiegati nell’edilizia, divennero il capro espiatorio del profondo disagio causato dai rivolgimenti economici e sociali dell’epoca.» Nelle analisi politiche dei nostri antichi predecessori, però, la ragione di quei pogrom anti-italiani risiedeva “materialisticamente” nella concorrenza salariale dei nostri migranti verso i lavoratori autoctoni. Da ciò conseguiva, per il PSI in Svizzera e in modo particolare per Giacinto Menotti Serrati allora alla guida del partito in emigrazione, la necessità di rafforzare massimamente il sindacato locale, anche tra i connazionali. E fu così che il PSI in Svizzera – insieme all’Unione sindacale e alla Federazione Muraria – fondò questo giornale come organo di stampa comune, che iniziò le pubblicazioni nel settembre del 1897, un anno e un mese dopo i “Tumulti antiitaliani” di Zurigo. Nel corso del tempo questa testata ha cambiato dicitura due volte. All’atto di nascita si chiamava “Il Socialista”, come ricorda Claude Cantini nel suo Quaderno sulla stampa italiana in Svizzera. Con il 1° luglio 1899 muterà in “L’Avvenire del lavoratore” (al singolare) per poi essere lievemente ritoccata al plurale in “L’Avvenire dei lavoratori” da Ignazio Silone nel 1944. Dopo la “prima fase”, dedicata alla fondazione del sindacato in lingua italiana, la linea editoriale dell’ADL si sposta verso tematiche sempre più politiche. Con lo scoppio della prima guerra mondiale, viene abbracciata decisamente la causa pacifista, sotto la direzione di Angelica Balabanoff, segretaria generale del movimento di Zimmerwald. In questa “seconda fase”, l’originario entusiasmo per la rivoluzione russa si raffredda gradualmente, fino a spegnersi e a invertire la rotta in senso anti-sovietico dopo la rivolta di Kronstadt e il rientro della Balabanoff in Occidente nel 1922. Nel biennio 1921-1922, dalla Scissione di Livorno alla Marcia su Roma, lo stato liberale italiano subisce intanto un vero e proprio collasso. Inizia la “terza fase” dell’attività editoriale dell’ADL, che deve assumere su di sé i compiti legati al proprio nuovo status: l’essere rimasta l’unica testata libera della politica italiana. Gli altri giornali di partito vengono soppressi con l’avvento del fascismo-regime, don Luigi Sturzo viene esiliato a Londra con avvallo papale, la stampa collegata al Pci è assoggettata alle tiranniche direttive staliniane. Nella seconda metà degli anni Venti viene stampato a Zurigo l’Avanti! parigino in coedizione con l’ADL e con il determinante sostegno economico del movimento cooperativo italiano in Svizzera. Ma nell’estate del 1940 le armate hitleriane occupano Parigi e il “Centro estero” socialista deve riparare nella Francia sud-occidentale, a Tolosa. Di lì, nel 1941, il “Centro Estero” è trasferito in Svizzera, a Zurigo, sotto la guida di Ignazio Silone. In questa “quarta fase” Silone avvia un importante tentativo di rinnovamento del socialismo italiano – di concerto con Eugenio Colorni che da Roma conduce le attività del “Centro Interno” e dirige l’Avanti! clandestino. Come scrive Ariane Landuyt, questo tentativo s’impernia sull’idea degli “Stati Uniti d’Europa” in prospettiva strategica filo-occidentale e antisovietica. Colorni però cade in uno scontro a fuoco con le milizie fasciste e, all’indomani della Liberazione, la linea siloniana verrà sconfitta dal neo-frontismo di Nenni e Togliatti, ma quel tentativo di rinnovamento riemerge oggi, attualissimo, nella sua straordinaria capacità anticipatrice. Dopo il rientro in Italia dei fuoriusciti, la “quinta fase” – quella del secondo Dopoguerra – è caratterizzata da personalità del mondo po­litico e giornalistico svizzero che, come Ezio Canonica e Dario Rob­biani, si impegnarono fortemente a contrastare la xenofobia anti-stra­nieri esplosa in questo Paese con grande virulenza a partire dalla lunga ondata migratoria proveniente soprattutto dal Mezzogiorno d’Italia. La “sesta fase”, quella in cui ci troviamo, è stata inaugurata dalla caduta del Muro di Berlino, dal crollo dell’Urss, dalla fine della “guerra fredda” e dalla crisi della “Prima Repubblica”, che ha portato anche alla fine del PSI in Italia (ma non del “Centro Estero”). Noi non disconosciamo il desiderio di mora­liz­zazione che aveva mosso l’opinione pubblica all’epoca di “Mani pulite”, ma giudichiamo altamente pericolose per la democrazia nel nostro Paese le spinte demagogiche sviluppatesi insieme al cosiddetto “circolo mediatico-giudiziario” fin dal 1992. Purtroppo, venticinque anni di cosiddetto “nuovo che avanza” mostrano risultati ormai evidenti a tutti. La lunghissima crisi economica ha provocato nuovi apici di disoccupazione giovanile e nuovi flussi migratori. È nato e si è diffuso un sentimento xenofobo, antipolitico e anti-europeo che si assomma azzardosamente alla crisi degli stati nazionali e allo scarso senso civico degli Italiani. La confusione, l’improvvisazione e l’approssimazione con cui pezzi d’establishment della “seconda Repubblica” hanno tentato revisioni costituzionali e riforme elettorali a proprio uso, stanno mettendo ulteriormente alla prova la tenuta delle istituzioni. A fronte dei problemi sul tappeto e delle sfide future, le nostre forze sono quasi del tutto trascurabili. Ma – non mollare! diceva Carlo Rosselli – resteremo impegnati, in controtendenza rispetto all’eclissi della politica italiana, nella salvaguardia attiva di un patrimonio ideale di sinistra, che appartiene a tutti e che rimane ineludibile rispetto a qualunque tentativo serio che l’Italia vorrà intraprendere per uscire dall’attuale “costellazione weimariana”. SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo …