DINO RONDANI (1868-1951) “COMMESSO VIAGGIATORE” DEL SOCIALISMO
Tratto da un’opera di Giovanni Artero: APOSTOLI DEL SOCIALISMO Nell’Italia nord-occidentale: Giovanni Lerda, Oddino Morgari, Costantino Lazzari, Dino Rondani Gli inizi dell’attività politica nel socialismo milanese Il movimento operaio e socialista biellese La “conquista” del biellese Nella svolta reazionaria di fine secolo Il ’98 a Milano Dall’esilio al ritorno nell’Italia giolittiana ”Ispettore” dell’emigrazione Tra impresa libica, Grande guerra, dopoguerra L’esilio a Nizza (1926-45) 10 Nel secondo dopoguerra (1945-51) Premessa Turati così lo descriveva: “Invidiabile tipo, son tre settimane che tiene quattro conferenze al giorno ed è fresco come una rosa!”[1] un corrispondente veneziano dell’”Avanti!” scrisse “Nessuno se l’abbia a male, il giovane deputato di Cossato è il più simpatico dei conferenzieri socialisti. Il suo facile eloquio è tutto infiorato di osservazioni argute, di facezie brillantissime”[2] e così Morgari ne schizzava il ritratto: “sempre giovanissimo, svelto, piccino, con gli eleganti baffetti neri, con braccia, gambe e lingua in movimento perpetuo“[3] tanto da consentire di caratterizzarlo come il commesso viaggiatore del socialismo[4] Come osservò Rinaldo Rigola, che lo conosceva dal 1895, “non era temperamento di sedentario e uomo di penna. Ingegno brillantissimo e organizzatore di prim’ordine, aveva un sano orrore per le dottrine e le polemiche”[5]. Gli incarichi ufficiali e direttivi non ebbero per lui particolare rilevanza: ammirava il grandioso slancio creatore del progresso industriale e preferiva impegnare il suo estro individuale al contatto con i protagonisti proletari della nuova civiltà. Intervenne poco nei dibattiti alla Camera e non si preoccupò di trasferire sul piano ideologico o in scritti di qualche respiro la sua vasta esperienza umana e sociale.[6] Per la sua avversione alle lotte di tendenza e alle polemiche interne, propenso a interpretarle come chiacchiere inconcludenti, non ebbe ruoli di protagonista nei Congressi del PSI, nè si attivò per crearsi un seguito personale. Tutto questo spiega, anche se non giustifica, l’oblio di questo pioniere del socialismo italiano. Gli inizi dell’attività politica nel movimento socialista milanese Dino Rondani nasce il 20 gennaio 1868 a Sogliano al Rubicone[7], nella Romagna culla dei partiti sovversivi, dal repubblicano[8] all’anarco-internazionalista, al Partito Socialista Rivoluzionario di Andrea Costa,[9] in una famiglia repubblicana benestante. La madre Angelina Bravetta era figlia di Sante, tipografo delle edizioni di Capolago, in Svizzera, che stampavano libri proibiti dalla censure degli stati preunitari, da introdurre clandestinamente in Italia[10]. Egli restò sempre molto legato alle sue due sorelle e ai suoi genitori, che perse però prematuramente nel giro di pochi anni: nel 1908 morì sua sorella Eugenia, nel novembre 1913 il padre Eugenio e pochi mesi dopo la sorella Evelina. Nel 1915 infine morì la madre Angelina[11] Il padre lavorava nell’amministrazione finanziaria del nuovo Stato e questo spiega i frequenti spostamenti di sede: nel 1870 si trasferisce a Portomaggiore, poi a Novara dove il giovane Dino frequenta il liceo[12] e inizia ad interessarsi alla politica iscrivendosi alla repubblicana Società democratica di Novara. Si iscrive alla facoltà di giurisprudenza di Torino, sul finire dell’800 uno dei maggiori centri di diffusione del materialismo evoluzionistico oltre che del “socialismo dei professori“ Arriva a vent’anni nel 1888, in seguito al trasferimento del padre, a Milano, negli anni a cavallo tra ‘800 e ‘900 il maggior centro economico del Paese, le cui industrie attiravano una massa crescente di manodopera dalle campagne che ingrossava le fila di un proletariato che si andava organizzando in Leghe di mestiere, Società di mutuo soccorso, Cooperative di consumo e di lavoro, Camere del lavoro. In questo periodo si costituiva ad opera di Osvaldo Gnocchi-Viani e di Costantino Lazzari il Fascio operaio, organizzazione a carattere esclusivamente classista, che contese ai radicali la rappresentanza politica del mondo del lavoro, assorbendone il Consolato operaio e dando vita al Partito Operaio Italiano (1885)[13]. La fusione con la Lega socialista di Turati, composta da intellettuali di provenienza repubblicana e “scapigliata”, e la fondazione del Partito Socialista su base nazionale a Genova nel 1892 diede all’organizzazione più ampio respiro ma fu anche l’inizio di una lotta per l’egemonia con alterne vicende tra rivoluzionari e riformisti, i quali disponevano della rivista “Critica sociale” cui collaboravano professionisti e studiosi di spessore culturale e morale come Alessandro Schiavi[14], Fausto Pagliaro, Luigi Montemartini[15] di impronta più radical-democratica che marxista. A Milano inizia la sua attività politica[16] nel circolo di Dario Papa, repubblicano “avanzato” e disponibile alla collaborazione col socialismo, ma nel 1890 incontra Turati e si iscrive alla sua Lega socialista milanese[17] e per la sua rivista scrive un articolo “dottrinario” piuttosto schematico[18].Nel 1891 è al centro delle diffidenze degli ambienti del Partito Operaio non ancora superate per gli «avvocati e i dottori»[19] e nel 1892 partecipa al congresso costitutivo del partito socialista a Genova rappresentando la “Società braccianti della provincia di Milano”.Nel 1892 a 24 anni è contemporaneamente segretario della Lega Cooperative, consigliere del circolo socialista di Porta Genova «Fate largo alla povera gente», redattore della “Lotta di classe”, organo del partito. Il suo attivismo è dimostrato anche dai giri propagandistici tipici di questa fase pionieristica di primo impianto del partito e di proselitismo: nell’autunno 1892 inaugura due circoli a Voghera[20] e tiene conferenze a Treviglio, Novara, Rho, Lodi[21]. Per una collaborazione al giornale socialista di Firenze “La Difesa” viene denunciato e subisce una condanna a 29 giorni emessa dal pretore di Cecina. Coimputato nel 1895 con 38 socialisti milanesi in un processo che vide 10 assoluzioni e 27 condanne al confino, fu colpito con 5 mesi di confino a Domodossola[22] utilizzando questo periodo per proseguire la sua opera di organizzatore e propagandista del socialismo, nonostante le ammonizioni delle autorità[23] Nel luglio 1895 da Domodossola raggiunse i genitori in vacanza ad Adorno Micca dopo aver scontati i sei mesi di confino. Di lì si recò a Biella con l’intenzione di ispezionare le cooperative della zona iscritte alla “Lega” di cui era segretario, ma subito il suo interesse per il Biellese andò oltre e quel viaggio fu determinante anche per lo sviluppo del movimento socialista della zona[24] Le origini del movimento operaio e socialista biellese La vita del Biellese, caratterizzata sin alle soglie dell’età contemporanea da una forte influenza dell’istituto comunitario, …
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