BERLUSCONI E’ DECEDUTO

E’ sicuramente presto per trarre le conclusioni di una lunga stagione segnata dalla presenza di un leader che ha svolto un ruolo determinante nella vita politica dell’Italia. E’ stato l’uomo che ha avviato l’esperienza dei partiti personali, dotato di carisma, aiutato dalla imponente presenza delle sue televisioni ha saputo raccogliere lo sbandamento procurato dalla falsa rivoluzione giudiziaria capace di annientare i partiti che avevano ricostruito l’Italia dopo il secondo conflitto mondiale, e ha inaugurato un modello politico che poi si è diffuso nel Paese. Su Berlusconi sono molte le idee che ci dividono, ma sarebbe profondamente sbagliato liquidare la sua esperienza affermando che fu l’unico responsabile di quanto avvenuto poi in Italia. Gli imitatori come sempre sono peggiori degli originali e infatti le idee della opzione maggioritaria che dette l’avvio a contenitori privi di cultura comune, ma con la presunzione di eleggere leader capaci di svolgere la funzione di traghettatori politici ha distrutto ciò che ancora restava dei partiti. Oggi la scomparsa di Berlusconi a mio avviso favorirà ancora una volta la strategia della Meloni, già corteggiata dal PPE, che resta l’unica opzione in campo dopo la prevedibile difficoltà di FI senza più il suo unico vero riferimento elettorale. Purtroppo è troppo presto per affermare che con la scomparsa di Berlusconi si conclude un’epoca, perché ad esclusione di qualche partito, ancora restano in campo comitati elettorali sull’esempio di Forza Italia. Ciò rende la politica italiana ancora incerta e fragile. Inoltre forte ancora è nel Paese il solco “culturale” tracciato dalla azione svolta da Berlusconi nel trentennio passato. SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

NON E’ UN BRAND!

Lasciate che i morti seppelliscano i morti, disse Joshua ben loseph e i figli di Berlinguer scrivono bene: “il mondo è totalmente cambiato. Da allora l’Unità ha avuto numerosi direttori fino a concludere definitivamente la sua storia ormai sei anni fa.” Il PCI e’ finito, non c’e’ piu’ e cosi’ il suo quotidiano. E’ ora di voltare pagina. Politicamente e filosoficamente , la scissione operata nel 1921 da un gruppo di giovani parlamentari socialisti, illusi che si potesse “fare in Italia come in Russia”, e che fosse necessario percio’ un partito nuovo, rivoluzionario e sovversivo (comunista) al posto del vecchio gradualista e riformista (socialista) e’ fallita. Quella scissione non ha piu’ nulla da dire, i suoi promotori e i suoi continuatori, sono tutti morti . Le ingiustizie sociali; le ingiustificabile disparita’ di classe, nella stessa nazione e fra nazioni; il dominio dei monopoli e degli oligopoli a danno della libera concorrenza, i problemi della autodeterminazione dei popoli e della emancipazione e tutela delle minoranze, invece, sono ancora tutti li’, da risolvere. Questo e’ il vero motivo del fallimento della scissione comunista del 1921: ha illuso, disgregato la unita’ dei lavoratori e non ha risolto nulla, lasciando macerie civili e morali in tutte le nazioni in cui, per un qualche periodo di tempo, e’ riuscita a governare. La Russia odierna e’ in mano a fascisti oligopolisti. La vita umana e’ calcolata da questi autocritica meno di nulla. Questo fallimento, tanto fragoroso quanto devastante, non deve pero’ impedirci di vedere quanto di buono e’ stato comunque tentato e anche fatto, buttando via con la tanta acqua sporca, anche di tanto sangue innocente, un immacolato bambino. Le idee di giustizia ed eguaglianza iniziali erano buone: sbagliati i metodi e gli strumenti per realizzarle, dimenticando che esse non vivono se non nella liberta’. Si tengono tutte e tre tanto strettamente unite, che strapparne una uccide tutte e tre. Su questo insegnamento la scissione e’ superata. E il futuro della umanita’ tutta e legato alla coerenza e coesione con cui i tre principi verranno perseguiti. Il motore della storia non e’ il proletariato: da solo, batte in testa. E’ tutto il mondo del lavoro che puo’ guidare la societa’ ed e’ un mondo del lavoro dove il proletariato deve scomparire per lasciare il posto alla famiglia dal reddito” adeguato”. Il dibattito ed il ragionamento deve spostarsi qui, su questi nuovi campi e nuovi termini e intorno ad essi va costruito il nuovo partito della emancipazione sociale . Se Berlinguer ha fatto e proposto qualcosa di importante per aiutare questo nuovo partito a nascere ed affermarsi, e’ giusto e doveroso che cio’ venga salvato dell’oblio, studiato , recuperato e ove profittevole anche applicato. Ritengo che la “questione morale” e la “selezione della nuova classe dirigente” siano due temi che Berlinguer ha affrontato in modo costruttivo, profondo ed originale e siano due esempi di cio’ che va salvato. Per lui come per altri: Craxi, Lombardi, Nenni, Di Vittorio hanno anche loro spunti e motivi di grande importanza ed interesse che devono entrare nel patrimonio di partenza del nuovo partito. Le foto ed i “brand”, i busti con i santini, lasciamoli senza rimpianto alle patologie nostalgiche dei destri. SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

