INTERVISTA A MICHELE DONNO. “STORIA DEI SOCIALISTI DEMOCRATICI ITALIANI. DALLA SCISSIONE DI PALAZZO BARBERINI ALLA RIUNIFICAZIONE CON IL PSI. 1945-1968”
Professor Donno, Lei è autore del libro Storia dei socialisti democratici italiani. Dalla scissione di Palazzo Barberini alla riunificazione con il PSI. 1945-1968 edito da Rubbettino. «La storia ha dato loro ragione» verrebbe da affermare leggendo il Suo libro. Storia dei socialisti democratici italiani, in realtà, è un cofanetto che racchiude due mei libri (per un totale di quasi 800 pagine) e che ripercorre, con riferimento al primo ventennio di storia repubblicana, le vicende politiche di Giuseppe Saragat e di quei socialisti riformisti i quali, nel 1947, agli albori della guerra fredda, aderirono alla scissione socialista di palazzo Barberini scegliendo il sistema di governo occidentale, accettando gli aiuti americani del piano Marshall, condividendo le posizioni democratiche ed europeiste dei socialisti francesi, dei socialdemocratici tedeschi e dei laburisti inglesi. I socialisti democratici italiani criticavano fortemente l’URSS e i neo-nati regimi comunisti dell’Europa orientale, destinati inevitabilmente – come costantemente denunciato da Saragat e compagni in approfondite analisi sul loro quotidiano ufficiale “L’Umanità” (uscito dal 1947 al 1949) – a degenerare nelle peggiori forme di oppressione e violenza totalitaria. La vera anomalia, quindi, fra i socialisti italiani eletti nel primo Parlamento repubblicano del 1948, non fu rappresentata – come vasta parte della storiografia italiana per decenni ha sostenuto – dagli scissionisti di Saragat, che avevano peraltro il sostegno dei principali partiti socialisti europei, ma da quei socialisti guidati da Pietro Nenni che scelsero il Fronte popolare, la stretta alleanza con i comunisti, la subordinazione al totalitarismo staliniano. Possiamo, quindi, certamente affermare, parlando di Saragat e dei socialisti democratici italiani, che «la storia ha dato loro ragione». E con questa affermazione il mio editore, Florindo Rubbettino, ha voluto aprire la breve presentazione di questo cofanetto, pubblicata sulla quarta di copertina e che ho piacere nel riproporre ai vostri lettori: «La storia ha dato loro ragione», si potrebbe affermare, leggendo i due volumi di Michele Donno, dedicati alla vicenda politica dei Socialisti democratici italiani nel primo ventennio di costruzione della Repubblica, “Socialisti democratici. Giuseppe Saragat e il PSLI (1945-1952)” e “I socialisti democratici italiani e il centro-sinistra. Dall’incontro di Pralognan alla riunificazione con il PSI (1956-1968)”, pubblicati rispettivamente nel 2009 e nel 2014 ed ora riuniti in questo cofanetto. Ed infatti, i motivi allora al centro della visione di Giuseppe Saragat e dei socialisti democratici (europeismo e atlantismo, riformismo socialista e alleanza con i cattolici, americanismo e anticomunismo, economia sociale di mercato per la tutela delle fasce meno abbienti, sostegno ai ceti medi, unità e autonomia dei socialisti), a lungo negletti e criticati dalle maggiori forze politiche, soprattutto di sinistra, hanno mostrato nel tempo validità e fondatezza, a tal punto che oggi si possono riproporre come tematiche centrali nella discussione politica in Italia e per un rinnovamento radicale della visione culturale della sinistra, in crisi di identità e alla ricerca di radici. Come ho detto, la vicenda dei Socialisti democratici italiani, sin dalla costituzione in partito nel gennaio 1947, è stata a lungo trascurata da una storiografia peraltro assai fluente nell’analisi del sistema dei partiti politici italiani nel dopoguerra. Su questa damnatio memoriae ha pesato un insieme di pregiudizi ideologici, luoghi comuni storiografici, strumentale propaganda politica, accomunati in un giudizio liquidatorio, che attribuiva al partito di Saragat la responsabilità di aver favorito la sconfitta del Fronte popolare alle elezioni dell’aprile 1948 e, da qui, la pluridecennale egemonia democristiana e conservatrice. Secondo questa vulgata, il PSLI (poi PSDI), sostenendo la “scelta di campo occidentale” dell’Italia e collaborando al governo con De Gasperi, avrebbe operato un vero e proprio “tradimento” delle istanze dei ceti operai e popolari, con un asservimento alle politiche democristiane e, sul piano internazionale, statunitensi. Analoga valutazione superficiale e censoria ha riguardato le vicende del PSDI negli anni Cinquanta e Sessanta, dall’incontro di Pralognan tra Saragat e Nenni sino alla partecipazione ai governi di centro-sinistra guidati da Aldo Moro. Nella mia Storia dei socialisti democratici italiani, quindi, viene approfondito l’esame sulle origini del centro-sinistra italiano, in una vicenda politica che cominciò a delinearsi dalla seconda metà degli anni Cinquanta, avendo le sue premesse appunto nella scissione socialista democratica del 1947. Le figure e l’azione politica di Saragat, Roberto Tremelloni e anche di Luigi Preti – gli esponenti più attivi e maggiormente impegnati nell’azione governativa del PSDI, promotori, nel 1962, con l’ingresso del PSI nella maggioranza di governo, di una seconda e decisiva svolta nella politica italiana, dopo quella di palazzo Barberini – vengono riproposte in una più equilibrata attenzione. L’impegno di Saragat, Tremelloni e dei loro colleghi di partito fu volto alla riunificazione del socialismo italiano, con la costruzione di una grande forza socialista democratica, sul modello delle socialdemocrazie europee, che enucleasse il PSI di Nenni dall’inconcludente frontismo con il PCI, facendolo approdare alle rive della cultura occidentale e socialista-liberale, con l’assunzione di responsabilità di governo assieme alla DC. Un impegno di lungo periodo, durato un quindicennio, con l’obiettivo – avviata la Ricostruzione e superata la fase del “centrismo degasperiano” – di condurre il sistema politico italiano verso una nuova e duratura configurazione, con la partecipazione alla gestione della cosa pubblica di quelle forze riformiste, come il PSI, espressione più diretta delle classi lavoratrici messe a dura prova dagli scompensi sociali generati dal “boom economico” e dalla crisi finanziaria internazionale. È la storia, quindi, del successivo formarsi, agli inizi degli anni Sessanta, dell’esperienza politica che portò con Amintore Fanfani e Moro ai primi governi di centro-sinistra “organico”, seguiti dall’elezione di Saragat a Presidente della Repubblica (1964) e dalla riunificazione socialista del 1966. Così, nel biennio 1962-’63, come in quello 1947-‘48, il sistema politico italiano segnò una svolta positiva – verso il consolidamento di libere istituzioni democratiche e di un’economia di mercato, in direzione europeista e atlantista – nella quale i socialisti democratici furono decisivi protagonisti; l’“autonomismo” socialista, affermato infine da Nenni – con il sostegno alla formula del centro-sinistra e alla riunificazione dei socialisti italiani –, era nato e cresciuto da due lustri in casa socialista democratica e il PSI finalmente lo faceva proprio, rompendo il legame di ferro con i comunisti e …