SULL’ORLO DEL BARATRO NUCLEARE (PARTE SESTA)
Se un extra terrestre atterrasse sulla terra farebbe fatica a districarsi tra le divergenti opinioni che sono espresse sul coinvolgimento del mondo intero nella guerra di aggressione russa all’Ucraina. Naturalmente dovrebbe trattarsi di un extra terrestre vero, non, secondo la sarcastica definizione di Craxi, di uno pseudo alieno che si professa abitante della luna per nascondersi alla verità del mondo in cui è vissuto. Il nostro autentico extraterrestre, buono per natura, non taccerebbe gli umani bipedi di follia, a causa di analisi sovente conflittualmente illogiche e spesso anacroniste, ma, per districare la matassa, si appellerebbe alla casualità e, poverino, sbaglierebbe anche lui perché non c’è stato niente di casuale, né di diabolico, nella aggressione russa causata da molteplici ragioni, ma sostanzialmente dalle conseguenze della irrisolta crisi evidenziata dalla implosione del comunismo e dalla dissoluzione dell’URSS, che avvennero contemporaneamente alla inarrestabile diffusione della rivoluzione sociale ed economica provocata dallo sviluppo dell’informatica e della telematica. Il tanto dolore, sangue, terrorismo, distruzione, criminalità perpetrati a danno di civili inermi durante l’”operazione speciale” non è stato, o per lo meno non lo è stato soltanto e prioritariamente, uno scontro di civiltà personificabile nella battaglia terminale tra paesi democratici e osservanti del diritto internazionale e paesi autocratici rivendicanti il diritto primordiale della forza e della capacità di esercitare violenza per imporla. Abbiamo sinora cercato di dimostrare che la rivendicazione di identità nazionale dell’Ucraina ha solide basi storiche; che diritto formale, diritto sostanziale. Trattati riconoscono nella sua integrità territoriale l’Ucraina quale Stato sovrano ed indipendente; che pur in presenza ed a causa di errori anche gravi degli Stati Uniti, della Germania, della Francia, in generale della UE, la Russia è stata progressivamente allertata con risoluzioni di condanna di organismi multilaterali- per ultimo la condanna ( per la prima volta) nell’Assemblea dell’ONU, il 26 aprile 2023, anche di Cina, India e Indonesia, Brasile, alla “aggression by the Russian Federation”- e con sanzioni sempre più mirate, legate al traversamento della linea rossa delimitata dalle ripetute violazioni del diritto internazionale e dei principi cardini ed universali regolamentati dalla Carta delle Nazioni Unite. Le sanzioni comminate dagli Stati Uniti, UE, stati occidentali, americani, asiatici, africani, dell’Oceania hanno causato danni alla Russia ben superiori a quelli attesi dal Cremlino ed in un tempo minore da quello immaginato dalle cancellerie occidentali, perché la situazione economica della Russia era ben più fragile di quella che una sapiente propaganda aveva diffuso nel variegato sistema economico e finanziario. Ricordiamo in molti, credo, che lo scorso anno si levarono critiche pesanti al governo Draghi, alla Francia, agli Stati Uniti, contro le sanzioni che sarebbero state o inutili o dannose per chi le avesse messe in pratica. Alla fine dello scorso febbraio il Centre for Economic Policy Research, la principale rete europea di ricercatori di politica economica, ha pubblicato un’analisi (facilmente consultabile sul sito web del Centro) che certifica con la firma di Benjamin Moll, macroeconomista della London School of Economics, che le “sanzioni sono state molto meno costose di quanto previsto da molti” e che “dovremmo fare molto di più”. Fortunatamente come leggeremo in seguito, di più non è stato fatto, ma lo studio incentrato sull’andamento del PIL negli ultimi tre anni tra Germania ( all’epoca energeticamente dipendente da Mosca) e la Russia, dimostra che l’unico grave turbamento dell’economia tedesca si riferisce al 2020 ed è imputabile agli effetti del Covid che provocarono un crollo seguito negli anni successivi da un rialzo, sicché già nel 2022 l’andamento della crescita era paragonabile a quello pre-pandemia, ad eccezione di un lieve -0,2% registrato nel quarto trimestre. Il paese più dipendente dal gas russo ha quindi registrato, nonostante il taglio delle forniture ed un momentaneo aumento del prezzo, un impatto del tutto marginale. Al contrario della Russia che ha subito un crollo nel 2020 per il Covid, altrettanto nel 2022 e sappiamo che sta ancora diminuendo il suo PIL nel 2023. Per essere più specifici, seguendo soltanto i documenti ufficiali russi e senza altrimenti doverose proiezioni nel 2022 per effetto delle sanzioni, il PIL è sceso del 5%, con un crollo della spesa aggregata dei consumatori del 7,5%. Moll ha ragione quando annota che l’approccio prudente del sistema sanzionatorio europeo, con particolare riguardo alle materie energetiche esportate dalla Russia, entrando in vigore in maniere prudenzialmente ritardata, hanno consentito al prezzo del gas russo di aumentare sensibilmente, finanziando così l’invasione e assorbendo al momento il trauma provocato dalle sanzioni. Tuttavia, proprio il metodo prudenziale ha impedito che la brutalità degli ultimi mesi non si dispiegasse anticipatamente, altro che guerra a bassa intensità, impedendo una diversa attenzione sino-indo-brasiliana alla crisi e scavando un fosso irreparabile tra un auspicato cessate il fuoco e il superamento della soglia nucleare, almeno tattica, in un conflitto generale. Le cifre in economia sono sempre interpretabili ed il buon senso invita a non creare con i numeri dei totem per loro natura indiscussi. Michail Vladimirovič Mišustin, il primo ministro del Governo russo, poco conosciuto all’estero perché molto attento a tenersi lontano dai riflettori, è in patria molto apprezzato per la gestione della crisi economica. Mišustin insiste molto per limitare a contingenze non strutturali il peggioramento dell’andamento economico, sottolineando che l’agenzia statistica statale (Rossstat), ha reso pubblico che in Russia il tasso di disoccupazione è sceso ai livelli del 1991, l’anno della dissoluzione dell’URSS. In soldoni, disoccupazione al 3,7% e 72,4 milioni di occupati. È una interpretazione corretta? Ecco le sanzioni applicate dalla UE e sostanzialmente dall’Occidente con l’infografica del Consiglio Europeo: Sanzioni che oggi, dispiegate a pieno regime, fanno comprendere le enormi difficoltà economiche della Russia, le cui riserve valutarie estere sono bloccate. Senza entrare in una elencazione dettagliata, a metà 2021 Mosca poteva contare su bond esteri, oggi inesigibili, pari a 222 miliardi, circa il 38% delle riserve; idem per i 142 miliardi, 24% del totale, in depositi presso controparti estere; 127 miliardi in oro, 21,7% del totale (fonte https:/www.econopoly.ilsole24ore.com 22 marzo 2022). Una cifra apparentemente da capogiro ma essenziale per partecipare in modo fluido al complesso sistema bancario e finanziario mondiale che regola l’import …