SENZA PIU’ IL PSI LA SINISTRA E’ POVERA

POTENZA: “HO DETTO ADDIO A UN PSI ORMAI IN DECLINO” Aldo Potenza non tornerà nelle istituzioni. Ex assessore regionale e lea-der del Garofano, quest’anno compie 80 anni e crede che i compiti da svolgere debbano essere finalizzati “a promuovere una nuova classe dirigente politicamente e tecnicamente adeguata ad affrontare le sfide di un mondo in grande cambiamento per certi versi non senza comprensibili preoccupazioni per il futuro delle nuove generazioni”. Il tempo libero che gli rimane lo dedica “allo studio e alla lettura non impegnativa”. Adesso sta finendo di leggere il terzo libro della Mazzoccato e “un bellissimo libro sul ruolo delle donne nella resistenza scritto con il contributo della … L’ex segretario del Garofano e assessore regionale al Turismo si racconta Aldo Potenza, punto di riferimento del socialismo umbro e non solo. Che fine hanno fatto i socialisti? In Umbria, stando alle ultime amministrative, siamo al minimo storico… O no? Dal 2015 ho rassegnato le dimissioni sia da segretario regionale umbro del Psi, sia dal partito nazionale. Profondi ormai erano i dissensi con le scelte compiute dal partito nazionale. Cito quella di sostenere al referendum confermativo la riforma costituzionale voluta da Renzi, la così detta buona scuola, il job act e altro ancora. Il Psi più che promuovere alleanze, da tempo aveva scelto la strada della piena sudditanza alle scelte politiche altrui nella speranza di salvarsi dal declino dimenticando che in politica o si conquista un proprio spazio attraverso la capacità di elaborare autonome proposte politiche e programmatiche capaci di rispondere alle attese degli elettori o ci si avvia inevitabilmente verso un inarrestabile declino ed è ciò che è avvenuto. In Umbria poi la divergenza si è manifestata anche sul terreno delle scelte elettorali rendendo ormai incompatibile la mia presenza. I risultati credo che parlino molto più di quanto possa scrivere io. È stato disperso in Italia un patrimonio politico e culturale per diverse ragioni e solo da qualche tempo si è cominciato a capire che le conseguenze non riguardano solo i socialisti, ma l’intera comunità politica nazionale. In Umbria si è indebolito oltre ogni negativa previsione un partito che è stato protagonista di grandi intuizioni. L’idea di regione aperta elaborata da Fabio Fiorelli che è simbolicamente presente nella stessa scelta dell’aula del Consiglio regionale. L’intuizione, negli anni ’80, della Regione innovatrice percorrendo le idee poi espresse dalla Mazzucato (ricordo il convegno “innovazione come politica economica dell’Umbria” che poneva la questione di una regione capace di guidare e sostenere lo sviluppo industriale per renderlo più competitivo). A quel tempo sostenemmo anche la scelta delle energie rinnovabili con un convegno dedicato alle risorse energetiche. Così sulle questioni ambientali venne promossa e approvata la legge sull’impatto ambientale delle scelte compiute nei vari campi di attività regionali. Insomma l’elenco sarebbe molto lungo. Recentemente il bravissimo Luciano Taborchi ha scritto un libro che riassume il lavoro politico di quegli anni. Aver dissipato quella cultura politica a mio avviso ha reso più povera la sinistra umbra e ha indebolito le prospettive di crescita della regione. Lei è stato assessore regionale al Turismo, crede le potenzialità dell’Umbria vengano sfruttate fino in fondo? C’è a suo parere una promozione unitaria della regione? Purtroppo con le vicende politiche del 1994 si è arrestata anche l’opera condotta in campo turistico. I progetti erano tanti e molto impegnativi. Riguardavano la promozione in Italia e all’estero.A questo proposito ricordo Umbria Fiction che permise non solo di far convogliare ingenti capitali di varia provenienza in Umbria, di promuovere l’immagine regionale negli Usa, in Ue e nel modo, ma aveva anche l’ambizione di spingere l’Europa a diventare un luogo di promozione di prodotti culturali autonomi e concorrenziali a quelli americani. Ricordo, ma solo per citare alcune iniziative, l’azione svolta in Giappone con la Morozof interamente finanziata da quella società, che riguardava la promozione dell’Umbria con i sentieri medioevali dell’amore. Fu un successo che ebbe il riconoscimento persino del ministero degli Affari esteri italiano. L’azione svolta sul versante organizzativo regionale. Ricordo il Gote di Gubbio. Fu il primo riuscito esperimento di collaborazione pubblico e privata tesa a migliorare i servizi di accoglienza dei turisti. L’idea è che se la promozione del prodotto turistico umbro non si accompagna con una coordinata offerta di servizi locali adeguati alle domande dei turisti il rischio è di creare attese che non sono adeguate all’offerta. Il discorso sarebbe molto interessante e impegnativo e non è questa la sede adeguata a svolgerlo. Altro argomento fu la creazione di un centro di formazione turistica e di elaborazione di piani di investimento turistici ad Assisi a cui parteciparono le università di Perugia, statale e degli stranieri, l’Alitalia, ovviamente la Regione Umbria, l’Enit… Le pubblicazioni che seguirono sono state di aiuto a molti studenti. Ricordo che ad Assisi fu commissionato il piano di sviluppo turistico della Puglia. L’argomento è vasto e non posso affrontarlo in modo esaustivo. Voglio solo amaramente concludere che molte iniziative sono state abbandonate e non c’è più stata una elaborazione programmatica poliennale di ampio respiro. Nella sua attività istituzionale ha presieduto l’agenzia per la promozione all’estero e l’internazionalizzazione delle imprese: come stanno le aziende umbre? Un giudizio sintentico sulla giunta regionale? E sull’opposizione? Negli anni ’70 il governo avverti l’urgenza di dotare le regioni di strumenti capaci di affiancare L’Ice nel compito di preparare le piccole e medie imprese ad affrontare i mercati esteri. Era il tempo in cui al nascente istituto regionale non si riconobbe alcuna competenza in materia. Furono quindi promossi i Centri operativi esteri con sede presso le Camere di commercio. Anche in Umbria a partire dal 1971 si istitui un organismo con questa funzione. Io fui assunto il primo aprile, data significativa, di quell’anno al centro operativo dell’Umbria, senza telefono, con una dattilografa a mezzo servizio. L’inizio è emblematico e aiuta a capire l’ambiente in cui fu accolto il compito di lavorare per aiutare le imprese ad affrontare i mercati esteri. Con il tempo poi qualcosa è cambiata, ma il compito di decidere lo sviluppo del centro, che cambiò denominazione diventando centro regionale …

