Gramsci in cella e in clinica. I paradossi di una prigionia

Per venti anni dobbiamo impedire a questo cervello di funzionare». È la frase che avrebbe pronunciato il pubblico ministero nel processo contro Antonio Gramsci. In tanti ci è capitato almeno una volta di citarla. La notizia la dà Togliatti nell’articolo scritto nel 1937 per commemorare la recente morte del compagno. Quella frase non è stata mai detta da nessun giudice. Chi volesse controllare non ha che da leggere gli atti del processo, pubblicati da Domenico Zucaro nel 1961. Il falso storico del 1937 è il punto di partenza di altre falsificazioni su Gramsci e il fascismo. Molte sono note, anche se non sono mai state adeguatamente valorizzate. Ne ricordo alcune tra le più eclatanti. Ancora Togliatti, nel 1944 appena arrivato in Italia, scriverà che la cognata Tania i Quaderni era riuscita «a trafugarli dalla cella la sera stessa della sua morte, grazie al trambusto creatosi». Gramsci non è morto in una «cella», ma in una delle cliniche più costose di Roma, la Quisisana. Era accusato di avere attentato alla sicurezza dello Stato. In presenza di un tale capo di imputazione anche i regimi liberal-democratici adottano misure di rigido controllo di ciò che il detenuto scrive. Mussolini, se avesse voluto sequestrare i Quaderni , non aveva che da applicare leggi e regolamenti. Nessuna astuzia di compagni e cognata sarebbe stata efficace. I Quaderni uscirono dalla clinica col consenso o nel disinteresse totale del fascismo. Perché? Escluderei il ricorso all’inefficienza dell’apparato repressivo. La documentazione disponibile mette sotto gli occhi un paradosso che attende una spiegazione. Gramsci al momento dell’arresto era coperto da immunità parlamentare. Il suo arresto fu illegale, la sentenza o infondata o eccessiva. Una volta condannato (ecco il paradosso) si ha la sensazione che si sia formata una specie di rete protettiva governata direttamente da Mussolini. I fatti che orientano verso questa supposizione sono tanti. Gramsci dispone di una cella tutta sua che, stando alla descrizione che il detenuto fa alla madre il 31 settembre 1931, è «una cella molto grande, forse più grande di ognuna delle stanze di casa». La lettera non trascura alcuni particolari: «Ho un letto di ferro, con una rete metallica, un materasso e un cuscino di crine e un materasso e un cuscino di lana e ho anche un comodino». A partire da febbraio 1929 può usare carta, penna e libri diversi da quelli della biblioteca del carcere. Privilegio non concesso agli altri detenuti politici. A volte il direttore gli proibisce la lettura di determinati libri. Gramsci scrive direttamente a «S.(ua) E.(ccellenza) il Capo del Governo» e l’autorizzazione alla lettura arriva. Nella lettera dell’ottobre 1931 indirizzata a Mussolini, ad esempio, scrive: «Ricordando come ella mi abbia fatto concedere l’anno scorso una serie di libri dello stesso genere, La prego di volersi compiacere di farmi concedere in lettura queste pubblicazioni». Tra esse ci sono: La révolution défigurée di Trotsky, Le opere complete di Marx e Engels, le Lettres à Kugelmann di Marx con prefazione di Lenin. Non pare proprio che Mussolini abbia voluto impedire al cervello di Gramsci di funzionare. A partire dal dicembre 1933 fino alla morte (aprile 1937) Gramsci non è più in carcere ma nella clinica Cusumano, a Formia, prima, nella costosa clinica romana Quisisana dopo. Dodici dei trentatré quaderni a noi pervenuti non hanno timbro carcerario e sono stati interamente redatti nelle cliniche. Correttezza filologica vorrebbe che venissero chiamati Quaderni del carcere e delle cliniche. La conoscenza del periodo delle cliniche è molto lacunosa. Il cordone protettivo si rafforza. Ruoli importanti vi svolgono l’economista Piero Sraffa e lo zio Mariano D’Amelio, senatore e primo presidente della Corte di Cassazione. È un periodo che presenta molti buchi neri e che potrebbe riservare sorprese. Prendiamo gli ultimi venti mesi prima della morte, dal 24 agosto 1935 al 27 aprile 1937. Li trascorre nella clinica Quisisana frequentata dalla buona borghesia romana. Al mantenimento delle spese contribuisce la Banca commerciale italiana tramite il banchiere Raffaele Mattioli. Il ministero dell’Interno dispone la vigilanza solo esterna. La Questura più volte scrive al ministero per lamentarsi che, dati i numerosi ingressi della clinica e il poco personale disponibile, non è nelle condizioni di garantire un vero controllo. Cito un passaggio della Nota riservata della Questura datata 14 novembre 1935: «La vigilanza esterna non offre neppure la possibilità di alcun controllo sulle persone che si recano a visitare il Gramsci, in quanto trattasi di una clinica vasta, di lusso, in cui sono ricoverati numerosi malati di agiate condizioni e che quindi vengono visitati da persone che vi si recano quasi sempre in automobile». Non risulta che il ministero abbia risposto o preso provvedimenti. Segno che così era stato deciso nelle alte sfere del governo. Il fascismo è crollato da più di settant’anni. Dalla morte di Gramsci sono passati settantanove anni. Il muro di Berlino è stato abbattuto ventisette anni fa. I tempi sono più che maturi per esplorare senza pregiudizi ideologici un capitolo fondamentale della storia d’Italia. Se non ora quando? Franco Lo Piparo Franco Lo Piparo continue reading SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

