ETTORE TROILO IL PREFETTO PARTIGIANO
Ettore Troilo nasce il 10 aprile del 1898 a Torricella Peligna, in provincia di Chieti. Si avvicina presto agli ideali del socialismo, che si vanno diffondendo anche in Abruzzo e come altri giovani socialisti, è “interventista”. Infatti, appena presa la licenza liceale, poco più che diciottenne, si arruola volontario, il 9 novembre 1916. Cessate le ostilità, é addetto al recupero materiali sul Piave, ove presta servizio fino al giorno del congedo, avvenuto il 20 aprile 1920. Dopo tre anni e mezzo, in cui ha iniziato a studiare legge, è diventato caporale ed ha ricevuto i suoi piccoli riconoscimenti: la speciale medaglia ricordo della campagna 1917-1918 ed una Croce al Merito di guerra. Nelle trincee alpine Troilo ha conosciuto molti uomini di sinistra, tra gli altri, Emilio Lussu, che diverrà uno dei suoi migliori amici ed ha trasformato la sua istintiva attrazione per il socialismo in una matura coscienza politica. Nel 1922 si laurea a Roma in Giurisprudenza. Nell’aprile del 1923 si trasferisce a Milano, per fare pratica legale con un avvocato abruzzese amico del padre. Quel che è più importante per lui, nei dieci mesi trascorsi a Milano, è la frequentazione assidua, della casa di Filippo Turati, dove si riunisce il fior fiore del socialismo milanese. Ed è Turati, quando Troilo decide di esercitare la professione di avvocato a Roma, che lo presenta a Giacomo Matteotti, presso la cui segreteria lavora intensamente fino al giorno dell’assassinio del leader socialista. Nel 1926, quando l’Avv. Egidio Reale, repubblicano, nota figura di antifascista, é costretto a fuggire dall’Italia e a riparare in Svizzera per sottrarsi all’arresto e al confino cui era stato condannato dal regime, Troilo, si offre, per solidarietà, di occuparsi del suo studio. Antifascista schedato e sorvegliato politico, discriminato nella professione (non gli è consentito difendere in Cassazione) fa parte fin dalla fondazione dell’“Italia Libera”, svolgendo intensa attività contro il regime. Collabora con Giovanni Amendola, Alberto Cianca e Mario Ferrara nella redazione del “Mondo” fino al giorno in cui il giornale deve cessare le pubblicazioni. Per queste attività subisce, durante il regime, numerosi fermi di polizia e perquisizioni domiciliari. Nel 1929 sposa Letizia Piccone nata in Argentina ma originaria di Torricella Peligna, Ettore e Letizia hanno tre figli Nicola, Michele e Carlo. Troilo è un bravo avvocato civilista, guadagna abbastanza bene, malgrado i limiti derivanti dal suo antifascismo e dall’impegno politico. Dopo l’8 settembre del ‘43 con Emilio Lussu ed altri elementi antifascisti dell’Associazione Nazionale Combattenti, collabora alla organizzazione della difesa di Roma e partecipa alla disperata resistenza opposta ai tedeschi alla Cecchignola. Occupata Roma dai tedeschi e attivamente ricercato dai nazifascisti, il 19 settembre 1943 riesce a lasciare la Capitale ed a raggiungere il paese natale in Abruzzo. Nasce la Brigata Maiella Raggiunta Torricella Peligna, inizia subito l’organizzazione del movimento di sabotaggio e di resistenza; catturato dalle S.S. tedesche riesce a fuggire e a raggiungere la masseria di un vecchio compagno socialista. Qui raduna i primi 15 uomini, quasi tutti contadini, e con loro passa avventurosamente le linee, la notte del 4 dicembre, raggiungendo il comando alleato nella vicina Casoli. Intanto Torricella – che rientra nei programmi di “terra bruciata” decisi dai tedeschi per rallentare l’avanzata degli alleati – è minata e praticamente rasa al suolo, come quasi tutti i paesi della zona. A Casoli, impiega alcuni disperanti giorni per superare la diffidenza degli ufficiali inglesi. È il maggiore Lionel Wigram, che comanda un battaglione di paracadutisti del Royal West Kent Regiment a sposare totalmente la causa dei volontari abruzzesi ed ottiene che a loro siano affidati dapprima compiti di guide locali (essenziali, visto che gli inglesi non conoscono affatto il territorio) e, ben presto, ruoli di combattimento. Wigram affianca il piccolo gruppo di volontari nell’ultimo e decisivo colloquio al quartier generale alleato, dove Troilo risponde in modo convincente alle domande degli alti ufficiali inglesi e fissa quelli che saranno i caratteri distintivi della “Maiella”: la apoliticità del gruppo, che sarà organizzato come una formazione militare, senza commissari politici; il volontarismo; l’autonomia, nel senso che sarà alle dipendenze del comando alleato solo per le decisioni militari, riservando agli organi interni l’organizzazione e la disciplina. Dopo solo due mesi di azione il maggiore Wigram spinge i partigiani abruzzesi ad una impresa troppo ardita: espugnare la roccaforte tedesca di Pizzoferrato per aprire la strada verso Roccaraso e gli altipiani, isolando le truppe tedesche dell’alto chietino. Nella notte tra il 3 e il 4 febbraio si svolge – con oltre un metro di neve – una delle più sanguinose battaglie nella storia della ”Maiella”. Colpiti a tradimento dai tedeschi, che hanno simulato la resa e poi hanno mitragliato gli assalitori, muoiono lo stesso maggiore Wigram, quattro dei suoi uomini e undici partigiani. Altri dodici partigiani sono fatti prigionieri, e tre di loro vengono giustiziati nei campi di lavoro. La battaglia ha però inferto un duro colpo ai tedeschi costretti ad abbandonare la loro strategica posizione. L’eco della attività della “Maiella” giunge allo Stato Maggiore dell’Esercito di stanza a Brindisi. Il Maresciallo Messe convoca il suo comandante ed esercita vive pressioni perché la formazione entri come un reparto regolare nell’esercito italiano. Troilo ribadisce il carattere spontaneo e volontario della sua formazione e la sua ispirazione nettamente repubblicana, resistendo ad ogni pressione ed ottenendo una soluzione di compromesso: la “Maiella” entra alle dipendenze dell’esercito ai soli effetti amministrativi ma resta assolutamente autonoma per ogni questione attinente alla sua forza ed alla sua organizzazione militare. Il 28 febbraio, con una lettera ufficiale a Troilo, cui viene assegnato il grado di capitano, la “Maiella” viene riconosciuta come il primo reparto irregolare di volontari italiani nella Resistenza. Ai primi di giugno, dopo aver liberato molti dei paesi della zona, gli uomini della Brigata valicano a piedi la Maiella ed entrano per primi a Sulmona, qui termina il primo ciclo operativo della “Maiella”, che si riorganizza e si rafforza con l’ingresso di uomini delle bande locali: “banda delle bande” è la definizione che uno storico abruzzese, Costantino Felice, ha dato della Brigata. L’alto chietino è ormai liberato e …