LA STORICA BANDIERA DEI SOCIALISTI ADRIESI DONATA ALLA CASA MUSEO GIACOMO MATTEOTTI

Conservata per oltre un secolo ora sarà esposta a Fratta Polesine ADRIA (ROVIGO) – L’hanno conservata gelosamente per oltre un secolo ed ora che l’ex circolo socialista Dante Gallani non esiste più, gli ultimi socialisti adriesi hanno deciso di donare uno dei loro simboli più cari e preziosi, la loro storica bandiera, alla Casa Museo Giacomo Matteotti di Fratta Polesine. La cerimonia di consegna del prezioso cimelio avverrà mercoledì alle 17 in sala Cordella alla presenza dei sindaci di Adria e Fratta, Massimo Barbujani e Giuseppe Tasso. Sarà presente alla cerimonia, cui prenderà parte una delegazione di socialisti adriesi, anche la direttrice della casa museo di Matteotti, Lodovica Mutterle. La bandiera sarà consegnata al sindaco di Fratta che successivamente, indicativamente alle 18.10, con una solenne cerimonia, la consegnerà alla casa museo Matteotti. La consegna «Questa – spiega Giovanni Gianni Giribuola – è probabilmente la più antica bandiera socialista del Polesine. Appartiene alla sezione del Psi di Adria. Risale al 1919. Dal 5 all’8 ottobre 1919 a Bologna, nella sala del Bibbiena del teatro comunale, si tenne il XVI Congresso del Psi. I delegati partecipanti decisero in grandissima maggioranza la partecipazione del partito alle elezioni politiche del successivo 16 novembre, sotto il nuovo simbolo della falce e del martello, circondati da una spiga». Era il simbolo della Repubblica russa dei soviet. «Si scontravano – ricorda Giribuola – la mozione massimalista elezionista di Giacinto Menotti Serrati contro quella astensionista di Amadeo Bordiga». Bordiga fu a capo della principale corrente che portò poi alla fondazione del Partito Comunista d’Italia dopo la scissione avvenuta al Congresso di Livorno del Psi nel 1921. Menotti Serrati invece fu colui che nel 1914 sostituì Benito Mussolini alla direzione dell’Avanti!, conducendo sul quotidiano socialista una forte campagna contro l’intervento italiano nella prima guerra mondiale. Continuò in seguito, dalle colonne dell’Avanti! a condurre una forte polemica contro il nascente movimento fascista. La storia Pur essendo stato contrario alla scissione comunista nel 1921, vi aderì infine nel 1924. «Nonostante la tensione e gli incidenti della vigilia – conclude Giribuola – le consultazioni si svolsero in tutta regolarità. L’affluenza alle urne fu ridotta, 56,6% contro il 60,4% del 1913. Il Psi risultò il primo partito ottenendo 1.835.000 voti, pari al 32,3%, circa il doppio che nelle precedenti elezioni. I deputati socialisti eletti furono 156, triplicando i precedenti. I Popolari, che si presentarono per la prima volta, ottennero 1.167.000 voti, pari al 20,6% e 100 deputati. I gruppi democratici-liberali ebbero tutti insieme 179 seggi, contro i 310 delle elezioni precedenti. Gli altri seggi furono divisi fra radicali, repubblicani, socialriformisti e combattenti.  FONTE: www.ilgazzettino.it SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