Di là i morti, si va verso la vita (Iconoclastic Fury)

L’iconografia socialista è molto ricca di immagini e di simboli, garofano e falce e martello con libro e sole sono simboli antichissimi. Qualcuno associa il garofano solamente all’ultimo Psi quello dell’epoca craxiana. Fu solo reintrodotto in occasione del congresso di Torino nel 1978, poi successivamente spogliato dalla falce e martello con il libro e il sole dell’avvenire nel 1985. Recentemente ci fu una polemica con il direttore dell’Avanti-on line, quando in occasione di una assemblea nazionale di socialisti scatenò una vera e propria FURIA iconoclasta alla vista di una bandiera rossa con falce e martello, il quale non disdegnò anche di offrire spazio sul giornale on-line a squallidi speculatori. Vorrei solo ricordare a TUTTI: direttore dell’Avanti! Mauro Del Bue, agli “speculatori” e a tutti le compagne e i compagni dentro e fuori il Psi, ed anche a coloro che non sono mai stati nel Psi, che con quel simbolo i SOCIALISTI contribuirono a dare all’Italia: LIBERTA’, REPUBBLICA, DEMOCRAZIA, COSTITUZIONE,  DIRITTI POLITICI ALLE DONNE, LOTTA ALL’ANALFABETISMO, RIFORMA FONDIARIA, REGIONI, NAZIONALIZZAZIONE DELL’ENERGIA ELETTRICA. Furono le UNICHE e VERE RIFORME di struttura e civili come quelle: sul LAVORO (STATUTO DEI LAVORATORI), sulla SCUOLA, sulla SANITA’. Le Conquiste CIVILI: LEGGE MERLIN, DIVORZIO e ABORTO, INTERNAZIONALISMO: AIUTI VERSO LE OPPOSIZIONI CONTRO I REGIMI FASCISTI Europei e dell’America Latina, RICERCA SCIENTIFICA, ECOLOGISMO. E sempre con lo stesso simbolo i socialisti furono fermi oppositori contro i carrarmati sovietici nel 1956 prima in Ungheria e dopo nel 1968 in Cecoslovacchia. Sono solo alcune “cose” che è “capitato” di fare ai socialisti dal loro primo ingresso organico nel governo (fine 1963) in avanti! Va ricordato, inoltre, che TUTTE queste CONQUISTE non furono regalate da NESSUNO! Ma raggiunte attraverso un’opera paziente e tenace. In molte occasioni è stato versato persino del sangue. Basti ricordare il contributo alla RESISTENZA dei SOCIALISTI e le battaglie sindacali in Sicilia dove la mafia assassinò decine di Compagni Socialisti, così come nel resto del meridione, dove gli agrari non si sottrassero a commettere delitti ed eccidi. TUTTO questo in nome del SOCIALISMO, con la bandiera rossa, la falce, il martello, il libro ed il sole nascente. Domanda. Di cosa ci si deve vergognare? Tuttavia, va ricordato che nel psi dalla seconda metà degli anni ’80 ci fu una degenerazione, ma sappiamo anche che non ci sono stati solo i “nani e le ballerine” in quel Psi degli anni  ’80. Sul ps nenciniano possiamo stendere solo un velo pietoso! In tanti, ancora oggi, NON destano rispetto verso la nostra storia; e non perdono occasione per dileggiare chi invece, in ogni momento, cerca non solo di ricordarla quella storia, ma di onorarla sempre! Per questo, con tanti compagni e tante compagne ci incamminiamo verso la vita, che non potrà mai essere “la vita” ciò che oggi è quella cosa che chiamano impropriamente psi, il vero ed UNICO PSI è stato quello descritto in precedenza. Oggi abbiamo solo dei controriformisti, DEFORMISTI collaborazionisti che fungono da mosche cocchiere del sistema finanz-capitalista, in Italia ben rappresentato dal Pd, sistema che sta affossando l’Italia e l’Europa! W il Socialismo! Vincenzo Lorè SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it