GIACOMO MATTEOTTI

2004 – COMMEMORAZIONE DI GIACOMO MATTEOTTI in occasione nell’ottantesimo anniversario della morte. Giacomo Matteotti fu figura poliedrica – e davvero si potrebbe dire “dalle molte vite” – che tutte consumò in un gran fuoco di passione e di abnegazione nello studio, nella ricerca giuridica, sociale e politica, nel lavoro diurno e notturno, nella propaganda, nell’organizzazione, nell’amministrazione, nell’impegno nei consigli comunali e provinciali e nel Parlamento nazionale. Sempre consapevole delle proprie scelte e delle rinunce che esse comportavano, sempre pronto anche al sacrificio, sino a quello supremo, e tuttavia animato, quasi sino alla fine, della speranza di potere un giorno trovare la possibilità di conciliare i propri interessi culturali con la strenua difesa degli interessi del proletariato e la non meno strenua difesa della libertà.Matteotti fu studioso di diritto, di diritto penale prima e di pubblica finanza poi; fu organizzatore di leghe bracciantili per il collocamento della mano d’opera in un zona d’Italia devastata dalla miseria, dalle malattie, dall’emigrazione, dalla prepotenza degli agrari; fu amministratore delle pubbliche cose nei comuni e nella provincia del suo Polesine, fu uomo di partito combattivo e coraggioso, fu deputato per ben tre legislature, la terza delle quali fu ahimè ben breve perché la vita gli fu subito tolta. A questo aspetto del Matteotti parlamentare ha prevalentemente indirizzato il nobile suo intervento, in questa Camera dove altre volte Giacomo Matteotti fu degnamente commemorato, il presidente Pierferdinando Casini: perché qui furono dati da Matteotti alcuni dei suoi contributi più impegnati e più significativi, perché qui egli ebbe negli ultimi anni di vita una delle sue sedi preferite, forse la preferita tra tutte, perché qui intese portare parole di protesta, di monito, di preveggenza che fossero intese in tutta la nazione e non solo nel suo collegio elettorale, perché da qui partì il suo esempio in una dimensione che doveva divenire mondiale, perché qui, dal contegno coraggiosamente tenuto contro la dittatura, ebbe origine la sua drammatica fine.Di questa dimensione di Matteotti le parole del presidente Casini hanno dato alta testimonianza, sì che la nostra commemorazione, nell’80° anniversario di quella morte, potrebbe finire qui. Tuttavia, incaricato di qualche contributo più specifico sulle attività di Giacomo Matteotti, cercherò di assolvere il compito, reso ad un tempo più facile e più difficile per la molteplicità e la ricchezza delle biografie su di lui esistenti e degli altri studi che alla sua figura sono stati negli scorsi decenni e fino ad oggi dedicati.Dunque, anzitutto, Matteotti penalista, perché fu negli studi del diritto e della procedura penale che ebbe inizio la sua giovinezza operosa e fu alla loro diligente e informata coltivazione che sembrarono, in un primo momento, unicamente indirizzarsi la sua vita e la sua carriera. Del contenuto di detti studi ho avuto modo di occuparmi, presentando or è poco più di un anno i due volumi di Scritti giuridici, curati con sapienza e con amore dal professore Stefano Caretti, dalle cui pluriennali indagini su ogni aspetto della vita di Matteotti fatalmente trarrò molti riferimenti: in particolare, anche dalle sue raccolte delle commoventi Lettere a Giacomo e delle tenerissime Lettere a Velia, la moglie fidata ed amata che dopo pochi anni di gioia familiare con Giacomo e i tre bambini fu costretta a vivere in una permanente e trepidante lettera causata dalle assenze del marito travolto dagli impegni politici, e non di rado in grave ansietà per la stessa sorte di lui. Gli scritti penalistici di Matteotti vertono sia sul diritto sostanziale che sul diritto processuale (le due materie furono sino al 1938 oggetto di insegnamento congiunto) e non è questa la sede per soffermarvisi. Vorrei invece ricordare brevemente il contesto in cui quegli studi si svolsero. Matteotti apparteneva a famiglia che traeva umili origini da un paesino del Trentino, nella Val di Pejo, donde s’era spostata con il nonno di Giacomo, Matteo, a Fratta Polesine in quel di Rovigo. Il padre di Giacomo, Girolamo, sposatosi ad Isabella Garzarolo, donna di forti capacità e di grandi virtù, con il solerte lavoro di calderaio (lavoratore del rame e venditore diretto dei risultati del proprio lavoro) e con una vita tutta di risparmio ed estremamente oculata, era riuscito a diventare proprietario di vari terreni e fabbricati sparsi nel Polesine, conseguendo così quella media agiatezza che gli consentì di avviare i figli maggiori agli studi superiori, per i quali si dimostravano particolarmente dotati. Girolamo venne a morte assai giovane, nel 1902, quando Giacomo non aveva che diciassette anni. Nell’azienda paterna, accanto alla madre, subentrò per qualche tempo il giovanissimo Silvio, mentre gli altri due figli, Matteo e Giacomo, proseguivano con grande alacrità nei loro studi. Matteo, il maggiore, divenne cultore di economia politica, studiando prima a Venezia e poi a Torino, e pubblicando importanti scritti in materia di lavoro e previdenza sociale, alcuni nella “Riforma sociale” di Luigi Einaudi ed altro in un importante volume, del 1900, dedicato all’assicurazione contro la disoccupazione con particolare riguardo alla Germania e alla Svizzera. Giacomo si volse invece alla criminologia, ai sistemi penitenziari e al diritto penale. Scriverà Luigi Einaudi nel 1925, commemorando Giacomo e ricordando il suo amico Matteo, venuto a morte per etisia sin dal gennaio 1909, che “l’abito scientifico doveva essere in quella famiglia quasi una seconda natura”. Nel gennaio 1919 Giacomo perdette, sempre a causa di etisia, anche l’altro fratello, il minore, Silvio. Addolorato e avvilito da queste premature morti familiari, si allontanò per vari mesi dall’Italia per proseguire i suoi studi in Inghilterra. La sua prima produzione scientifica si svolge appunto in quel biennio che abbraccia il 1910 e il 1911, quando si recò anche in Inghilterra, in Belgio, in Olanda, in Francia , in Austria e ripetutamente in Germania, sempre a fini di apprendimento delle lingue e di studio; ed il suo libro sulla “Recidiva”, (approfondimento della tesi di laurea svolta con Alessandro Stoppato nel novembre 1907 presso l’Università di Bologna riportando il massimo dei voti e la lode) attesta quanto frutto egli avesse tratto dalla disamina degli ordinamenti e degli scritti d’altri paesi d’Europa. Sennonché la politica, nell’ambito del partito socialista …

L’ALTERNATIVA ALLA DESTRA IN ITALIA SI COSTRUISCE CON I VALORI DEL SOCIALISMO 

L’ultima tornata elettorale in ordine di tempo ha confermato l’ascesa prevedibile in termini di consenso della destra oggi al governo e la non meno prevedibile sconfitta del centro-sinistra. Inutile esprimere giudizi su una debacle annunciata. Il dato politico però rilevante è che coloro che si erano illusi di un effetto Schlein sono rimasti particolarmente delusi. Il PD non ha svoltato con la nuova segreteria, e soprattutto, cosa ben più grave, ha abbandonato quel percorso costituente per costruire qualcosa di nuovo e di dirompente nel panorama politico italiano. Se fosse stata una vera costituente! Cambiare per non cambiare. Ovvero, l’elezione di un nuovo segretario non produce dei passi in avanti, quella necessaria discontinuità, se non è accompagnata da una linea politica chiara, condivisa e coerente, e non dettata da scelte prese in perfetta solitudine. Trasformare un partito non è cosa semplice, si intenda, ma il percorso intrapreso possiamo definirlo errato. Il voto alle amministrative rappresenta un riscontro inequivocabile, formidabile, che in un sol colpo ha cancellato le illusioni di taluni dopo l’elezione di Elly a segretaria del PD, mandando in soffitta le velleità di un PD a vocazione maggioritaria.  Ma i problemi del PD sono quelli della sinistra italiana. Un’area politica senza identità, ancor prima dell’assenza di un vero leader, senza idee e progetti di trasformazione della società. Evocare in queste settimane un certo ”passato” non paga ed è alla lunga penalizzante, se manca un progetto politico per il Paese che guardi al futuro, che abbia una visione del futuro. E che parli alle nuove generazioni. Una crisi, quella dei partiti di sinistra, che in maniera preoccupante coincide con la crisi della democrazia.  La mancanza di una proposta politica e di conseguenza di una alternativa alla destra che si costruisce con le idee e non con gli slogan, pena la marginalizzazione della sinistra, oggi arroccata su sé stessa, autoreferenziale, spocchiosa, lontana dalla società e dai bisogni reali dei cittadini, consegneranno per molto tempo ancora alla destra la guida del Paese senza una svolta.  La soluzione, ritengo, è da ricercarsi nelle diverse dimensioni del nostro vivere e agire.  Il primo passo da compiere è la centralità della persona contro il relativismo neoliberista dettato dall’egoismo. Il secondo passo è la lotta alle disuguaglianze e alle ingiustizie sociali e ambientali. Il terzo passo è il tema della partecipazione democratica riferita non solo alle istituzioni del nostro Paese, ma in special modo ai partiti perché attraverso il confronto aperto, informato, acceso, razionale, si ristabilisce quel riequilibrio, oggi saltato, con le persone. Il quarto passo riguarda il contrasto alla sistematica concentrazione del controllo della conoscenza promuovendo la concorrenza dei mercati e la rimozione di barriere monopolistiche, e considerando la conoscenza o il sapere, un bene primario dell’umanità che ci rende tutti liberi. Il quinto passo riguarda la lotta al precariato per garantire il futuro e il lavoro come strumento di dignità e di emancipazione. Il sesto passo è la giustizia sociale. Il settimo passo la tutela dei diritti politici e civili.  Questi sono i valori del socialismo per ripartire. Su questo terreno siamo tutti impegnati per costruire una società giusta e libera. Per costruire un futuro libero e prospero.  SOCIALISMO XXI è in prima linea da anni nella costruzione di una vera alternativa a sinistra che non prescinda dai valori del socialismo.  L’alternativa alla destra si progetta su solide basi valoriali che rappresentano i capisaldi del socialismo e che devono assurgere a linguaggio universale della sinistra, ancora alla ricerca del paradigma perduto. Ciò non vale evidentemente per Noi. Ed è questo che ci differenzia dall’essere di destra. Quel senso di appartenenza che si identifica in un’idea della società e del mondo volta al cambiamento, allo sviluppo, al progresso, al benessere, senza dimenticare nessuno. Il linguaggio da adoperare per non rincorrere quel mondo neoliberista che ha generato solo differenze sociali, solitudine, confusione, smarrimento.  Di qui si passa, avrebbe detto Bissolati. E da qui si deve ripartire, ma molti ancora una volta fingono di non comprendere, di non ascoltare, e i risultati elettorali sono sotto gli occhi di tutti. Il partito che intendiamo costruire, non da soli ovviamente, ha queste finalità e procederemo speditamente affinchè il tavolo nazionale di concertazione avviato a Roma lo scorso 21 gennaio, possa conseguire il risultato politico che auspichiamo.  Una grande organizzazione, autonoma, indipendente, forte, europeista, di orientamento e/o ispirazione socialista, senza tentazioni reduciste, di sinistra, capace di concorrere al cambiamento nella giusta direzione per costruire un vero consenso attorno agli obiettivi di giustizia sociale, ambientale, del lavoro.  Un partito, non un cespuglietto, fatto di donne e di uomini, insieme responsabilmente per il bene comune, con una prospettiva, con solide basi valoriali, in grado di trasformare la nostra società, di dare risposte e di rappresentare la vera alternativa alla destra di governo. Pronta a lanciare la sfida sul piano politico.  Un obiettivo ambizioso, ma che abbiamo il dovere di raggiungere. A qualunque costo.  Le considerazioni fin qui esplicitate, sono note, anche a quel mondo politico di sinistra, non pienamente consapevole che la svolta è quella propugnata da SOCIALISMO XXI.  Ma il profondo senso di responsabilità verso il Paese, ci impone una reiterazione dei concetti e delle soluzioni politiche fino alla noia a quelli ancora recalcitranti, in attesa di un Messia che non arriverà, fermamente convinti che è l’unica via d’uscita per rilanciare la sinistra in Italia, per costruire una opposizione in Parlamento e nel Paese che ai “NO” avanzi proposte di cambiamento e di soluzione dei problemi.  Sui valori del socialismo è possibile sconfiggere una destra conservatrice, con una visione del mondo settaria, divisiva e con velleità di modifica dell’architettura costituzionale esponendo il nostro Paese al rischio di torsioni autoritarie passando dall’autonomia differenziata alla riforma in senso presidenziale.  “…su fratelli, su compagne, venite in fitta schiera, sulla libera bandiera splende il sol dell’avvenire”.  SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. 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ELEZIONI AMMINISTRATIVE DEL 29 MAGGIO 2023 IN UMBRIA, E ORA?

Una premessa è indispensabile ed è valida per tutti, sia per chi esulta a causa del presunto successo elettorale, sia per chi è stato sconfitto. Gli elettori continuano sempre di più a disertare le urne. C’è qualcuno che, oltre a lamentarsi per questo fenomeno si sia interrogato sulle ragioni che lo hanno determinato? Circa sette anno fa Gaetano Azzariti scriveva: “Viviamo tempi confusi…operiamo entro una condizione di precarietà permanente, in continuo sommovimento. Un contesto poco incline a fermarsi per riflettere.”…”La politica arranca”..”Si chiude in se stessa, spesso rompendo con la cultura, Assumendo il volto della arroganza.”…”La perdita di ogni valore condiviso che dia il senso alla politica ed essenza alla tecnica rischia di travolgere le nostre società lacerate.”..”La capacità di critica del reale rischiano di perdere di senso se non sono condotte in base a principi, finendo per ridursi alla miope strategia della convenienza.”…”La dialettica politica si impoverisce compressa entro un assolutismo ideologico neoliberista che rende omologhi i diversi.” Erano parole inascoltate che disegnavano con grande preoccupazione e acutezza la deriva della politica italiana incapace di riflettere su quanto era già accaduto e sui rischi che si sarebbero corsi. La risposta è stata la formazione di una oligarchia che ha approvato leggi elettorali sottraendo agli elettori la libertà di scelta dei propri rappresentanti; la riduzione della rappresentanza e la umiliazione della funzione delle assemblee elettive. Il disegno che si sta affermando, poco importa sapere se consapevolmente o inconsapevolmente, è quello raccomandato dal famoso documento del 1975 “Crisis of governability e crisi of democracy” secondo il quale il declino della partecipazione non è solamente desiderabile,ma sarebbe utile e da incentivare in modo che i governi possano operare senza l’intralcio dei movimenti di protesta e della democrazia partecipata. In altre parole il contrario di disegno democratico della nostra Costituzione. Manca ancora una tessera per completare il disegno, modificare la Costituzione all’insegna della governabilità restringendo ancor di più il ruolo delle assemblee parlamentari e concentrando il potere nelle mani di un unico rappresentate. Così partiti che somigliano sempre di più a potentati personali, simili a liste civiche nazionali, privi di precise identità e valori, sono attratti non dal desiderio di riconquistare la fiducia degli elettori, ma dalla voglia di consolidare il proprio potere. In questo desolante scenario nazionale si colloca la vicenda elettorale Umbra. La sconfitta della sinistra umbra, che un tempo era rappresentata da numerose forze politiche di culture diverse, oggi vede nel PD il soggetto politico quasi unico responsabile della catastrofe politica regionale. Anche quando i segnali del declino erano evidenti, non c’è mai stata una riflessione sulle cause, mai una autocritica, la risposta è stata cercata nella costruzione di alleanze per assicurare la sopravvivenza. Così oggi se il PD, ad esempio, lamenta la privatizzazione della sanità la domanda è, quando è iniziata? Se le privatizzazioni hanno indebolito l’economia nazionale quando è cominciata? Se c’è un progressivo aumento della ricchezza in mano di pochi e un aumento della povertà, la domanda è cosa si è fatto per correggere queste disparità? Se si sono indeboliti i corpi intermedi, sindacati ecc, la responsabilità è solo di quest’ultimi o anche di chi ha considerato la concertazione tempo perso? Se il ceto medio si è impoverito chi si è preoccupato di un fenomeno che di solito favorisce la crescita politica della destra? A queste e a molte altre domande quale è la risposta del PD? Il risultato era prevedibile, ma non c’è stata alcuna capacità di risposta. Se il PD e la sinistra è in grande difficoltà, in Umbria la destra non può esultare, oltre a non dare risposte alle domande che se valgono per il PD sono valide anche per una destra che vorrebbe essere sociale, oggi deve fare i conti con un fenomeno che ricorda Cito, quell’individuo che a Taranto spadroneggiò per diverso tempo. Un ulteriore grave degrado della politica, frutto degli errori della destra e della incapacità di governo che fa crescere nuovi mostri dove arroganza, sete di potere, ignoranza politica e prepotenza si sommano in un delirio di incompetenza. Se il PD e i partiti della sinistra vogliono tornare a vincere devono tornare a pensare, devono riconoscere gli errori commessi e farne tesoro per ricostruire un nuovo percorso senza pretendere di avere sempre ragione ed evitando tentazioni egemoniche, cercando la collaborazione di tutte le associazioni e i partiti ancora esistenti non per costruire un cartello indistinto, ma per una nuova stagione politica con idee e progetti comuni che indichino un nuovo orizzonte di impegno politico e programmatico agli elettori umbri. Un tempo la sinistra in Umbria era un esempio virtuoso di laboratorio politico anche per la politica nazionale, è ora il tempo di tornare ad esserlo nuovamente. SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

TRE PERDENTI: SALVINI, MELONI, LA DEMOCRAZIA

Nella foto il neo sindaco di Terni Stefano Bandecchi| Terni. Esito del secondo turno per l’elezione del Sindaco. La LEGA NORD diretta da MATTEO SALVINI esprimeva il Sindaco avendo conquistato il 29,09 % nel 2018; alle elezioni di maggio 2023 ha avuto il 4,28 %. Non ha il Sindaco e neanche un consigliere comunale. MATTEO SALVINI ha perso! FRATELLI D’ITALIA ha svuotato la LEGA NORD, ha imposto il candidato Sindaco in sostituzione di quello eletto precedentemente che era al primo mandato e al ballottaggio ha vinto il suo contendente. La Presidente MELONI era col candidato Sindaco, fotografati insieme su manifesti di propaganda elettorale più larghi di sei lenzuola matrimoniali ben cucite. GIORGIA MELONI ha perso. E con lei ha perso forza il disegno di autonomia regionale differenziata e ha perso l’onda vincente della Presidente del partito con la fiamma. Poiché è abituata a parlare in prima persona – << io sono … >>, << io faccio … >>, << io non voglio … >>  similmente ad un unico predecessore nel suo attuale incarico di governo dall’unità d’Italia ad oggi – dovrebbe dire << io ho perso >>. Dovrebbe, ma non lo farà.      La DEMOCRAZIA vede un nuovo Sindaco eletto col 54,62 % dei voti espressi, ma ha partecipato l’avvilente 43,32 % degli elettori; in calo rispetto al primo turno, in calo rispetto alle elezioni regionali; in calo rispetto alle elezioni politiche; in calo in calo in calo rispetto alla partecipazione delle cittadine e dei cittadini alla scelta delle responsabilità personali da assegnare e delle politiche da seguire. Quindi a Terni la nuova maggioranza e il nuovo Sindaco hanno avuto il 23,66 % del totale degli elettori. Un disastro democratico. La DEMOCRAZIA perde per i sistemi elettorali che esistono per le elezioni italiane, negatrici di partecipazione, di possibilità di scelta, negatrici della rappresentanza proporzionale che è l’unica che garantisca più voci, più idee, più sicurezza antiautoritaria e antitecnocratica. A Terni si aggiudica la carica di Sindaco un imprenditore che appare come prodotto dall’opposto della maturazione, della crescita e dell’affermazione partecipata dei cittadini e degli iscritti di un partito o di un movimento politico. Non appare, è. E’ l’opposto della maturazione, della crescita, della partecipazione, della condivisione. Ha vinto perché i pochi elettori che hanno votato non volevano far ripetere l’amministrazione della Giunta precedente. C’è chi lo avvicina, meglio ne avvicina l’immagine a Briatore, chi ad un più piccolo Berlusconi (non certamente per le sue dichiarazioni << prenderò Terni, poi l’Umbria, poi l’Italia>>), chi ad un “parvenu” qualunque, cioè una persona che si improvvisa politico e amministratore della cosa pubblica, ma mantiene convinzioni e prassi personali e private e quelle d’interesse generale sono tutte da scoprire (che non s’inventano all’improvviso per gli incarichi d’interesse pubblico). Dunque hanno perso SALVINI e MELONI ed anche noi che siamo i militanti della DEMOCRAZIA.   SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

RAGGIUNTO IL NUMERO DI FIRME PER IL DISEGNO DI LEGGE DI MODIFICA DELLL’AUTONOMIA REGIONALE DIFFERENZIATA

La faticosa prima azione concreta è riuscita bene. Il testo di disegno di legge popolare per modificare alcune parti della legge sull’autonomia regionale differenziata ha raggiunto e superato il numero di firme necessarie per farlo discutere in Parlamento. 105.937 firme raccolte in tutto sul testo predisposto da Democrazia Costituzionale (ben 40.928 italiani hanno posto la firma on line). Ne sarebbero bastate 50.000. L’Associazione Socialismo XXI si è impegnata ed ha contribuito alle sottoscrizioni con i Sindacati confederali del settore scolastico in particolare, ma non solo, con Sindaci e Amministratori locali che hanno condiviso la necessità di una modifica al pericoloso disegno del Governo di alterare nella sostanza le parità di diritti e doveri che dovrebbero essere uguali per tutti gli italiani. L’Ufficio studi del Senato, intanto, ha predisposto un’analisi che critica duramente il testo di legge governativo. L’analisi mette in evidenza – così come aveva fatto la nostra Associazione – che col trasferimento alle Regioni di molte competenze e funzioni svolte dallo Stato, con le annesse risorse finanziarie, ci sarebbe un ridimensionamento del bilancio centrale che non sarebbe più in grado di garantire i livelli essenziali di prestazione dei servizi pubblici anche alle Regioni che non avessero scelto la differenziazione. Poiché il Ministro leghista Calderoli non ha gradito la verità, il documento dell’Ufficio studi è stato derubricato a bozza incompleta pubblicata per errore. Come si è visto piace l’informazione uniforme, solo in appoggio alle proposte del Governo, anche quando le leggi sono palesemente sbagliate. Non dimentichiamo che Calderoli, Salvini e tutta la comitiva leghista è la stessa che voleva la secessione delle Regioni settentrionali dall’Italia. Non dimentichiamolo! SocialismoItaliano1892E’ un progetto che nasce con l’intento “ambizioso” di far conoscere la storia del socialismo italiano (non solo) dei suoi protagonisti noti e meno noti alle nuove generazioni. Facciamo comunicazione politica e storica, ci piace molto il web e sappiamo come fare emergere un fatto, una storia, nel grande mare della rete. www.socialismoitaliano1892.it

STORIA DI UN GRANDE SOCIALISTA: VANNUCCIO FARALLI

In un momento storico in cui tutto viene rimesso in discussione, confondendo i vinti con i vincitori, il torto con la ragione, la barbarie con la civiltà, la biografia di Vannuccio Faralli costituisce un momento di riflessione sereno, obbiettivo, onesto e disinteressato come il suo protagonista. Le sue vicende personali mettono spietatamente in mostra le tragedie del nostro popolo e allo stesso tempo la grandezza di uomini, donne e bambini che hanno lottato contro il nazifascismo per lasciarci immeritatamente in eredità una nazione libera, democratica e repubblicana. Storia di un’Italia dimenticata vuol significare proprio questo, perché ormai ci siamo abituati a dimenticare anche le cose importanti. Il progressivo disperdersi delle tradizioni, che antropologicamente fa parte del continuo progresso dei popoli, rischia di rendere inutile e marginale la nostra cultura. È dunque necessario coltivare la passione per il ricordo, rivolto non ad un trapassato remoto come facciamo noi italiani da ormai troppo tempo, ma ad un passato prossimo che ci possa legare con vincoli di comune appartenenza. L’intera vita di Faralli è avvincente come un romanzo, tante sono le cose che ha fatto e che gli sono capitate: emigrante, commesso viaggiatore, sindacalista, politico, soldato, industriale, giornalista, antifascista, confinato, partigiano, torturato nelle carceri nazifasciste, sindaco di Genova, membro dell’Assemblea Costituente, sottosegretario, deputato, ecc. Con questo libro Cortona, la sua città natale, salda definitivamente, se pur in maniera tardiva, il suo debito morale nei confronti di Vannuccio Faralli e “a Mario Parigi, documentato e scrupoloso autore di questa biografia, va il merito indiscusso di aver articolato una rievocazione che non solo segue la traccia umana del sindaco della liberazione di Genova, ma, volta a volta, salda il suo percorso con la storia d’Italia, nello stesso periodo di vita del protagonista. Anche per tale ragione quest’opera è utile e necessaria per conoscere la nostra stessa identità” (dalla Prefazione di Raimondo Ricci). Mario Parigi, laureatosi in Lettere presso l’Università degli Studi di Siena, è membro della Società Storica Aretina e dell’Accademia Petrarca di Lettere, Arti e Scienze di Arezzo. Alterna l’attività di giornalista su riviste e periodici locali con la ricerca storica, dedicando particolare attenzione alla storia contemporanea. Ha pubblicato anche Le origini del fascismo a Cortona. 1919-1925 , FrancoAngeli, Milano, 2002. TESTIMONIANZE AVANTI! del 2 gennaio 1969 UN GRAVE LUTTO PER IL SOCIALISMO È morto il compagno Vannuccio Faralli Fu il primo sindaco di Genova dopo la Liberazione e deputato per tre legislature. Una vita dedicata alla causa dei lavoratori e della democrazia – Il cordoglio di Nenni e Ferri- GENOVA, Vannuccio Faralli, il primo sindaco di Genova della Liberazione già deputato socialista al Parlamento e membro di uno dei primi governi dopo la Liberazione, è morto la notte scorsa per collasso cardio-circolatorio in una clinica dove era stato ricoverato la sera precedente. Il compagno Faralli ere attualmente presidente dell’Ente provinciale per il turismo. Il presidente del Partito, Nenni e il suo segretario generale, Ferri, hanno immediatamente inviato alla Federazione del PSI di Genova telegrammi, di cordoglio. Ecco il testo del telegramma del compagno Pietro Nenni alla Federazione socialista genovese: Apprendo con angoscia morte del nostro Vannaccio stop. Una amicizia di mezzo secolo mi legava a lui in una comunità fraterna di ideali e di aspirazioni stop. Come sindaco di Genova, come deputato, come membro del governo all’indomani della Liberazione, soprattutto come integerrima antifascista e partigiano, Vannuccio Faralii lascia di sc un ricordo incancellabile stop. Verrò appena possibile ad inchinarmi sulla sua tomba stop. Accolga la Federazione le mie condoglianze e quelle di tutto il partito. PIETRO NENNI Questo il telegramma del segretario del Partito: Federazione PSI Genova. Scomparsa compagno Faralli costituisce grave perdita socialisti e movimento lavoratori. Pregavi esprimere familiari caro compagno Faralli espressione cordoglio Partito e mio Personale. MAURO FERRI. Nato a Cortona (Arezzo) il 15 gennaio del 1891, Vannuccio Faralli era ormai genovese d’adozione: risiedeva infatti nel capoluogo ligure da 62 anni, essendovi venuto nel 1906. Figura caratteristica e molto popolare — da tempo immemorabile Faralli portava ed ha portato sino all’ultimo, la cravatta «alla Lavallière» — il nostro caro Vannuccio aveva fatto studi di lettere, si occupava di commercio di vini e fin dal 1907 era stato fra i protagonisti del socialismo genovese. Si era iscritto al PSI nel 1907 e con Adelchi Baratono era stato direttore dell’edizione ligure l’Avanti! per quasi vent’anni fino al 1926. Nella prima guerra mondiale, nonostante fosse stato decorato con una medaglia d’argento, Faralli ero stato destituito del grado di tenente di artiglieria per la sua attività politica. Nel ’26 fu condannato al confino per due anni. Dopo il 25 luglio 1943, a Roma, Vannuccio Faralli fu fra i primi riorganizzatori del Partito socialista accanto a Nenni, Buozzi, Romita e Vernocchi. Dopo l’8 settembre passò le linee e si recò al Nord per occuparsi della lotta clandestina. Fu arrestato nel dicembre 1944 e liberato il 24 aprile del ’45. Dopo la liberazione di Genova Faralli fu Sindaco della città dal 25 aprile 1945 fino alle prime elezioni amministrative. E’ stato poi consigliere comunale fino ai 23 dicembre scorso (1968 ndr.), quando ha presentato le dimissioni, e per tre volte deputato: allo Costituente nel ’46, nel ’48 e nelle elezioni del 1958. Dal febbraio al 31 maggio 1947 Faralli fu sottosegretario nel ministero dell’Industria, nel terzo gabinetto De Gasperi e per due volte fu vicepresidente della Commissione Industria della Camera, Dal 1964 Vannuccio Faralli era presidente dell’EPT di Genova. Il lutto dell’Avanti! di Milano è stato espresso alla Federazione socialista di Genova col seguente telegramma del suo vice direttore compagno Fidia Sassano: L’intera famiglia dell’Avanti! di Milano si unisce al profondo cordoglio del partito per la morte del pioniere del socialismo genovese, compagno Vannuccio Faralli. Il compagno Sassano rappresenterà i direttori dell’Avanti! ai funerali. dai Diari di Nenni 1° Gennaio 1969 E’ morto a Genova Vannuccio Faralli. Aveva la mia età. Ci univa una amicizia di cinquant’anni. Mai un dissenso, mai uno screzio. Come era stato un militante integerrimo, così era stato un antifascista e un partigiano valorosissimo. Primo sindaco di Genova dopo la Liberazione, …